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Vecchio 18-08-2008, 07:39
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Elvis Golden Fans
 
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Predefinito Re: 18-08-1977 - Il Funerale

GEORGE KLEIN

Al momento del funerale, la cosa diventava realtà, ma noi ancora non volevamo crederci. La cerimonia ebbe luogo nel soggiorno di Graceland. Ci saranno state 30 persone nella stanza. C’erano Ann Margret, George Hamilton e naturalmente Priscilla, Ginger Alden e Linda Thompson. Fu un funerale serio, tranquillo, emozionante.
Poi iniziammo il nostro tragitto verso il cimitero.
Io ero nella limousine nr. 6 con Charlie Hodge e Alan Fortas.
Mentre guidavamo, lungo la strada e per molte miglia c’era gente su 4 o 5 file.
Piangevamo e ridevamo.
Cercavamo di prepararci psicologicamente per non perdere il controllo.
Andammo al mausoleo e il pastore fece un servizio di 10-15 minuti e poi caricammo la bara.
Sono stato l’ultimo a toccarla, prima che fosse posata. Ricordo che la baciai.
Poi quando coprirono tutto, mi sentii strano e distrutto. Era finita.
E’ stato un momento in cui ho provato ogni genere di emozione e sentimenti

JOE ESPOSITO

Io sono stato uno di quelli che ha portato la bara.
Devo dare onore a tutti i ragazzi che hanno lavorato per la sicurezza di Elvis e tutti coloro che gli erano attorno.
Per organizzare il funerale, abbiamo tutti fatto un grande lavoro, perché è stato un evento enorme.

LAMAR FIKE – dal libro “Revelations From Memphis Mafia” di Alanna Nash (pubb. 1995)

Il funerale fu un vero circo.
Il giorno prima, Vernon aveva aperto la casa ai fans per permettere loro di mettersi in fila e salutare la salma, la stessa cosa che cercò di fare con Gladys.
Gli dissi “Vernon non puoi farlo” E lui disse “Lui apparteneva a loro”
E io “Stronzate!! E’ morto!! Non appartiene più a nessuno, se non a Dio”
Fu una giornata piena di mozioni.
Ero uno dei portatori della bara insieme a Billy, Joe, Charlie e Jerry Schilling, George Klein, Gene Smith e il Dr. Nick.
La bara era costata $ 775 e pesava 900 libbre. Gesù come pesava!
Quando la afferrai per mettermela sulla spalla dissi “”Dio Onnipotente!. Ha cercato di ucciderci quando era in vita ed ora che è morto sta cercando di ucciderci ancora!”
La cosa strana è che, eravamo appena usciti dalla casa e il carro funebre era parcheggiato davanti agli scalini.
Avevamo appena finito di far scorrere il feretro sulla guida dentro il carro, quando questo grande ramo dell’albero si spezzò e cadde.
Non c’erano motivi perché succedesse. Ci guardammo l’un l’altro e io dissi “Sapevamo che saresti tornato, ma non così presto”

Quando tornammo dal funerale, Vernon era nella sala da pranzo. Gli dissi “Vernon, io vado. Sono sicuro che non dovrò vigilare sul fuoco e che non dovrò nemmeno guidare uno scooter su questi 14 acri” E lui disse “Sapevo che saresti stato il primo ad andartene”

BILLY SMITH – dal libro “Revelations From Memphis Mafia” di Alanna Nash (pubb. 1995)

Il funerale fu una cosa strana.
Nella mia testa passavano pensieri strani. Ero impazzito al punto che avevo voglia di morire. Pensavo “Perché mi hai fatto questo? Perché ci hai lasciato qui?”

JERRY SCHILLING - Dal libro “Me And A Guy Named Elvis” di Jerry Schilling (pubb. 2007)

Andando lentamente verso il cimitero, sono stato testimone di qualcosa di forte e straziante……. Mentre passava il corteo funebre, migliaia e migliaia di persone erano allineate su entrambi i lati della strada, solennemente in piedi, in rispettoso silenzio. Vidi bambini piangere, nonni piangere, poliziotti eretti con i berretti appoggiati al cuore e motociclisti con le lacrime agli occhi. Bianchi e neri uno vicino all’altro.
L’eredità di Elvis mi divenne chiara lungo il tragitto verso il cimitero.
La sua musica aveva unito in un unico sound il gospel, il blues, il country e il R&B.
Ora qui c’erano tutte quelle facce e quelle vite che rappresentavano ognuno di quei sounds, come se fosse uno solo.
Tutte quelle facce, tutte quelle persone era diventate un unico tributo vivente a Elvis, sentendo la sua perdita come unica e esprimendo il loro dispiacere come unico.
Con la sua morte Elvis aveva dato quello che aveva sempre cercato di fare in vita: ci aveva uniti tutti insieme.

