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Vecchio 01-12-2006, 14:15
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Ecco Marzia, l'articolo maggiormente incriminato è questo che ti riporto.

Credo parli da solo e meriti una petizione da parte nostra, con tutta una serie di insulti ad un rappresentante di quelli che si definiscono giornalisti, nonchè critici musicali ITALIANI


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Per favore, leggete tutti questo articolo, che, per caso, ho appena trovato su Internet

Elvis Presley: 30# 1 Hits

Recensione di: vellutogrigio, (27/09/2006 14.53.00)
Voto: * * * º º
http://debaser.it/resize.aspx?path=/....jpg&width=250 Proseguo con questa recensione il “ciclo dei sopravvalutati” che mi sono permesso di iniziare con “One” dei Beatles, seppur fra le comprensibili critiche di molti ed il plauso di altrettanti.
Il secondo grande sopravvalutato della storia della musica moderna è, sempre a mio sommesso avviso, Elvis Presley da Tupelo (Missisipi), fenomeno negli anni ’50, fenomenale attore trash negli anni ’60, fenomeno da baraccone (Las Vegas) negli anni ’70, e fenomeno da nostalgici dalla sua morte (’77) ad oggi. Il tutto con un occhio all’immagine ed un altro al portafoglio dei suoi produttori e agenti, anche se deve osservarsi come il Nostro fosse essenzialmente in buona fede, e sia stato furbescamente sfruttato da quanti ne avevano colto l’impatto nell’immaginario collettivo dei bianchi americani, Colonnello Parker su tutti.
Anche in questo caso, come per i Beatles, è dunque doverosa una premessa: nessuno nega l’importanza di Elvis sotto il profilo storico sociologico, né la sua influenza sul gusto e lo stile di quanti cominciarono a strimpellare la chitarra sulle note dei suoi successi (ovvero tutti, almeno negli States ed in Inghilterra, meno nei paesi latini, anche se a lui devono Johnny Haliday, Little Tony e Bobby Solo), tentandosi piuttosto di ridiscutere, tecnicamente, il valore artistico della sua proposta musicale, complessivamente mediocre. Chiedo dunque venia ai fanatici del Re del Rock, a chi fa pellegrinaggi a Graceland (pure gli Iron Maiden vi sono andati nei primi anni ’80… vedi il booklet di Killers), nonché – scusandomi per l’auobiografismo – alla mia ragazza e ad i suoi più stretti familiari.
La carriera fenomenale Elvis the Pelvis è ben compendiata dall’album "30 # 1 Hits", uscito alcuni anni orsono (’02) in concomitanza con il rilancio dell’immagine del rocker statunitense e con l’eccellente cartone animato Disney Lilo & Stitch, in cui la giovane protagonista era una grande fan dell’uomo fasciato di pelle (forse perché abitava… un po’ fuori dal mondo). Senza effettuare una tediosa e superflua analisi di tutti i pezzi contenuti nell’album, noti ai più, voglio evidenziare le caratteristiche strutturali della musica di Elvis, riassumendole in sintesi:
a) voce eccellente, stentorea, più valida nei toni bassi che in quelli alti, con drammatici scivolamenti verso il tenorile negli anni finali della sua vita, comunque priva di feeling e pathos, tendente piuttosto al lamentoso. Si ascoltino le varie "Love Me Tender", "Sospicious Minds", "Are You Lonesome Tonight?", giusto per andare sul concreto;
b) accompagnamento musicale del tutto trascurabile, se non addirittura banale, senza alcun guizzo od inventiva: il dato ricorre in tutta la carriera del Nostro, dagli esordi alla fase finale, senza che si possano accampare scuse, al riguardo, circa limiti tecnologici di sorta, posto che Elvis poteva permettersi il meglio – come del resto i Beatles. Qualcuno ricorda un assolo, un fraseggio, delle chitarre dei suoi gruppi di supporto? Un groove ritmico di basso e batteria?. Tutti i pezzi sono costruiti sulla sua voce, negando l’idea stessa di ensemble che costituisce l’essenza del jazz, del blues e del rock;
c) repertorio ripetitivo e scarsamente in grado di rinnovarsi, con continuo riferimento agli stessi ritmi, temi musicali, soluzioni armoniche, senza che ciò possa considerarsi “classico”: si trattava, semplicemente, di musica di consumo, ovvero di un prodotto sempre uguale a sé stesso per essere sempre vendibile, che nella seconda parte della carriera di Elvis si avvitò in un patetico recupero dello stile country degli esordi;
d) cadute di gusto a profusione, come nelle cover di “O Sole Mio” (It’s Now or Never) e “Torna a Surriento” (Surrender). Ogni commento è superfluo, vi rimando all’epocale parodia che ne fece Renzo Arbore sull’album “Quelli della Notte” (’85);
e) totale incapacità compositiva. Quasi tutti i pezzi di Elvis furono scritti da altri, egli si limitava ad eseguirli. Anche questo dato basta e avanza per ridiscutere la grandezza del musicista (non certo del “personaggio”). Io stesso, nel criticare anche i Beatles, non posso negare che le canzoni se le scrivessero da soli.
A questo punto odo già le repliche di chi osserva, con singolare inversione logica, come Elvis sia stato un’artista di portata epocale, il primo a portare il rock alle masse, il modello per intere generazioni di musicisti, il simbolo dell’emancipazione dei giovani, una rottura totale rispetto al gusto melodico imperante, anche in Italia (da Modugno a Celentano passano anni luce), e debba ritenersi per ciò solo un grande artista. Ciò prova semplicemente come il Nostro sia stato l’artista più noto ed influente della sua epoca, almeno fino all’avvento dei succitati Beatles, ma non prova affatto che sia stato il migliore, né il più originale e seminale, come asseriscono i più. Molti fecero meglio, e lo fecero in quegli anni: Chuck Berry su tutti (peccato che fosse di colore, in una nazione che ancora segregava i “niggers” ed i cui capi famiglia delle famiglie del Sud si incappucciavano di bianco…), Jerry Lee Lewis (peccato avesse sposato la cugina minorenne) ed Eddie Cochran (peccato sia morto giovanissimo).
L’acquisto di 30#1 Hits è dunque consigliato a tutti gli amanti del King of Rock, compendiando comunque i suoi pezzi migliori, seppur usurati dal tempo, ed a tutti coloro che vogliano comprenderne l’esatta grandezza. Magari facendo il paio con “One” dei Beatles.
E guardate che io a Elvis voglio bene, se non altro per avere indirettamente ispirato intere parti di "London Calling" dei Clash. Ma questa è un’altra storia, appartiene più al mito che alla realtà.

