GE Elvis Presley  
 

Vai Indietro   Grazie Elvis Forum > Elvis Presley > Materiale dai Fans

Rispondi
 
Strumenti Discussione Modalità Visualizzazione
  #1  
Vecchio 04-01-2008, 21:20
Gondar Gondar Non in Linea
Elvis Super Fans
| over 300 |
 
Data Registrazione: 04 2007
Messaggi: 610
Predefinito Re: Elvis: l’Extra Terrestre

Il mio primo grande amore.

Abbiamo appena assistito allo sbocciare del primo amore di una coppia di giovani in quella parte del sud est degli Stati Uniti, precisamente a Memphis, nel Tennessee quando si era nell’A.D. 1954. Siccome, però, nella prima parte di questo racconto mi sono proposto di creare l’atmosfera ideale per raccontare l’impatto psicologico di un fan (che in questo caso sarebbe il redigente di queste pagine) dislocato a migliaia di chilometri da quel luogo, dall’altra parte dell’Atlantico, cioè in Europa, precisamente nella bassa Italia ed ancora più precisamente in un paesino della Puglia il cui nomignolo è Apulco, allorquando si imbattè, seppure mediaticamente, nell’extraterrestre Elvis Presley. L’organizzazione mentale di tale atmosfera è indispensabile per meglio definire i paralleli di vita vissuta. Pertanto, sebbene rischiassi di dare l’impressione di essere in ritardo rispetto agli avvenimenti del 1954, debbo riportarmi, per forza di cose, a qualche anno più tardi e precisamente negli anni tra il 1955 e il 1956, quando, all’età di 11 - 12 anni, provai la mia prima sofferenza d’amore verso l’altro sesso , anche se in un modo di gran lunga diverso da quello di Elvis. Vediamo, quindi, perchè. Frequentavo la prima media presso un istituto distante circa sei chilometri da Apulco. Proveniente dalle scuole elementari, ove c’era un insegnante unico per tutte le materie, mi ritrovai in una scuola ove c’erano diversi docenti ciascuno dei quali insegnava una o al massimo due materie diverse. Per la prima volta mi ritrovai in una classe promiscua composta quindi di maschi e femmine. Sin da piccolo sono stato un romantico timidone e non mancava occasione, mio malgrado, di diventare rosso come un peperone ogni qualvolta venivo a trovarmi in imbarazzo. Uno di questi insegnanti era la Prof Maria Cimino, insegnante di lettere e storia. Era una donna sulla trentina, esile, dal portamento soave, un faccino simpatico e sorridente, dai modi signorili e da un incedere elegante. Insomma era di una dolcezza infinita. Quotidianamente, ad eccezione del mercoledì, avevamo una o due ore di lezioni impartite da lei. In un religioso silenzio che si veniva a creare quando c’era lei, emergeva deliziosa la sua vocina melodica, tranquilla e delicata mentre ci commentava, ad esempio, l’opera omerica “L’Iliade” dopo che ci faceva leggere a turno le varie strofe. Io mi sentivo cullato dalla sua voce vibrante e carezzevole, a volte sommessa o sussurrata, a volte squillante mentre sognavo di essere Achille. Ogni giorno ne rimanevo affascinato dal suo charme, dal suo metodo di insegnamento, per la sua chiarezza espositiva, tanto da considerare le sue materie le mie preferite. Quando arrivava il mio turno di lettura, riuscivo, senza rendermene conto, a modulare il modo di declamare i relativi versi da stupirmi io stesso. Senza contare poi gli scimmiottamenti che dovevo sopportare da parte dei miei compagni di classe, una volta fuori dalla scuola. Ma a me poco importava. Senza saperlo, mi stavo facendo coinvolgere da un non so che di speciale che quella angelica creatura riusciva a infondermi. Debbo confessare, ma con l’ovvio senno del dopo, che, rivedendo le fotografie dell’epoca, la Cimino non era affatto una bella donna. Anzi era piuttosto bruttina, ma ai miei occhi di fanciullo, ella era il sole le stelle la luna tutto il firmamento. Era insomma un angelo. E finii per innamorarmi perdutamente di quella figura celestiale. Ma avevo io l'età, mi chiedevo, di innamorarmi, per giunta, della mia insegnante?



