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Vecchio 21-12-2007, 08:53
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Intervista con Byron Rapahel – Impiegato di Parker e dell'Agenzia di collocamento William Morris

Poche persone possono vantare di aver avuto un ruolo di rilievo nella nascita della storia del Re del Rock ‘n Roll, ma nel 1956 Bryon Raphael ha lavorato un periodo per la William Morris Agency. Durante questo lavoro ha conosciuto il Colonnello Tom Parker ed Elvis Presley, che in quel periodo aveva già un grande successo.

In questa intervista, il ruolo di Byron Raphael e le sue trattative con Elvis e il Colonnello si dimostreranno sempre più affascinanti.

D. Byron, tornando al periodo in cui lavoravi per l’Agenzia di William Morris, si doveva essere avvocati per poter essere tenuti in considerazione dall’agenzia?

BR. No, assolutamente. A dire il vero due cose erano importanti: una era che dovevi essere di buona famiglia, perché il tuo stipendio iniziale era di $42,50 alla settimana. Questa cosa automaticamente eliminava molte persone, che non avrebbero potuto affrontare un lavoro simile. La seconda cosa era che dovevi essere ebreo. Al giorno d’oggi questa sembra un principio razzista, un pregiudizio anti cristiano, ma questa era la filosofia della William Morris Agency. L’uomo che guidava l’agenzia, Abe Lastfogel, era stato respinto molte volte, perché ebreo. Perciò il suo presupposto era diventato “se io aprirò un’agenzia, sarà solo con ebrei” E così fu. Ma per il resto non era necessario altro, non era necessario essere stati al college, anche se una volta lì, mi sono reso conto che richiedevano una formazione al college. Non proprio quando io ero là. Quando c’ero io bastava avere un contatto. Mio padre era nel giro della musica della Walt Disney e così ho potuto fare un periodo di prova. Mi ci sono voluti sei mesi per essere sicuro del lavoro. Se mio padre non fosse stato dentro la Walt Disney, probabilmente non avrei avuto il lavoro.

D. Avevi sempre voluto essere un agente? Speravi di lavorare con cantanti o gruppi o attori?

BR. Buona domanda. Da bambino, avevo iniziato a fare l’attore alla radio, ma quando mi sono reso conto che non sarei mai stato il tipico leader, ho capito che non sarei mai diventato una star. Fondamentalmente, io volevo fare quello che faceva mio padre, che era nel campo musicale. Parliamo degli anni ’50, erano i giorni di Tony Martin, Perry Como, Kay Starr, Patti Page e naturalmente presto sarebbe arrivato Elvis. Erano i giorni degli Hit Parade, dei Rodgers e di Hammerstein. Questo tipo di musica, mi piaceva molto e di cui volevo far parte. Ma volevo anche lavorare con gli attori di cinema, visto che volevo fare l’attore. Perciò la cosa più giusta che potevo fare era rappresentare un attore. In questo modo potevo stare vicino a loro. Sapevo quanto per loro fosse difficile sopportare le porte costantemente sbattute in faccia e quindi io li aiutavo.

D. Con chi lavoravi prima di stare con Elvis?

BR. Lavoravo nell’ufficio della corrispondenza e il mio compito era esaminare le sceneggiature dei vari studios e inviarle ai vari clienti. Dietro a questo c’era uno scopo. Non facevo il leccapiedi. Se eri nuovo in questo business, dovevi imparare dove si trovavano gli studios, dovevi imparare dove si trovavano i produttori e io lo sapevo fare. Perciò tutto quello che si faceva alla William Morris, aveva un motivo. Dopo di che, essendo stato assunto dal Colonnello per Elvis, la tappa successiva doveva esser essere di lavorare nell’ufficio delle trattative in corso. In questo ufficio conosci le trattative in corso e come si portano a termine. Mi mancava una cosa del genere. Dopo questo diventavi segretario di un agente, con prospettive di diventare agente a tutti gli effetti.

D. Fare il segretario era come essere un agente Junior?

BR. In linea di massima sì. Quando Elvis andò militare, io tornai alla William Morris, facendo il segretario di un altro agente, ma praticamente ero un agente Junior. Il mio capo si chiamava Sy Marsh. Era una grande persona. Era il tipo di agente a cui piaceva molto socializzare. Così quasi da subito, mi lasciò fare le trattative, anche se sapevo che era un lavoro piuttosto difficile. Ma è come guidare una bici, dopo un po’ impari. Di fatto ero un Junior Agent e diventai Agente in breve tempo.

