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Comprato anch'io oggi...grandioso!!:) :)
Certo potevano mettere delle foto di Elvis dei suoi live anni 50 invece che del militare :? . E poi???Sarò ignorante ma...i Beatles non è che abbiano fatto rock...diciamo più pop, almeno credo. E che dire dei grandi Queen a cui son state dedicate 2 misere pagine??? Mah...mistero :) |
Re: Articoli
Questo testo è stato letto lo scorso giugno nell’ambito del convegno Un oceano di suoni (Università di Genova) al quale il nostro collaboratore ha pure partecipato in veste di curatore.
Pierangelo Castagneto how Elvis become white C’è una credenza largamente diffusa tra le popolazioni dell’Africa equatoriale, specialmente tra gli Yoruba e i Mandingo stanziati nella valle del Niger. Si dice che quando dopo un parto gemellare uno dei due nati muore, l’altro, il sopravvissuto ne acquista tutte le forze vitali, le qualità, e in un certo senso ha vita nell’altro gemello, rendendolo più forte, speciale. Gli schiavi giunti dall’Africa nelle Americhe hanno portato con sé questa come molte altre simili credenze. Nel Sud degli Stati Uniti in particolare, tra la comunità degli schiavi tali superstizioni si sono perpetuate, spesso amalgamandosi con le diverse pratiche cristiane dando vita a forme sincretiche di religione. Tra i bianchi del Sud, malgrado che tali credenze siano state inevitabilmente considerate espressioni primitive di paganesimo, e quindi d’inferiorità, quest’apparato rappresentativo magico-simbolico di matrice africana della realtà ha assunto un certo significato, fino a diventare un elemento –o una sorta di frame of reference- del Sud stesso. E’ probabile che l’8 gennaio del 1935 –più precisamente alle quattro del mattino– quando Elvis Aron Presley nacque dopo che –trentacinque minuti dopo, per continuare nella mitologia elvisiana- la madre, Gladys Presley, aveva dato alla luce un altro bambino nato morto, Jesse Presley, gemello di Elvis, qualcuno in famiglia abbia pensato a quella vecchia diceria africana. Quel che è certo, è che lo stesso Presley, nel corso della sua esistenza, farà molte volte riferimento al fatto, essendo fermamente convinto, come ebbe a dire in un’intervista del settembre del 1956, che “quando uno dei gemelli moriva, l’altro ereditava la forza di entrambi”. La famiglia Presley, Gladys e Vernon, in quegli anni vivono a East Tupelo, Mississippi, cittadina reclamizzata nella WPA Guide to the Magnolia State come “forse il migliore esempio nel Mississippi di ciò che i commentatori contemporanei chiamano il Nuovo Sud”. In buona sostanza però, Tupelo era la casa di molti di quegli operai ‘poveri e bianchi’ e di quei mezzadri che potevano alimentare una visione di un’industria che sorgeva nel mezzo di un ambiente di tradizione agricola. Una società dai vincoli razziali ben definiti, dove bianchi e neri dividevano uno spazio definito secondo le regole che Jim Crow imponeva, ma dove, come in una descrizione faulkneriana –Tupelo dista poche miglia da Oxford-, bianchi e neri erano indissolubilmente legati allo stesso, speso tragico destino. Nell’estate del 1946, la famiglia Presley lascia East Tupelo per trasferirsi in città. North Green Street è situata in un quartiere abbastanza rispettabile, ma abitato da gente di colore rispettabile. “Sebbene” ricorda Guralnick, “la casa affittata dai Presley fosse stata concepita come una delle due o tre case “bianche” della zona, essi si trovavano circondati da famiglie di colore, chiese frequentate da gente di colore, club sociali frequentati da gente di colore e scuole per alunni di colore”. Fu in questo contesto che Elvis, frequentava la settima classe, aveva iniziato a suonare la chitarra. La musica intorno al giovane Elvis era quanto di più vario si possa immaginare in virtù della racially mixed community di Tupelo. Se il gospel ascoltato durante i servizi religiosi della First Assembly of God Church costituirà una delle componenti irrinunciabili del futuro linguaggio musicale di Elvis –soprattutto in termini di voice addressing: non a caso Presley riconoscerà per tutta la sua carriera l’enorme debito musicale verso i Blackwood Brothers, un quartetto bianco di gospel assai popolari all’epoca nell’area-, il country, lo swing, il bluegrass, l’hillibilly, di artisti quali Ernst Tubb, Bill Monroe, Hank Snow, Jimmie Rodgers, Hank Williams, Red Foley, Bob Willis, trasmessi dalla stazione radio locale WELO, rappresenterà un elemento essenziale nell’alchimia di quello che sarà il rock’n’roll. C’era poi ovviamente la musica degli afroamericani, quella trasmessa dalle radio e quella che usciva dai locali per la gente di colore di Tupelo, come l’Elks Club, “dove magari un piccolo gruppo che aveva preso come modello Louis Jordan poteva suonare Ain’t Nobody Here But Us Chickens, o dove Jimmy Lunceford o Earl “Fatha” Hines potevano fermarsi a bere qualcosa dopo aver suonato a un ballo tenuto all’Armory, ai Fairgrounds, giù in centro”. Per ragioni legate alla non cristallina condotta paterna – già nel 1937, Vernon era stato arrestato per emissioni di assegni falsi, nel 1948 era nuovamente incappato nella rete della legge questa volta per traffico illegale di alcolici- la famiglia Presley nel novembre del 1948 si trasferì a Memphis. La città del Tennessee, importante nodo stradale e ferroviario, nel corso del Novecento è stata la capitale commerciale, economica e culturale del Midsouth, rappresentando un formidabile polo di attrazione per la gente di colore di una vasta aerea e tappa fondamentale negli spostamenti migratori verso le città industriali del Nord. In particolare, dagli anni Venti fino alla Depressione, ma anche successivamente nei primi anni Cinquanta, la celeberrima Beale Street costituiva il maggior punto di riferimento non solo del Delta ma della Black America, eclissando persino Harlem. Da un punto di vista strettamente musicale, Memphis, punto di riferimento urbano per il vicinissimo Delta, svolse pertanto un ruolo particolarmente significativo nell’evoluzione del