Anche se qualche anno più tardi dovetti convenire che il mio era un amore decisamente platonico e che lei stette al gioco solo perché rientravo nella casistica. Nel frattempo avvertivo una incontrollabile agitazione per tutto il mio essere senza capire cosa fosse. Dovetti realizzare che di quella presenza io non potevo fare assolutamente a meno. Tutto ciò mi portò pertanto a considerare che non potevo permettermi di fare brutte figure, specie ai suoi occhi, quando mi interrogava. Per questo motivo, ero sempre preparato, e tutte le volte che la Prof chiedeva chi voleva essere interrogato, io ero sempre quello che alzava la mano per primo. Finii per diventare davvero bravo in italiano. Non lo ero ahimè altrettanto nelle altre materie specie la matematica. La ragione era da ricercare, com’è ovvio, nel fatto che non dedicavo molto tempo alle altre discipline quanto a quelle della Cimino. I miei straordinari colloqui con lei avvenivano esclusivamente per via telepatica specie quando avevamo un compito in classe di italiano. Che solitamente prendeva l’intera mattinata. Immagino già che mi chiediate amici cari e fedeli lettori cosa mai potesse avvenire in quelle ore. Beh, per il mio modo di vedere, succedeva davvero di tutto. Infatti, mentre tutti gli altri compagni di classe si concentravano su quel foglio di protocollo, io restavo lì ad inseguirla con il cuore e con la mente, ad osservarla con estasi, a cogliere ogni espressione del suo viso, ogni gesto, ogni movimento delle sue labbra per berne il contenuto. E quando i suoi occhi si posavano su di me, venivo letteralmente investito da un qualcosa di molto simile ad una scossa elettrica che mi costringeva ad abbassare lo sguardo, mentre diventavo rosso in viso come un pomodoro maturo. Fino a quando lei si alzava, gironzolava tra i banchi e quando si trovava nei pressi del mio, io ne avvertivo il profumo, persino il respiro per poi poterne ammirare il suo incedere sensuale ed irresistibile. E il mio cuore si trasformava in un martello pneumatico quando casualmente capitava che mi sfiorasse il gomito al suo passaggio. Dio mio, mi chiedevo, possibile che tutto questo stia succedendo proprio a me? E i battiti del mio cuore diventavano così violenti da avere il timore che mi forassero il petto. Poi, lei ritornava a sedersi scivolando con grazia, dietro la cattedra, regalandomi un sorriso da Monna Lisa. E cominciava la “conversazione” telepatica. Con la mente le parlavo, la supplicavo, la imploravo stando seduto lì, in mezzo a tante facce di cera che oramai non erano altro che fantasmi; non avevano per la mia psiche né lineamenti nè vita. Qualcosa mi induceva a credere che lei colloquiasse con me. Che il suo pensiero mi dicesse delle cose. O per lo meno avevo la sensazione che lei mi trasmettesse impulsi di cui riuscivo a coglierne l’essenza. Ebbi l’impressione che tra di noi si fosse stabilita una formidabile intesa. Intanto si era giunti all’ultima ora e il mio foglio di protocollo era ancora bianco. Senza farmi prendere dal panico, rileggevo più volte la traccia (anche se qualche idea me la ero già fatta durante la sua trascrizione) e, riuscito a configurarne lo sviluppo, ci mettevo poco, anzi meno di poco a completarlo. E qualche volta mi capitava di consegnarlo direttamente in bella copia. Non so come, non so perché, riuscivo comunque tutte le volte a fare un compito mediocre a cui mi veniva dato sistematicamente un sei o un sei e mezzo che io sapevo di non meritare affatto. Una volta mi mise otto, e volle che lo leggessi addirittura in classe, con mia grande sorpresa ma anche con malcelato imbarazzo. Intanto i giorni passavano e non erano mai abbastanza lunghi per il mio spasmodico desiderio di lei. Ma lo strano era che non divenne mai un’abitudine. Anzi. Ogni giorno era come se fosse la prima volta. Col passar dei giorni e dei mesi diventai più temerario. Quasi tutte le mattine, prima che lei giungesse in classe, senza farmi accorgere da nessuno, inserivo una dedica, una poesia, una riflessione dedicate a lei scritta su un foglio di carta che ponevo, senza farmi notare dai compagni di classe all’interno del sottomano. Non m’importava un accidente delle conseguenze. Lo volevo fare e basta. Certo, quando osai la prima volta, per me fu sconvolgente dato che dovetti seguire in diretta il ritrovamento della mia prima poesia. Sapevo che la Prof tutte le mattine, una volta sedutasi, apriva il sottomano per prendere un foglio su cui scriveva alcuni appunti. Quella mattina fece esattamente quello che ho appena descritto. Entrò in classe, il capoclasse bum bum bum diede il “ritti”, lei si diresse verso la cattedra e nell’attimo bum bum bum di sedersi fece cenno al capoclasse di farci sedere. Subito dopo la Prof bum bum bum alzò la cartella bum bum bum bum strinse le palpebre, si aggiustò bum bum bum le lenti mentre puntava qualcosa sotto la cartella bum bum bum mosse il capo bum bum bum trasversalmente, tirò bum bum bum il foglio bum bum bum fuori dalla cartella, lo sollevò a mezz’aria bum bum bum e incominciò a scrutarne il contenuto bum bum bum. Il mio povero cuore era ormai impazzito.



