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Vecchio 13-10-2006, 00:48
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Il signore sì, che se ne intende !!!!!!!!!!!!

Renzo Arbore: 'Vi racconto il mio Elvis'
La sua automobile sfreccia veloce verso Torre del Lago, dove è atteso per un concerto con l'Orchestra Italiana. Renzo Arbore è stato uno dei primi estimatori di Elvis Presley in Italia. Lo ha trasmesso tanto nelle prime, pionieristiche trasmissioni radiofoniche che, poi, in televisione. Lo ha citato perfino sul grande schermo e nei suoi concerti c'è sempre un angolo dedicato a un classico di Elvis. Al musicista ed entertainer abbiamo chiesto di raccontare il suo Elvis.

Che tipo di rapporto la lega al re del rock'n'roll?
Sono sempre stato un appassionato di jazz abbastanza rigoroso. All'inizio guardavo Presley con la puzza sotto il naso. Lui e Bill Haley mi sembravano musicisti bianchi che scimmiottavano quello che facevano i musicisti di colore, Little Richard, Chuck Berry, Fats Domino.

Insomma, non è stato un amore a prima vista...
No, però l'ho rivalutato quando ha ammesso di essere stato influenzato dai cantanti di gospel e di spiritual, dal Golden Gate Quartet. Ha conservato quella passione e ha firmato successi originali sul serio. Penso a Teddy Bear, a Blue Suede Shoes, a Guitar Man, canzoni veramente godibili. Attraverso di lui, senza snobismi, ho compreso ancora meglio il jazz e ho imparato ad amare il rock'n'roll.

Lei è stato tra i primi a trasmetterlo alla radio italiana…
Ho trasmesso le sue canzoni tanto a Per Voi Giovani che a Bandiera Gialla, ospitando anche le canzoni dell'Elvis in crisi. Ma ho fatto di più. Al cinema, nel mio primo film Il papocchio ho rifatto It's Now or Never e Are You Lonesome Tonight. Quest'ultima con Benigni nella parte di Giuda. E' stato un omaggio sentito. Elvis è diventato talmente grande da essere un patrimonio del costume. Lo stesso Sinatra, che l'avrebbe dovuto osteggiare, era attirato dal suo carisma, affascinato come le migliaia di cantanti e di imitatori che in questi anni hanno cercato di essere come lui.

Che cosa resta di Elvis Presley, oggi?
Grazie a lui la musica pop non è più un fenomeno caduco, di moda. Si può dire di Presley quello che Hindemith affermò sul jazz: non è più una moda, ma è un'epoca. Visto che ci sono ragazzi di 18 anni che vestono come lui, che ascoltano i suoi dischi. Elvis ha la forza delle cose antiche, non vecchie, non superate. Lui e il suo repertorio sono nell'albo d'oro della canzone americana al pari delle composizioni di Gershwin, di Hart e di Berlin. Il rock'n'roll ha fatto negli Stati Uniti quello che la bossanova ha fatto in Brasile. Una rivoluzione.

Però in Italia Elvis non ha mai venduto tanto. Perché?
Il suo periodo splendido è stato tra la fine degli anni Cinquanta e i primi anni Sessanta. Dopo ha inciso molti long playing, senza badare troppo alle hit. Quando ho cominciato a fare il disc jockey, nel '64-'65, mi arrivava Billboard. E anche in America notavo che Elvis non era tanto venduto, E nemmeno Sinatra. A quel tempo funzionavano solo i singoli. E in Italia c'era la grande concorrenza dei cantanti nostrani. Si finiva per l'acquistare i dischi di Adriano Celentano o di Mina. Era l'epoca dei ragazzi del juke box.

Dov'era, il giorno della morte di Presley?
Non lo so, però ricordo che subito dopo gli resi omaggio a L'Altra domenica. Trasmisi uno degli ultimi suoi concerti, a Las Vegas, ingrassato e appesantito. Poi sono andato in pellegrinaggio a Memphis e a Graceland. Ho visto come vivono il mito di Elvis. Tuttora con gli amici e con l'Orchestra suono uno dei suoi classici, All Shook Up.

Come lo ricorderà il prossimo 16 agosto?
Mi piacerebbe fare un salto a Senigallia, al Summer Jamboree dedicato al rockabilly e allo swing. Lì si radunano un sacco di musicisti sopravvissuti a quegli anni, Comets in testa.
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