blues. Quando Elvis giunse in città, la scena quanto mai stimolante era dominata da artisti del calibro di Howlin’ Wolf, BB King, Bobby Bland, Sonny Boy Williamson, solo per citarne alcuni. “Cucinano, mangiano e dormono in un’unica stanza. Bagno in comune. Niente privacy. Hanno bisogno di una sistemazione migliore. Le persone da me intervistate sono la Signora Presley e il figlio. Un bravo ragazzo. Sembrano persone davvero a posto e meritevoli di essere aiutate. Si consiglia un alloggio in Lauerdale, se possibile, vicino al luogo di lavoro del marito”. Questo è il rapporto di un incaricato della Memphis Housing Authority in seguito alla richiesta di Vernon Presley al fine di ottenere un alloggio dalla pubblica amministrazione. Cosa che accadde: Elvis con la famiglia si sistemarono infatti nelle Lauerdale Courts, un complesso di case popolari nel pieno centro della città. E’ a Memphis che la formazione dello stile elvisiano prende forma. Da un punto di vista musicale l’insieme delle radio della città formavano una specie di lampada di Aladino di stili e prospettive diverse. L’emittente WHBQ di Dewey Philips trasmetteva regolarmente gli hit degli artisiti neri più in voga al momento: da Booted di Rosco Gordon, a She Moves Me di Muddy Waters, da Lonesome Christmas di Lowell Fulson alla nuovissima Dust My Broom di Elmore James. Bastava cambiare stazione, passando alla WDIA, una radio definita “La Stazione Madre deu Negri”, per poter ascoltare BB King, Howling Wolf, Sonny Boy Williamson ed altri maestri del blues. Ogni sabato sera c’erano poi le trasmissioni del Grand Ole Opry. Ma è a Memphis che Elvis, vagabondando per Beale Street con la sua compagnia di amici, darà inizio a quella spettacolare operazione di racial crossing che lo renderà celebre. Innanzi tutto assumerà un look del tutto eterodosso: capelli scuriti, acconciati alla maniera degli afroamericani con abbondante uso di brillantina, basette tipiche dei camionisti, abiti dai colori elettrici acquistati in negozi come quello dei fratelli Lansky, in Beale Street, che rifornivano i più famosi cantanti artisti neri di blues e rhythm and blues. Questa graduale adozione di un “black style” avrebbe lasciato a dir poco interdetti molti. Come ricorderà James Blackwood, uno dei membri del celebre quartetto gospel, “Un sacco di persone erano spaventate da Elvis perché era così diverso dagli altri. Arrivava con i suoi capelli lunghi e le basette e quei pazzeschi abiti, e nessuno sapeva come prenderlo”. In un certo senso, Elvis stava materializzato quel white nigger che Norman Mailer avrebbe descritto nel famoso saggio del 1959. In questo breve scritto Mailer aveva codificato “l’etica del rinnegato”, che combinava elementi bohemien alla delinquenza giovanile, alla lower-middle-class “average white”, all’hipster, il tutto permeato da una irresistibile attrazione per la cultura nera: Sapendo che tutta la sua vita sarebbe stata una guerra, nient’altro che guerra, scriveva Mailer, il Negro difficilmente poteva concedersi le sofisticate inibizioni della civiltà, cosicché per sopravvivere egli manteneva integra l’arte della primitività, egli viveva in un presente ingigantito, egli si conservava per i vizi del sabato notte, abbandonando i piaceri della mente per i più obbligatori piaceri del corpo, e nella sua musica dava voce al carattere e alla qualità della sua esistenza, alla sua rabbia e alle infinite forme di gioia, lussuria, languore, rabbia, spasmo, presa, urlo e disperazione del suo orgasmo. Un “urban male renegade”, alla Jemes Dean verrebbe da dire, un reietto autoemarginato che nella visione di Mailer incarnava una sorta di risposta esistenzialistica ad un periodo caratterizzato da un estremo conformismo sociale. Vivere pericolosamente al margine, significava pertanto liberarsi dalla gabbia di una cultura regimentata, i cui limiti razziali erano scandalosamente invalicabili. Ma nell’analisi di questa riformulazione della whiteness confluivano altri elementi. Secondo il critico Eric Lott, Elvis sarebbe stato un esemplare continuatore di quella tradizione di blackface minstrelsy, -una forma di intrattenimento sviluppatasi del Nord degli Stati Uniti intorno alla metà dell’Ottocento- nella quale artisti bianchi si mascheravano da neri per assumerne, di fatto, le caratteristiche di virilità, una pratica di appropriazione razziale, che consentiva ad artisti bianchi di “diventare neri, di acquisire the cool, virility, humility, abandon, or gaité de couer che erano le essenziali componenti dell’ideologia bianchi rispetto alla mascolinità nera”. “If I could find a white man who had the Negro sound and the Negro feel, I could make a million dollars”. Questa frase, forse la più citata nella storia del rock’n’roll appartiene, riportata in vario modo, a Sam Phillips, proprietario della Sun Records. Quando il diciottenne Elvis entrò per la prima volta al 706 di Union Street negli studi di registrazione della Sun era l’agosto del 1953. Elvis incise un hit pop del 1949, My Happiness, -quello che nelle sue intenzioni doveva essere un regalo per il compleanno della madre- Marion Keisker, la segretaria di Phillips, annotò sulla sua scheda personale: “Interessante. Buon cantante di ballate. Tenere a mente”. Sin dagli esordi, Sam Phillips, giovane intraprendente nativo di Florence, Alabama, con anni di esperienza nel campo radiofonico, aveva pensato di dar vita ad una casa discografica che potesse dare un’opportunità di incidere ad “alcuni dei migliori artisti di colore” del Mid South. Così, nei primi mesi del 1953, negli studi della Sun Records erano stati realizzati dischi di grande successo come Bear Cat di Rufus Thomas, Feelin’ Good di Junior Parker, e Just Walkin’ In the Rain dei Prisonaires. Quello che accadde nel luglio del 1954, più precisamente tra il 5 e il 6 luglio, negli studi della Sun, quando si incontrarono Elvis Presley, Scotty Moore, e Bill Black è storia. Con l’incisione di That’s All Right, un blues di Arthur “Big Boy” Crudup, si era prodotta quell’alchimia tra musica bianca e