LARRY GELLER - Dal Libro “Leaves in Elvis’ Garden” di Larry Geller (pubb. 2007)

E’ finita. Quante cose sono successe nei due giorni successivi alla morte di Elvis.
Famiglia e amici hanno dato il loro saluto; diecimila fans sono passati vicino alla sua bara aperta; quante lacrime, e tutte ricche di rispetto.
Decine di migliaia di fans sono rimasti fuori, in attesa che il dramma venisse vissuto.
Prima del funerale, Lisa Marie si è avvicinata più volte alla bara, toccando teneramente il viso di suo padre, facendo scorrere le dita sui suoi capelli, con la profonda tristezza che oscurava l’innocenza del suo visetto di bambina di 9 anni, così simile al suo.
Il servizio funebre, con oltre 200.000 persone presenti, ora è stato completato.
La bella elogia del pastore, gli inni gospel cantati da Kathy Westmoreland, J.D. Sumner e gli Stamps, e Jake Hess hanno riempito le stanze ed ora tutti sono silenziosi, come Elvis.
Riesco ancora a sentire Vernon che piangendo, mentre dice “Figlio mio, presto sarò con te! Figliolo ti raggiungerò presto!”
La nonna era sopraffatta dal dolore; Lisa Marie piangeva, smarrita e confusa.
Ora siamo solo in pochi di noi con Elvis: Vernon, buona parte dei ragazzi ed io.
Vernon ed io ci abbracciamo piangendo: “Larry, questo è l’ultimo sipario. Questo è l’ultimo sipario!”
Siamo tutti davanti alla bara. Non riesco ad immaginare i pensieri e i sentimenti degli altri; so solo che è il mio momento.
Non sono in un mondo reale, ma altrove, in un posto dove non ero mai stato e dove non volevo esserci.
Vedo a malapena Joe Esposito che sfila l’anello di diamanti dal dito di Elvis e lo da a Vernon. So solo che il direttore del funerale sta abbassando il coperchio della bara e realizzo che la presenza fisica di Elvis, si allontana per l’ultima volta.
L’energia magnetica che Elvis ha avuto in vita mi raggiunge e si avvicina sempre più.
Non c’è alcun pensiero cosciente che mi guida, quando la mia mano si dirige verso Elvis, quasi ad accorciare la distanza tra il coperchio della bara e il mio bisogno di collegarmi a lui, ancora una volta.
Le mie dita toccano delicatamente la sua fronte, mentre il mio cuore sussurra “Ciao, fratello”.
Il coperchio si chiude, il suo suono crudele riecheggia nella quiete della stanza. E’ finita!

IL COLONNELLO


Dal Libro “The Colonel” di Alanna Nash (pubb. 2003)

Mentre, il giorno del funerale, il Colonnello aveva in testa gli affari, buona parte delle persone addolorate, riunite nella stanza della musica, nel salotto e nella sala da pranzo di Graceland, in attesa del servizio programmato per le 14.00 del 18 agosto 1977, trovarono il comportamento del Colonnello più bizzarro del solito, a cominciare dal suo abbigliamento, formato da una camicia hawaiana e un cappello da baseball, da cui, in modo disordinato uscivano cappelli grigio-castano.
Se Elvis guardasse giù e vedesse il Colonnello tutto ben vestito e tirato, direbbe “Che roba è quella?” spiegò Parker in seguito “Questo e il modo in cui mi sono sempre vestito. Informale”. Quando Parker vide Tom Hullet abbigliato in modo appropriato in vestito nero e cravatta, il Colonnello gli disse di andare a cambiarsi ed indossare i suoi soliti jeans e i mocassini.

Ma la cosa che irritò tutti è che Parker si rifiutò di essere uno dei portatori della bara e come ricorderà Jackie Kahane “ogni volta che è passato davanti alla bara ha sempre distolto lo sguardo”. Ricorda il Colonnello impassibile e stoico. “Non ha parlato con tante persone e stava sempre dietro. Non è mai rimasto seduto nella stanza di fronte, ma se avesse voluto, avrebbe potuto stare con la nonna (Minnie Mae Presley) e Vernon” .

Geller si aspettava che Parker facesse in modo di stare da solo con la bara, prima che venisse chiusa. “Ma non è mai successo. Ci passava davanti, senza nemmeno buttare lo sguardo. Al massimo lo potevi vedere combattuto per non guardare”.

Kathy Westmoreland era confusa per il modo in cui il Colonnello era vestito, se pur razionalizzasse il suo modo di essere “Riuscivo a vedere dolore nei suoi occhi, un dolore che non voleva lasciar trapelare”.

Anni dopo, Parker si sarebbe vantato che non ha mai pianto al funerale “Nossignore. Se qualcuno, per un solo secondo, ha visto i miei occhi umidi è perché mi avevano messo la mano in tasca”

LOANNE PARKER

Al funerale gli chiesero di entrare in una limousine, quella dietro il feretro dove c’era la famiglia. Ma il Colonnello disse “No, con Elvis sono sempre stato dietro le quinte e voglio continuare a rimanerci”.
Quindi andò con una limousine, ma non quella del gruppo dei famigliari.
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