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Alanna Nash - The Colonel
In attesa che, Miss ci faccia la recensione del libro Elvis and The Memphis Mafia, scritto da Alanna Nash, penso di farvi cosa gradita, postando un'intervista fatta alla scrittrice, che ha da poco pubblicato il suo nuovo libro THE COLONEL e sapere cosa lei stessa pensa del Manager di Elvis.
Il Colonnello: La storia straordinaria del Colonnello Parker e Elvis Presley Intervista all’autrice Alanna Nash D. Innanzittutto voglio congratularmi con te su questo libro! L’ho letto, come se fosse trattato di una storia misteriosa del rock ‘n roll. Appare come una storia vera che sembra una fiction. So che, precedentemente, hai scritto un libro sulla Memphis Mafia ed Elvis? Cosa ti ha portato a scrivere questo libro? AN : Grazie per le belle parole. Per tutto il periodo dedicato a fare ricerche e scrivere il libro, mi sentivo come un detective del rock’n’ roll!! Lo dico seriamente, ero così affascinata su quello che stavo verificando, che ho deciso di raccontarlo alla gente. E’ stato estremamente difficile, mantenere tutto in ordine, nei 6 anni necessari, a completare la storia. Per rispondere alla tua domanda, il libro verte su un paio di situazioni. Una riguarda quando scrivevo il libro “Elvis Aaron Presley: Rivelazioni della Memphis Mafia”, con Billy Smith, Marty Lacker e Lamar Fike, andai a Las Vegas 3 volte, dove incontrai il Colonnello e la sua seconda moglie, Loanne, cercando di convincerlo a prendere parte al libro. I ragazzi ero duri nei confronti di Parker, e volevo dargli la possibilità di difendersi. Pensavo anche che, sarebbe stato un bel colpo avere la sua versione dei fatti, in risposta alle responsabilità che gli sono state attribuite, dallo stato del Tennesse, riguardo alla sua pessima gestione di Elvis. Non ha voluto collaborare sul libro, ma grazie a questi incontri, sono rimasta notevolmente affascinata da lui, anche se, psicologicamente parlando, aveva qualcosa del predatore e di sconcertante. Per essere schietta, nella sua personalità, estremamente forte, riusciva ad essere impaurito, spaventato. Tuttavia, sono arrivata al punto di affezionarmi a lui. Volevo conoscere, esattamente,com’era la sua storia, tutta la storia. Quando morì, il mio agente mi suggerì di scrivere la sua biografia. Negli ultimi anni, della sua vita, già gli avevo proposto di aiutarlo a fare un libro, ma lui rifiutò. Così decisi che, il giorno in cui fossi riuscita a capire, chi era e cosa fosse successo, veramente, avrei scritto un libro. D. Quale è stata la reazione al tuo libro, da parte di coloro che hanno conosciuto Elvis e Parker? Sono anche curioso di sapere se hai avuto qualche riscontro dalla sua ultima moglie, Loanne? AN: Non ho sentito Loanne direttamente, e vorrei che venisse detto che ne ho una grande ammirazione. Può essere stato difficile per lei, ma è una donna incredibilmente forte e molto intelligente, nessuno avrebbe potuto essere più devota al Colonnello, se non lei. E’ stato molto fortunato ad averla al suo fianco. Al momento attuale, ogni reazione al libro ha già superato ogni confini. Sono già stata sia elogiata, che insultata. Quello che mi aspettavo era, una censura da parte di persone come Joe Esposito. Molte persone sono state veramente leali con il Colonello, e non voglio perdere tempo a dare spiegazioni di ogni cosa che racconta il libro. In verità, loro non capiscono che, per molti versi, il libro è un elogio a Parker. Mentre non giustifico e difendo alcune delle sue decisioni negli affari e ho tentato di spiegarglielo. Devo dire che ero anche molto ansiosa di sapere come, avrebbe reagito al libro, la sua famiglia (a parte Loanne), soprattutto la storia dell’omicidio. Con mia grande sorpresa e sollievo, so che per alcuni membri della famiglia, sia in America che in Olanda, dicono che ritengono impossibile che abbia ucciso Anna Van Den Enden, e che invece, sia stato un incidente in un momento di collera. Ecco ciò che penso sia successo. Se lo ha fatto, non è stato premeditato. E’ stato uno scatto d’ira e ha passato la sua vita pagando per questo, lontano dalla sua famiglia e rinunciando al suo paese. In qualche modo, va capito. Se, davvero, ha ucciso quella ragazza, certamente dentro di sé, se ne è tormentato, e ha dovuto impegnarsi, in una ginnastica