nera che Sam Phillips stava disperatamente cercando. Quale fosse il debito di Elvis nei confronti della musica nera lo si deduce guardando al materiale, dieci pezzi in tutto, che Elvis incise per la Sun dal quel luglio 1954 fino all’agosto del 1955. Di questi ben cinque – That’s All Right, Milkcow Blues Boogie, Good Rockin’ Tonight, Mystery Train, Baby Let’s Play House, possono essere rubricati sotto la categoria di blues o rhythm and blues. Sarà lo stesso Presley, qualche anno dopo, a riconoscere la sua matrice musicale: “ La gente di colore lo ha cantato e suonato [il rock’n’roll] nella stessa maniera in cui io ora lo faccio, man, per più anni di quanto io ne possa sapere,” disse in un’intervista al Charlotte Observer nel 1956. “ Lo hanno suonato così nelle loro baracche e nei loro juke joints e nessuno se ne è accorto fino a quando l’ho sistemato io. L’ho preso da loro. Giù a Tupelo, Mississippi, ero solito ascoltare Arthur Crudup picchiare sulla sua chitarra nella maniera in cui ora io lo faccio e pensavo che se avessi avuto un posto dove potevo sentire tutto quello che il vecchio Arthur sentiva, sarei stato un musicista come nessun altro”. |
Re: Articoli
Il successo delle prime incisioni di Elvis fu scandaloso. Fu soprattutto l’impossibilità di connotare il suo stile, che trasgrediva ad ogni classificazione razziale, a sconcertare. Sam Phillips, nell’introdurre il suo artista a Horace Logan, organizzatore del Lousiana Hayride, una manifestazione dedicata essenzialmente ad un pubblico bianco amante della country music, per ottenere un’apparizione di Elvis, una dovette ribadire più volte che si trattava di un “white boy”, tanto spiazzante risultava in quel contesto la sua sonorità. Non tutti i critici sono concordi nel riconoscere però questa, per così dire, discendenza. Nelson George, un scholar nero, nel suo classico studio The Death of Rhythm and Blues, pur ammettendo che il giovane Presley “più di ogni altra stella del rock’n’roll arrivò vicino a catturare la esibita sessualità di molti artisti neri di R&B”, e ancora che la sua musica “aveva spaventato genitori e guardiani della segregazione razziale”, non ha il timore di affermare che Elvis, come la sua carriera adulta avrebbe dimostrato, fosse “un artista con limitate ambizioni musicali e nessuna reale dedizione a quello stile nero che lo avevano reso così pericoloso”.
Quello che rendeva veramente pericoloso Elvis in quegli anni non era in ogni caso solo la sua musica; era il modo in cui sul palco interpretava la musica, erano quelle “lascive contorsioni che eccitavano la folla”, come ebbe a dire in un rapporto il capo della polizia di Louisville, a sconcertare l’America benpensante e maccartista degli anni Cinquanta. Un uso del corpo –Elvis the Pelvis- tipico degli afroamericani, e per questo inaccettabile. Era un rifiuto di un intero fenomeno, il rock’n’roll, che accanto ad artisti bianchi quali Presley, all’interno del quale si vedevano primeggiare artisti neri quali, Chuck Berry, Little Richard, Fats Domino, Bo Diddley. Nel Sud segregazionista, in particolare, gli attacchi a quelli che venivano definiti “congo rhythms” o “jungle music” si fecero più virulenti. Il rock’n’roll, accanto alla storica decisione pronunciata il 17 maggio 1954 dal chief justice Earl Warren, comunemente ricordata come Brown vs. Board of Education of Topeka, Kansas, che dichiarava incostituzionale la separazione scolastica su base razziale – il famigerato principio “separate but equal”- , sembrarono essere due fattori che, nel promuovere l’integrazione razziale, avrebbero messo in moto un processo di dissoluzione morale della società americana. Quand’è che Elvis diventò bianco? Se si prende in considerazione la produzione di Presley dal momento dell’abbandono della Sun per la RCA (agosto 1955) fino alla sua partenza per il servizio militare in Germania (marzo1958 , il legame con la musica nera resta più che solido. In questo periodo, grazie anche e/o soprattutto a canzoni di artisti neri o da rese popolari da, quali I Got A Woman (Ray Charles); Money Honey (Drifters); My Babe Left Me e So Glad Yo’re Mine (Big Boy Crudup); Tutti Frutti (Little Richard); Lawdy, Miss Clawdy (Lloyd Price); Shake, Rattle and Roll (Big Joe Turner); Hound Dog (Big Mama Thorton); Don’t Be Cruel e All Shook Up (Otis Blackwell); I Need You So (Ivory Joe Hunter); One Night (Smiley Lewis), alle quali per altro andrebbero aggiunte quasi tutte le composizioni del duo Jerry Leiber e Mike Stoller, -due autori considerati in ragione della loro vena bluesy “white negroes” dal critico sopraricordato Nelson George - canzoni quali Jailhouse Rock, Treat Me nice, Baby I Don’t Care, King Creole, Elvis costruisce la sua regale leggenda. Nel suo ritorno in sala d’incisione, (Elvis Is Back, 1960) la scelta delle canzoni è ancora fortemente black-oriented: c’è la classica versione di Fever, ancora di Otis Blackwell, il blues standard Reconsider Baby di Lowell Fulsom, o le bluesy songs quali Dirty, Dirty Feeling di Leiber e Stoller, A Mess of Blues di un altro leggendario duo di autori Doc Pomus e Mort Shuman. Ma è proprio da questo momento che, tuttavia, Elvis “take off” la sua blackness seguendo una consolidata tradizione dell’entertainment tipica dei blackface performers: raggiungere il successo assumendo sembianze afroamericane per poi, una volta raggiunto il successo, abbandonarle e rientrare nei confini razziali di appartenenza. Così come molti altri che prima di lui avevano reso popolare la cultura afroamericana, Presley “aveva iniziato ai margini della whiteness” sottolinea David Roediger “ma col passar del tempo durante la sua carriera finì per controllare i confini razziali da una posizione razziale di maggiore controllo”. Ovviamente, principale artefice/colpevole di questo processo di igiene razziale dell’immagine di Elvis sarebbe secondo molti il suo manager, fac totum, il Colonello Tom Parker. E’ indubbio che il nuovo corso della carriera artistica di Elvis sotto l’egida di Parker sia stata segnata in questo senso: