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Vecchio 16-08-2008, 06:25
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Elvis Golden Fans
 
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Predefinito Re: 16/08/1977 - Le Reazioni

MYRNA SMITH – SWEET INSPIRATIONS


Già, eravamo sull’aereo dello show. Dopo aver ricevuto la notizia, il pilota tornò indietro a Burbank.
Pensavamo che avessero dimenticato qualcuno e così atterrammo. Non ricordo dove, penso che fosse nello Utah, ma non ne sono sicura.
Marty Harrel, il pilota, si avventurò su un campo che poteva essere adatto come pista di atterraggio. Tutti uscirono, ma io no, perché stavo piuttosto male
Marty salì sull’’aereo e disse “Myrna scendi, perché quello che devo dire lo dirò una volta sola.” Così scesi e Marty aveva telefonato a qualcuno, non so se a Joe Esposito oppure al Col. Parker, sta di fatto che ebbe la conferma che era successo qualcosa.
Ci fece mettere tutti in cerchio, la TCB band, quelli della California e i cantanti e disse: “Alex dice che Elvis è morto”
Non ti aspettavi di sentire il nome “Elvis” non avresti mai pensato che sarebbe potuto morire, che gli sarebbe potuto succedere. Sembrava che lui ne fosse immune. Sì, si era ammalato. Ne aveva passate tante, ma era un fenomeno. Perciò non te l’ aspettavi che succedesse.
Oh, mio Dio. Che cosa è successo, quando è morto? E’ un momento in cui non si pensa a cose del tipo: Dove andrò quando muore? Che cosa succederà?
Non volevo pensare a cose di questo tipo. Pensavo solo, che l’avevo perso. Cominciai a correre sulla pista presa da un impeto di pazzia, fino a che riuscirono a prendermi e dovettero sedarmi dandomi del Valium.
Quando l’aereo atterò a Burbank, avevo ripreso i sensi e andai a casa. Presi subito il telefono e feci la mia prenotazione del volo ed ebbi la possibilità di essere presente al suo funerale
Sono stata fortunata perché dopo un’ora non avrei più trovato un posto, anche se mi dimenticai di prenotare l’hotel.
Quando tornai a casa, nei giorni seguenti, piangevo e mi disperavo, mia madre disse: “Non fa parte della nostra famiglia! Cosa piangi a fare, perché ti disperi?” “Perché lo amo, è come un fratello!” “Ma tu hai già un fratello!” Al tempo non lo capiva, ma adesso sì.

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ALCUNE DONNE DELLA SUA VITA

LINDA THOMPSON

Gli avevo scritto una lettera poco prima di Natale dicendogli che avevo conosciuto il dolore di troppa tenerezza, che lui sarebbe rimasto l’amore della mia vita, ma che ora volevo questo amore in modo pieoo e completo, senza riserve. Lui morì in agosto, otto mesi dopo la rottura della nostra relazione.
Il 16 agosto 1977 ero a Los Angeles nel mio appartamento. Suonò il telefono ed era Lisa Marie, che allora aveva 9 anni e aveva l’abitudine di chiamarmi ogni tanto, perché eravamo molto unite. Le volevo molto bene allora e gliene voglio anche oggi.
Tornando alla telefonata mi disse
“Linda, sono Lisa”.
Io le risposi “So che sei tu goobernickel”.
Aveva un tono di voce ansioso e io pensai che avesse il fiatone perché stava giocando.
Invece mi disse “Mio papà è morto! Mio papà è morto”
Io lanciai il telefono per aria. Letteralmente lo lanciai dicendo: “No, Non è vero!”
Il telefono era a terra e pensai, c’è un angelo di 9 anni che, da così lontano, ha pensato di chiamare me. Devo riprendermi e dirle qualcosa per aiutarla.
Così lo raccolsi e le dissi “Amore, sei sicura che non sia solo andato all’ospedale, che non si tratti solo di un episodio o di un problema temporaneo, magari un problema di respirazione?” “No. No” mi disse “E’ morto”
Cercai di dirle cose che potessero confortarla, del tipo “Tuo papà ti vuole tanto bene. Avrai sempre il suo amore e quello non muore mai.”
Mio fratello Sam, che era una sua guardia del corpo, tolse di mano il telefono a Lisa e mi disse, “Linda devi venire a casa”
Mi sentivo strana e nel mio appartamento, si spensero tutte le luci. Ero l’unica nel palazzo che non aveva corrente. Uscii e chiesi se mancava la corrente a tutti, ma il problema era solo io.
Pensai che fosse una cosa strana. Accesi candele dappertutto per poter fare i bagagli e preparami per andare a Memphis. Cominciarono ad arrivare i miei amici per consolarmi e mi chiesero se stavo accendendo le candele per Elvis. Risposi che l’avevo fatto per poter fare i bagagli.

ANITA WOOD


Il 16 agosto 1977, ero a casa. Abitavo a Vicksburg, Missippi e mi chiamarono i giornali. Volevano sapere come avevo reagito. Cosa credevano? Cosa si aspettavano? E’ chiaro che ero sorpresa, era terribile. Non riuscivo a crederci!!
E’ stata una grande perdita. Non solo per me che perdevo qualcuno che aveva contato molto nella mia vita, ma per tutti. Per il mondo. Il suo talento. E poi era così giovane. Non riuscivo a crederci. E questi continuavano a chiamarmi per avere delle risposte. Ecco come l’ho saputo. Al telefono e da un estraneo. E’ stato molto triste, un giorno tristissimo.
Quando mi dissero che Elvis era morto, io dissi “Oh no, non si tratta di Elvis. Si tratta di suo padre. E’ suo padre che è morto”.
Era dura convincermi che si trattava realmente di lui, perché lui era ancora troppo giovane, vivace e pieno di vita. Non pensavo fosse così malato, molto malato.
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