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Vecchio 28-03-2007, 19:33
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Predefinito Intervista A Larry Geller

Grazie Larry Geller!!!!!

Insegna anche agli altri come si guarda Elvis e come si deve parlare di lui!!!!

Larry Geller (Agosto 1940) divenne parrucchiere personale di Elvis nel 1964 dopo aver ricevuto una telefonata, nella quale gli veniva chiesto di andare alla casa di Bel Air per soddisfare le esigenze del Re. In brevissimo tempo Larry divenne molto più che un dipendente, poiché introdusse Elvis alla spiritualità e alla parapsicologia, alle religioni e al soprannaturale.
Grazie al coinvolgimento sugli argomenti, Elvis iniziò ad organizzarsi una fornita raccolta di libri e chiamava Larry il suo “guru”. Presto gli comprò una Cadillac bianca. Il Colonnello Parker, sempre sospettoso delle influenze che gli altri potevano avere sul suo pupillo, fece in modo di essere sicuro che qualcun altro fosse presente quando Larry acconciava i capelli di Elvis. Quando, finalmente Parker riuscì a cacciare Geller, tutti i libri di Elvis vennero buttati e bruciati.

D. Tu hai scritto 3 libri su Elvis. Perché è stato così importante per te, raccontare del tuo tempo passato con lui?

LG. Elvis era morto da un mese e Ed Parker mi chiamò a casa, a Los Angeles dicendomi di scrivere urgentemente il libro con lui. Rifiutai. Un paio di mesi dopo, due membri del gruppo (uno membro della famiglia) mi telefonò per propormi di unirmi a loro per scrivere un libro assieme. In entrambe le chiamate venivano sollevati gli argomenti relativi alla religione, alla spiritualità, ai suoi libri e alla sua ricerca interiore, agli anni di conversazioni e le motivazioni personali e quanto la mia partecipazione alla preparazione dei libri avesse un valore inestimabile. Per varie ragioni personali e di sensazione, di getto, pensai che dovevo rifiutare le loro offerte. Infatti, io ero in procinto di scrivere un libro sulla salute e sulla cura dei capelli, di cui Elvis mi aveva dato incarico, ma, dopo la sua morte, avevo allontanato persino questo progetto.
Durante i primissimi mesi, ero assolutamente intontito, distaccato e glaciale, mentre cercavo di guarire e riprendermi dal tremendo ed ossessivo shock per la morte di Elvis, dopo avergli preparato i capelli nella camera mortuaria fino…. il suo funerale. Molto, ma molto lentamente combattevo per riprendere con un respiro profondo, nella speranza che mi sarei liberato del trauma psicologico che stavo vivendo.
Oggi, i residui profondi ed emotivi delle cicatrici esistono ancora dietro quello che l’aspetto esteriore della mia personalità. E’ qualcosa che non mi lascerà mai.
Anche se, apparentemente, ho guadagnato una sembianza di equilibrio, ho sempre saputo che, comunque e in qualche modo, avrei dovuto raccontare la storia di Elvis per far conoscere tutto ciò che io sapevo essere vero. Colui che mi ha dato la giusta motivazione, il coraggio e la luce è stato Elvis stesso. Non c’era dubbio e non sarei tornato indietro, non dopo che Elvis se n’era andato, non dopo tutto quello che aveva significato per i suoi fans e per il mondo e dopo la promessa solenne che gli avevo fatto, qualche mese prima della sua morte.
Lo sospettavo un po’ quel pomeriggio dell’Aprile 1977, mentre parlavano nella suite di Elvis all’Hilton Hotel di Detroit, dove eravamo in tour. In breve e per andare dritto al punto, mentre chiacchieravamo nella sua camera, Elvis si fece subito molto serio, parlò dei suoi fastidiosi problemi: il suo colon spastico, il glaucoma, l’ipertensione, l’insonnia, i dolorosi mal di gola, la sua ritenzione di liquidi e il gonfiore.
