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Vecchio 16-08-2008, 05:10
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Elvis Golden Fans
 
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Predefinito Re: 16/08/1977 - Le Reazioni

DAVID STANLEY

Elvis non era nelle condizioni di affrontare un tour, né fisicamente né emotivamente. E lui lo sapeva. Trattandosi di Elvis, non voleva deludere i suoi fans, ma le sue condizioni erano sufficientemente serie, per dover scegliere di cancellare il tour.
In “Life With Elvis”, ho scritto che nell’agosto 1977, per Elvis era arrivato il momento di morire. In “Raise On The Rock”, ho scritto della tua ultima conversazione con Elvis, il 14 Agosto 1977: “L’ultima cosa che mi disse fu “David, voglio dirti addio”
Credo che per tutti arriva un momento in cui siamo pronti a fare il passo successivo.
Per Elvis, il momento fu il 16 agosto 1977. Alle volte è tempo di andare….. ed Elvis era pronto per fare il passo successivo del suo viaggio.
Io dico sempre “Sii Elvis per un giorno”. E’ sbalorditivo che non gli sia successo prima.
Come ho scritto in “Raise On The Rock”, Elvis era una persona che aveva tutto, ma era infelice per ciò che la fama e la ricchezza gli avevano portato.
Credo che Elvis abbia trovato un po’ di pace interiore. Vi si è addentrato, ma non ha saputo gestirla contro tutti i suoi demoni. In un certo senso la leggenda prende il sopravvento sulla realtà. Ricordo la sua affermazione più chiara: “L’immagine è una cosa, ma l’uomo è un’altra”. Lui era cosciente della sua influenza. Elvis ha trattenuto molto di se stesso. Penso che si sia tormentato, su come gestire il potere di Dio, nei concerti, quel potere spirituale, ritenendo fosse parte del suo scopo, ma non era totalmente sicuro di come convogliarlo al suo pubblico.

DICK GROB

IL 16 agosto 1977, ero a casa mia a Memphis, mi ero appena alzato e dovevo preparare i miei bagagli.
Ero rimasto con Elvis fino alla 5.30 del mattino, parlando con lui di un sacco di cose.
Stavo bevendo un caffè, quando telefonò Tommy Henley. Rispose mia moglie e mi disse che Tommy voleva parlare con me. Al telefono, mi disse di correre velocemente all’ospedale. Dalla sua voce mi resi conto che il problema era piuttosto grave. Gli chiesi se c’era qualcosa che non andava e mi rispose di sì! Chiesi se riguardava Elvis e me lo confermò.
Mi vestii velocemente e corsi all’ospedale. Ero là quando il team dei medici annunciò che Elvis era morto e Marian Cocke, la sua infermiera, gli baciò la fronte e gli disse addio.
Protessi il corpo e presi la domanda per fare l’ autopsia per farla firmare a Vernon.
Per fortuna l’autopsia è rimasta privata, e mai nessuno vedrà una foto di Elvis nell’obitorio, sbattuta su National Enquirer o altra porcheria di giornale.
Il fatto che io abbia potuto prevenire tutto ciò è una delle cose di cui sono più orgoglioso nella mia vita..

GEORGE KLEIN

Il 16 Agosto 1977 ricevetti una telefonata dalla radio WHBQ. Qualcuno disse che era arrivata voce che Elvis era morto. Dissi, non credeteci, è già stato detto altre volte. Ma la cosa sembrava seria, perché tutte le altre radio iniziarono a parlarne e a commentare. Così, finalmente chiamai Graceland e mi rispose Sandy, la compagna di Vernon.
Chiesi se era vero, e lei rispose di sì, devi venire qui subito.
Mi sentii come se qualcuno mi avesse pugnalato con un coltello ardente.
Presi la mia macchina e andai velocissimo a Graceland. Entrai nel soggiorno e Mr. Presley mi abbracciò. Piangeva in modo incontrollabile.
Disse: “George, l’ho perso. Ho perso mio figlio” Non lo dimenticherò mai. Ognuno abbracciava l’altro, piangevamo tutti, pregavamo che avvenisse qualche miracolo.
Dopo circa un’ora, arrivò il Dr. Nick che ci diede la conferma.

LARRY GELLER - da un’intervista

Il 16 agosto 1977 rimarrà per sempre impresso nel mio cuore e nella mia mente.

