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Vecchio 17-03-2008, 08:15
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Ge748 Steve Binder Racconta Il Comeback ‘68

D. Raccontaci come mai sei stato contattato per fare lo special del ’68 con Elvis

SB. Credo di essere stato interpellato io, perché nel ’68 ero molto genuino e avevo una grande passione ed entusiasmo per la televisione e tutto ciò che era spettacolo. A New York, avevo diretto uno spettacolo che si chiamava “Hullabaloo” e da quel momento ho deciso che avrei fatto parte dello show business.
Per fare “Hullabaloo” mi sono ritrovato a formare un grande squadra e creare uno special per Lesile Uggams. Poi ne ho fatto uno per Petula Clark con Harry Belafonte e questo ha fatto scalpore nel mondo, perché era la prima volta che per una prima serata in televisione venivamo materialmente messi insieme un nero e una bianca. La cosa aveva creato la furia delle persone bigotte e dei promotori pubblicitari della Chrysler Motors, che volevano fossero tolti dallo showm Inoltre anche sui giornali era un argomento molto discusso e controverso.
Poi mi capitò di ricevere una telefonata da un signore, che credo fosse Bob Finkel. Di lui avevo solo sentito parlare per tutti gli show che aveva prodotto e diretto.
Praticamente lui mi chiamò e disse “Ascolta, abbiamo ottenuto questo affare con Elvis Presley per la NBC”, ma il significato era “Abbiamo ottenuto questa cosa, ma non sappiamo come portare avanti lo spettacolo. Pensiamo che, data la tua giovane età, forse tu sarai in grado di relazionarti con Elvis. Se la cosa ti interessa, vorremmo fissare un incontro e vedere se lo spettacolo si può fare”. Dopo lo spettacolo di Petula Clark con Harry Belafonte avevo pensato che non avrei più lavorato in questa città. Almeno 100 persone mi avevano detto che avevo superato il limite e sapevo che quando capita, non c’è più un posto nel settore. Invece poi è arrivata la cosa più fortunata della mia vita.

D. Raccontaci del tuo primo incontro con Elvis

SB: A dire la verità, io non ero un fan della musica di Elvis Presley. Lui mi divertiva, ma io ero più appassionato dei Beach Boys e soprattutto di Jimmy Webb e del suo McArthur Park e così via. Il mio collega era molto prolifico e un affermato produttore di dischi e così abbiamo unito le nostre forze per lo spettacolo di Petula Clark.
Bones Howe operava autonomamente e aveva seguito la 5th Dimensions, gli Associations, Laura Nyro, ecc. Poi insieme siamo diventati una società. Quando Bones venne a sapere della chiamata disse “Devi incontrarlo, perché insieme sarete grandi! Ho diretto Elvis e sono sicuro che vi piacerete” Così accettai un incontro nel nostro ufficio al Sunset Boulevard vicino alla Tower Records, riproponendomi che avremmo solo chiacchierato. Elvis arrivò all’appuntamento con tutta la gang, occupando il garage con tutte le loro Lincoln Continental. A quel tempo nell’edificio, eravamo gli unici ad avere un ufficio e così nessuno poteva venire a sapere che Elvis sarebbe venuto.
Salì al piano di sopra con il Colonnello Parker, Joe Esposito e qualcuno del suo entourage. Entrammo in ufficio, lasciando tutti fuori.
La sceneggiatura dello special era stata scritta da me, il Colonello, Bones, Allen Blye e Chris Beard.
Quando Elvis arrivò mi disse “Ciao Steve” ed io “Ciao Elvis”.
Pensa che Bob Finkel mi ha detto che non aveva mai chiamato Elvis per nome.
Abbiamo parlato della vita e altre cose, ma non molto dello special. Mi raccontò che si stava prendendo una vacanza di una settimana alle Hawaii e così via .
Mi ricordo di avergli chiesto “Se ti dessi il “Mc Arthur Park” da incidere, lo faresti?”
E lui “Assolutamente sì”.
Da lì capii che Elvis non era un ragazzo che viveva sul passato, ma si era evoluto e voleva inserirsi nel reale mondo contemporaneo. Io preferisco essere schietto e ricordo di avergli detto che, a mio avviso, erano anni non aveva un successo. Gli dissi anche che non era merito dei film se lui era una grande star, ma solo del Colonnello Parker e della sua macchina pubblicitaria.
La televisione, invece, era una strada dove già il giorno dopo, uno diventa la più grande star del mondo, ma anche oò contrario e cioè che si può fare uno show televisivo e immediatamente ritrovarsi con il sedere per terra, vedere la fine della propria carriera e poi vivere di ricordi. Credo abbia apprezzato la mia onestà e così abbiamo continuato.
Poi Elvis disse che era in partenza per le Hawaii e io risposi che noi intanto avremmo iniziato a lavorare sullo spettacolo e quando sarebbe tornato avremmo parlare insieme. Lui è partito, noi abbiamo messo insieme lo show e quando è tornato, Elvis ha ascoltato quello che avevamo da dirgli

