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Vecchio 18-04-2007, 14:06
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Exclamation Intervista A Red West - Da non perdere

INTERVISTA A RED WEST
La prima intervista a Red West da quando è uscito il controverso libro
“Elvis What Happened?”

L’incontro si è tenuto, presso la convention di un fan club Inglese, nel 3 Novembre 1999. La prima parte è una conversazione tra Todd e Red, la seconda parte consiste in una serie di domande a Red.

Uno dei più grandi desideri di Elvis era fare un tour Europeo e venire in Inghilterra. Principalmente quando eravamo in Germania, Bill Haley apparve in un auditorium a Francoforte e ci andammo anche noi, stando nel backstage. Bill Haley cantava Rock Around The Clock, Elvis comparì appena da dietro la tenda e tutto l’auditorium lasciò la sala e ci raggiunse dalla porta laterale. Quella fu l’unica volta che apparve in Europa, ma avrebbe sempre voluto farlo. Molti suoi fans inglesi vennero a Las Vegas. Lui avrebbe voluto parlare con loro e questa fu una delle cose che …… il più grande errore che lui abbia mai fatto, è stato non venire qui, in modo tale che voi poteste vederlo e lui avrebbe visto quanto voi l’amavate.

D. Abbiamo molte domande da fare a Red che gli faremo tra una pietanza e l’altra.
Ma andiamo indietro ai primi anni. Si dice che tu salvasti Elvis dall’essere picchiato alla Humes Highschool, quando un gruppo di ragazzi voleva tagliargli i capelli. E’ vera questa storia e se sì, com’è successo?

RW. E’ vera, anche se un po’ diversa. Elvis aveva un lungo ciuffo, basette lunghe e vestiva con abiti appariscenti e naturalmente era un target per tutti i bulli. Un giorno alcuni ragazzi alla Humes High School stavano per tagliargli i capelli, per farsi vedere grandi o sentirsi grandi. Fortunatamente entrai nel bagno e intervenni, fermandoli. Suppongo che la cosa lo abbia colpito, perché un paio d’ anni più tardi, dopo l’uscita del primo disco di Elvis, lui venne da me e mi chiese se mi sarebbe piaciuto andare con lui, credo fosse a Grenada, Mississippi. Io accettai e, da quella volta, rimasi con lui sempre, fatto salvo per due anni, quando entrai nei marines.
Io ed Elvis eravamo grandi amici. Poi successe qualcosa che…… Voglio parlare dei periodi felici e di questo nostro modo di stare insieme, perché questi superano i momenti brutti. Abbiamo vissuto bei momenti, momenti di grande divertimento e, secondo me, non ci sarà mai nessuno che potrà eguagliare Elvis. Lui è stato un mio buon amico e io lo ricorderò sempre così.

D. Deve essere difficile vivere all’ombra di qualcuno che è così amato, così adorato e venerato. C’è mai stato un momento in cui hai pensato “Vorrei essere io” oppure eri felice di stare all’ombra?

RW. Per niente al mondo avrei voluto essere al suo posto. Sono sciocchezze. Chiunque avrebbe voluto avere quello che lui aveva, l’adorazione e i soldi. Quello che intendo è che, nella vita, immagino tutti vorrebbero raggiungere un traguardo come questo, cioè avere quello che lui aveva e dire “No, non mi cambierei con lui” è una cosa difficile da capire. Lui aveva tutto questo, però non aveva la privacy che avrebbe dovuto avere, questa è la cosa più importante che è successa ad Elvis. Era prigioniero della sua carriera.

D. Essere come un prigioniero è una sorta contrapposizione a ciò che avrebbe fatto? Pensi che fosse troppo spaventato o fosse così radicato in lui, il fatto che doveva essere protetto e protettivo, da non potersi addentrare di più nella folla?

RW. No, cercò di farlo. Persino a Las Vegas, dove gente come Frank Sinatra, Sammy Davis, molti altri divi erano in grado di uscire e unirsi ali altri. Potevano scendere e se volevano anche giocare o fare altro. La gente non li assaliva granché. Ma quando Elvis cercò di farlo, una volta, tutto il casino ….. tutti smisero di giocare e lo circondarono solo per guardarlo e vedere cosa stava facendo. Perciò Elvis non poteva uscire e fare quello che la maggior parte delle persone faceva e se doveva fare qualcosa, poteva avvenire solo di notte. Così affittava i cinema di notte, in quanto non avrebbe potuto andare al cinema in modo normale, perché ci sarebbero state folle di fans, che lo avrebbero seguito e sarebbero rimasti al cinema fino alla fine. Questa era una costante. Noi cercavamo sempre di trovare modi diversi per arrivare sul posto desiderato. Lui non voleva ferire i sentimenti di nessuno, l’unica cosa che desiderava era avere un po’ di più privacy.

