Trend globali
Christian GattikerEquity Research
Elvis e gli investitori
09.08.2004 I numeri parlano chiar fra meno di cento anni il pianeta sarà invaso da una pletora di imitatori del re del rock. Da persone di buon senso, puntereste su questa scommessa?
I mercati finanziari sono luoghi in cui domanda e offerta di valori si incontrano. Il venditore di titoli ne ricava fondi da reinvestire nell'azienda, mentre l'acquirente si garantisce una rendita fissa oppure il diritto di partecipare agli utili futuri della relativa società. Un meccanismo semplice e logico che potrebbe indurci a credere che il mercato si comporti in modo altrettanto efficiente e razionale. Il seguente esempio, che si rifà al mondo dello spettacolo, è tratto da un'analisi della prestigiosa ABN Amro e ci fornisce conclusioni interessanti al riguardo.
- Nel 1960 si contavano 216 imitatori di Elvis.
- Nel 1970 erano passati a ben 2400.
- Nel 1980 il loro numero era stimato intorno ai 6300 a livello internazionale.
- Nel 1992 infine erano arrivati a 14 000.
- Di questo passo, entro il 2100 gli imitatori di Elvis rappresenteranno il 25 per cento della popolazione mondiale.
Segnali chiari eppure fuorvianti
I dati rilevati sull'arco di trent'anni sembrerebbero suffragare l'ipotesi che entro il 2100 si verificherà un autentico boom degli imitatori del King. Chiunque negasse l'evidenza rischierebbe di vedersi accerchiato da frotte di cloni di Elvis, con tanto di costume bianco e capello impomatato. Male che vada, avremmo sbagliato i nostri pronostici e ci ritroveremmo a fare i conti con l'orgoglio offeso degli impersonator. Più gravi possono invece essere le conseguenze di un errore di valutazione in campo finanziario. Basti ricordare come in epoca recente l'euforia innescata dalla corsa dei titoli tecnologici abbia alimentato l'illusione di inesauste chance di guadagno, illusioni che il crollo della new economy ha spietatamente infranto cogliendo gli investitori completamente impreparati. E dire che le previsioni non sarebbero potute essere migliori. Ma per citare il grande economista John M. Keynes: "Resta un mistero che un essere razionale possa compiere un atto tanto insensato come quello di investire in borsa". Questa convinzione è tuttavia in netto contrasto con la teoria finanziaria neoclassica secondo cui gli operatori sarebbero dei soggetti perfettamente razionali e come tali riescono a ottimizzare i rischi rispetto alle opportunità di guadagno, anticipando la dinamica dei prezzi in base alle informazioni disponibili – e ciò con lucidità e senza essere vittime di distorsioni di carattere emotivo. Tuttavia questo "homo oeconomicus" è ben lontano dalla realtà e la teoria dei mercati cosiddetti efficienti non è in grado di spiegare alcuni fenomeni ricorrenti che smentiscono l'assunto stesso di razionalità del comportamento dei suoi attori. E con ciò non ci riferiamo alle varie "regole d'oro" o dritte per vincere in borsa (si veda il riquadro) proposte dagli esperti di turno, bensì ad alcuni quesiti ben più cruciali cui possiamo trovare risposte convincenti soltanto includendo nel nostro modello di pensiero l'irrazionalità come costante dell´agire umano.
Fare i conti con l´emotività
D'altronde è lecito chiedersi cosa spinga gli operatori a scambiarsi grandi volumi di titoli se ognuno di loro dispone delle stesse informazioni e basa le proprie decisioni sulle medesime aspettative. Altrettanto incongruo ci sembrerà il fatto che i prezzi dei titoli possano accusare oscillazioni talora marcate se queste non trovano riscontro in eventi altrettanto significativi nell'azienda sottostante. O ancora, come mai la prospettiva di un aumento del dividendo faccia lievitare le quotazioni in misura sproporzionata rispetto al resto del listino. Tutte domande che ci lasciano perplessi e non trovano altra giustificazione se non quella che le scelte degli investitori non sono frutto di riflessioni spassionate e obiettive. Questa consapevolezza ha portato all'emergere di una nuova disciplina, la cosiddetta finanza comportamentale, che sposa la psicologia con le scienze economiche. Giungendo a scoperte sconcertanti. È ormai comprovato che il processo cognitivo degli investitori – dall´acquisizione all'elaborazione dei dati utili ai fini della decisione circa il titolo più promettente – contravviene sistematicamente ai dettami di razionalità cari ai manuali di borsa. La "behavioural finance" ha messo in luce alcune trappole psicologiche come la percezione selettiva della realtà, l'ipersicurezza che induce un´eccessiva fiducia nelle proprie capacità oppure l'avversione alle perdite. Concetti questi che in breve tempo si sono imposti a pieno diritto fra le teorie finanziarie più accreditate, sfatando definitivamente il mito della borsa come entità razionale.
P.S.: Quanto agli imitatori di Elvis purtroppo mancano stime affidabili e aggiornate al 2004. Se le proiezioni di cui prima dovessero avverarsi, fra trent'anni saremo circondati da migliaia di nostalgici che faranno rivivere il mito del King – a suon di rock'n' roll.