D. Hai nominato “MacArthur Park”. Mi sembra che Elvis abbia cantato uno o due righe di questa canzone?

SB: Sì. Credo che sia stato un fatto inconscio. Penso che, mentre facevamo lo show, nei momenti in cui era particolarmente era nervoso, gli tornassero alla mente quelle conversazioni preliminari che avevamo fatto e che da subito gli erano rimaste impresse. Credo abbia cantato “MacArthur Park” durante la parte improvvisata.

D. E’ vero che il Colonnello aveva sempre voluto fare lo spettacolo in un modo ben diverso?

SB. La prima volta che ho incontrato il Colonnello Parker è stato negli studi della MGM. Ero con Bones e lui ci fece vedere il suo ufficio, vantandosi del contratto (una pagina in tutto) che aveva concluso con la MGM. Ricordo che mi disse che qualora avessero avuto dei contrasti con la MGM, avrebbero dovuto raccogliere le loro cose e andarsene entro due ore. Poi mi fece diventare membro del suo Snowmen Club. Per chi non lo sa, era un club fittizio di cui lui era presidente ed era rigorosamente “riservato” solo a chi ne era all’altezza. Non mi sono mai considerato parte di quel gruppo, ma è stato divertente ricevere il certificato, i biglietti da visita, il libretto e così via.

D. Si dice che il Colonnello voleva che Elvis cantasse canzoni di Natale, vestito in smoking

SB. Il Colonnello aveva sempre tutto preventivamente organizzato, ma la mia esperienza, da quando ho iniziato ad oggi, mi insegna che i creativi sono fatti per creare e gli uomini d’ affari devono seguire solo gli affari. Mai mescolare le due cose. Il Colonnello mi diede una cassetta audio di quelle che si usavano quella volta. La cassetta conteneva quello che sarebbe stato il regalo di Natale di Elvis alle radio, con un’ora di canzoni natalizie. Poi era stato calcolato l’inserimento di un finto DJ che poneva delle domande ad Elvis, alle quali lui rispondeva. Il tutto senza che i due fossero mai insieme nello stesso studio e nello stesso momento. Io presi la cassetta e ascoltai il materiale che, secondo Parker, avrebbe dovuto diventare lo special televisivo. C’erano 26 canzoni. Onestamente devo dire che non l’ho nemmeno tenuto in considerazione, perché non era ciò che intendevamo fare. Proprio non faceva parte della mia mentalità.

