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Vecchio 13-06-2008, 11:08
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Ge747 James Brown vs Elvis Presley

Inizio questo topic riportando una dichiarazione di James Brown parlando di Elvis Presley, dopo la sua morte

Elvis era un grande lavoratore, devoto e Dio lo amava. L’ultima volta che l’ho visto è stato a Graceland. Abbiamo cantato Old Blind Barnabus insieme, una canzone gospel. Gli volevo bene e spero di incontrarlo in Paradiso.
Non ci sarà mai più un altro fratello con la stessa anima”.

Ricordo che queste considerazioni mi avevano molto colpito!!!

Ora sto leggendo la sua biografia, dove naturalmente parla spesso di Elvis Presley.
Forse la mia chiave di lettura non è molto obiettiva, ma sto notando una certa presunzione da parte di James Brown e quasi mi traspare un’invidia nei confronti di Elvis.

Vorrei sentire la vostra opinione su quanto ho detto, riportando stralci della biografia dove JB parla di Elvis

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“Secondo me se Little Willie John fosse stato bianco avrebbe avuto la stessa influenza di Elvis Presley.
Non fraintendetemi: volevo bene ad Elvis. Era mio amico, anche se so che aveva copiato me il 75% delle sue cose: dal sound gospel di Heartbreak Hotel ai movimenti pelvici, alle tute vistose, fino al mantello, cosa che, lo ammetto, mi faceva davvero piacere”


“Non fosse stato per la musica, per niente al mondo adesso potrei stare qui a scrivere certe cose e per niente al mondo, voi ne avreste potuto leggere neanche una parola.
Elvis, Billy Haley, Little Richard, Fats Domino, Jerry Lee Lewis, Chuck Berry – tutti pionieri della prima generazione portatoro alla gente qualcosa di nuovissimo, qualcosa che ancora non si era mai respirato”


“Il mio unico problema era che Little Richard, per quanto mi riguardava, faceva rock ‘n roll puro. Era un picchiatasti, pareva incatenato al pianoforte, mentre io non ero incatenato a niente.
Avevo messo a punto uno show per un pubblico prevalentemente di bianchi, ok, nessun problema. Io però ero più grezzo e diretto e piaceva restare nell’ambito di quello che conoscevo: il soul.
Non avevo interesse – e non l’avrei mai avuto, del resto – a fare rock ‘n roll. Il rock ‘n roll mi piace, non fraintendetemi, ma non avevo intenzione di convertire nessun musicista soul al rock ‘n roll, me incluso, né mi interessava convertire i patiti del rock ‘n roll alla musica soul. Little Richard incluso. Loro facevano il loro e io il mio.
Elvis era una faccenda completamente diversa. Oltre a tutta la muisca che ha tirato fuori, ha trasformato la ribellione in una moda giovanile.
Io, per come mi vestivo – gli abiti, il mantello – ero un’altra cosa, ero più personale.
Elvis portava i pantaloni aderenti, all’epoca anch’io li portavo aderenti. Quando lo vidi per la prima volta sul palco vestito così, mi sono detto: ehi, MA QUELLO LASSU’ SONO IO!!! E andava alla grande!!!
Elvis rese accettabile non solo mostrare un po’ il proprio corpo, ma addirittura sfoggiarlo e, una volta presa quella strada, nessuno, né i giornali, né l’industria musicale o Ed Sullivan, potè fermarlo, sebbene ci abbiano provato tutti. Potrò essere stato io il primo, ma lui era bianco e ciò lo rese intoccabile. E, cosa forse ancora più importante: credete poi che sia stato un salto così enorme da quando Elvis liberò la musica per un’intera generazione di ragazzini bianchi e inquadrati, a quando, qualche anno dopo, quegli stessi ragazzini, ormai cresciuti, trovarono il coraggio di marciare per i diritti civili lungo le strade del Sud degli Stati Uniti?
Elvis lo conoscevo di persona, praticamente dall’inizio delle nostre rispettive carriere. Era molto diverso da quello che in generale si pensava di lui. Lontano dal palco era un tipo tranquillo, molto educato, mai arrogante o prepotente. Sotto questo profilo, era una delle persone più piacevoli da frequentare. Ogni volta che ci vedevamo e quando ci incontravamo nei locali. Ci chiedevamo sempre come andava e, prima o poi il discorso finiva sul suo argomento preferito di conversazione: la musica gospel.
Sapeva che io venivo dal gospel e mi faceva un miliardo di domande: da dove nasceva, comè che lo cantavo, che emozioni mi dava, che rapporto c’era tra questa musica e la mia vita, come lo arrangiavo, tutto quanto. Non gli bastava mai e a me piaceva parlargliene.
Certo prese molto dal mio stile e dai miei insegnamenti, mise tutto nella sua musica e la cosa non mi ha mai dato fastidio.
L’idea che io avevo era diffondere il gospel in tutta la sua gloria e se il rock ‘n roll era in grado di farlo, in particolare per le orecchie dei bianchi, be’ per me andava benissimo.
Mi ricordo di un mio concerto sul Sunset Boulevard, in un locale che non esiste più, lungo quella via così malfamata. E’ cambiato molto da allora, ma quando andava forte la fila di locali del Sunset Strip era il centro dell’universo rock ‘n roll.
Il locale in questione si chiamava The Trip ed era non lontano da dove oggi si trova la House of Blues. Insomma, ero arrivato da appena qualche minuto e chi ti becco: Elvis.
In cartellone c’erano Gerry and The Peacemakers, Tommy Sands (che aveva sposato Nancy Sinatra diventando così per un breve periodo, il genero di Frank Sinatra). I Temptations e Billy J. Kramer Una di quelle serate in cui ciascuno suonava un paio di pezzi al Massimo per poi fare posto agli altri.
Io ero seduto dietro le quinte e mi vidi venire incontro Elvis. Dovete capire che lui non era il tipo di andare a zonzo da un locale all’altro, da starsene in giro con la gente. Per lui era una cosa strana farsi vedere in pubblico a quel modo, ma a quanto pare, pare abbia sentito dire che quella sera anch’io avrei suonato e voleva parlarmi prima che salissi sul palco. Bussò alla porta del camerino, quando aprii la porta me lo vidi davanti, ci abbracciammo e lo invitai ad entrare “Elvis” gli dissi “posso fare qualcosa per te?”
“Ecco” rispose “mi piacerebbe cantare un po’ di gospel con te se non ti dispiace”
Certo che non mi dispiaceva, così per una ventina di minuti provammo un paio di pezzi. Capii che si era esercitato per conto suo e credo volesse mettersi alla prova. Alla fine mi ringraziò, ci riabbracciammo, dopodiché si dileguò oltre la porta: nessuno lo vide quella sera, non credo sia rimasto a sentire il concerto.
Elvi era fatto così: quando si trattava della sua immagine e della sua musica, sapeva essere, rispettivamente, elusivo e profondo.
Elvis Presley desiderava prendere tutto ciò che James Brown possedeva perché, al di là del gospel, voleva in qualche modo imparare il soul. C’era un tipo che lavorava per me, Bob Patton, ed Elvis gli telefonava spesso per rimediare i miei nastri in modo da ascoltarli ripetutamente finchè non riteneva di aver imparato bene i trucchi del mio soul. Dopodichè si affittava un posto, un teatro in cui portare gli amici per suonare musica soul stile James Brown.
Non molto tempo dopo, Elvis mi chiese se poteva farsi accompagnare in tour dalla mia band. Questo però era troppo! Era la mia band ed era solo mia!
Ma gli volevo bene comunque