D. Lavorando nell’ambiente, dove tu, ovviamente, eri ritenuto essere “il grande protettore”, tu, personalmente, ti sei mai trovato in situazioni in cui non avresti voluto esserci?

RW. Anche se voi non l’avete mai saputo, abbiamo sempre avuto i nostri problemi, anche nei primissimi anni. Poi le cose sono diventate un problema reale, perché l’affare ha preso dimensioni più grandi. Sai cosa è successo a John Lennon. Bene, questo avrebbe potuto succedere ad Elvis, molto prima. Infatti le minacce esistevano. Cercammo di tenerle segrete. Negli anni successivi, tutte le minacce che arrivavano, erano prese seriamente. Tutti eravamo con i nervi a fior di pelle. Infatti, una sera a Las Vegas, prima che Elvis salisse sul palco, ne ricevemmo una, e persino l’organizzazione gli disse di non esibirsi quella sera, perché sembrava fondata, ma lui rispose “Non intendo sospendere lo spettacolo, perché qualche tal dei tali mi ha fatto delle minacce”. Le luci sul palco erano ancora spente e il sipario ancora giù, mio cugino Sonny e io gli stavamo vicino e provai uno strano sentimento che non avevo mai provato, perché quando finì l’ultima canzone, si mise in una posizione di karate, abbassandosi moltissimo, in modo tale da diventare un bersaglio piccolissimo. Sonny ed io ci precipitammo fuori e ci mettemmo davanti a lui, aspettando che accadesse quello che sarebbe dovuto accadere. E’ un sentimento strano, ma questo è quello abbiamo fatto verso la fine. Sono successe un sacco di cose, che la gente non conosce.

D. Eravate spaventati? Ed Elvis?

RW. Sì, ma lui fece comunque il suo show. Disse: “Non intendo essere dominato da qualche idiota”, così noi guardavamo ogni movimento, ogni cosa che si muoveva tra il pubblico e alle volte, può essere, che abbiamo reagito in modo eccessivo, ma se l’ho fatto è stato quando non ho fatto in tempo ad essere presente sul posto.

D. Eri sempre su di giri? Eri sempre sul chi va là, aspettando il peggio?

RW. Sempre, sempre. Soprattutto dopo queste cose. Avevamo visto cos’era successo a coloro che non erano preparati, perché non pensavano che certe cose potevano succedere. Così noi eravamo sempre pronti ad ogni evenienza.

D. Torniamo ai primi anni. Quando è stata la prima volta che parlasti ad Elvis del suo contratto con il Colonnello Parker? Eri cosciente di quello che stava succedendo?

RW. Non proprio. Non avevo niente a che fare con queste cose. Io mi divertivo e vedevo che il Colonnello aveva molta più influenza ed esperienza nel campo, che tutti coloro che avevano seguito Elvis, in precedenza. Le cose iniziarono subito dopo essere andato con la RCA. Fece lo show di Jackie Gleason con Tommy e Jimmy Dorsey, rendendolo visibile al mondo e non solo nei dintorni. Mi resi conto che stava succedendo qualcosa di grande, ma non immaginavo quanto lo fosse, fino a che non lo divenne.

D. Nei primi anni, Elvis si integrava con le altre stars oppure tendeva a stare in disparte?

RW. Non, quando faceva i tours con i Brown, Hank Snow e quando fece il Louisiana Hayride, Johnny Horton, George Jones …. Qui c’è una storia divertente, prima che mi dimentichi! Elvis aveva 3 dischi alla Hit. Era al Lousiana Hayride e George Jones uscì prima di lui. George Jones, che probabilmente era stato istigato da Johnny Horton e il resto dei veterani, fece tutte 3 le hits di Elvis. Noi, dal backstage, guardavamo tutto e George quando uscì disse: “Mi dispiace, da tanto tempo non ero nella hit” e se ne andò. Elvis uscì sul palco e cantò 3 canzoni gospel, tornò e disse “Andiamocene da questo maledetto posto” Fu divertente! Non in quel momento, ma più tardi ci ridevamo su.

