Re: Intervista A Tony Brown- Gruppo Gospel The Voice
D. Quindi, c’era una parte spirituale, in Elvis?
TB: Che grandi momenti!! Questa è la cosa più strana di me, essere seduto qui oggi, come conseguenza del fatto che facevo parte della chiesa. Mio padre era un evangelista e io pensavo che sarei finito a far parte di uno dei più grossi gruppi di gospel e che sarebbe stato il mio lavoro, mai avrei pensato di far parte di questo stile di vita, secolare. Lavorare con Elvis, che è stato parte di gruppi gospel e grande amico di JD Sumner, mi ha introdotto nella parte secolare della musica. E’ stato Elvis ad aprirmi le porte, per poter suonare dopo di lui, con artisti quali Emmylou Harris, che mi ha permesso di incontrare le persone giuste per lavorare alla RCA Victor, dopo la morte di Elvis. Sono con la MCA da 17 anni, ma tutto ha avuto inizio con Elvis. E’ stata la parte spirituale, che mi ha fatto iniziare ed Elvis era un ragazzo dell’Assembly of God. Era la sua chiesa, anche se era Battista, faceva parte dell’Assembly od God. Era molto spirituale e la viveva molto seriamente. Io ho sempre fatto riferimento a lui e credo sia la cosa che, la gente e la massa, ancora ricevono da lui. Comunicava con le masse non solo perché era un ragazzo rock sexy, ma soprattutto si sintonizzavano con lui, grazie alla sua spiritualità.
Voglio raccontarti una storia divertente. Una sera eravamo a Notre Dame e giusto, nel bel mezzo dello spettacolo, nel mezzo dell’arena, un gruppo di signore avevano preso il posto al centro a avevano uno striscione. Quando Elvis finì la sua canzone, agitatandosi, con questo striscione loro dissero “Elvis, tu sei il re!” Ed Elvis rispose “No, l’unico re è Gesù Cristo!” Le signore si bloccarono immediatamente! Ritengo che sia stato un momento molto intenso ed Elvis era molto serio.
D. Credo che abbia avuto anche i suoi momenti di comicità, giocava e faceva scherzi, anche a voi?
TB: Sicuro, una sera mi presentò come Monty Rock III. Io mi alzai e feci l’inchino. Lui disse “Tu non sei Monty Rock III. Una sera suonavamo e, David Briggs, con il suo piano elettrico, stava tranquillamente eseguendo la parte principale della canzone. Elvis, continuando a cantare, si avvicinò lui e gli staccò la spina, nel bel mezzo della canzone. Cosa vuoi farci, erano cose per divertirsi.
D. E con l’acqua? L’ha tirata anche a te?
TB Non mi ha mai tirato l’acqua. Non riesco a crede che abbia fatto certi scherzi, ma faceva molte cose divertenti. Tipo prendeva di mira alcune persone più spesso che altre. Io non ero uno di quelli che sceglieva. Lo ero di più nel background. C’erano alcune persone a cui faceva scherzi in continuazione.
D. Com’era fare il tour con Elvis?
TB: Oggi la maggior parte delle band possono avere un sacco di pullmans e mezzi di ogni genere e l’artista viaggia in jet e la bad in pullman. La prevalenza degli artisti country viaggia in pullman, ma Elvis era come una Compagnia aerea con i suoi 4 aerei. Il colonnello aveva un aereo. La band aveva un aereo e l’equipaggio aveva un aereo. I ragazzi del suono viaggiavano con camions, autobus e roba del genere. Così quando raggiungevamo una città, era come se atterrasse l’Air Force. Erano grandi momenti. Raccontavo proprio a Joe Esposito tutte le cose che avevo fatto fino quel giorno e i dischi fatti, suonando con Elvis e questo dà una definizione di chi sono. Possiamo parlare degli ultimi dischi di Reba McIntire o Gorge Staight o Vince Gill O Wynonna Judd o Trisha Yearwood e tutti diranno sempre: “Ti dispiace se ti chiedo qualcosa di Elvis?” Quindi credo che essere stato in tour con Elvis, è qualcosa che fa capire chi sono io, oggi.
Non potrò mai dimenticare che ne ho fatto parte. Ricordo una cosa divertente. Elvis era sempre pronto, appena suonavamo l’apertura, 2001. Una sera, Elvis si era messo in una macchina della polizia (credo fosse a Tulsa, Oklahoma). Io ero nel backstage, quando ad un certo punto, arrivò un piccola macchina della polizia, frenando bruscamente, come fosse una Ford. Sul sedile davanti c’era Elvis con la sua Jumpsuit. Un poliziotto ed Elvis. La cosa fu divertentissima.
