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Vecchio 28-04-2007, 11:12
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Predefinito Re: Interviste A Charlie Hodge

Questa invece è un’intervista del 2005


D. Quando Hai sentito il nome Elvis Presley per la prima volta?

CH. Wanda Jackson, che aveva appena finito al Grand Ole Opry, mi disse “Charlie, hai sentito Elvis Presley? Nessuno ha voglia di seguirlo”. Cosi mi venne voglia di vedere questo tizio. La prima volta che lo vidi fu all’Ed Sullivan Sow e cantava “Blue Moon Of Kentucky” come non l’avevo mai sentita cantare prima. Elvis mi sconvolse. Ricordo che pensai: questo ragazzo è grande. Era l’inizio di un nuovo tipo di musica.

D. Prima di tutto facci un breve background di te prima di trovarti nell’esercito con Elvis.

R. Io ero simile ad Elvis in un sacco di cose. Volevo far parte di un quartetto gospel e dopo diplomato, frequentai la Stamp School Of Music e incontrai un ragazzo che si chiamava Bill Gather. Formammo una quartetto insieme, cantavamo insieme per circa un anno. Poi, per un breve periodo, lavorai con un altro gruppo, finché mi capitò di lavorare con i Foggy River Boys alla ABC, nell’Orzak Jubilee. Io, sul palco, mi portavo una cassetta vuota di Coca Cola e ci salivo sopra. Ero basso e se non mi fossi messo qualcosa per sembrare più alto, sarei stato praticamente nascosto. Stavamo suonando a Memphis con Red Foley Lui venne nel back stage e incontrò Mr. Foley e poi il mio quartetto.
Fu così che Elvis e suo cugino Billy mi videro cantare all’ Orzak Jubilee show, nell’auditorium di Memphis, poco prima che entrambi venissero reclutati. Elvis mi vide cantare, in piedi, su una vecchia cassetta. Il ricordo lo faceva sempre sghignazzare. Ad Elvis piaceva avare intorno gente che sapeva come farlo ridere. Una volta mi disse: “Ogni grande persona della storia, ha avuto vicino a sé, una specie di giullare di corte o un commediante” Elvis aveva sempre qualcuno che lo facesse ridere “Il comico può farla franca anche solo dicendo qualcosa e lui può dire qualsiasi cosa voglia al suo giullare e non si arrabbia” Questo faceva parte del mio lavoro per Elvis.

D, Come andò quando hai rincontrasti Elvis?

Non lo rividi più fino al reclutamento nell’esercito. Lui non mi riconobbe. Mi avvicinai a lui e gli chiesi quando aveva visto Wanda l’ultima volta. Elvis disse: Hey mi sembra di conoscerti” e io “Sono Charlie e cantavo con i Foggi River Boys” “Hey, ragazzo, ti guardavo in TV ogni sabato serta”. Tu immagini Elvis che guardava me?


D. Raccontaci dei giorni del training di base tuo e di Elvis.

CH. In quell’occasione non lo vedevo molto. Lo vedevo per poco tempo, tipo il sabato mattina e poi tornava alla sua casa fuori dalla base, dove viveva con i suoi genitori. Così, lo vedevo poco. George Klein e alcuni dei ragazzi andavano a trovarlo là. Prendendo il treno da Fort Hood a New Jersey, parlavamo molto insieme, perché mi sedevo vicino ad Elvis. Così è iniziata la nostra amicizia parlando della gente che conoscevamo, tipo Wanda Jackson che era nel nostro spettacolo ed era Miss Rockabilly.


D. Quando andò in Germania, eri anche tu con lui.

CH. Sì, ma ancora una volta non ero stazionato con lui. Elvis mi prese e mi disse “Charlie, guarda la carta e saprai dove sono” Così il primo week end libero, fui in grado di raggiungerlo. Appena arrivavi, ti tenevano in quarantena e non potevi lasciare il tuo posto. Così andai al Park Hotel, il primo posto dove alloggiò, chiamai dalla reception e mi rispose Lamar Fike. Al telefono dissi. “Ciao, c’è Elvis? Sono Charlie Hodge” E Lamar “Charlie Hodge? E sentii Elvis che disse “Hey Charlie … Sali!” Ecco eprchè eravamo insieme nel tragitto verso la Germania, dove ogni weekend, io andai a casa sua, per quasi tutto il periodo di permanenza in Germania,. Prima era al Park Hotel, poi affittò l’ultimo piano del Grϋnenwald Hotel, un hotel a conduzione familiare. Ci furono alcune feste e una volta quasi stavamo bruciando l’hotel. Stavamo facendo un gioco ed Elvis si era chiuso a chiave nella sua camera. Noi abbiamo messo una pila di carta fuori dalla porta e abbiamo dato fuoco. Stavamo per carbonizzarlo. In ogni caso lo buttarono fuori dall’hotel e così affittò una casa, creandosi così, un’atmosfera familiare, perché era come se fosse a casa.