Il suo viso rimase senza espressione per tutto il tempo. Né disse una sola parola. Poi, improvvisamente, il mio cuore mi sembrò che si fosse fermato dal momento che non avvertivo più i battiti, mentre ero lì ad osservarla – un cencio doveva essere il mio viso - in attesa della sentenza. Terminata la tacita lettura, accennò semplicemente ad un sorriso e ripose il foglio nella cartella. Non successe nulla. Tranne che a me. Ero allucinato e del tutto svuotato. Quella mattina, ricordo, non proferii una sola parola tanto che il mio compagno di banco dovette chiedermi se stavo bene. Stetti nel frattempo attento a seguire le mosse della Cimino prima che lei lasciasse la classe. Finalmente, a fine lezione, prese il foglio dalla cartella, lo infilò con nonchalance nella sua borsetta ed uscì. Solo allora mi risvegliai dal mio torpore e mi chiesi cosa sarebbe successo l’indomani. (continua). Gondar.

Ultima Modifica di Gondar : 19-01-2008 14:10
Rispondi Citando
  #2  
Vecchio 07-01-2008, 19:47
deliziosa deliziosa Non in Linea
Elvis Golden Fans
 
Data Registrazione: 09 2007
Messaggi: 1.290
Predefinito Re: Elvis: l’Extra Terrestre

Quote:
Gondar Visualizza Messaggio
Il mio primo grande amore.


Ciao di nuovo caro Gondar...come sempre hai il dono di incantare chi legge ciò che scrivi...che tenera questa storia!!! La tua prima cotta!!! Wow mica male per un ragazzino!!! Fin da piccolo era evidente quanto fossi romantico e sentimentale...complimenti!
Certo che la Prof Maria Cimino è stata proprio fortunata!!! Penso che sia bello sapere che sentimenti così puri e profondi provengano da un cuore di un fanciullo...io ne sarei lusingata e al tempo stesso intenerita...
Poi Gondarino...alla fine la tua poesia l'ha conservata nella sua borsetta...quindi l'avrà più che gradita!!!
Ti stiamo facendo troppi complimenti? Ma caro Gondar...tutto ciò che racconti è molto bello e coinvolgente!!! Soprattutto perché tutti i tuoi racconti sono ricchi di emozioni...non ti fermare mai Gondar!!! Ciao!!!
Rispondi Citando
  #3  
Vecchio 07-01-2008, 22:40
Gondar Gondar Non in Linea
Elvis Super Fans
| over 300 |
 
Data Registrazione: 04 2007
Messaggi: 610
Ge729 Re: Elvis Presley: l’Extra Terrestre

Il mio primo grande amore.
(Parte 2^)

