Discussione: Frammenti di Memphis
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Vecchio 23-04-2011, 08:16
Ariadne Ariadne Non in Linea
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Predefinito Re: Frammenti di Memphis

Dopo un’eternità, ritorno dal luogo in cui quegli occhi grigi mi hanno portato e sento la mia voce che esce fuori debolissima. Lo saluto chiamandolo per nome e le sue mascelle si contraggono leggermente. Forse non se lo aspettava, o forse, ma questa è solo una mia impressione, in qualche modo la cosa gli ha fatto piacere. Per un attimo mi è sembrato come uno che si scrolla di dosso un gran peso. «Chi sei?». E’ successo, sta parlando proprio con me!! «E’ una domanda difficile la sua. Non è affatto facile rispondere. Lei, di certo, ne sa qualcosa». Come faccio a spiegargli che mi sento come il piccolo dalmata della “Carica dei 101 II- Macchia, un eroe a Londra”, che vorrebbe tanto distinguersi dai suoi fratelli perché sente di essere diverso da loro, ma ancora non ha scoperto la qualità che lo rende davvero unico?! In un momento cruciale, Macchia chiede al papà: «Tu credi che io sia un po’ speciale oppure sono solo uno dei 101?». E quando si sente rispondere distrattamente: « 101», perché nel frattempo Pongo è impegnato a contare i suoi cuccioli, il suo ego ne esce tremendamente mortificato. Per un secondo ho paragonato me stessa anche alla zebra di “Madagascar 2”, che ad un certo punto della storia ha paura che il suo migliore amico, il leone Alex, non sia in grado di riconoscerla in mezzo ad un branco di zebre, perché sono tutte uguali tra di loro. Non posso dire all’uomo che ho davanti che io sono solo l’ultima di una fila interminabile di persone, la stessa fila che da sempre è abituato a veder scorrere sotto i suoi occhi. «Faccio prima a dirle quello che non sono. Non sono un’investigatrice privata, né un agente segreto. Non sono una giornalista né una ricattatrice. Non sono una ladra, né una fanatica. Non sono…». «Che cosa vuoi?», mi interrompe, ed io:«Questa è una domanda ancora più difficile». Vorrei tanto dirgli la verità, e cioè:« Mi piacerebbe conoscerla, poter stabilire con lei un qualche tipo di rapporto, perché qualcosa dentro di me inspiegabilmente mi dice che poterle vivere vicino e condividere almeno parte dei suoi pensieri e del suo cuore sarebbe un’esperienza in grado di completarmi. Non so se lei può riuscire a capirmi: forse è quello che si prova quando si intuisce di aver trovato chi è in grado di rivelarci, nel bene o nel male, quella parte di noi che non sapevamo neppure di avere ma che ci è sempre terribilmente mancata». Ma non posso farlo, non è questo il momento adatto per confessare certe cose. Così dico la cosa più stupida che un essere umano abbia mai detto: «Bè, magari condividere con lei quel meraviglioso cesto di frutta che è sul tavolo. Ha l’aria di essere particolarmente appetitoso ed io non mangio da stamattina. Ho camminato parecchio oggi e comincio a sentire un certo languorino…». Ecco, è fatta, le guardie del Peabody stanno per arrivare e lui darà loro l’ordine di buttare fuori la psicopatica che ha osato entrare nella sua stanza. Nella migliore delle ipotesi, sarò oggetto della sua compassione:«poverina, deve proprio mancargli qualche venerdì!». Passa un secondo, ne passano due, poi tre, quattro…e all’improvviso sento esplodere la più grassa risata che io abbia mai sentito in vita mia. Quell’uomo sta ridendo così tanto che quasi le lacrime gli escono dagli occhi. «Ok, va bene», mi sento rispondere e lo vedo che chiama per chiedere il servizio in camera. Da qui a breve, un cameriere busserà alla porta per apparecchiare la tavola. Non ci credo, è andata bene!! Ma sono ancora sotto esame, non devo dimenticarlo.....
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