D. Si direbbe che tu sia stato lì con lui per confortarlo e parlargli.

CH. Non fino a che eravamo sul treno. Lo confortai per tutto il tragitto, quando eravamo sulla nave. Non l’avevo più rivisto, dopo che sua madre si era ammalata, se non al suo ritorno e fino a che non ci trovammo sul treno diretto nel New Jersey. Sulla nave, lo avevano messo nella zona riservata ai sergenti, in modo tale che gli altri soldati non lo disturbassero per gli autografi. Lui chiese se potevo stare con lui e io dissi “Ok, salirò da te, ma devi chiederlo al mio comandante” Il comandante risposte “Ok, dopo che tutti si sono sistemati, può spostarsi da te.” Così mi trasferii e vi rimasi per tutta la traversata dell’oceano. Abbiamo fatto anche uno show sulla nave. Di solito ne facevano 3, ma noi ne abbiamo fatti 5. Elvis non cantava, ma suonava il pianoforte per quelli che cantavano. Naturalmente tutti guardavano quello che faceva lui. Ma io lo sentivo di notte.

D. Lo sentivi sognare?

CH. Sulla strada verso la Germania, sulla nave, sentivo che, di notte, alle volte, iniziava a fare sogni. Io uscivo dal mio letto e mi sedevo vicino a lui e iniziavamo a parlare e scherzavo con lui, per farlo essere meno triste. E dopo un po’ si riaddormentava.
Anni dopo, disse “Charlie, se non fosse stato per te……… sei riuscito a mantenermi sano per tutta la traversata dell’oceano. E lo stesso hai fato per mio padre quando è arrivato.” Era per le battute che facevo, perché Elvis amava sentirmi raccontare storie e barzellette.
D. Com’era trattato Elvis nell’esercito?
CH Ricordo una volta in cui tutti noi dormivamo, mangiavamo e vivevamo su 3 piedi di neve, un Colonnello raggiunse Elvis e disse: Noi andremo a Miami per una grande convention, invece voi verrete portati a Parigi per incontrare il Papa. Elvis guardò il Colonnello e disse: “Signore, ci sono 15.000 uomini qui, che, come me, dormono fuori nella neve. Non posso accettare la sua proposta, perché lasciarli, avere per me questo trattamento speciale e poi tornare e guardarli in faccia, è una cosa che non posso fare.

D. Tu suonavi il piano ed Elvis…..

CH. Avevamo un pianoforte, lo acquistò dopo un po’ che era lì. All’inizio avevamo solo una chitarra, ma poi con l’arrivo del pianoforte, cantavamo nei weekends. La domenica voleva giocare a football e arrivava un gruppo di ragazzi, tra cui Joe e altri ragazzi che erano là. Io non ho mai giocato, perché ero troppo piccolo. Ci stavo male.

D. E’ là che Joe venne per la prima volta?

CH. Esatto. Joe ed io ci incontravamo là di domenica. E poi naturalmente andammo a lavorare per Elvis. Io arrivai da casa mia a Decatur, Alabama, dopo aver fatto visita ai miei genitori. Elvis voleva che registrassi una canzone con lui per il suo primo album. Fu la nostra prima registrazione insieme ed era l’Elvis Is Back. Abbiamo fatto un duetto che si chiamava “I Will Be Home Again” che era una vecchio Golden Gate spiritual album. Avevamo iniziato a cantarla in Germania.

D. Eri là la sera che arrivò Priscilla?

CH. Sì c’ero. E quando quella sera lei se ne andò, Elvis mi guradò e disse “Charlie, hai visto la forma del suo viso? E’ praticamente tutto quello che cercavo in una donna”. Suo padre era capitano e, quando veniva a trovare, Elvis ognuno di noi si alternava per riportarla a casa,. Ma quel primo appuntamento fu qualcosa di diverso. Come ho detto, quando la guardava, ne fu letteralmente rapito.
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