D. Naturalmente, Elvis lavorava con queste persone, ma socializzava con loro?

RW. Certo. A casa avevamo una foto dei The Browns, che erano un gruppo country, fratelli e sorelle. Avevano una hit che si chiamava “Little Jimmy Brown” ed in casa, avevamo una foto ricordo del matrimonio dei loro genitori e al tavolo c’erano anche Hank Snow, Junior, Floyd Cramer, che formavano un altro gruppo musicale.
Più avanti fu diverso, ma quando era all’inizio amava appendere al muro foto di ragazzi come Jimmy Horton. Dopo lo show, uscivamo a cena, ma più avanti nel tempo, preferiva rimanere a casa sua.

D. C’è stato un momento, in cui ti sei reso conto che Elvis aveva preso coscienza che non avrebbe più potuto uscire, non avrebbe più potuto andare in un locale a mangiare un hamburger, o in un negozio, e fare qualsiasi cosa che è normale per ogni individuo? Questa presa di coscienza arrivò tutta in una volta oppure fu graduale, mano a mano che arrivavano le situazioni?

RW. Ritengo sia stato graduale. Divenne più evidente, quando iniziò a fare cinema, perché diventò ancora più visibile e le persone facevano di tutto per avvicinarlo. Davvero, cominciò che non poteva nemmeno uscire dalla sua area che subito doveva tornare indietro e saltare il recinto. Quando, dopo Love Me Tender, i film divennero tanti, gli diventò sempre più difficile fare vita pubblica.

D. Ritieni che saresti entrato nel mondo del cinema, se non fosse stato perché conoscevi Elvis Presley, e vicino ad Elvis, oppure era quella la strada che volevi prendere nella tua vita?

RW. In verità era quello che io volevo, ma sicuramente non l’avrei potuto fare se non l’avessi conosciuto, perché sono coloro che ho incontrato grazie a lui, che mi hanno aiutato a farne parte, quando, di ritorno dalla Germania, andai direttamente ad Hollywood. Era quello che volevo fare, ma grazie al fatto che lo conoscevo, si sono aperte porte che non si sarebbero mai aperte, così Nick Adams – non so se ricordi Nick Adams – fece la serie che si chiamava “The Rebel”.
Era amico di Elvis. Questo mi aiutò ad aprire la prima porta e poi Robert Conrad che fece “Hawaiian Eye” e Wild Wild West”.
Quando Elvis tornò a casa, ogni domenica, giocavamo a football e veniva tanta gente, tra cui Pat Boone. Ho incontrato queste persone e ho finito per lavorare con loro. Però devo tutto ad Elvis.

D. Questa è una grande affermazione, vero?

RW. Sì, ma è vero

D. Hai avuto difficoltà per imparare oppure ti è venuto naturale?

RW. No, ho studiato con un ragazzo che ancora è con me, Jeff Corey, un attore di vecchio stampo e con Robert Blake con il quale, credo, abbia studiato anche Jack Nicholson. Non puoi andare e recitare. Penso che Elvis sarebbe stato un attore tremendo se avesse avuto la chance di studiare prima, anziché essere buttato dentro il cinema.
Chiunque voglia essere un attore, deve prima studiare. Non puoi metterti davanti ad una macchina da presa, rischi di dimenticarti come ti chiami, come è successo a me!

D. Ti piacevano i film che ha fatto Elvis?

RW. Sì mi sono piaciuti molto i primi, specialmente Blue Hawaii, GI Blues, Flaming Star, ma posso contare sulle dita di una mano quelli che erano buoni, il resto avrebbero dovuto essere buttati. Dimentica che le canzoni erano brutte, i testi erano brutti, ma per chi di voi ha visto Wild In The Country e quelli che ho appena nominato, sa che lui aveva la capacità di recitare, se solo avesse ricevuto un po’ di formazione, oltre farne di più e anche di altro genere.
Rabbrividiva quando doveva fare gli altri, perché non c’era niente in essi che potesse coinvolgerlo.
Wild In The Country, senza dubbio, è stato il migliore che abbia fatto e l’altro girato a New Orleans – King Creole, e fanno due.
King Creole era stato scritto per James Dean e, visto che James Dean era morto Elvis ottenne la parte. Era un ruolo forte e drammatico e ritengo abbia recitato molto bene, poi però, con l’andare del tempo, perse interesse nei film.



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