Dobbiamo replicare???

Questo è il sito http://debaser.it/recensionidb/ID_12..._23_1_Hits.htm
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  #2  
Vecchio 01-12-2006, 14:23
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Si potrebbe sapere il nome di questo pezzo di.....beh diciamo sterco per essere gentili che, fra le altre cose, non ha neppure il coraggio di firmarsi? Visto che non credo proprio che si chiami vellutogrigio di nome!
grazie Hurt.
Marzia.....furibonda dopo la lettura!
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  #3  
Vecchio 01-12-2006, 14:45
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Per questo velluto grigio

Un aggettivo:
INDEGNO anche solo di pensare il nome di Elvis

Un appellativo:
STRUZZO che nasconde la testa sotto un sinonimo

Adesso continuate voi !!!
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  #4  
Vecchio 02-12-2006, 16:11
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Un appellativo:
STRUZZO
Si, condivido, è esattamente così che definisco questo tipo, però cambiando in paio di lettere...
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  #5  
Vecchio 02-12-2006, 16:33
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Si, condivido, è esattamente così che definisco questo tipo, però cambiando in paio di lettere...
Quotato !!!

Quando dovevo scelglere l'appellativo era proprio quello che pensavo ...... ma non si può
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  #6  
Vecchio 04-12-2006, 17:45
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Gold record always and forever velluto grigio. Do you understand?
Marzia
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  #7  
Vecchio 08-12-2006, 18:41
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Quello che c'è scritto non è correttissimo, ma almeno dà onore il nostro Elvis

