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Vecchio 07-09-2007, 21:56
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Predefinito Re: INtervista a Terry Blackwood-Imperials

E questa è l’intervista fatta solo a Terry Blackwood, il 15 Maggio 2007


D. Puoi raccontarmi qualcosa di te?

TB: Sono cresciuto nella famiglia dei Blackwood Brothers, che era un gruppo gospel, alla periferia di Memphis. Sono nato a Mississippi e poi mi sono trasferito a Sheneandoah. Sono cresciuto a Memphis ed è qui che ho conosciuto Elvis. Prima di diventare famoso, Elvis era un fan del gruppo della mia famiglia. Inoltre frequentavamo la stessa chiesa, anche quando era già adolescente, ma mai avrei pensato che, quando sarei diventato uno degli Imperials, avrei cantato con lui.

D. Quando ti sei unito agli Imperials?

TB. Nel 1967 e dopo due anni avevamo già creato qualcosa di nostro e fatto un arrangiamento con Jimmy Dean. Abbiamo cantato molto con lui, prima di essere invitati a lavorare con Elvis nel 1969, con cui siamo rimasti per tre anni, facendo l’apertura del 31 luglio 1969, all’International Hotel di Las Vegas.

D. Eri fan di Elvis?

TB. Ritengo di non esserlo stato fino a che non ho lavorato con lui, poi ne sono diventato fan. Soprattutto se arrivi da Memphis sai tutto di lui. Aveva delle hits e diventava sempre più grande, ma non posso dire di essere stato un amante del rock ‘n roll. Mi piace molto la musica rock dagli anni 50 ai 60 ed Elvis è uno di loro. Penso che incontrarlo sia stato un vero privilegio e lavorare con lui sia un’esperienza sicuramente memorabile.

D. Ti ricordi qualche storia divertente di quando lavoravi con Elvis?

TB. Non ho niente di particolare, se non che era imprevedibile. Si portava sempre dietro una bottiglia di acqua, per tirare l’acqua ai ragazzi e poi, anche cadere dagli sgabelli; faceva un sacco di cose strane, tipo cantare le canzoni con parole sbagliate e ridere da solo. Era sicuramente uno che amava divertirsi e far divertire.

D. Pensi che lo facesse per rompere la monotonia, visto che le faceva ogni giorno.

TB. No ritengo che lui fosse così, aveva uno spirito libero ed era un uomo insolito. Non era prevedibile. Penso che ci fosse molto del suo essere, che è rimasto a lungo emarginato. Nella scuola superiore, quando portavi i capelli lunghi e non eri molto in ordine, venivi emarginato dalla massa. Dagli altri studenti non eri considerato all’avanguardia o cool, ma mi rendo conto che quando cantò per il gruppo della scuola, molte delle opinioni su di lui cambiarono, pur se non è mai stato accettato come uno del gruppo. Era un outsider, ma non sembrava che questo lo preoccupasse, avrebbe continuato a vestire con i colori che lui amava, a tenere i capelli lunghi e non fare mai quelle che erano le cose tipiche. La maggior parte dei ragazzi tenevano i capelli corti, mentre lui continuava per la sua strada. Era per conto suo, non si mescolava agli altri, faceva il suo e basta.

D. Guarda cosa si fa per lui

TB. Io penso che sia il cantante più emulato, di tutti i tempi. Alle volte mi dispiace, perché alcuni non avrebbero assolutamente bisogno di vestirsi come lui e assomigliare a lui. Io ritengo sia una vergogna perdere la propria identità, per cercare di assomigliare ad Elvis, anziché essere sè stessi. Lui è stato uno, e nessuno dovrebbe più copiarlo, perché lui era diverso, lui si distingueva dalla massa. C’è Frank Sinatra, che è stato un grande cantante, ma in giro non vedi nessuno che vuole essere Frank Sinatra. Quello che intendo è che in lui c’era qualcosa di molto molto speciale.

D. Facevate qualcosa di particolare prima di uno spettacolo? Qualcuno dice che pregava.

TB. Si lo faceva, ma noi stavamo nel nostro camerino ed Elvis nel suo. Parecchie volte, prima dello spettacolo, siamo andati nel suo camerino e cantavamo un po’ assieme, così poteva scaldare la voce e calmarsi un po’. Molte volte prendevamo l’ascensore insieme per andare nella showroom, attraversavamo il back stage e chiacchieravamo un po’ con lui. Facevamo così e lui si tranquilizzava pregando, o parlando della Bibbia. Sua madre era una devota cristiana e lui ha amato molto sua madre, probabilmente più di qualsiasi altra donna della sua vita, perché la rispettava e sapeva che lei lo amava, in modo disinteressato, indipendentemente dal fatto che fosse diventato famoso. Perciò credo che sua madre abbia avuto, su di lui, un fascino particolare, da cui lui non è mai riuscito ad allontanarsi. Quello che intendo dire è che, diventando famoso, non era mai sicuro se la ragazza che stava con lui era perché voleva lui o perché lui era chi era.