D. Hai fatto molte prove con Elvis?
TB: Mai fatto prove. Il mio primo spettacolo con Elvis fu a Kansas City, al Camper Arena. Andammo a Memphis per provare. Dopo lo scioglimento dei Voice, io volevo continuare a suonare con Elvis. Così dissi a Glen Hardin, che se un giorno avesse lasciato la band, io avrei voluto sostituirlo, perché conoscevo lo show alla perfezione. Ogni sera ero presente agli spettacoli. Guardavo ogni movimento e lo conoscevo alla perfezione. Quando Glen Hardin andò a suonare con Emmylou Harris, Felton Travis mi chiamò e mi chiese se volevo il lavoro, visto che gliel’aveva segnalato Glen Hardin. Finalmente potevo avere quel lavoro! Fu così che andai a Memphis per le prove. Aspettammo tre giorni, senza provare mai e andammo a Kansas per il primo spettacolo. Felton Travis disse: “Okay, la seconda sarà Teddy Bear. Elvis farà questa. Voi fate da-da-da-da “Burton si occuperà del resto fino alla fine, con I Can’t Help Falling In Love” e tu farai questa introduzione. Quindi, fai molta attenzione”. Sapevo che potevo farlo, ma sinceramente, devo dirti che dopo Mistery Train” , quando Elvis cominciò, ero molto, molto nervoso ed è dura, suonare quando sei nervoso. L’introduzione di I Can’t Help Falling In Love, sembrava durasse un’ora. Wow che momento!! Un grande momento!!
D. Elvis ti ha fatto tanti trabocchetti?
TB: Ne faceva!!! Una sera disse di fare Blueberry Hill e io guardai Joe Guercio. Chiesi: In che chiave? E lui “Non l’abbiamo mai fatta” cerca una C. Cercai di ricordarmi come la iniziava Fats Dominos e com’era il disco. Non riuscivo a ricordare. Iniziai a suonarne il ritmo, ci trovavamo davanti a 20.0000 persone. Sudavo, proprio con le gocce che colavano. Burton, Ronnie Tutt, Joe Guercio e tutti mi guardavano ed Elvis disse: “Non è così” Mi raggiunse al pianoforte, si sedette e suonò qualcosa. A quel punto la band si agganciò e partì a suonare, Jerry Scheff e i ragazzi erano talmente bravi, entrarono subito nel tempo. Elvis iniziò a cantare, andando su e giù e poi arrivò alla seconda canzone. Ma per un paio di canzoni, mi sentii un incapace, indegno, capisci, avevo un tale imbarazzo. E non abbiamo più fatto quella canzone.
Una sera, voleva suonare “Unchained Melody” Venne vicino e disse di spostarmi. Tolse il suo grande anello TCB, lo appoggiò sul banco e si mise a suonarla. C’era un accordo che non conosceva e quando arrivò a questo accordo, si rivolse a David Briggs perché lo afferrasse al volo e farlo, con il piano elettrico. Da quella volta la canzone rimase parte della scaletta per un po’ di serate. Ma la prima volta che la fece, ci fu una grande, forte colpo alla mia porta, perché in quella città, ci furono baruffe per due sere di seguito, quando successe. Normalmente, dopo lo spettacolo, lui se ne andava e noi ci fermavamo. Tutti volevano sapere dov’era l’anello. E io dissi “io non ho l’anello” Qualcuno pensò che fosse caduto, ma nessuno disse a Ricky Stanley o David Stanley dove potesse essere. Così pensai che credessero l’avessi preso io, come souvenir. Dissi “Non avrei toccato quell’anello per niente al mondo”. Era talmente grande che nessuno immaginava quanto valesse, non tanto per i diamanti, quanto perché era di Elvis Presley. Anche questo fu un grande momento!
Ci sono state sere, in cui tirava fuori un cappello, non spesso, ma due sere l’ha fatto, e raccoglieva le richieste di canzoni. Era bello, anche se gli unici che conoscevano tutte le canzoni erano James Burton o Jerry Scheff. Quello che adoravo di Elvis era che i suoi non erano spettacoli da arena, in quanto era come se ti trovassi nella sua sala da pranzo. Eri là, con lui. Lui non era da un’altra parte, era lì con te, intratteneva te, e credo che lui stesso ti considerasse, come uno che era seduto, nella sua sala da pranzo. C’erano alcune sere, che stava a guardare cosa faceva la gente. Tu eri lì pronto, per fare la canzone successiva e potevano passare alcuni minuti, prima che lui ripartisse, dicendo “Dovete colpire più forte” , cosa che naturalmente Tutt e gli altri ragazzi facevano, perché ormai sapevano. E quando hai un batterista come Ronnie Tutt e un bassista come Jerry Scheff è come avere una locomotiva, davanti ai te, tu ti aggrappi e suoni. Era molto bello.