Alle prime ore di quella mattina, mi trovavo al piano di sotto di Graceland, quando Elvis mi chiamò al telefono dalla sua camera.
Era appena arrivato a casa dopo essere andato dal dentista.
Non stava bene ed è salito subito di sopra.
La cosa divertente è che, da quando l’avevo conosciuto, nel 1964, al telefono non mi era mai capitato di sentire la sua voce così dolce, così melodica e così giovane, come in quella chiamata.
Per come l’avevo visto, appena arrivato, mi sentivo in ansia per la sua salute, ma il suo tono di voce e il modo di fare mi fecero sentire molto meglio.

Elvis mi chiese di salire perché dovevamo parlare.
Era tardi e aveva bisogno di riposare. Così gli suggerii di riposare, tanto durante il tour, avremmo avuto molto tempo a disposizione per parlare.
Gli dissi che, il giorno dopo, gli avrei portato gli altri nuovi libri che mi aveva chiesto. Fu una conversazione molto piacevole, in cui ridemmo parecchio, fino a che non arrivò il momento di darci la buonanotte.
L’ultima cosa che Elvis mi disse fu “Larry, ricordati, gli angeli volano perché così si dirigono verso la luce”.

Qualche minuto dopo essere entrato nella mia camera all’Howard Johnson, che si trovava in fondo alla strada, Elvis mi chiamò di nuovo.
Aveva cambiato idea e voleva i libri subito. Così mandò uno dei ragazzi a prenderli, risparmiandomi di uscire di nuovo.

Il pomeriggio del giorno dopo, quando Elvis fu trovato riverso sul pavimento, teneva stretto al petto il libro che gli avevo mandato, il cui titolo era “The Scientific Search For The Face Of Jesus, concerning what's known as The Holy Shroud” (la ricerca scientifica del viso di Gesù, riguardo a quanto si conosce della Sacra Sindone”).


LARRY GELLER - Dal libro “Leaves of Elvis’ Garden” – Larry Geller (pubb. 2007)

L’unico suono che sento è un martellante “ba-bam, ba-bam” contrapposto ad “Click-clack-, click-clack” come se qualcuno avesse alzato il volume di un basso.
Ora si può sentire la bellezza della canzone, la melodia, delle parole. Ma ora so dove si trovano: stanno aspettando nel freddo silenzio di quella stanza, alla fine di quel corridoio buio, sotto un lenzuolo bianco che copre quanto di terreno rimane di Elvis Presley.
Sulle pareti si sente il rimbombo dei passi nel lungo corridoio, del battito arrabbiato del mio cuore e dei miei passi pesanti, mentre vado a prepararlo per la sua ultima apparizione.
Tutto quello che posso vedere è il corpo senza vita di Elvis che giace su un tavolo coperto dal lenzuolo. Lentamente mi avvicino a lui, il mio sguardo è fisso su di lui e mi sento travolgere da un’ondata di emozioni caotiche.
Immediatamente mi sento stordito e devo afferrare il tavolo per tenermi in equilibrio.
La realtà della sua presenza senza vita mi obbliga ad accettare l’inevitabile e ancora…… com’è possibile….. e il mio battito cardiaco diventa sempre più forte.
Il suo naso aquilino perfetto, quelle famose labbra carnose – il viso di un Adone – l’innaturale immobilità della sua faccia, mi fanno ricordare l’inimmaginabile: che la sua voce non canterà più.
Ora, amico mio, hai attraversato i cancelli dell’immortalità dell’anima, il cui segreto è conservato solo dalla morte stessa. Non è possibile! Non è successo! Non può essere vero! Voglio urlare “Apri i tuoi occhi Elvi. Siediti, fai una smorfia, guardami e dimmi che questo è uno dei tuoi scherzi e che tornerai a Graceland. Dai, ragazzo….. ti prego!”
Silenzio.
Il mio cuore è invaso da un dolore insopportabile, ma non ha importanza devo comunque preparare i capelli di Elvis. Mentre faccio quanto Vernon mi ha chiesto, faccio del mio meglio per apparire calmo e professionale
Non riesco a credere quanto tempo ci ho messo per fare i suoi capelli. Avevo lavorato così tante volte sulla sua testa, ma questa volta era diverso.
Alla fine il mio lavoro è terminato, ma non riesco a lasciarlo. Non ci sono parole per descrivere le emozioni e i ricordi che mi attraversano la testa e il cuore.
Guardo di nuovo Elvis e scruto il suo viso, sereno e quasi beato e una calma mi avvolge. Sento un silenziosa presenza nella stanza, come se fosse lì a rassicurarmi che sta bene adesso. E’ a casa!!
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