la ventina di film che Presley interpretò negli anni Sessanta sembrano essere una prova evidente del suo ingresso nel “white business”. Simbolicamente per altro, Parker aveva sancito il “crossing back” della linea del colore da parte di Elvis al ritorno del servizio militare con un’apparizione del suo protetto al Frank Sinatra Timex Show, mandato in onda il 12 maggio del 1960 dalla ABC. Qui Elvis, duettando con “The Voice”, paga il suo tributo al simbolo stesso della celebrità etnica bianca: quel Frank Sinistra i cui dischi venivano dati come premio per il concorso “Why I Hate Elvis”, e che aveva definito il rock’n’roll un genere “cantato, suonato e scritto per lo più da scimmiotti cretini”. Rinchiuso a Graceland, una mansion situata appropriatamente, si potrebbe dire, a Whitehaven nella suburbia di Memphis, Elvis andò via via perdendo tutti i contatti con quelle radici nere che avevano contraddistinto la sua musica, quel suono magicamente prodotto negli studi della Sun. Sul finire degli anni sessanta, dopo un decennio passato ad interpretare una seria infinita di sciocchi film e incidere esangui canzoni, Elvis ebbe un sussulto. L’occasione gli fu fornita da quello che viene ricordato come The’68 Comeback Special, un programma trasmesso nel dicembre del 1968 dalla NBC. Si tratta di uno spettacolo di circa un’ora, dove numeri musicali in stile Broadway con balletti, coreografie, orchestrazione, si alternano a una performance “unplugged” che vede impegnato Elvis con i suoi vecchi parterns dei tempi della Sun, Scotty Moore e D.J. Fontana. In questa parte dello show Elvis rispolvera i vecchi classici con una verve e una carica a volta inaudita. Indossando una vestito di pelle nera, quasi a richiamare la “blackness” della sua musica, scherza con gli amici sugli esordi ormai lontani, –“quando abbiamo cominciato, nel 1912?” dice rivolgendosi a Scotty Moore- ribadisce una volta per tutte l’origine del rock’n’roll - “ci sono stati grandi cambiamenti nella musica, grandi miglioramenti(…) mi piacciono alcuni dei nuovi gruppi, i Beatles, i Byrds e altri ancora (…) ma la loro musica, il rock’n’roll è essenzialmente gospel e rhythm and blues e da essi è scaturita”. Per alcuni minuti Elvis si rituffa in un passato che ormai non gli appartiene più: aggredisce la chitarra con una furia inaudita, i movimenti del suo corpo –la sua celebre smorfia del labbro, l’ondeggiare sensuale delle anche- sono per una volta ancora quelli scandalosi del King of rock’n’roll, un re che da tempo ha lasciato il suo trono vuoto. Tra le canzoni proposte c’è né una in questo senso particolarmente significativa, Baby, What You Want To Me Do, un blues del grande Jimmy Reed, che Elvis esegue per ben otto volte nei sei giorni di registrazione dello spettacolo. Questa canzone diventa una sorta di ossessione: Elvis ne sembra attratto irrimediabilmente, ripeterla più e più volta sembra essere un tentativo di esorcizzare quei demoni –blue devils- del passato che ancora si agitavano dentro di lui e mai lo avrebbero abbandonato. Lo show si conclude con un brano, If I Can Dream, scritto per l’occasione da un autore nero Earl Brown. Composta alla vigilia di grandi tragedie americane, gli assassini di Robert Kennedy e Martin Luther King, Jr, la canzone è un accorato appello alla riconciliazione e alla pace, un richiamo alla fratellanza e alla comprensione universale. Elvis la canta con grande trasporto, in uno dei rari casi in cui egli non presta alcuna attenzione ai limiti formali. Ma ormai si è compiuto un processo irreversibile: indossando un abito candido, dopo aver tagliato il cordone ombelicale che legava ad un tempo, Elvis, come ci ricorda Eric Lott, sembra così definitivamente sancire “la necessaria soppressione della blackness in the making of American whiteness”. Da questo momento Presley sarà quell’icona della cultura bianca americana che noi ben conosciamo: l’Elvis con i suoi abiti bianchi, fregiati dall’aquila americana, dei celebri concerti a Las Vegas o alle Hawaii, Elvis fotografato con il presidente Nixon, o con il segregazionista governatore dell’Alabama George Wallace, Elvis amministrato in maniera più che spregiudicata dal Colonnello Parker, autorecluso a Graceland, protetto dalla Memphis Mafia. Nelle registrazioni di questi anni, riaffiora d’ogni tanto nella scelta di alcuni canzoni, quella radice nera che così fortemente aveva marcato la sua produzione iniziale: così non possono essere dimenticati alcune straordinarie incisioni blues quali Tiger Man di Joe Hill Louis, My Babe di Little Walter, Merry Christmas, Baby, di Johnny Moore, Just A Little Bit, di Rosco Gordon, Stranger In My Hometown di Percy Mayfield, o ancora brani di Ivory Joe Hunter, uno degli autori neri preferiti da Elvis. Recentemente lo storico Pete Daniel, riferendosi alla situazione del Sud degli Stati Uniti negli anni Cinquanta ha parlato di “lost revolutions”, proprio ad indicare come in quegli anni sia andata perduta una grande occasione per la società americana, soprattutto in riferimento all’integrazione razziale, e che la musica per un momento avesse potuto essere il veicolo per questo potenziale rivoluzionario cambiamento. Elvis fu uno degli attori di questa rivoluzione mancata: come altri non seppe trarre le estreme conseguenze da tale processo. Forse, citando le celebri parole di Karl Marx, si può concludere dicendo che “gli uomini fanno la propria storia nelle circostanze che essi trovano immediatamente davanti a sé, determinate dai fatti e dalla tradizione”. |
