Discussione: Frammenti di Memphis
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Vecchio 18-04-2011, 09:15
Ariadne Ariadne Non in Linea
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Predefinito Re: Frammenti di Memphis

L’ultima vetrina del museo è dedicata a Scotty Moore, Bill Black e ad Elvis Presley. Vi sono esposti i loro strumenti, gli stessi dai quali è uscita la musica che ha cambiato ogni cosa. Guardarla toglie il fiato: c’è tutta la storia del rock’n’roll dentro e sicuramente anche un pezzo importante della storia dei suoi protagonisti. Mentre scattiamo le foto, ci torna in mente la seconda delle due testimonianze a cui ci riferivamo nell’ultimo post. Se dovessimo descrivere l’artista più rappresentativo del XX secolo non troveremmo parole più belle. Quello era Elvis e a noi piace ricordarlo così:«Desideravo cantare come lui, vestirmi come lui, fare delle cose di cui non mi era mai importato niente fino a quando non l’ho conosciuto. Era qualcosa che avrebbe cambiato l’America. Insieme a Jimmy Dean e a tutta quell’ondata lì. Non credo che nessuno se ne rendesse conto…….Viaggiavo spesso in macchina con lui, Scotty e Bill- bè, era il peggior tipo al mondo con cui andare in macchina, perché ti parlava per tutto il tempo, accelerando e muovendo in continuazione i piedi, passava da una stazione radio all’altra come un invasato, sentendo di tutto, country, spiritual, amava la musica gospel. Ero talmente affascinato da lui. Lo guardavo al mattino, mentre si pettinava usando tre diversi tipi di olio per i capelli, una cera particolare per il davanti, tipo quella che si usa per i capelli a spazzola, un altro tipo di olio per il centro, e un altro ancora per la nuca. Mi ricordo che un giorno gli chiesi perché usava quella cera, e lui mi rispose perché così mentre suonava i suoi capelli sarebbero caduti in un determinato modo. Pensava che fosse figo. Mi ricordo anche che quando si metteva un paio di calze, piuttosto che portarle a lavare, le riarrotolava e le sbatteva nella valigia, così se ti capitava di aprirla ti facevano secco. Teneva tutta quella roba sporca e molte volte finiva che buttava via tutto, e tu ti meravigliavi che uno che sembrava così perfetto potesse essere così disorganizzato. Invece ci teneva tantissimo ai suoi capelli. A volte quando toglieva le calze, magari dormivi vicino a lui e tutta la stanza puzzava, però alle ragazze non gliene fregava niente. Era Elvis». A raccontare queste cose è Jimmy Rodger Snow. Molti di voi conosceranno già questa testimonianza, ma spero vi faccia piacere leggerla ancora una volta, e per coloro che invece non la conoscono, spero che rappresenti un incentivo in più per leggere “L’ultimo treno per Memphis”.

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