L’indomani non successe nulla. E neanche il giorno successivo. Neppure nei giorni e nelle settimane a venire. Un paio di cosette mi confortarono. Una era che nessuno seppe mai niente e l’altra era che la Prof fece sempre finta di nulla, né cercò in alcun modo di avvicinarmi. Si comportò come si era sempre comportata. Cioè con deferente indifferenza, come se non avesse mai letta quella poesia anche se in sostanza era una dichiarazione d’amore. E questo mi fece un gran male al cuore. Ma non disperai, sebbene furono tante le notti che non riuscii a chiudere occhio pensando a quella creatura troppo avanti negli anni rispetto a me. E quando dormivo, varie sono state le volte che l’ho sognata in atteggiamenti intimi ma mai osceni. Voglio dire che sognavo che mi accarezzava i capelli, con dolcezza, e che mi baciava sulla bocca, teneramente, come avevo molte volte visto fare in numerosi film.



E fu proprio con l’immagine di lei che scoprii il sesso, che incominciai ad esaminare a fondo i cambiamenti del mio corpo, soffermandomi su alcune parti sino ad allora ritenute proibite. In casa non si era mai parlato di sesso, in quanto era considerato vergogna, oscenità. Era insomma tabù. Ma penso che ancora oggi sia ancora un po’ così, almeno dalle mie parti. Sono, perciò, cose che finisci per scoprirle piano piano, e quando sei in luoghi appartati con amici, quasi per gioco. Fino a quando, incuriosito dal sentito dire, finisci per scoprirlo da te quando sei in totale solitudine, in compagnia dell’oggetto del tuo desiderio. Ed è in quella solitudine che scopri l’America . E ti rendi conto quanto importante e stupenda possa essere da quel momento in poi la tua esistenza. Solo che hai bisogno di tempo, di più tempo per capire a pieno che quella meravigliosa condizione puoi condividerla con un’altra persona, già, con una donna, ma non con una qualsiasi, bensì con una compagna ideale che ti aiuti a toccare il cielo con un dito. Bene, ci conviene adesso uscire da queste divagazioni anche se divagazioni non sono in quanto sono alla base della continuità della specie umana. Diamo quindi una strizzatina alle palpebre della mente e poggiamo i nostri piedi ben saldi per terra. In quella scuola ubicata a sei chilometri da Apulco. Questo mio soffermarmi sulla Prof, i cui sentimenti li ho sempre tenuti per me e mai raccontato ad alcuno, perdurò per tutte le vacanze estive. Le quali furono ben diverse dalle precedenti, nel senso che incominciai a guardarmi attorno con una nuova vitalità e ad interessarmi non tanto ai giochi con gli amici del rione, quanto alle mie coetanee, delle quali incominciai ad apprezzarne forme e rotondità. Congelando, incomprensibilmente, il mio interesse per la Prof. Con la rinascita della mia nuova condizione, cominciai a notare i miei profondi cambiamenti organici, estetici e psicologici direttamente proporzionati ai turbamenti che provavo alla vista di zone sensibili femminili appena esposte che, per tramandato pudore, dovevano invece rimanere assolutamente coperte. Per ovvi motivi voglio sorvolare sui cambiamenti organici anche perché sono stati già trattati, seppure marginalmente. Per quanto attiene l’estetica, debbo confessare che prima di allora dipendevo in linea di massima dalla volontà di mia madre, nel senso che mi obbligava quando e come dovevo lavarmi nonché quando e come dovevo vestirmi. Incominciai ad essere più esigente verso me stesso nel senso che ebbi più cura della mia persona, anche se questo significò dare delle imbarazzanti spiegazioni alla mia genitrice che, per fortuna, accondiscese con comprensione alle mie richieste. Mi lavavo pertanto più spesso rispetto a prima, anche se questo mi comportò più faticosi pendolarismi alla non proprio vicina fontanella. Il corteggiamento è il passo successivo a questo nuovo stato di cose.