D. Sei mai riuscito a suonare il pianoforte con Elvis?
TB: Quando facevo parte dei Voice, c’erano dei momenti in cui lo facevamo. Quando arrivava, andavamo insieme al piano, cantavamo vecchi spirituals e altro. Lui suonava, (amava moltissimo suonare il pano) e bisogna dire che suonava abbastanza bene. Suonava bene anche la chitarra. Stando con i Voice ho capito che tipo d’ uomo realmente fosse, un bravo ragazzo del sud che gli è capitato di essere anche bello e che avrebbe potuto veramente girare il mondo.
Secondo me, era una ragazzo normale che si è trovato a crescere come una superstar. La sua, non era una vera vita. Viveva una vita surreale. Ma ne profondo di tutta questa vita, era una persona ed era colui che tutti adoravano di lui. Era quel ragazzo di Tutelo, con un vero cuore del sud, che amava la chiesa, amava sua madre, amava i suoi fans ed era affascinato lui stesso di essere Elvis Presley.
Credo che, spesso, volesse buttare via Elvis Presley e che abbia vissuto una vita da fantasia con una vera gioia di condividere tutto con i suoi amici: le macchine, gli anelli, gli orologi e tutte le altre cose.
Altra bella cosa è stata essere parte dei Voice. Una sera ci chiamarono e dissero “Sentite, alcuni ragazzi verrano a Graceland stasera. Perché non venite anche voi, prendete un aereo e venite stasera!” E uno dei Voice disse: “Possiamo venire domani?” La risposta fu “Potete venire domani se volete, ma sarebbe bello se veniste stasera” Nonostante io proponessi di andarci la sera stella, quello dei Voice disse “Verremo domani”. Andammo a Graceland, il giorno dopo. Parliamo dell’anno che era uscita la Cadillac Seville. Ce n’erano circa 10 allineate. E tutti dissero “Dovevate venire ieri sera” Tutti avevano avuto in regalo una Seville, tranne Lamar Fike, che credo abbia mricevuto una Mark III, comunque qualcosa di completamente diverso. Vedi quali erano le cose che potevi avere. Quando mi guardo indietro, vedo un Elvis che soddisfa le golosità di tutti. Credo che alcune persone abbiano tratto grandi vantaggi da tutto questo, perché lui amava fare queste cose.
D. Quindi Elvis ha fatto anche a te dei regali in nome della vostra amicizia.
TB: Certamente. Ho avuto un anello che indossavo sempre. L’ho dato a mio figlio ed lo definivo il mio anello di Elvis. Ho anche una foto, con addosso questo anello. Me l’ha dato a Greensboro, North Carolina.
Non pensare che lui facesse regali a tutti e in qualsiasi momento, doveva esserci una ragione per farli.
Avrai, senz’altro, sentito la storia di quella volta che, in una concessionaria, regalò una Cadillac ad una signora, che era lì e si limitava solo a guardarla. Lui invece, pensando che la desiderasse, ma non poteva permetterselo, decise di regalargliela. Elvis amava fare queste cose ed era così bello!!!
D. L’hai mai visto fare regali al pubblico?
TB: Assolutamente sì.
Una sera a Ashville, North Carolina, aveva questa chitarra che era strepitosa. C’era un emblema del karate e una raffigurazione di Elvis in madreperla. Credo fosse una Gibson nera. La usava ogni sera. Avevo sempre pensato che, quella chitarra, un giorno, sarebbe stata l’ emblema del rock ‘n roll nel mondo.
Alla fine di “Mistery Train” la rendeva a Charlie Hodge, come sempre, lanciandogliela. Charlie la prendeva e la appoggiava. Quella sera ad Ashville, invece, la lanciò al pubblico. Vidi una mano raggiungerla e prenderla. Penso che qualcuno del gruppo di Elvis, andò a cercarla per riportarla indietro. Ma era stato Elvis a volerlo fare. Furono costretti a chiamare Nashville e far arrivare molte più Gibson. Ma quella ormai era andata. Penso spesso: chissà che fine ha fatto quella chitarra.
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