D. Deve essere stata dura.

TB. Sì era una condizione molto difficile per lui. Però non ha mai sognato di diventare ciò che è diventato. E’ andato per fare un disco a sua madre e, improvvisamente, era famoso. Oggigiorno, molti lavorano per diventare famosi e si immaginano famosi. Non so se questo fosse l’obiettivo di Elvis, penso che Elvis amasse cantare e quando la musica gli entrava dentro, non riusciva a stare fermo. Ritengo non abbia mai immaginato che tutto questo sarebbe successo a lui.

D. Dopo gli spettacoli, andavate alle feste, nella sua suite?

TB. Andavamo ma non c’erano feste. Salivamo, mangiavamo qualcosa e potevi bere quello che volevi. Prevalentemente non eravamo bevitori, ci sedevano intorno al pianoforte, qualcuno suonava e noi cantavamo canzoni gospel. Elvis aveva tutti i dischi incisi dalla mia famiglia, dagli Statesmen Quartet e gruppi del genere. Conosceva i nomi di tutti. Gli piaceva molto anche il gospel nero, come quello degli Harmonizing Four e simili. Molte volte ascoltavamo un disco e poi cantavamo insieme. Amava accodarsi, adorava avere un tenore, un baritono e un basso. Gli piaceva cantare con noi e ritengo che ne fosse molto felice. Sicuramente non raggiungeva note alte e cantava con accordi di rock ‘n roll. Credo che sapesse quanto il rock l’avesse portato dove era arrivato, ma quando cantava con noi, cantava gospel.

D. Pensi che avrebbe fatto volentieri un concerto gospel?

TB. Non credo che il Colonnello lo avrebbe permesso. Penso che lui , spesso, abbia avuto voglia di farlo, ma non credo che il Colonnello glielo avrebbe permesso. Era un vero negriero. Avevo sentito che Elvis lo voleva fare, ma che il Colonnello gli aveva detto di no. Elvis era un ragazzo molto leale, perché sicuramente pensava che era stato il Colonnello a renderlo famoso, ma per come la vedo io, in realtà è stato Elvis a portare lontano il Colonnello.

D. E’ stato il suo talento a renderlo famoso?

TB. Ritengo che il Colonnello abbia fatto delle mosse furbe, come limitare le sue apparizioni, attuando cose che hanno sicuramente contribuito ad aumentare la carriera di Elvis, ma Elvis, con il suo talento, sarebbe emerso in ogni caso. Credo che, con Elvis, qualsiasi altro manager astuto, avrebbe ottenuto la stessa cosa.

D. Ricordi qualche problema legato alla sicurezza?

TB. Sì. Tra il pubblico, c’erano un sacco di fidanzati gelosi perché le loro ragazze amavano Elvis, e così loro lo odiavano. Quindi si portava dietro 5-6 ragazzi che gli facevano da guardie del corpo. Red e Sonny West andavano dove andava Elvis e gestivano le interferenze, quando le ragazze saltavano sul palco: erano tranquillamente sedute, poi saltavano sul tavolo e andavano da Elvis. C’erano delle volte che i ragazzi le afferravano prima di arrivare a lui. Lo dovevano fare, perché non potevi immaginare cosa passasse per la loro testa. Non l’ho mai visto fare da un uomo. Ci fu una volta che uno di questi fidanzati era talmente arrabbiato con lui, che gli garantì di sparargli una volta salito sul palco. C’era una canzone che si chiamava Loving Feeling. Il messaggio che il ragazzo gli inviò diceva che quando avrebbe fatto quella canzone e le luci erano dirette su di lui, gli avrebbe sparato. Così, quella sera, c’era parecchia sicurezza tra il pubblico. Le sue guardie del corpo camminavano tra il pubblico cercando di individuare un uomo con la pistola.

D. Sicuramente Elvis era molto turbato a sapere che qualcuno avrebbe cercato di sparargli e che qualcuno lo odiasse così tanto

TB. Nel mondo c’è gente pazza, a cui non piace che ci siano ragazze che stravedono per Elvis. Credo la vedano un’offesa alla loro virilità. Elvis era innocente, lui voleva solo salire su un palco e cantare. Non aveva obiettivi su queste donne. Penso che la ritenesse una cosa pazzesca e infatti rideva molto su come si comportavano le donne. Iniziò a giocare con questa cosa, si divertiva di quello che succedeva, ma questo era lui, faceva di tutto per non ferire nessuno, e faceva quello che faceva.

D. Mi è stato detto che tutti pagavano il biglietto. Quindi se la tua famiglia andava a vedere uno show di Elvis, doveva pagare il biglietto

TB. La mia famiglia non è mai venuta. Però sono certo che se qualcuno fosse venuto era obbligato a pagare. Alla mia famiglia non piaceva il fatto che cantavo a Las Vegas, così non sono mai venuti. L’avessero fatto non sarebbe stato per giocare d’azzardo, perché eravamo gente di chiesa e quindi non avevamo interesse a giocare. Non puoi costruire questi enormi hotels, se sperperi più soldi di quelli che prendi. Penso che la gente che non riesce a controllarsi nel gioco, sia molto triste, perché ne diventa dipendente. Quello che è ancora più triste è quando si giocano i soldi per mangiare o chiedono prestiti, nella speranza di diventare ricchi. Ho imparato molto presto che non c’è un modo per fare soldi, se non lavorando e risparmiando.