D. Nel novembre del 2005, hai raccontato la tua storia a Play Boy. Come hai fatto a ricordare tutti i dettagli, dopo tanto tempo? Hai tenuto un diario?

BR. No. Il solo motivo per cui ricordo così bene è perché in tutta la mia vita, non c’è più stato un periodo come quei 4/5 anni, dal ’56 fino a quando Elvis è entrato nell’esercito. Ha avuto un tale impatto, che me lo ricordo come fosse ieri. Ho lavorato con Alanna Nash che ha fatto ricerche per conoscere ogni dettaglio e data, a partire dall’aprile ’56. Io avevo conservato alcune lettere di Elvis e del Colonnello, ma prevalentemente ricordo quel periodo come fosse ieri. Ricordo cose che Elvis e il Colonnello, mi hanno detto parola per parola. Non credo che nessuno che ha lavorato con Elvis Presley possa aver dimenticato qualcosa che gli è stato detto da loro. Sappi che quando lavoravo per lui, continuavo a lavorare per la William Morris, che mi aveva assegnato Elvis. Non c’era un entourage, C’erano solo il Colonnello Parker, la sua segretaria, Tom Diskin e Gene Smith, che era un cugino di Elvis, una sorta di ritardato mentale. Poi c’era una specie di truffaldino che si chiamava Cliff ed io. Più tardi, dopo il servizio militare, c’erano 8 o 9 ragazzi, intorno ad Elvis. Ma quando c’ero io, ero il suo unico confidente. Io avevo la sua età e trovarsi in quella posizione, per un giovane ragazzo di 21 anni, era qualcosa che creava uno sconvolgimento all’esistenza.

D. Come mai Elvis aveva tanta fiducia in te? O meglio, da cosa ha capito di poter avere fiducia in te?

BR. Non lo so. Quando sono andato a lavorare per il Colonnello, io e il Colonnello siamo diventati subito molto intimi. Lui non aveva avuto un figlio e, in qualche modo, mi ha adottato. Dopo un paio di mesi, io lo chiamavo Pops. Per me era come un padre. Un giorno mi disse: “Sai Byron, Elvis non ha mai conosciuto nessuno, se non ragazzi del sud, povera gente che arriva da Tupelo”. Non aveva mai conosciuto nessuno della West Coast o qualcuno che arrivasse da una classe media. Io avevo la sua età e il colonnello mi disse “Perché non cerchi di diventare amico di Elvis? Non ha amici, Un anno fa era un camionista. Ha paura ad uscire e io non voglio che esca. Perciò quando esci dall’ufficio o quando lasciamo la Paramount, o la Fox o la MGM, vai a trovarlo. Vai al Beverly Wilshire Hotel e diventa sua amico”. E così è successo. Mi chiamava “Byron, la sirena”. Se non fossimo diventati amici, sarebbe stato tutto diverso. Infatti poi la filosofia è cambiata ed il Colonnello Parker non voleva che chi lavorava per lui, socializzasse con Elvis. Un altro motivo era che il Colonnello voleva che io diventassi una spia. In altre parole, voleva essere sicuro che Elvis non avesse intorno gente ambigua, del tipo che volessero portarlo dalla William Morris o da lui. Sono sicuro che c’era chi voleva farlo e anche che qualcuno fumava marijuana. Quindi il Colonnello voleva che stessi con Elvis e facendomi suo amico, poi gli riportassi quello che gli succedeva. Ma io non solo sono diventato amico di Elvis, ma l’ho anche fatto conoscere alla mia ragazza, quella che poi è diventata mia moglie. Naturalmente lui era molto schivo, ma era anche una star che lei voleva conoscere. Ed Elvis si innamorò di lei. Praticamente ogni ragazza con cui Elvis ha avuto una relazione, era la fotocopia di Caroline, quella che è diventata mia moglie. Anche Priscilla era la copia esatta di Caroline. Ann Margret assomigliava un po’ a Caroline e anche Ginger Alden, l’ultima ragazza che ha avuto e con cui divideva il letto quando morì. Caroline era il suo genere. Una volta mi disse “Byron, hai una bella ragazza. Mi piacerebbe avere una ragazza così”. Può sembrare pazzesco, visto che lui era uno degli uomini più belli che io avessi mai incontrato nella mia vita, probabilmente a 22 anni era l’uomo più bello che io abbia visto. Non poteva uscire e stare con le ragazze, perché sarebbe stato subito aggredito, non poteva entrare in un nightclub, perché non aveva nessun altro che gli desse una mano. Così io stavo nel mezzo. Odio dire che facevo il protettore, perché non lo facevo per soldi. Stavo fuori dal cancello della MGM, non alla Fox dove le ragazze non potevano entrare, ma alla Paramount sì. Ce n’erano a centinaia che lo aspettavano e che andavano e venivano ogni giorno. Io gli trovavo le ragazze. Sapevo quale tipo gli piaceva e ne invitavo 2, 3, 4 al Beverly Wilshire Hotel. E’ così che è iniziata.

