Re: Intervista A Donnie Sumner
D. Sembra che, in quel periodo, Elvis fosse sempre più indirizzato verso la musica country. Pensi che il contributo che lui ha dato a questo genere non gli abbia riservato il credito che si meritava?
DS. Ciò che rende la musica country è il cantante. Ray Charles cantava musica country, ma il suo non era country (ride), Elvis cantava la musica country e non era country. Elvis poteva cantare gospel e non era gospel. Poteva cantare pop e non era musica pop. Ogni genere musicale assorbe la personalità di chi la canta. Ci sono delle belle canzoni country, con dei bei testi, ma se in quelle canzoni tu ci metti Elvis con la sua voce che aggiunge una spezia diversa e cantandola dà loro un quadro ritmico diverso, si può dire che Elvis letteralmente si appropria di questa canzone e la rende completamente differente, così come faceva Ray Charles
D. Fu in questo periodo che prese forma il gruppo Voice, con Tim Baty, Sherril Nielsen e tu. Come andò?
DS. Sherill e Tim Baty stavano con un gruppo gospel che si chiamava The Statesman, mentre io cantavo con gli Stamps. In quel periodo, iniziò a non piacerci la direzione che i nostri quartetti stavano prendendo, visto che stava cambiando anche l’industria del gospel. Gli Oak Ridge Boys avevano lasciato la musica gospel e si erano buttati sul country. Anche il quartetto degli Statesman aveva abbandonato il gospel, per indirizzarsi verso la musica country. Avevo appena detto a Sherill “Perché non creiamo anche noi un gruppo country e lo facciamo a modo nostro?”. Così lasciammo i nostri rispettivi gruppi e creammo un nuovo gruppo che si chiamava The Tennesse Rangers, facendo esibizioni anche al Grand Ole Opry. Andammo a Las Vegas dove Elvis dava il suo concerto di chiusura e il relativo party. Poichè io ero ospite di Elvis, dovevo essere presente al party. Lì c’erano anche Tom Jones, Bob Gentry, Jack Lord, Martin Allen e Red Fox.
Quella sera cantammo per Elvis “In The Sweet By and Bye” perchè voleva ascoltare canzoni gospel. Alla fine della serata avevamo in mano un contratto con Elvis. Una parte del contratto diceva: “Cantare In The Sweet By and Bye a comando”. Ecco come l’abbiamo ottenuto. quando Una sera ci trovavamo nella sua casa di Manovale Drive a Los Angeles (portavamo ancora il nome The Tennesse Rangers) e Larry Geller aveva portato un libro dal titolo “The Voice”, con una bellissima copertina. Il libro era posato sul tavolino del salotto, dove Elvis stava seduto. Lui prese il libro, guardò la foto e mi chiamò “Donnie, vieni qui”. Andai in salotto e mi disse “Non siete più The Tennesse Rangers. D’ora in poi sarete Voice”. Io dissi “Ok……. Chiamami come vuoi, basta che mi chiami spesso” (ride). Così è nato il nome Voice.
D. A metà del 1974, l’abuso di farmaci da parte di Elvis iniziò ad aumentare in modo allarmante e questo lo portò a comportamenti anomali sul palco. Due di queste divennero leggenda nel mondo di Elvis: la notte in cui esplose sul palco di Las Vegas, arrabbiatissimo per le voci che circolavano circa il suo uso di droghe di strada e la terribile notte nel Maryland, quando era in condizioni tremende. Ti ricordi quelle notti?
DS. Non ricordo quelle notti in particolare, ma so che si arrabbiava moltissimo sia sul palco che a casa, quando notava che veniva accusato di drogarsi. Si arrabbiava sempre e lo dimostrava con le parole. Per Elvis, drogarsi significava uscire per strada e comprare le droghe. Se le ottenevi con ricette mediche non si trattava di droghe, ma di farmaci. Quindi non si considerava uno che prendeva droghe perché tutto quello che prendeva, arrivava tramite ricette mediche. Nella sua testa riteneva che non poteva essere accusato di drogarsi, bensì che era sotto cure mediche. Questo discorso non crea o distrugge una verità e non convalida o invalida niente.
D. Hai mai parlato con lui dei suoi problemi con i farmaci?
DS. Onestamente posso dirti che per la mia consapevolezza di tutto questo era la cosa da me più distante, perché io ero talmente pieno di droga, che non riuscivo a tirare avanti nemmeno le 24 ore di una giornata. Non sono in grado di dirti quanta ne prendesse Elvis, ma io sicuramente ne prendevo quanto lui e anche di più. Quindi, se devo essere onesto, posso dire che io non ho fatto niente per aiutarlo a non prenderli, perché io in prima persona prendevo tutto quello che trovavo in giro. Non sono orgoglioso di questo, ma fa parte della mia storia.
D. Cosa pensi si dovesse fare per aiutarlo a farlo uscire dalla sua dipendenza?
DS. Credo che l’unica cosa da fare per aiutarlo sarebbe stata se tutti noi Red, Sonny, Dave, Io, Joe, Dr. Nick, Charlie, avessi avuto il coraggio di dirgli “Elvis così non va. Tutti noi ci impegneremo per cambiare”. Invece ci spalleggiavamo uno con l’altro, anzichè aiutarci a vicenda.
Elvis non è da rimproverare più di quanto possano essere rimproverati tutti noi, perché anche noi non abbiamo fatto niente per cambiare il nostro stile di vita. Non c’è rimprovero, quindi, che possa essere fatto ad Elvis, che non debba essere fatto in egual misura a tutti noi che vivevamo con lui ed eravamo in18. Infatti se noi 18 avessimo cercato di farlo per noi, avremmo potuto cambiare anche lui. Invece noi eravamo talmente presi dai nostri impegni personali, dai nostri passatempi e dai nostri piaceri, da non trovare il tempo per aiutare lui. E questa è una cosa che rimpiango.
D, Quand’è stata l’ultima volta che gli hai parlato?
DS. Nel 1976, una settimana dopo la giornata del lavoro. Gli dissi che volevo dimettermi, tornare a Nashville, entrare in un centro di riabilitazione e rimettere insieme la mia vita. Dissi che se me lo permetteva, avrei voluto rompere il contratto e tornare a Nashville. Elvis mi disse “Sono fiero di te, Donnie. Vorrei poterlo fare anche io. Vorrei andarmene e ricominciare solo pensando a me. Ma questo non è possibile, io devo continuare ad essere Elvis Presley. Ricordati però che se hai bisogno di un amico sai dove trovarmi. Ti voglio bene” E io dissi “Anch’io ti voglio bene, capo”. Pochi secondi dopo mi voltai indietro e quella fu l’ultima volta che lo vidi.
D. Come pensi che dovremmo ricordarlo?
DS. Credo che il modo in cui lo ricordo io…. Sia il modo in cui vorrei che tutti lo ricordassero. Innanzittutto come l’artista più ricco di talento che io abbia mai incontrato nella mia vita o con cui io abbia avuto a che fare. In secondo luogo, io lo ricordo come un ragazzo molto gentile che arrivava dal Mississippi. Non è mai invecchiato, aveva sempre 19 anni e lo ricordo come un adorabile ragazzo che amava giocare e fare scherzi e come uno degli amici più leali, gentili e protettivi che io abbia mai incontrato nella mia vita.
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