E questo avveniva di domenica e nei giorni festivi. Lo si attuava passeggiando avanti e indietro, di solito con un amico più o meno fisso, lungo la strada principale della cittadina che nei predetti giorni veniva interdetta all’uso dei mezzi di trasporto. A questo proposito, debbo dire che per mezzi di trasporto nel 1956-58 si intendono autobus, macchine per trasporto di più persone ma anche traini agricoli trasportati da muli, carretti a mano e quant’altro. Si adocchiavano, quindi, un paio di ragazzine assolutamente piacenti, stabilita a priori la reciproca selezione, e via ad inseguirle modulandoci con il loro stesso passo. Il mio amico ed io ci sorprendevamo ogni volta di più circa le nostre capacità di aggancio discutendo stando dietro di loro, con un timbro di voce tale da essere uditi, di varie banalità tutte mirate alla conquista della rispettiva “Venere”. Soffermiamoci su uno dei tanti approcci e di cui ho ancora viva memoria, anche se riferito a qualche episodio accaduto qualche anno più tardi nelle medesime circostanze. I retro dialoghi furono più o meno questi: “Hai visto Nicola, che le abbiamo ritrovate queste due bambole? Te lo dicevo io di non disperare”. “Si Gondar, in effetti, ero piuttosto pessimista, ma ora, ringraziando il cielo, sono qui davanti a noi”. “Che sogno di ragazze, potevi mai sperare di più?”. “Pensa te, stavo per dirti di tornarcene a casa, tanto la serata poteva considerarsi conclusa. Meno male che mi hai convinto a restare”. “Senti Nicola, loro sanno i nostri nomi, ma tu hai idea come si possano chiamare?”. “Io penso sia sufficiente chiederglielo. Non ci sarebbe alcun male se ci dicessero come si chiamano. Almeno questa notte, al momento di addormentarci, potremo pensare a loro chiamandole per nome”. “E’ un’ottima osservazione, Nicola, sarebbe bello. Pensa, sarebbe ancora più bello poterci addormentare immaginando che anche loro si addormentassero con i nostri nomi. Non sarebbe fantastico?”. “Allora, gentili fanciulle, ci dite, vi prego, i vostri nomi? Io mi chiamo Gondar ed il mio amico si chiama Nicola”. Dopo un breve concitato dialogo sottovoce tra le due, finalmente la prima ci accontentò dicendo “Io sono Maria”. “Io sono Rosalba” le fece eco l’altra. Rotto il ghiaccio, ci affiancammo, felici, ai rispettivi lati e giù a parlare, a dire, a discorrere, ad esporre, a conversare, a cincischiare, a concionare. Tutto questo, nella lingua italiana o pseudo tale appena appresa tra i banchi di scuola. Debbo dire che questa lingua ancora “sconosciuta” faceva presa, addomesticava, affascinava, ammaliava, incantava, confondeva. Insomma era come quell’apriti Sesamo dei famosi quaranta ladroni. Funzionava. Ed il bello è che le parole uscivano dalle nostre labbra come un fiume in piena, in giusta sintonia con il ritmo forsennato del battito cardiaco che lavorava a più non posso. Intanto l’estate stava finendo e l’apertura delle scuole era ormai prossima. E l’incontro con il mitico personaggio Elvis Presley era anch’egli sulla soglia dei miei occhi. (continua)

Gondar.

Ultima Modifica di Gondar : 14-01-2008 09:58
Rispondi Citando
  #4  
Vecchio 13-01-2008, 21:37
Gondar Gondar Non in Linea
Elvis Super Fans
| over 300 |
 
Data Registrazione: 04 2007
Messaggi: 610
Predefinito Re: Elvis Presley: l’Extra Terrestre

Il primo amore di Elvis
(2^ parte)

(1^ Parte a pag 18 post.n. 177)

