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Vecchio 31-01-2007, 12:48
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Predefinito Re: Intervista A Jerry Scheff

Parte seconda: L’intervista a Jerry Scheff


D. Secondo i documenti della session, tu hai suonato nelle session di Double Trouble e Easy Come, Easy Go, del 1966.

JF: Ogni giorno lavoravo ad un sacco di sessions, moltissime ore. Avevo tre sets di attrezzatura e una società me le consegnava negli studios. Guidavo da studio a studio, suonavo, uscivo e andavo in un altro studio. Non ricordo di aver sonato il basso per nessuna della sountrack di Elvis. Un giorno, un uomo mi chiamò e mi chiese questa cosa, ed io l’ho accusato di esserselo inventato, perché non me lo ricordo. Lui disse: “Bene, io sono in possesso dei contratti della Union e li ho qui davanti a me”. Di fronte a ciò, non potevo controbattere. Ma è stata una di quelle cose alle quali non ho prestaito attenzione (nota: a questo punto, Jerry guarda i documenti della session e dice “Non lo ricordo assolutamente”). Non ricordo niente di questo materiale. Tutto quello che ricordo è una session di tromba, perché avevo bisogno di soldi. Red West mi chiamò e disse “Sei Jerry Scheff il suonatore di tromba?” e io “Sì!!!” (ride) Io avevo suonato la tuba a tutti i bambini e anche durante il periodo in marina e il movimento del dito è lo stesso. Così, da un ragazzo, avevo preso, in prestito, una vecchia tromba in argento, con un orribile suono e camminavo, suonando quella tromba. Suonammo per due giorni e, per quei due giorni, guadagnai $ 900. Al tempo erano un sacco di soldi. Non avevo mai suonato niente, che meritava di essere ascoltato. Non avevo mai fatto note alte, suonavo di tutto e mi mescolavo tra gli altri. Nessuno diceva niente! Nessuno mi richiamava, ma….. (ride) Su questo prendevo sempre in giro Red West….. dicevo: “Vedi, Red, non hai fatto delle vere buone buone ricerche su di me….”

D. Non ha mai assistito a nessuna di queste sessions?

JS: Non lo ricordo. Sai, suonavo con un sacco di persone …. Ero un hippy, e avevo l’abitudine di indossare jeans rotti, un paio di sandali e una maglietta, e alle sessions mi portavo una bottiglia di vino. Inserivo la spina e suonavo qualsiasi cosa volessero, avere un po’ di vino e suonare, e magari avere in corpo anche qualcos’altro ….. ecco che potevo andare all’altra session. Lo facevo giorno dopo giorno.

D. Eri politicamente attivo?

JS: Certo. Ho partecipato a tre dimostrazioni. Ero contrario alla guerra in Vietnam, molto contrario. Ero triste perché mi piaceva Lyndon Johnson e alcune cose che aveva fatto sul territorio nazionale. Poi quando è arrivato Richard Nixon, ero furioso perché fece la campagna dicendo che avrebbe fermato la guerra, e non lo mkse in pratica. Anzi è aumentata. La più grande dimostrazione avvenne all’Hotel Century Plaza a Los Angeles. C’erano migliaia di persone.. C’era qualche poliziotto violento…. E’ stato molto terrificante. Ho suonato ai convegni per la pace e cose simili. Gli Indiani d’America presero il controllo di Alcatraz al porto San Francisco, che era diventata una prigione deserta. Andammo là e eseguimmo un concerto di beneficenza per loro. Io facevo spesso cose del genere.