“Nei tardi anni ’60 possedevo un jet privato Hawker-Sidley con cui mi spostavo per i concerti. Avevo fatto un accordo con la Polydor, l’etichetta per avevo appena firmato, secondo la quale me l’avrebbero pagato loro. Dopo lo scandalo tangenti, invece, ebbero paura che potesse essere interpretato come qualcosa di illegale e non vollero più pagare le spese.
Risultato: persi l’aereo. Il giorno in cui se lo vennero a riprendere dissi a me stesso: Beh, fratello, sai che c’è? E’ una buona cosa. Sei salito troppo in alto! Ti sei allontanato troppo dalla realtà della tua musica e della tua gente. Magari, mi dissi, avevo bisogno che accadesse una cosa del genere per ricordarmi chi sono e qual è il mio vero messaggio ancora oggi.
Ma allo stesso tempo una parte di me diceva: Perché non potevo avere un aereo mio? Perché non potevo fare ed avere tutte le cose che sono permesse ad un bianco di successo? A Elvis gli hanno mai fatto storie perché se ne andava in giro con il suo aereo privato?


“Nel 1971 girai in tour l’Africa e l’Europa……………… e prima ancora del mio ritrono mi venne offerta la possibilità di suonare in quello che allora era il più prestigioso locale di New York e dunque del paese intero: il leggendario Copacabana di Jules Podell, proprio nel cuore del centro di Manhattan.

Traducete pure il centro bianco di Manhattan, visto che Harem non comincia che svariati chilometri più a nord, sul lato più estremo di Central Park ed era l’ che suonavano gli artisti neri quando dicevano ad esibirsi a New York.
Perciò provai lo stile Copa, per la prima delle mie due settimane in programma al celebre club.
Quasi fin dal primo istante in cui salii sul palco, mi resi conto che c’era qualcosa di storto. Non piacevo al pubblico e il pubblico di sicuro non piaceva a me. Prendevo $ 25.000 a settimana, già promessi e garantiti, per due settimane, cifre pazzesche per l’epoca.
Pochissimi artisti neri, sia po che rock, prendevano cifre simili in locali cos’ piccoli: non li prendeva Little Richard, non li prendeva Chuck Berry, non li prendeva quasi nessun bianco eccettuato Elvis Presley e lui praticamente non suonava più da nessuna parte! “


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Non è mia intenzione mettere in discussione la bravura di James Brown, ma mi piacerebbe molto sentire cosa pensate tutti di questi racconti di J.B. e in modo particolare, leggerei con piacere i commenti degli esperti musicali di questo forum.
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