Era pienamente cosciente di tutte le pillole e delle prescrizioni farmacologiche che stava prendendo, come pure delle sue abitudini alimentari scorrette. Disse che era un miracolo che fosse ancora intero. Elvis era molto preoccupato per come i fans avrebbero giudicato il suo aspetto ed espresse in termini chiari, il suo desiderio e i programmi definitivi di cambiare il suo stile di vita e la carriera. Poi Elvis mise le mani sulle mie spalle, mi guardò dritto negli occhi e, con suo tipico senso del dramma, affermò che noi insieme avevamo un compito “speciale”. Chiese il mio aiuto e disse che non l’avrebbe chiesto a nessun altro. Disse che aveva necessità di sapere se io, in tutto questo, sarei stato dietro a lui, che se non lo aiutavo a raccontare dei suoi interrogativi spirituali, dei suoi libri, della visione che aveva avuto nel deserto dell’Arizona, della sua totale fede in Dio, dei suoi sforzi per rimanere in salute, nonostante i suoi farmaci, beh insomma, la sua vera storia e la verità sulla sua vita non sarebbero mai state conosciute.
Elvis parlò di scrivere un libro; voleva chiamarlo Through My Eyes (attraverso i miei occhi) con la speranza di contrapporre e bilanciare quello che sapeva che altri, in quel momento, stavano programmando. Elvis pensava che la sua immagine fosse quella che raccontava la maggior parte della gente e che desiderava davvero che i suoi fans e il pubblico in generale imparasse molto di più della sua vita interiore, dei suoi valori e a che cosa aspirasse.
Gli promisi che lo avrei aiutato a scrivere il suo libro e “a dire al mondo la verità”. Ci siamo dati la mano e abbracciati come per siglare il nostro accordo. Guardandomi indietro, penso che, in ogni caso, anche se Elvis non me l’avesse chiesto, probabilmente avrei scritto un libro.
Ho molto da dire e mi appassiona.
Non sapendo come funzionasse, mi ricordai dell’autore Jess Stearn, specialista di libri con soggetto spirituale e la cui reputazione è ineccepibile, che viveva a Malibù. Dopo esserci presentati e dopo aver ascoltato quello che avevo da dirgli, accettò di scrivere il libro. Io diventai la sua principale fonte d’ informazione; esaminammo le risme dei mie appunti, facendo centinaia di ore di conversazione. Portai Charlie Hodge e pochi altri che erano vicini ad Elvis e feci loro incontrare Jess. Naturalmente, tutti avevano molto da raccontare e contribuirono con i loro pensieri e sentimenti e con aneddoti personali. Il libro di Jess Stearn: The Truth About Elvis, uscì nel 1980 (la copertina dice “con Larry Geller”) e lo stesso libro venne pubblicato di nuovo da un’altra casa nel 1982 con il titolo “Elvis, - His Spiritual Journe”. Questa volta, in copertina, c’era solo il nome di Jess. Nel libro di Jess, ci sono rivelazioni che, in altri libri, vengono solo accennate, principalmente perché nessun altro aveva le informazioni che io avevo e gli ho dato.
Erano informazioni integrali sulla storia di Elvis, senza cui, come Elvis stesso riconosceva, ci sarebbe un buco enorme; strutturalmente si sarebbero omessi gli elementi più importanti della sua vita. Nonostante tutto questo, nel mio cuore sapevo che avrei dovuto scrivere un mio libro per onorare la mia promessa. C’era ancora così tanto da dire e da rendere noto. Confrontato con l’attacco del libro di Goldman e di altri, e la sovrabbondanza di materiale che non era stato toccato da nessuno di loro, un libro basato sul mio diario personale, If I Can Dream, un libro che scrissi e sul quale ho avuto un considerevole controllo. Nel 1998, Jess mi chiese di aiutarlo a scrivere una versione aggiornata di questo libro, con nuove storie e intuizioni fresche. Venne pubblicato con il titolo Elvis’ Search of God.