D. Nel 1969 fosti invitato a suonare per Elvis a Las Vegas.

JS: Sì, mi fa tornare la mente verso Elvis, ma anche verso altre cose riguardante la musica. Fu molto istruttivo, e per me fu un’apertura mentale, perché fino a quel momento avevo suonato principalmente jazz e classico. Anche se avevo suonato pop e rock prima di allora, con Elvis suonavo il rock alla sua maniera, e suonare con ragazzi quali James e Ronnie è stata davvero aprirmi la mente. Andai la prima sera, non lo feci per prendere il lavoro. Dissi a mia moglie “Vado solo per vedere com’è”. Anche a lei non piaceva un granché. Entrai e c’erano solo lui e la band. Avevo sempre amato il blues, ero cresciuto con lui ed Elvis cantò alcune canzoni blues. C’era qualcosa nel modo in cui le cantava e anche il suo modo di interagire era qualcosa di veramente molto molto bello. C’era la comunicazione musicale e quella personale. Fu veramente gentile con noi. Era divertente suonare con lui, diceva “Facciamo questa” facendo il buffone, “suoniamo quella”. Non lo ricordo mai dire a nessuno di noi “Non mi piace questa, non suonare quello: Suonalo così”. Credo che il motivo per cui gli piaceva la band era che c’era una sorta d’intesa l’uno con l’altro, ascoltavamo lui e istintivamente la facevamo come doveva essere. Io cercai di togliere dal mio cervello le cose che avevo ascoltato in passato, per dedicarmi a quel tipo di musica. Sai, a quel tempo, non c’erano tanti chitarristi di basso che suonassero quella musica. Bill Black era l’arco basso, il violino basso e gente così, ma non lo mettevano su un basso elettrico. Così dovetti creare quello che pensavo doveva essere. La cosa interessante è che, se io dovessi iniziare adesso a fare il tutto, non lo farei allo stesso modo, perché non suono più in quel modo. Lo faccio quando sono agli ” Elvis The Concert”.

D. Ricordi quali sono le canzoni avete fatto?
JS: Non riesco a ricordare. Canzoni blues e “Trying To Get To You” “My baby”…. Cose così. Ho letto da qualche parte che abbiamo provato circa 150 canzoni. Oh sì, ne abbiamo fatto tantissime, e poi non ne abbiamo provata più nessuna, perciò abbiamo fatto bene a provarle quella volta (ride).

D. Mi sorprende un po’ che abbiate provato tante canzoni, e poi faceste le stesse 12 – 15 per tutto l’ingaggio.

JS: Non dipendeva da noi. Sai, capita che dopo un po’ suoni sempre le stesse canzoni. Ma la grazia che salvava tutto è che Elvis non le faceva mai due volte allo stesso modo. Noi dovevamo tenergli sempre gli occhi addosso. Non potevi, come dire, rilassarti (ride) dovevi stare molto attento. Non sapevi mai cosa stava per fare. Mai!

D. Quando si fa il confronto con il primo Llas Vegas e il secondo, c’è un cambio ben definito di accento. Durante il primo faceva molto rock ‘n roll, mentre al secondo, sembra che Elvis si concentrasse in canzoni tipo “The Wonder Of You” e “Let It Be Me”

JS: Sì. Credo che questa fu una delle parti tristi di tutta la cosa. Elvis non voleva più essere il cantante del rock ‘ roll.. Non lo voleva. L’ho visto capitare anche ad altri artisti. Avevano fatto una certa cosa e diventati più vecchi vogliono fare qualcos’altro, ma la gente non lo permette. Questa fa parte della tragedia di tutta la questione, perché Elvis cadde in trappola.
Aveva una gran voce e voleva essere conosciuto per la sua voce. Voleva cantare canzoni che facessero uscire la virtuosità della sua voce. Il rock ‘n roll non lo permetteva, e lui non voleva farlo. Tutti, per un momento, fanno un medley di alcune canzoni, ma tu lo sai che non amano fare quelle canzoni.

D. La mia canzone preferita di quella stagione è “Polk Salad Annie”


JS: Penso che gli piacesse fare quella canzone. Credo che si divertisse per l’ espressione fisica che questo comportava. Quella era una canzone splendida. Ma se fosse stata un rock anni ’50, l’avrebbe scartata.

D. Che ci racconti del tuo rapporto personale con lui?


JS : Andammo nella sua casa a Beverly Hill e Priscilla fece il chilli. Mia moglie ed io, Glen D. e Betty Hardin, eravamo solo noi quattro. Qualche volta andavamo nella sua suite oppure nel suo camerino. La maggior parte delle volte parlavamo di musica, ma alle volte parlavamo di metafisica. Quando entrò nel pieno del karate, ci faceva dimostrazioni, movimenti e cose del genere. Io volevo essere educato, ma avrei potuto dirgli che non ero molto interessato.
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