Tutti i timori e le trepidazioni di Elvis ebbero termine, come già ampiamente descritto dalla stessa Dixie, con il tanto atteso incontro della sera prima alla pista di pattinaggio del “Rainbow Rollerdrome” di Memphis. Rientrò a casa quella fredda domenica notte quando si erano fatte le 1,30 del mattino. Elvis non prese facilmente sonno quella notte pensando alla sua Dixie, a quanto fosse bella, per come era stata affettuosa, carina e deliziosa in quel primo fantastico incontro e di quanto ella si dimostrasse ben disposta ad ascoltarlo. E quel che gli fece emettere un sospiro di sollievo e di gratitudine fu che ella pendesse completamente dalle sue labbra. Gli piaceva, inoltre, quel suo sguardo arrendevole , quel sorriso luminoso, quel suo modo di entusiasmarsi, quel modo di approcciarsi, di stringersi e di offrirsi a lui.
E poi quella bocca voluttuosa modellata a forma di cuore che gli faceva venire una voglia indicibile di coprirla di baci, di carezze, di succhiarne l’essenza per abbandonarsi poi alle innocenti trepidazioni di lei. “Oh Dio mio”, si chiedeva, “se questo è l’amore, fa’ che io possa affogare in questo dolce sentimento e per l'immensa felicità che mi pervade”. E finalmente a notte fonda si addormentò cullato dalla mano di Cupido. Il mattino si svegliò quando erano ormai le 11,30. Nonostante mamma e papà avessero fatto di tutto per non svegliarlo quando uscirono per recarsi a messa, Elvis era ormai già sveglio, realizzando che non faceva più in tempo a recarvici anche lui. Nonostante sapesse che era già pronta la colazione preparata con amore dalla cara mamma, Elvis volle indugiare mettendosi a sedere al lato del letto. Senza accorgersene e con un movimento meccanico, imbracciò la chitarra e si mise ad accarezzarne le forme, facendo scivolare la mano destra sulle sue curve, mentre le dita dell’altra si appuntarono sulle corde producendo nel silenzio della stanza un sottofondo musicale di meravigliosi accordi dettati da un cuore colmo d’amore. Era praticamente in estasi quella fredda domenica mattina di gennaio. Con la visione di Dixie nella mente, si mise a cantare il brano “Little Girl Blue” che aveva sentito diverse volte dalla famosa cantante Jony James, che lui adorava e le cui parole gli erano rimaste impresse, e che gli venne quasi automaticamente di eseguirla. Ascoltando Joni, sforziamoci di immaginare come l'avrebbe eseguito Elvis.