D. Elvis riusciva a trovare conforto con ben poche persone. Perché pensi che si sia aperto con te?

LG. Nel mio primo incontro con Elvis, nell’Aprile 1964, nella sua casa di Bel Air sulla Perugina Way, ci imbarcammo in una conversazione profonda riguardante la religione, la crescita spirituale, i suoi primi anni di vita, sua madre e suo padre, il fratello gemello, la chiesa che seguiva a Tupelo e molti altri argomenti intimi e personali.
Questo fu sorprendente e significativo, considerando che ci eravamo appena conosciuti e che lui era Elvis Presley ed io un estraneo che si trovava da lui per motivi professionali.
Bene, durante quella conversazione è scattato qualcosa tra noi. Sono stato fortunato abbastanza da essere al posto giusto, nel momento giusto, e non solo potevo fargli i capelli, come richiesto, ma ero anche interessato e avevo anche studiato argomenti che erano racchiusi nel cuore di Elvis; argomenti che facevano riferimento al suo desiderio di imparare e crescere spiritualmente. Lui era più che attratto ad allargare i suoi orizzonti e, quel pomeriggio, c’è stata una combinazione di forze che sono arrivate assieme, sicuramente per cambiare le nostre due vite. Per ragioni che sono al di sopra di me, io sono stato privilegiato ed onorato di essergli stato vicino in un modo di grandi significati.

D. Pensi che nessuno, tranne la sua amata madre, abbia, veramente, conosciuto Elvis dietro la sua immagine?

LG. Dal mio punto di vista, ho letto ed ascoltato talmente tante storie distorte e grosse bugie da parte di quella gente di cui Elvis si è circondato. Naturalmente in qualsiasi gruppo, specialmente se sono a contatto con una persona potente e famosa, ci sono persone che sono superficiali, sono degli yes men, e gli opportunisti evidenti. Quando pensi che stiamo parlando di Elvis Presley, la più grande star che sia mai vissuta, naturalmente questo era parecchio accentuato, intorno a lui. Io sono particolarmente critico con alcune persone.
Però, Elvis aveva anche alcuni amici genuini, pochi che lo conoscevano al di là dell’immagine, che lo trattavano da essere umano e non in quanto “Elvis. Avrebbero dato la loro vita per lui. Naturalmente, tutti noi ci rendevamo conto e ne parlavamo l’un l’altro, da esseri umani, in base alle nostre capacità e alla nostra evoluzione individuale. Quello che voglio dire è che alcuni erano più vicini di altri ed alcuni sapevano e lo capivano a livello più profondo di altri.

D. Elvis ha mai avuto una risposta alla sua domanda sul perché era stato scelto?

LG Elvis era una persona estremente intelligente, anni luce dalla persona. Aveva una mente curiosa, che si mette sempre alla prova, che scava i continuazione, che cerca di capire il suo posto nell’universo, e soprattutto, il suo ruolo individuale e la collocazione nel mondo.
Questo è il modo esatto con cui Elvis Presley si inseriva nello schema delle cose.
Per anni si è tormentato con questo dilemma. Era veramente molto sincero, sempre con lo spirito di fare e dare il meglio.
Era il primo ad ammettere quanto fosse imperfetto, quanto fosse debole, e molte, tante volte, si abbatteva a tal punto che, la prevalenza delle persone non riusciva a concepirlo.
Ai miei occhi, invece, quello lo distingueva come un vincente, una persona con un carattere vero, che sapeva riprendersi, con una nuova battaglia contro questa sua natura, sforzandosi di fare bene. Elvis faceva esattamente questo.
Alla fine capì perché era stato scelto. Sembra molto semplice, talvolta ciò che ci sfugge è ciò che è davanti ai nostri occhi.
Elvis attribuiva il suo talento e successo ad una pura benedizione di Dio. Per qualche tempo non seppe come o quale direzione e forma avrebbe dovuto prendere.
Si rivedeva in quel bambino di tre anni, in chiesa, in braccio a sua mamma che voleva cantare. Avrebbe voluto saltare giù dal braccio, attraversare correndo la chiesa, unirsi al coro e cantare con tutto il suo cuore. Elvis diceva: “Cantare e intrattenere la gente, facendoli felici e portare un po’ di gioia nelle loro vite ed è tutto ciò che mi interessa.”
Sapeva che era la sua missione nella vita, e conosceva il suo destino finale.
Una volta pensò che forse, avrebbe dovuto essere un predicatore o un insegnate, ma conosceva se stesso, nel profondo del suo cuore.
Durante gli ultimi anni della sua vita realizzò questo e stava anche programmando di ampliare la sua carriera recitando ruoli drammatici e producendo film con un vero contenuto, che potessero ispirare la gente. Si stava, anche, muovendo verso un lavoro finalizzato a beneficenza e ne abbiamo parlato molto spesso, soprattutto verso la fine.
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