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22/12/06 La casa editrice propone per la prima volta i leggendari film in DVD del mitico "Re del rock'n'roll". Campagna di comunicazione televisiva a supporto del lancio. Milano, Dicembre 2006 - Edizioni Master S.p.A. , leader nel mercato editoriale della Digital Technology e Home Entertainment , amplia il proprio portafoglio prodotti lanciando in edicola la "Elvis Collection " , la collezione esclusiva dei leggendari film di "The King", il mitico Elvis Presley , per la prima volta in DVD Video. A partire dalla prima uscita, in edicola in questi giorni con il film "Viva Las Vegas" , il primo fascicolo e il poster di Elvis al prezzo speciale di 5,90 euro, i tantissimi fans del "Re del rock'n'roll" potranno, dunque, finalmente collezionare i capolavori del proprio idolo in versione restaurata e rimasterizzata in digitale. L'intera raccolta prevede 14 uscite complessive, con cadenza quindicinale . Più che una collezione, un vero e proprio tributo ad un personaggio fondamentale nella storia del cinema e della musica americana . Atteggiamento da duro, occhi e sorriso magnetici, fascino da vendere, voce da sogno, una vita vissuta al massimo fino alla prematura morte nel 1977 ad appena 42 anni, per molti Elvis Presley è arte , per molti altri è cultura, per tutti è America. Con oltre un miliardo di dischi venduti in tutto il mondo , Elvis Presley ha venduto più di ogni altro artista nella storia dell'industria discografica mondiale. Ma il Re di Memphis non era solo uno straordinario cantante, era un artista a 360° gradi, capace di stravolgere e ridisegnare tutte le regole dello show-business. E come le sue canzoni, indimenticabili sono le sue interpretazioni cinematografiche , dalla commedia al musical, dal western al dramma. Grazie alla "Elvis Collection" sarà possibile rivivere tutte le emozioni di quei leggendari film nella purezza della qualità digitale: "Viva Las Vegas", "Fratelli Rivali-Love Me Tender", "Il delinquente del Rock & Roll", "L'Idolo di Acapulco", "Frankie e Johnny", "Stella di fuoco " e tanti altri. In ogni uscita i lettori troveranno, inoltre, un fascicolo cartaceo per conoscere la storia, i retroscena e tutte le curiosità dell'affascinante vita del Re del Rock'n'Roll. Per il lancio della collezione dei film di Elvis Presley, il management aziendale ha strutturato, con la collaborazione di Vizeum Milano , una campagna di comunicazione televisiva a sostegno della prima e della seconda uscita , con l'acquisto di spazi pubblicitari da 15 secondi sulle maggiori emittenti nazionali , principalmente all'interno della programmazione preserale e di prime time. La raccolta è pubblicizzata, inoltre, su tutte le testate del Gruppo Edizioni Master e attraverso attività 'below the line' nei punti vendita di tutta Italia. http://edizionimaster.it/rassegnasta...240&lingua=ita |
Re: Articoli
Finalmente un articolo italiano degno di Elvis !!!!!!!!!!!!!
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Re: Articoli
Infatti!!! Attendo con molta ansia la neve... :-)
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Re: Articoli
Ho un solo rammarico e cioè che ne faranno uscire solo 14.:-(
Mi piacerebbe includessero anche Charro e Follow That Dream che non so come reperire.:-( Che ne dire se scriviamo tutti alla Master per ringraziare e fare anche le nostre richieste? |
Re: Articoli
Per me andrebbe bene...! Voi altri che ne dite? :-\
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Re: Articoli
Come scritto qui http://www.grazielvis.it/forum/showt...4975#post24975 , io l'ho già fatto, ma mi unisco, molto volentieri, ad una petizione comune :-\
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Esatto..... quello che ho trovato sul libricino allegat al DVD!!
Secondo me più siamo e meglio siamo !!! |
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Ok perfetto, grazie!
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Elvis Presley è sempre il re (dei francobolli)
Si sa che Elvis Presley è il King, ma è il re anche tra i collezionisti statunitensi di francobolli. Il Postal Service degli USA ha reso noto il risultato di un'inchiesta svolta in 10.000 nuclei famigliari degli Stati Uniti e volta a stabilire chi sia il personaggio più popolare tra quelli la cui immagine è servita da francobollo. E il King regna. La serie del 1993 con Elvis è infatti stata acquistata in 124 milioni di esemplari e si ritrova al numero uno di questa particolare lista. I filatelici hanno poi posto al numero due, con oltre 87 milioni di pezzi, la serie Meraviglie d'America; in terza posizione la serie Fiori Selvatici, con 76 milioni. La serie Rock & Roll/Rhythm & Blues è quarta ma veramente ad una incollatura (è il caso di dirlo) dalla terza posizione: solamente 200.000 unità dividono i Fiori Selvatici dalla serie musicale. In Top 10, per la cronaca, anche le serie dedicate ai supereroi, agli insetti, a Walt Disney, alle leggende del baseball ed a Marilyn Monroe. (29 dic 20006) |
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Per coloro che vivono a Bologna e dintorni
Elvis' day - Keep on Rockin’ Festa di compleanno del mitico Elvis Domenica 07 gennaio 2007 - ore 18:30 - Mercati Generali Domenica 7 gennaio 2007 Renny Zapato e l’Associazione Culturale MIAbox sono lieti di presentare la festa Buon Compleanno Elvis. Si esibiranno sul palco: Adel’s, Perry from Bologna, Greg (Iene) from Roma, Lara Luppi (vocalist “Jumpin’ Shoes”) from Bologna, Brando, Blasco, François (vocalist “Coccinelle”), Appaloosa Victor. Con la partecipazione speciale di Dario Salvatori, Direttore artistico “Radioscrigno” RAI. Ingresso a partire dalle ore 18,30. Blasco Small Combo inaugurerà la serata con il cocktail di benvenuto. Durante la serata Hot Food Rock’n’Roll – American Hot dogs delle canzoni di Elvis, esibizione di gigantografie inedite di Elvis Presley e proiezione di video. Ingresso + cocktail/aperitivo di benvenuto euro 10 |
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Bologna, ARRIVO!! :| Ci sono Perry e Lara, i migliori: non posso mancare. |
Re: Articoli
Ehm.. brutte notizie..
i "mercati generali" non sono a Bologna ma a Catania. :? Infatti pensavo: "...'sto navigatore mi fa impazzire... perchè la statale 417 mi dice che è a Catania?!" poi sono andata sul sito di Perry, ho trovato il collegamento al sito http://www.mercatigenerali.org/index.php e mi son messa a piangere.. :cry: Il navigatore ha ragione, mi costa dirlo ma è così.. argh! :sad: |
Re: Articoli
c'è anche questo tra i memorabilia...