Era talmente preso da tali sentimenti che dimenticò di fare colazione. Rimediò subito versando del latte in una tazza e lo bevve tutta d’un fiato, tornando a sedersi sul suo letto. “Chissà cosa avrà pensato Dixie” si chiese Elvis, “non vedendomi a messa questa mattina”. Un improvviso pensiero lo assalì e, dopo aver guardato l’orologio che segnava le 12,15, si precipitò al telefono e chiamò la zia di Dixie, dato che la famiglia Locke non aveva il telefono. I Presley invece si erano fatto installare l’apparecchio telefonico qualche mese prima e da allora tutto sembrò molto più semplice risolvere taluni problemi. Gli rispose appunto la zia di Dixie che si mise a chiamarla bussando alla porta accanto. Dixie si precipitò all’apparecchio scrollandosi di dosso tutti i timori che l’avevano sino a quel momento pervasa e la delusione provata non avendolo visto in chiesa. Senza rendersene conto, stettero oltre mezz’ora a parlare sottovoce dichiarando reciprocamente tutto l’amore che provavano l’uno verso l’altra. Nel notare sua mamma Gladys entrare in casa, mentre suo padre Vernon si era fermato a parlare con un suo amico all’uscita dalla chiesa, Elvis credette opportuno salutare con una certa apprensione la sua amata, non prima di essersi assicurato che si sarebbero visti in serata per andare a cinema. Appoggiò il telefono sulla cornetta e, mentre rifletteva sul fatto che era giunto il momento di informare sua madre circa gli ultimi accadimenti, andò ad abbracciarla con il solito slancio. Gladys, intercettando il pensiero di suo figlio, gli chiese con dolcezza: “Sei rientrato piuttosto tardi questa notte, El, non ho chiuso occhio fino al tuo rientro. C’è qualcosa che mi devi dire a proposito?”. “Oh, sì, mamma”, rispose con eccitazione suo figlio. “Sai, ieri sera sono stato in compagnia di una ragazza che ho conosciuto al corso sullo studio della Bibbia. Forse questa volta ho trovato la ragazza che fa per me e sono sicuro che ti piacerà”. “L’avevo immaginato sin da ieri” gli fece eco la madre, “quando ti ho visto lustrare la macchina come tu non avevi mai fatto prima. E poi sei stato in silenzio per tutta la giornata, senza contare che prima di uscire ieri sera avrai cambiato “look” due o tre volte e dedicato tanto di quel tempo per metterti a posto quei tuoi capelli. A parte questo, sai bene quanto io desideri che ti trovi una brava ragazza. A proposito, El, come si chiama?”. “Si chiama Dixie. Dixie Locke, e non abita tanto lontano da noi. Comunque, mamma, non mi va che tu mi stia a controllare in ogni momento. Non sono più un bambino e so badare come si conviene a me stesso”. “Vabbè’ come vuoi”, rispose imbronciata Gladys, “se ti dà tanto fastidio, vorrà dire che d’ora in poi guarderò da tutt’altra parte” e gli girò le spalle, ritenendosi offesa. “Ma no, mamma, che hai capito”, riprese Elvis molto preoccupato ed amareggiato per averle procurato dolore e stringendola a sé le sussurrò “su, non ti crucciare e se puoi scusami. Tu puoi badare a me come hai sempre fatto, solo che a volte vorrei che tu ti renda conto che ormai sono grande. Che sono insomma un uomo, mamma” e la baciò teneramente sul collo. Gladys, ripresasi dal breve rincrescimento, lo guardò negli occhi e riprese domandando: “Quando pensi di presentarla a me e a tuo padre? Sai, tuo padre ti vuole bene forse più di me, ci tiene molto a te anche se non te lo dà molto a vedere. Quando non ci sei, non fa che parlarmi di te, del tuo nuovo lavoro, se ne sei contento. Poi debbo confessarti e, bada bene che questo che ciò sto per dirti deve rimanere un segreto fra me e te, a lui dispiace molto che tu debba dare tutta la paga a noi ed essere l’unico in questo momento a provvedere al nostro fabbisogno e si dispera per il fatto che non possa lavorare per questi benedetti dolori che ha alla schiena. Spero che tutto questo finisca presto, figlio mio”. E si sedette al tavolo reggendosi la fronte con una mano. “Ascolta, mamma”, fece Elvis sedendole accanto “è meglio chiarire una cosa una volta per tutte. Io sto bene, non mi manca nulla. Dalla paga settimanale mi trattengo un dollaro e mezzo e, credimi, mi bastano e mi avanzano pure parecchi centesimi. E poi, se certi miei progetti dovessero andare per il verso giusto, tutti questi sacrifici avranno termine, te lo giuro mamma”. Gladys considerò: “Tu sogna quanto vuoi, figlio mio, ma se questi sogni dovessero significare la messa in atto di cattive azioni, ricordati che perderesti per sempre me e tuo padre, senza contare che mi faresti sanguinare il cuore”. Elvis precisò: “No, Love, non giocare sulle mie parole, ho parlato di progetti leciti, anche se difficili da perseguire, e non di quelle brutte cose che stai pensando, mamma. Lo sai che non ne sarei mai capace. Stai tranquilla ed abbi solo fiducia, esattamente come hai sempre fatto sino ad ora”. Arrivato nel frattempo papà Vernon, Elvis lo salutò e si misero a tavola e, dopo aver tutti e tre in piedi proferito la preghiera di ringraziamento al Signore, consumarono il solito essenziale pasto domenicale. Il pomeriggio, dopo aver dato un’ultima lustratina alla sua Lincoln, si sedette con la chitarra nel cabinato della vettura e si mise a strimpellare un gioioso motivo di Eddy Arnold, uno dei suoi cantanti preferiti, molto in tema alla sua trepidazione dato che non vedeva l’ora di poter incontrare la sua dolce Dixie. Ascoltando Arnold immaginiamo come l’avrebbe eseguito il futuro mito.





Si erano fatte le 17,00. Chiuse la portiere della Lincoln, si precipitò in bagno ad imbellettarsi avendo particolare cura nel distribuire tra i suoi capelli ribelli due ed anche tre tipi di olio vegetale indispensabili per tenerli raccolti come piaceva a lui, per poi pettinarli ripetutamente. Doveva essere più che mai presentabile agli occhi della sua bella Dixie Locke. Terminato l’inevitabile ma indispensabile rituale, dopo essersi dato un’ultima accurata occhiata nello specchio, si proiettò nella macchina e si dileguò nell’oscurità della sera al grido di “sto arrivando, dolcissimo amore mio”. (Continua).