19/4/2005 - Stefano Medel
» Elvis the top


Adesso i musicisti, cantori e trovatori si sprecano, e il mercato discografico butta sul calderone musicale sempre nuovi volti e formazioni, che vengono, suonano una roba e poi scompaiono nel nulla. Altre volte, magari, sfondano il cadreghino e fanno palata di soldi con un pezzo o un singolo, tutti sciamanano, ne parlano e berciano come babbuini, poi l’anno dopo, ciccano tutto e non battono chiodo, finendo nella monnezza. Le regole del commercio e del business sono quelle, e non guardano in faccia a nessuno, per cui ti prendono, ti buttano nel mercato, vestito come uno scimmiotto, e poi ti buttano, come un fazzoletto sozzo, quando non servi più. Molti arrivano, ma non restano, o rimangono molto poco. Non è il caso del re di Memphis, il rockettaro Elvis Presley. Presley: cominciò suonando motivetti, in una scuola di musica; ce n’erano altri, ma nessuno come lui; a delle straordinarie doti vocali e canore, che gli permettevano di assumere dei toni e delle cadenze orecchiabili e sincopate, Presley rivelò anche delle grandi doti di esecutore, concertista, che sapeva farci con la chitarra, ed era un chitarrista non da poco. Oltre a suonare, metteva su dei veri e propri show, ballando, saltando, dando scarti con l’addome e facendo contorsioni, tutte scene che mandavano in visibilio le platee, perché avevano trovato una vera pop star, un vero cultore del rock, con abilità e qualità artistiche, non da poco. A poco a poco, inarrestabilmente, Presley seppe conquistare un po’ tutti. Gente di tutte le fasce d’età, andava ai suoi concerti, come si va al supermercato, felici di ritrovare quel ragazzo prodigio del sud, considerato uno della famiglia, un amico, un complice. In effetti, una delle cose, che rendevano grande Presley, era la sua capacità, di instaurare un feeling, di stabilire un dialogo e un contatto umano e simpatico, col pubblico. Un rapporto umano, fatto d’intesa di complicità e ammiccamenti, d’un artista, che aveva sempre dato molto, al suo pubblico. Presley, nel corso degli anni, si era abituato a platee oceaniche, girando come un nomade, per gli Stati dell’unione. Sapeva giocare col pubblico, solleticarne la curiosità, li accontentava con pezzi, suonando ogni brano richiesto, altre volte, non esitava a regalare un oggetto, delle sciarpe, o altri souvenir, al suo pubblico, anche se si trattava d’una macchina organizzativa, ben oliata, questi gesti, venivano da Presley in buona fede, il pubblico riceveva qualcosa, e ricambiava l’artista. Le ragioni d’un successo così travolgente e duraturo nel tempo, vanno ricercate, oltre che nelle doti personali e magnetiche della rock star, anche in altre ragioni. Elvis Presley, fu il primo cantante, sponsorizzato e lanciato, da un immensa macchina propagandistica e capillare, che faceva gran cassa, di tutto quello che Presley, faceva o diceva. Era un rockettaro importante, ed era un divo soprattutto tele e audio-visualizzato. Presley, fu il primo, a sfruttare pienamente i mass media e le comunicazioni di massa. Non solo tramite i dischi, ma sfruttando il persuasore televisivo, apparendo in spettacoli e programmi alla tele, parlando alle radio, organizzando, giganteschi tour e giri per il paese, dove si spostava in enormi Cadillac, scortato da uno stuolo di musicisti, tecnici, elettricisti e arrangiatori. Nulla era mai completamente casuale, le sue comparse, la pubblicità, un immenso guardaroba di tute e vestiti di scena con brillocchi e luccichii, servivano a galvanizzare ed eccitare il pubblico, sullo sfondo di stadi e auditorium immani e ciclopici. Presley, divenne il primo grande manipolatore, di mass media e di sistemi d’informazione e di trasmissione dell’immagine e del sonoro. Intorno a lui gravitava, un immenso budget d’affari, di introiti e di sfruttamento delle potenzialità spettacolari del suo personaggio, come fonte di richiamo e di guadagno. Pubblicizzando a più non posso, la sua figura e la sua immagine, immortalandola in rotocalchi, giornaletti; spiaccicandola su magliette, bibite e prodotti di tutti i giorni, facendo di Elvis, un marchio o un etichetta commercializzata, fonte di guadagni di raccolte kitsch e di collezioni di cineserie. Di lui, tutto era sfruttato all’eccesso e diventava affare e budget. Un po’ alla volta, Elvis aveva creato il suo personaggio da teen-agers e da idolo giovanile, prima con i capelli lunghi con fogge ardite e impomatate e tute vistose, poi con i ciuffetti cascanti e in seguito indossando giubbotti borchiati e in finta pelle, da teppista metallaro, simile a Brando ne Il ribelle. Dopodichè s’era avvicinato al mondo dello spettacolo e della tele, apparendo in programmini e show musicali a fianco di presentatori stucchevoli come tanti Mike Buongiorno. Ma bene o male, le sue partecipazioni s’erano fatte frequenti e le sue uscite sul piccolo schermo triplicarono. Nel giro di poco era divenuto un personaggio serale da talk Show; questo, gli permetteva di sponsorizzare la sua immagine e i suoi dischi a un folto pubblico di spettatori, contemporaneamente e