First Movie - Love Me Tender, November 1956 - The movie premieres and becomes a smash hit the world over, becoming the basis of Elvis’ movie career that would amass 30 more films. Choose one or all of these Elvis Presley 50th Anniversary collectibles. Each lighter is limited to 2,000 consecutively numbered pieces and packaged in a distinctive, consecutively numbered shadowbox, suitable for self-display. |
Re: Articoli
22/2/2005
Figli d'arte, Elvis Jr. in Italia Concerto in Molise il 27 febbraio Indosserà l'abito che suo padre utilizzò per l'ultimo concerto e si cimenterà in alcuni brani cult di "the king", da "Love me tender" a "In the ghetto". Molti fan di Elvis sono già in fibrillazione anche se a esibirsi nella cittadina di Miranda, in provincia di Isernia, sarà soltanto il figlio del mito: Elvis Aaron Presley. Lo show è previsto per il 27 febbraio presso il palazzetto dello sport locale. http://www.tgcom.mediaset.it/bin/480...maginetake.jpg Elvis Aaron Presley Jr tiene ormai da anni concerti in tutto il mondo, partecipa a tutte le aste che riguardano il padre e possiede sette auto di Elvis. Evidentemente non soffre del complesso da "figlio d'arte", anzi, ha capito come far fruttare l'invidiata parentela. Aaron, figlio illegittimo di Presley, ha ricevuto legalmente il suo nome dalla Corte Federale degli Stati Uniti dopo che, la stessa Corte aveva acquisito una serie di documenti tra cui il testamento del cantante, l'esame del Dna e alcune testimonianze giurate. Per questo che sarà l'unico concerto italiano di Presley Jr. Miranda si trasformerà in una piccola Graceland. Nel piccolo centro montano Aaron interpreterà i successi immortali di Elvis sfoggiando l'abito indossato dal padre durante i concerti storici. I fan di "the king" si sono già mobilitati per prenotare i biglietti: "Questo - hanno commentato gli organizzatori - ci dà la certezza che sarà un grande evento. Sicuramente non saranno poche le difficoltà per raggiungere Miranda, non è escluso che ai fan dell'immortale Elvis invieremo delle cartine per raggiungere più facilmente Miranda". mo questo ki è????? ecco una sua foto... http://www.tgcom.mediaset.it/bin/491...8_immagine.jpg |
Re: Articoli
L'articolo è del 2005 e se ne è parlato anche qui.
Sinceramente non vedo nessuna somiglianza con Elvis, piuttosto è più simile ad un suo impersonator.:?:? Se è vero che è stato provato essere figlio di Elvis, come mai Lisa Marie non divide l'eredità? Era previsto nel testamento di Elvis. Per me non è vero, che sia figlio di Elvis Presley !!!! |
Re: Articoli
nn c vedo un briciolo di elvis in lui....scusate!
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Re: Articoli
:? farebbe meglio anche lo fosse a cambiarsi......
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Re: Articoli
Scusate ragazzi se con ritardo porto i saluti da parte di Perry di Bologna:
Domenica sera, sono andato all'Elvis day catanese, mi aspettavo di meglio riguardo l'organizzazione (tipo stand ecc.), c'era solo un pò di proiezione del comeback, due cadillac all'entrata, ma al momento che i musicisti hanno iniziato a suonare ho apprezzato tantissimo le loro capacità, molto molto bravi, tra tutti il chitarrista degli Adel's, Geraci, Blasco bravissimo al contrabbasso e Perry di Bologna, eccezionale,l'ho conosciuto, un ragazzo davvero umile e bravissimo al piano, mi trovavo proprio accanto a lui mentre suonava, parlandogli del fan club ha voluto mandare i suoi saluti. |
Re: Articoli
Grande Perry!!!!
Lo conosco bene anch'io :-+ |
Re: Articoli
Da La Repubblica.
In mostra le foto che ritraggono la star e l'allora presidente Usa durante un incontro alla Casa Bianca, nel dicembre del 1970 Elvis e Nixon, la strana coppia un cult la loro stretta di mano Presley aveva scritto una lettera alla Casa Bianca, voleva contribuire alla lotta contro le droghe e i comunisti http://www.repubblica.it/2007/01/sez...5608_56530.jpg La stretta di mano fra Elvis e Nixon DA un parte l'icona planetaria del rock'n'roll, mito immortale e fra i più chiacchierati della storia della musica e della cultura pop. Dall'altra, uno dei presidenti più discussi e contestati della storia degli Stati Uniti. Un incontro durato circa mezzora, alla Casa Bianca. Gli elementi per farne una circostanza-cult ci sono tutti, se non fosse per l'improbabilità dei personaggi. Elvis Presley e Richard Nixon, insieme nella Stanza Ovale della Casa Bianca. Eppure è successo. Era il 21 dicembre del 1970, una stretta di mano testimoniata dal bianco e nero dell'epoca che la "Richard Nixon Presidential Library & Birthplace", a Yorba Linda, in California, ha deciso di mostrare al pubblico in occasione di quello che sarebbe stato il 72esimo compleanno di The King, l'8 gennaio. Ma se l'accoppiata può apparire bizzarra, ancor di più lo è il motivo che la originò. Elvis aveva scritto una lettera al presidente degli Stati Uniti, chiedendo in che modo avrebbe potuto contribuire alla battaglia contro la diffusione delle droghe, e nella quale vantava credenziali che - secondo lui - avrebbero potuto fargli rivestire il ruolo di agente federale. "Ho studiato a fondo il tema dell'abuso di droghe - scriveva il cantante - e le tecniche di lavaggio del cervello adottate dai comunisti, e credo di essere a buon punto per poter fare qualcosa di buono". Con quella lettera in mano, a bordo di una lunga limousine, con indosso una giacca di velluto nero, due medaglioni al collo, un orologio d'oro e gli occhiali scuri, Presley si presentò alla Casa Bianca. I servizi segreti lo fecero parlare con Egil Krogh, figura importante dell'amministrazione Bush e molto vicino al presidente, infatti anche lui finirà in galera con l'esplosione del Watergate. A onor del vero, Krogh, fan confesso di Elvis, fu molto felice di incontrarlo. Quello gli espose i suoi buoni propositi, e al consulente di Nixon parve in buona fede. Due ore e mezza dopo, la rockstar entrò nella Sala Ovale. "E si gelò - racconta oggi Krogh all'Associated Press - probabilmente perché si rese conto di dove era finito. Io lo accompagnai alla scrivania, dove Nixon lo stava aspettando". The King e The President parlarono per circa mezzora, durante la quale Presley mostrò al presidente americano alcune foto di sua figlia, e i tesserini di varie forze di polizia del Paese, e chiese se poteva averne uno del US Bureau of Narcotic and Dangerous Drugs. Nixon glielo concesse, non prima però di aver girato la richiesta anche al capo della Narcotici. Presley chiese ufficialmente che quell'incontro rimanesse segreto. Ci riuscì per un anno, poi il Washington Post tirò fuori la storia, il 27 gennaio del 1972. Da allora, la Nixon Library ha fatto di quell'incontro uno spunto di business: t-shirt, tazze da tè, bloc-notes, orologi e la foto della stretta di mano, che a tutt'oggi resta la più venduta allo shopping del museo. (10 gennaio 2007) |
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Su questo non la penso come il Re! :?