Gondar.

Ultima Modifica di Gondar : 14-01-2008 10:01
Rispondi Citando
  #5  
Vecchio 13-01-2008, 22:21
wonderofyou wonderofyou Non in Linea
Elvis Big Fans
| over 300 |
 
Data Registrazione: 09 2007
Locazione: Roma
Messaggi: 482
Predefinito Re: Elvis: l’Extra Terrestre

WOWW Gondar, sei proprio un poeta!!! Grazie!!!Comincia bene quest'anno nuovo!!!Continua, ti prego.
Rispondi Citando
  #6  
Vecchio 14-01-2008, 10:07
Gondar Gondar Non in Linea
Elvis Super Fans
| over 300 |
 
Data Registrazione: 04 2007
Messaggi: 610
Predefinito Re: Elvis: l’Extra Terrestre

Quote:
wonderofyou Visualizza Messaggio
WOWW Gondar, sei proprio un poeta!!! Grazie!!!Comincia bene quest'anno nuovo!!!Continua, ti prego.
Ne avevo davvero bisogno. Grazie, Wonder cara. Gondar.
Rispondi Citando
  #7  
Vecchio 15-01-2008, 13:10
L'avatar di  crispi
crispi crispi Non in Linea
Utenti Bannati
| over 300 |
 
Data Registrazione: 11 2007
Locazione: milano
Messaggi: 752
Predefinito Re: Elvis: l’Extra Terrestre

Bravo Gondar!!!!!!!!!!
Finalmente il racconto continua!!!!!!

Non posso fare altro che spronarti sempre nel continuare a scrivere perchè ormai questo topic è diventato per me tappa fissa!!!
Sicura di trovare sempre un bellissimo racconto che a volte mi emoziona così tanto che non nego che perdo qualche lacrimuccia.
P.S. grazie di avermi suggerito il copia, incolla... io non ci avevo mai pensato!!!
Aspettando il seguito... ti faccio ancora i miei più sinceri complimenti!!! E ricorda c'è una ragazza al di qua dello schermo sempre ansiosa di leggere i tuoi bellissimi racconti. Ciao. Crispi.
Rispondi Citando
  #8  
Vecchio 15-01-2008, 16:25
deliziosa deliziosa Non in Linea
Elvis Golden Fans
 
Data Registrazione: 09 2007
Messaggi: 1.290
Predefinito Re: Elvis Presley: l’Extra Terrestre

Quote:
Gondar Visualizza Messaggio
Elvis non prese facilmente sonno quella notte pensando alla sua Dixie, a quanto fosse bella, per come era stata affettuosa, carina e deliziosa in quel primo fantastico incontro e di quanto ella si dimostrasse ben disposta ad ascoltarlo. E quel che gli fece emettere un sospiro di sollievo e di gratitudine fu che ella pendesse completamente dalle sue labbra. Gli piaceva, inoltre, quel suo sguardo arrendevole , quel sorriso luminoso, quel suo modo di entusiasmarsi, quel modo di approcciarsi, di stringersi e di offrirsi a lui.
E poi quella bocca voluttuosa modellata a forma di cuore che gli faceva venire una voglia indicibile di coprirla di baci, di carezze, di succhiarne l’essenza per abbandonarsi poi alle innocenti trepidazioni di lei. “Oh Dio mio”, si chiedeva, “se questo è l’amore, fa’ che io possa affogare in questo dolce sentimento e per l'immensa felicità che mi pervade”.


Gondar.

Carissimo Gondar...qua c'è davvero da rabbrividire...di passione!!!
Rispondi Citando
Rispondi

Bookmarks

Strumenti Discussione
Modalità Visualizzazione

Regole di scrittura
You may not post new threads
You may not post replies
You may not post attachments
You may not edit your posts

BB code is Attivo
Smilies è Attivo
[IMG] il codice è Attivo
Il codice HTML è Disattivato

Vai al Forum


Tutti gli Orari sono GMT +1. Attualmente sono le 07:49.


Powered by keyBoard versione 3.8.6
Copyright ©2000 - 2025, Assiplan.italia!