D. Sei mai stato a casa di Elvis?

TB. Sì. Credo fosse il 1970. Abbiamo fatto una capatina per poi uscire a mangiare.

D. Cosa pensi di Graceland?

TB. Credo che fosse molto appariscente, ma questo era Elvis, Era un ragazzo di campagna del Mississippi che ha fatto i soldi. Molto pellame grezzo. Aveva la Jungle room (ride). Al piano di sotto, aveva 3 televisori, così poteva guardare tutti i canali. Ma questo era Elvis, per lui era impensabile avere un designer che ridisegnasse la sua casa.

D. Hai qualcosa da raccontarci sulla Memphis Mafia? Hai passato molto tempo con loro?

TB. Non voglio immischiarmi con la Memphis Mafia (riede). Sono sempre stati molto gentili con noi. Sapevano che non avremmo fatto del male a nessuno. Eravamo là per aiutarlo. Con loro abbiamo passato dei bei momenti, non ho trovato nessuno pesante.

D. Nemmeno il Colonnello?

TB. Posso affermare che, nella mia vita, non ho mai parlato con il Colonnello. Il Colonnello aveva un assistente che si chiamava Tom Diskin. Se avevi qualche domanda da fare, non parlavi con il Colonnello, ma chiedevi di Tom Diskin, che era una persona molto gradevole. Il colonnello aveva un modo di fare, che ti faceva sentire molto piccolo, così facevi di tutto per non parlare con lui. Lui faceva le sue cose e non aveva niente a che fare con te. Penso sia stato un uomo molto solo. Elvis era totalmente l’opposto. Potevi avvicinarlo in qualsiasi momento. Penso che il Colonnello fosse diverso da chiunque, aveva una cerchia di amici molto ristretta.

D. Pensi che nessun altro poteva fare da manager ad Elvis e farlo bene?

TB Non penso. Avrebbe dovuto essere una persona speciale, una persona che capiva Elvis. Il Colonnello capiva Elvis, ma nessuno avrebbe potuto gestire Elvis. La gestione è tutto ciò che ha fatto il Colonnello. Lui ha fatto molte cose giuste, ma anche molte cose che non erano giuste per Elvis. Io penso che avrebbe potuto implementare l’immagine di Elvis, in modo diverso da quella che io consideravo un’atmosfera da circo nell’hotel. Avrebbe dovuto avere più classe, senza essere così di basso costo, con quelle insegne economiche, quei cappelli di plastica. Questa è la mia opinione.

D. Sai se Elvis se ne è mai lamentato?

TB. No, Elvis non si è mai lamentato di niente. Lui continuava le sue cose. Ha fatto molti più soldi di quello che potesse mai immaginare, ma Elvis voleva fare musica. Lui voleva solo cantare e rendere felice la gente. Ecco quello che faceva lui e quelli che venivano era perché lo amavano. Quella volta non me ne rendevo conto, ma Elvis era talmente carismatico che poteva trainare tutti anche se non fosse stato nessuno. Qualsiasi manager furbo avrebbe creato Elvis. Non sto dicendo che il Colonnello non l’abbia fatto, anzi ha prese molte decisioni giuste e valide.

D. Quando gli Imperials hanno smesso di fare shows con Elvis? E perché?

TB. Nel 1972. Ci chiamavano 3 settimane prima del concerto ed eravamo costretti a dire che eravamo già impegnati. Ci eravamo affermati nel genere gospel. Nel nostro settore si lavorava con contratti e prendevi accordi di esibirti in un certo posto. Non potevi non mantenere la parola. Così quando il Colonnello ci diceva “abbiamo bisogno di voi qui”, noi avremmo dovuto annullare il contratto con altri. Ci trovammo in una situazione difficile e non riuscivamo a conciliare le scadenze. Alle volte il Colonnello concludeva gli ingaggi all’ultimo minuto e voleva che ci fossimo anche noi. Perciò avremmo dovuto annullare tutto e restare disimpegnati fino a che non ti chiamava il Colonnello. Valutammo che ci sarebbero stati periodi troppo lunghi, senza che non succedesse nulla, così prendemmo la decisione. Inoltre lavoravamo anche con Jimmy Dean e anche lui si esibiva a Las Vegas. Jimmy ci permetteva di cantare un paio delle nostre canzoni e ci stavamo facendo anche un sacco di amici. Avevamo già vinto il premio come gruppo gospel dell’anno e stavamo ricevendo un sacco di chiamate. Troppa carne sul fuoco. Fossimo rimasti con Elvis e lasciato perdere Jimmy Dean, magari avremmo potuto aiutarlo, non si può mai sapere.
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