Secondo me incontrare quel folle di Nixon è stato un errore... |
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Inoltre il suo obiettivo era avere il distintivo della narcotici, quindi ha mirato all'obiettivo. Forse (e magari dico una bestialità) è più servito a Nixon incontrare Elvis, per rivalutarsi agli occhi degli americani :? |
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fa parte della personalità di elvis questo gesto,naturalmente qualcosa di assolutamente mitico!!!!!!
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12/1/2007 I capelli più belli?Quelli di Elvis Lo ha decretato un sondaggio Come dimenticare il movimento del bacino e il ritmo forsennato del rock 'n roll di Elvis Presley. Ma è anche grazie al suo ciuffo che è diventato un aicona della musica mondiale. Un sondaggio pubblicato dal Sun l'ha eletto "miglior acconciatura di sempre". Forse non tutti lo sanno ma Elvis era biondo e si è tinto di nero negli anni '20. E tra gli italiani? Non mancano gli esempi di capigliature famose: da Moira Orfei a Raffaella Carrà. Al secondo posto del sondaggio inglese non poteva mancare la procace Marilyn Monroe, seguita dalla raffinatissima Audrey Hepburn, che con "Colazione da Tiffany" ha dettato lo stile nel mondo del cinema degli anni '60. Quarto posto per la compianta Principessa Diana e i suoi capelli corti. Infine il leggendario Bob Marley e la sua acconciatura "rasta". In Italia non possiamo non pensare ai capelli di Moira Orfei (vero nome Miranda Orfei). La sua immagine coi capelli raccolti come un turbante le fu consigliata dal produttore cinematografico Dino De Laurentiis, che le suggerì anche di cambiare nome. Raffaella Carrà con il suo caschetto biondo è diventata una icona della televisione italiana, immutata nel tempo. E poi ancora il biondo accecante di Ivana Spagna, con la capigliatura aggressiva e provocante che ne fece un idolo degli anni '80 sulla scia dei successi "Easy Lady" e "Jealousy". E ancora Little Tony che si è dichiaratamente ispirato al look di Elvis Presley. Il rosso fulvo di Rita Pavone, i capelli morbidi e setosi dal look elegante di Sofia Loren. Infine due mostri della musica italiana come Lucio Dalla che spesso si è tinto i capelli, anche di biondo e Renato Zero che dallo stile aggressivo degli inizi carriera è passato a un taglio sobrio. http://www.tgcom.mediaset.it/spettac...lo343888.shtml |
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L'Italia non si smentisce MAI! Ignoranti!!! |
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Sì, effettivamente anch'io sono rimasta un po' lì quando ho letto "..negli anni '20".
Oh, negli anni '20 cominciano a diffondersi le prime radio, tra l'altro molto ingombranti ma di prezzo relativamente contenuto.. (e si balla il fox trot, che è papà del lindy, che è papà del boogie, che a sua volta è papà del rock) |
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:) :? :? :) E' vero che sbaglio anche io le date:) , ma almeno non scrivo sulle testate giornalistiche!!!!!! |
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Io dico che i giornalisti del TGcom dovrebbero informarsi bene prima di scrivere cretinate simili, è il loro lavoro! |
Re: Articoli
All'asta quest'anno la collezione di Elvis avuta rubando 4 tonnellate di monete
Qualcuno forse ricorderà la curiosa notizia pubblicata da Rockol un anno fa. Lo scorso 12 gennaio si riportava che Julie Wall, una 46enne impiegata britannica ossessionata da Elvis Presley, era stata scoperta ed incriminata per aver illegalmente sottratto alle casse che doveva controllare, per conto di un ente pubblico, una somma pari a 879.000 euro. La cifra era stata rubata dalla Wall in forma bizzarra: la donna, che "prelevava" gli spiccioli per la sua insana mania dai depositi di otto parcheggi comunali a Sleaford, Lincolnshire, aveva fatto sparire nel corso degli anni ben 4 tonnellate di monete. L'impiegata, alla fine della giornata lavorativa, usciva sempre dall'ufficio con due sacchetti del supermarket rigonfi; i colleghi pensavano che fosse la spesa che effettuava durante l'intervallo per il pranzo, invece i sacchetti erano pieni di spiccioli che le servivano per comprare in modo spasmodico souvenir del King. Giunge ora notizia che il Crown Prosecution Service, dopo aver effettivamente stabilito che la collezione della Wall ha un valore di circa 800.000 euro, ha deciso di vendere tutto all'asta. Gary Balch, direttore dell'unità di confisca, ha riferito che, tra i numerosissimi "memorabilia" di Presley ammassati dalla donna, figura anche un raro vinile giapponese di "Love me tender" che è stato valutato attorno alle 3000 sterline, circa 4400 euro. Ad organizzare l'asta, o forse due aste, sarà la Bamfords Auctioneers & Valuers del Derbyshire, che potrebbe "approfittare" del trentesimo anniversario della scomparsa del King, nel prossimo agosto, per mettere in piedi l'evento. (13 gen 2007) |
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:-) :-) :-) :-) fantastica nel suo genere!!!!!!