mentale molto pesante, per inquadrare la sua vita e continuare. Naturalmente, tutto assume un altro colore, per quanto riguarda il modo in cui ha gestito Elvis, nel senso che, quello che ne ha pagato il prezzo è stato proprio Elvis, stando con lui. D. Nel libro, racconti che hai avuto tre incontri con Parker. In quale contesto erano fatti gli incontri, per poterlo intervistare? Sapeva che stavi lavorando su un libro? E, ancora più importante, sei riuscita ad avere informazioni, veramente, significative, da lui oppure erano delle semplici visite per carpire il suo carattere ed i suoi modi di fare? AN: Ti darò un’unica risposta. Era impossibile intervistarlo! Non l’ avrebbe permesso. Tutto quello che potevi fare era, essere presente, quando dava un ricevimento e parlava di quello che lui voleva parlare. Non esisteva qualcosa tipo fargli domande, perché si sarebbe arrabbiato e “fatto casino”, tanto per dire. Su questo, c’è un pezzo nel mio sito www.colonelparker.com, chiamato “Lunch with the Colonel (A pranzo con il Colonnello)”, e’ un frammento di una prefazione che avevo, originariamente, scritto per il libro, e poi buttato, perché il manoscritto è diventato pesante. Effettivamente, involontariamente, Parker mi ha dato una serie di informazioni importanti, che sono finite nel libro THE COLONEL. Era ipnotizzante ad osservare la sua personalità e il suo portamento. Sono anche convinta che fosse pienamente cosciente di qualunque cosa e chiunque fosse intorno a lui. Non gli sfuggiva niente. Io credo che questo succeda, istintivamente, se sei un adulatore o se sei qualcuno che scappa, che sia per situazioni di illegalità o per segreti molto oscuri. D. C’è una storia nel libro su Elvis che, per un breve periodo negli anni 70, era lì lì per licenziare Parker. Tuttavia, uno dei suoi stratagemmi favoriti, per prevenire di essere scaricato dai suoi clienti, era dire qualcosa d’effetto tipo “Bene, ma prima dobbiamo saldare i conti”, presentando, immediatamente, pile di ricevute, che aveva solo lui. Evidentemente, questo fece in modo che Elvis restasse con il Colonnello. Ritengo che negli anni 70, Elvis fosse talmente dipendente dalle droghe (e dalla cattiva situazione finanziaria) che non avrebbe, nemmeno preso in considerazione di lasciare Parker. Credi veramente, che Elvis avrebbe lasciato Parker definitivamente? AN: Larry Geller ha rivelato che Elvis voleva farlo ed io, in generale, dò molto credito a quello che dice Larry. Penso che l’abbia detto quando ha capito bene come fosse, e non l’avrebbe infiorato o trattenuto. A questo riguardo, non puoi considerare altra intervista, che sia migliore di quella di Larry, e la tua opinione sull’ Elvis degli anni 70 è certamente corretta. Un motivo per il quale si poteva ricredere, sulla sua decisione di lasciare Parker, era che, in realtà, non aveva nessuno come manager sostitutivo. Le persone che aveva contattato per rivestire quel ruolo per lui, non l’avevano considerato. Perciò si trovava in un limbo, senza sapere come e dove girarsi. Francamente, non credo che Parker gli avrebbe permesso di farsi licenziare. Se ne sarebbe uscito con qualcosa per trattenerlo, perché Elvis era uno scudo umano, contro tutte le sue sventure. Non poteva permettersi di perderlo! D: Uno dei passaggi più affascinanti del tuo libro è quello dove racconti di quando negli anni ‘60, Parker costrinse Elvis a fare quei brutti films (anche con le sue peggiori canzoni), e involontariamente salvò Elvis dal destino di altre stars degli anni 50, così, dalla fine degli anni 60, ci ha potuto regalare la sua grande musica. D: Pensi che Elvis avrebbe potuto realmente competere, con l’invasione britannica e l’ondata psicadelica? Oppure è una di quelle eterne domande, tipo Elvis avrebbe avuto successo, senza Parker AN: Non credo che Elvis avrebbe potuto competere con l’Invasione Britannica e l’ondata psicadelica, per tutta una serie di ragioni: lui non la pensava così, non capiva la mentalità e la cultura, non gli piaceva l’idea delle droghe di strada, e non si scriveva la musica da solo. Ora, chiedersi se Parker abbia avuto veramente tanto senso pratico, da nasconderglielo fino a che questa musica avesse incominciato a sfumare oppure se è stato solo fortunato, rimane l’eterna domanda. |
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