D. Come facevi a sapere che queste ragazze non avrebbero detto “Elvis mi ha toccata qui. Elvis mi ha toccata là”. Come facevi a sapere che non avrebbero raccontato di aver subito uno stupro o non lo avrebbero messo in cattiva luce raccontato qualcosa che non era mai successo?

BR. Buona domanda. Questo è un altro motivo per cui il Colonnello non voleva che Elvis rimanesse solo e per questo c’eravamo io e suo cugino Gene Smith. A quei tempi, non esisteva il DNA, ma se per caso una ragazza avesse detto “Mi ha messa incinta” oppure “Mi ha toccato” saremmo stati in 3: c’era Elvis, c’ero io e c’era Gene. Se Elvis fosse stato solo, la ragazza avrebbe potuto dire cose del genere. Avevamo paura che succedesse. C’erano volte in cui il Colonnello Parker incontrava alcuni genitori delle ragazze e faceva degli accordi economici. Ma Elvis era più contento se non aveva rapporti con queste ragazze, ma solo petting. Ora, io dico petting pesante. Credo che le reazioni alla mia intervista a Playboy siano state “Ma cosa dici, cosa intendi dire che non fosse un bravo amatore?” Non lo dico assolutamente, Quello che intendo è che eravamo alla fine degli anni 50 e la maggior parte dei giovani non avevano rapporti. Si limitavano ad andare nei drive-ins e facevano petting e ansimavano. Se poi tieni in considerazione quello che diceva il Colonnello Parker “Stai attento! Se metti incinta una ragazza avremo grossi problemi e rovinerai la tua carriera, oltre che ritrovarci a doverla pagare” In quegli anni funzionava così! Se mettevi incinta una ragazza prima di essere sposato, la tua carriera era finita.

D. Ad Elvis è mai successo?

BR. Non ho mai saputo niente. So che il Colonnello è andato a trovare la famiglia di un paio di ragazze e ha preso accordi economici. Per cui non sono in grado di sapere se Elvis o io o Gene potremmo aver messo incinta qualcuna. Ma andava così. Come ho detto la maggior parte delle volte Elvis non faceva niente che rischiasse di metterle incinta. La prevalenza delle volte c’erano 2 o 3 ragazze nude nel letto. Sua madre Gladys era una donna molto, molto religiosa ed Elvis la amava molto. E’ stata l’unica donna che lui ha amato veramente. Gli diceva che fare sesso prima del matrimonio era peccato e così, non l’avrebbe mai fatto prima del matrimonio, sia per le raccomandazioni del Colonnello che per gli insegnamenti della madre. Molti fans di Elvis dicono “Gee, la presenti come se non gli piacesse farlo”. Non è così. Questo era quanto gli era stato insegnato da giovane e cioè aspettare fino al matrimonio. Non penso che l’abbia fatto sempre, ma sicuramente aveva molta paura di sua madre e del Colonnello.

D. Ricordo di aver letto che quando i Beatles erano in tour, ex uomini dell’FBI si erano piazzati davanti agli ascensori per essere sicuri che le ragazze non si avvicinassero al gruppo. Poco tempo fa qualcuno mi ha detto che le ragazze hanno comunque trovato un modo per aggirare la cosa. E’ stato Brian Epstein a farmi notare che uno scandalo come quello che ci hai descritto potrebbe la stessa valenza di quello dei Beatles.

BR. Al Beverly Wilshire, avevamo delle guardie, per cui se le ragazze non erano con me, non passavano. La Memphis Mafia afferma che non è vero, dicono che io non c’ero, ma la verità è che nel 1956 non c’era nessuno di loro. Lamar Fike fu il primo ad entrare nel giro di Elvis e questo avvenne nel 1957. Pertanto nel ’56 io ero l’unica persona di fiducia di Elvis. Gli piacevo perché ero diverso da lui. Io ero un ragazzo della West Coast e non aveva mai conosciuto nessuno come me, nessuno che lavorasse per un’agenzia. Lui era un camionista che poi è diventato chitarrista.
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