:) :) :) Quote:
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:-) incredibbbbile.. |
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Un articolo degno di nota!!! :)
«VIA MUCCIOLI? MEGLIO VIA PRESLEY» Tratto dal "Corriere della sera" del 15 gennaio 2007, p.21 di Francesco Battistini «Quante vite ha salvato Elvis Presley?». Andrea Muccioli non se la ricorda Walk a mile in my shoes: cammina un miglio nelle mie scarpe, cantava The Pelvis, mettiti nei miei panni solo un'ora, prima di criticarmi o d'insultarmi. O d'ignorarmi: «Io non ho mica niente contro Elvis, eh? Però è un fatto che non c'è riminese nella storia di Rimini che abbia salvato più riminesi di mio padre. Obiettivamente: è più eroe lui o Elvis Presley?». Camminando anche meno d'un miglio per il centro di Rimini, il figlio di Vincenzo Muccioli potrà presto incrociare i nuovi luoghi che la giunta del centrosinistra ha deciso d'intitolare: via Elvis Presley, parco Giovanni Paolo II, viale Musatti e poi una sfilza di felliniani largo Otto e Mezzo e vicolo Dolce Vita... Muccioli, niente. Ignorato. A undici anni dalla morte, nella sua città natale il fondatore di San Patrignano è un signor nessuno. Non bastano i ventimila ospitati in ventinove anni nella più grande comunità d'Europa, né il 72 per cento di tossici recuperati e restituiti a una vita, né le venti città che a «papà Sanpa» hanno già dedicato indirizzi e statue: da Milano a Bologna, da Roma a Verona, da Foggia a Sanremo, da Pescara a Catania, da Parma alla vicina Riccione... Non conta che i vigneti e le scuderie siano diventati un modello imitato nel mondo e da dieci anni stiano nel libro delle consulenze Onu. A Rimini, una via Vincenzo Muccioli Filantropo fa rabbrividire chi non dimentica le polemiche sui metodi duri, il processo per l'omicidio del tossicodipendente napoletano Roberto Maranzano, le denunce per le violenze e i suicidi. C'è da sempre il niet della sinistra radicale. Il sindaco della Margherita, Alberto Ravaioli, capisce e s'adegua: «Nessun veto politico — è la sua spiegazione un po' vaga —. Il tema è dibattuto, sarà il tempo a risolverlo. Personalmente, non m'appassiona e spero che non crei fossati. Preferisco occuparmi di cose più concrete: i rapporti con la comunità sulle problematiche sanitarie, l'inserimento nelle attività lavorative...». C'è sempre una strada che fa storia, a Rimini. Che sia quella di Zampanò o delle stragi del sabato sera o dei ragazzi che Muccioli ha strappato alla droga. Anche il nome San Patrignano nasce da una strada, era il primo indirizzo della comunità nella frazione di Coriano, ed è su una strada che torna a dividere. È partita una petizione online, più di 1.500 nomi raccolti, grandi e piccole firme a protestare contro l'amnesia di Rimini: il comico Paolo Cevoli, la ciellina Emilia Smurro, Mimmo Paladino, i registi Julian Schnabel e Luciano Mannuzzi, i milanisti Costacurta e Maldini con le mogli Martina Colombari e Adriana, il centauro Dovizioso, il tennista Volandri, il nuotatore Magnini, Ombretta Colli, l'ex delfino craxiano Luca Josi, Micol Sabbadini dei celebri rampolli di Milano Young... Sta anche per nascere un comitato internazionale, mobilitazione tipo quella che Montanelli scatenò al «processo delle catene», 1984, quando Muccioli fu assolto dall'accusa di torturare i tossici. «Con quel che abbiamo passato — spiega Andrea —, l'ostinazione del sindaco farebbe sorridere mio padre. Ravaioli aveva già promesso la via Muccioli otto anni fa. Ma siccome non è un coraggioso, mi chiese di raccogliere mille firme a sostegno. Gliene raccolsi quindicimila! Adesso è ostaggio di Rifondazione, che non so perché ce l'ha con noi. E s'è rimangiato la parola». Tace e per opportunità non firma Letizia Moratti, sindaco di Milano e storica sponsor di Sanpa, ma c'è chi parla d'una telefonata solidale: «È una goccia che scava la roccia e qualcosa si muoverà», promette Muccioli junior. Che questa, almeno questa di Elvis dovrebbe saperla: to right the rightable wrong, riparare il riparabile errore http://www.antiproibizionisti.it/notizia.asp?n=5762 |
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No so se è gia stato postato ma in questo articolo preso da InterneT riguarda anche Elvis, si tratta di un film di prossima uscita intitolato "Hound Dog".
Scandalosa DakotaPolemiche sull'interpretazione dell'attrice dodicenne in Hound Dog che debutterà al Sundance Festival, in cui è vittima di stupro e viene spesso ripresa in scene di nudo Ha solo dodici anni ma Dakota Fanning è già un’attrice con un curriculum di tutto rispetto alle spalle. Il debutto a soli 7 anni, nel 2001 a fianco di Sean Penn in Mi chiamo Sam, grazie al quale è diventata la più giovane attrice nominata per lo Screen Actors Guild Award e si è aggiudicata il premio riservato a giovani attori dalla Broadcast Film Critics Association. Poi le esperienze accanto a Denzel Washingotn (Man of fire), Tom Cruise ( La guerra dei mondi) e Robert de Niro (Nascosto nel buio). In questi giorni la baby attrice sta facendo parlare parecchio di sé. La sua interpretazione nel film Hound dog, scritto e diretto da Deborah Kampmeier, che debutterà il 22 gennaio al Sundance Film Festival, è infatti bersaglio delle polemiche dei cattolici estremisti perché affronta uno dei maggiori tabù hollywoodiani: la violenza su minori. Il suo personaggio nel film - storia dark di abusi e violenze nel sud rurale degli Stai Uniti - è infatti vittima di uno stupro e l’attrice compare in diverse scene nuda o con un solo paio di mutandine addosso. La madre di Dakota, Joy, e la sua agente Cindy Osbrink, sono state accusate di sfruttamento. Eppure le sue donne sono convinte che proprio questa interpretazione così dura potrebbe far vincere alla giovane attrice il suo primo Oscar. «Non sono mai stata così orgogliosa di lei - dice la Osbrink - l’ho vista in alcuni spezzoni ed è sempre più brava». E Robin Wright Penn, interprete e produttroce della pellicola, aggiunge: «Il soggetto e il tema trattati sono molto forti. Ma io sono rimasta affascinata dalla sceneggiatura perchè, stupro a parte, è una storia sui rapporti e la comprensione umana e su una giovane ragazza che pur non avendo avuto fortuna nella vita, trova la propria salvezza nella musica di Elvis Presley e riesce a sopravvivere». Queste polemiche ricordano un po’ quelle che accompagnarono le interpretazioni di Brooke Shield e Jodie Foster, baby prostitute rispettivamente in Pretty baby (a 13 anni nel 1978) e Taxi Driver ( a 14 anni nel 1976). Ma evidentemente, considerata la carriera di successo di entrambe le attrici e la loro “longevità” nello star system hollywoodiano, la mamma di Dakota e la sua agente ci hanno visto lungo. (Libero News) Che ne dite? Si addice con la canzone di Elvis. Un argomento un pò forte Quello delo stupro. |
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