D. Quand’è che tu ed Elvis vi siete seduti per discutere come fare lo show?

SB. Quanto è tornato dalle Hawaii era stupendo. Io sono eterosessuale, ma devo dirti che, che tu fosse maschio o femmina, non potevi fare a meno di guardarlo. Era talmente bello. Anche non fosse stato una superstar, non avrebbe fatto differenza. Quando entrava nella stanza, capivi che avevi davanti a te qualcuno di speciale. Appena tornato dalle Hawaii, era abbronzato e in perfetta forma.
Sono arrivati nel nostro ufficio e c’eravamo Chris Beard, Allen Blye ed io. Credo ci fosse anche Bones. Abbiamo parlato facendo una panoramica di tutti i suoi album, di ogni film che aveva girato, di ogni disco che aveva fatto, ecc. ecc, in modo tale da riuscire a creare uno show su misura per lui. Prima che partisse per le Hawaii gli avevo detto che avremmo preparato uno spettacolo che nessuno altro avrebbe potuto fare. Solo lui. Sarebbe stato come un vestito cucito su misura, Sarebbe stato per lui.
A me piace lavorare in questo modo, tenendomi vicino i talenti che mi circondano. Mettere tutte le idee in un contenitore, senza dare titoli. Non c’erano Mister nella stanza. Non c’era nessun direttore o produttore o divo, ma eravamo tutti uguali. A me piace lavorare in questo modo.
Così ho deciso che sarebbe stato meglio creare una specie di trama centrale. Il tema di un povero ragazzo di campagna, che partendo da niente, diventa un cantante e raggiunge fama e fortuna, ma che al top della fama e dell’adulazione, si rende conto che la sua felicità è a casa, perché quello è il luogo dove per il cantante tutto è iniziato.
Seguendo questo filo conduttore, abbiamo creato vari segmenti, ma tutti collegati alla musica che lui aveva registrato o che gli piaceva e così via. Era uno speciale che, qualora Elvis avesse abbandonato, non avremmo mai potuto realizzare. Era impossibile farlo con un altro artista. Era lo show di Elvis. Siamo anche entrati in contrasto con la NBC, perché non era loro abitudine, per una prima serata, avere un spettacolo, con un singolo artista. Era impensabile. Avevi una star ed intorno un gruppo di ospiti famosi. Credo che la NBC, una volta, mi abbia anche chiesto chi avremmo messo nello show o qualcosa del genere.
Quando Elvis arrivò, gli abbiamo esposto il concetto e ne abbiamo parlato come fosse una miniserie dove lui sarebbe stato il perno centrale.
Come inizio ci sarebbe stata la sequenza del bordello. Cioè quando il cantante lascia la sua città natale e immediatamente si imbatte in questo bordello dove arriva una giovane vergine innocente, che non ha mai lavorato lì. Lei guarda Elvis ed Elvis guarda lei, Nel momento in cui si vanno incontro, il posto viene rapinato e loro riescono a saltare dalla finestra, A quel punto lui si trova di nuovo in strada. Poi va in un parco di divertimenti ed ha uno scontro con Big Daddy, questo enorme imbonitore da circo, che spacca la sua chitarra e così via. E questa è una parte dello special.
Poi va in un piccolo locale per cantare e poi in un altro locale più altolocato. Subito dopo è una superstar che fa un concerto. Ma alla fine realizza che la sua felicità sta nelle sue radici, perché è a casa, perché è un artista. E questo era un altro pezzo.
Poi sapevamo quanto Elvis amasse il gospel. Ero stupito che non avesse mai vinto un Grammy con il rock ‘n roll. L’unico Grammy che ha vinto è stato con il gospel. Credo ne abbia vinti due in questa categoria. Così abbiamo messo insieme la parte gospel. Volevo che tutto lo show fosse un live di Elvis, pur se c’era un’orchestra. Avrei voluto che Elvis cantasse live ogni cosa.
L’unico rimpianto che ho sullo special è proprio la parte gospel, perché Elvis ha dovuto solo muovere le labbra. E oggi rimpiango il fatto che l’ho permesso, perché ritengo che la sua forza fossero le esibizioni dal vivo, anche se si parla di un programma televisivo.
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