nello stesso momento, arrivando in casa di tutti. Era divenuto una vedette televisiva, un amico di famiglia, un ospite gratuito e gradito. Anche se naturalmente, era tutto un grosso commercio pubblicitario. Poi vennero i contratti cinematografici, con film Musical, girati a più riprese ed in più posti diversi. I titoli erano variegati e disparati, di solito girati in luoghi ameni ed esotici, come il Re delle Hawaii e altri filmetti musicali semiavventurosi, dove Elvis interpretava solitamente, il ruolo del ragazzaccio testardo e ribelle, che dà filo da torcere a tutti. Con personaggi dinamici e schietti, tagliati su misura per lui. La cosa andò avanti per un po’, e bisogna dire che i film non andarono malaccio, non erano un granché, ma comunque discreti. Per Elvis, fu il debutto nel mondo del cinema, con fans, sorrisi riflettori e pubblicità, che fecero di lui un autentico divo nazionale e non solo. La sua celebrità, giunse all’apogeo, il suo volto, i suoi gesti, divennero simboli e clichè di tendenza, istituzionalizzati e commercializzati. Ogni suo gesto finiva sui giornali o alla tele; le sue macchine enormi, i suoi abiti sgargianti, la sua villa lussuosa, dove iniziò a raccogliere i premi e le statuette che gli venivano conferite. Gli venne attribuito il titolo di uomo dell’Anno, per la sua personalità e il carisma; premio, di cui era particolarmente fiero, in quanto non musicale, ma proprio dedicato alla sua persona. Intanto, la sua vita privata era movimentata e talmente frenetica, che aveva ben poco tempo libero. Quando gliene avanzava, si divertiva ad allenarsi un po’ a Karatè, di cui era una buona cintura, nonostante il poco tempo. Rimangono immagini dal vivo dei suoi allenamenti. Col tempo i rapporti con la moglie divennero più radi e difficili; in effetti Elvis, non aveva una vita realmente normale, pieno d’impegni pubblicitari e non, attorniato sempre da tecnici del suono, asfissiato da manager e produttori maneggioni ed esigenti. Alla buon ora i contratti cinematografici televisivi bene o male finirono; Elvis decise perciò, di ritornare dal vivo in spettacoli e recital tra la gente. Il ritorno fu trionfale, come tutte le sue iniziative, galvanizzò e polarizzò l’attenzione di masse di fans, che lo seguivano ai concerti, per tutti gli stati. La sua immagine preferita, era con dei basettoni lunghi, impomatato e delle casacche bianche trapunte di brillanti e ricami pittoreschi con dei brillocchi luccicanti. Ogni suo spettacolo era accompagnato da un’imponente organizzazione di tecnici, esperti e sarti con centinaia di abiti e strumentazioni. Elvis si muoveva tra folle osannanti, con disinvoltura vincendo il nervosismo e scherzando col pubblico. Spesso partecipava di persona a concerti benefici e filantropici, raccogliendo somme ingenti. Nel frattempo, cominciarono i problemi. Difficoltà coniugali, una vita disordinata ed errabonda, la mancanza d’una vera privacy; lo portarono spesso alla ribalta sulla stampa, per presunti scandalucci. Sempre meno Elvis, sapeva di chi fidarsi veramente. I suoi guardaspalle, erano spesso pettegoli ed indiscreti, e si facevano pubblicità, raccontando di tutto. Intorno ad Elvis, cominciò ad esserci un vuoto affettivo, che la moglie non poteva colmare. Gli impegni erano sempre più frenetici, ed intanto anche la sua salute cominciava a declinare. Sino al ricovero in un ospedale famoso, dove la star si chiuse, per ristabilirsi e riposarsi. Bene o male, riuscì a rimettersi in piedi, ma non era più l’aitante e atletico giovane d’un tempo. La figura s’era fatta greve e lenta, i fianchi irrobustiti, il peso considerevole. Solo il talento e la bravura musicale, era rimasta quella di sempre. Anche con la salute vaccillante, la rock star era sempre il Re, continuava a mietere successi, e ad avere seguaci idolatranti. Le sue performance erano magiche ed elettrizzanti, le sue canzoni melodiche ed armoniose, mietevano allori e rubavano i cuori. Entusiasmanti, erano le sue esibizioni dirompenti al pianaforte, dove Elvis suonava e cantava, grondante ed estatico. Il rapporto col pubblico era unico, quasi confidenziale; la gente si fidava dell’artista, che era tra loro, da anni. La rock star continuò a lavorare in modo febbrile, sino alla fine. E la fine arrivò come un ospite sgradito ed inatteso di sorpresa; un giorno come un altro, si sparse la voce che la star non c’era più. Masse di gente si raccolse intorno alla notizia funerea per omaggiare il cantante nella morte, così come in vita. Elvis Presley divenne un mito e un fenomeno di costume con fans club, sparsi per il mondo e persone che lo ricordano, ad ogni anniversario. Davanti alla sua casa, sfilano muti gli ammiratori, con ghirlande di fiori, con pensieri tristi e proni. Ora gli imitatori non mancano, e quasi tutti i nuovi arrivati, cercano di strimpellare e dimenarsi, per inventare qualcosa di nuovo nel Rock; una speranza rinnovata e delusa, perché il simbolo del Rock resta Elvis, forse proprio perché ha già detto, quello che si poteva dire.
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