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Vecchio 16-08-2008, 05:27
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KATHY WESTMORELAND - Dal libro "Elvis and Kathy" di Kathy Westmoreland (pubb. 1987)

Quando presi l’aereo per andare al suo prossimo concerto, a Los Angeles pioveva.
Quando arrivai, c’erano già circa 10 musicisti e due membri delle Sweet Inspirations e come al solito, ci saremmo dovuti fermare ancora una volta a Las Vegas per prendere altri membri della band, prima di proseguire per Portland, Maine e unirci al resto della troupe.
Eravamo eccitati e l’entusiasmo era dato dall’essere nuovamente in tour.
Dopo tutto, avevo cantato con Elvis per sette anni e avevamo fatto migliaia e migliaia di miglia, ma era sempre bello rivedere il gruppo. Non c’è dubbio che eravamo tutti veterani di Elvis Presley e che avevamo passato molte cose insieme.
Dal momento che tutti sapevano che avevamo avuto una relazione intima e che lui, quando era giù di morale, mi telefonata di giorno e di notte, è comprensibile che qualcuno sull’aereo mi abbia chiesto “Come sta Elvis?”
Tutti sapevano che era ammalato e che ogni concerto lo portava ad essere esausto.
Non volli dire niente a nessuno, ma dentro di me, ero sorpresa che avremmo fatto questo concerto a Portland, Maine. Visto il peggioramento della sua salute e il modo in cui mi aveva parlato l’ultima volta che eravamo stati insieme, un mese prima, pensai che i suoi tours erano alla fine, tanto che la sera prima, dissi a mia sorella “Non meravigliarti se un giorno tornerò a casa”.
Ricordo che in aereo mi addormentai e che mi svegliai per capire dove stavamo atterrando. Non riuscivo a credere che fossimo già arrivati a Portland. E infatti non eravamo a Portland.
Dopo l’atterraggio tutti uscimmo per prendere una boccata d’aria fresca e stiracchiare i muscoli. Pensai che qualcosa non funzionava sull’aereo e se solo mi avessero detto che il pilota aveva ricevuto l’ordine di chiamare Memphis, avrei capito subito qual’era problema.
Era una bella giornata limpida, luminosa e ventilata. Tutto era successo così rapidamente che io ero ancora mezza addormentata e non riuscivo a pensare in modo razionale. Marthy uscì dal terminal e venne verso di noi.
”Venite tutti vicino, ho qualcosa da dirvi” disse
Tutti ci avvicinammo lentamente a Marthy e poi, con una voce sommessa, ma chiara disse: “Elvis è morto questa mattina. Dobbiamo tornare a Las Vegas e Los Angeles subito!”
Immediatamente mi sentii intontita e prosciugata di tutte le energie.
Dopo tutti quegli anni assieme, Elvis se n’era andato dalla mia vita e nonostante sapessi da mesi che la fine era vicina, fu uno shock sentire che era successo veramente.
I miei sentimenti erano misti: il sollievo che Elvis non avrebbe più sofferto unito a il mio senso della perdita che andava oltre le lacrime.
Infatti sono passati anni prima che sia riuscita a piangere veramente per la più grossa perdita della mia vita.
Il mio amico, il mio adorabile giocherellone, l’impareggiabile Elvis era morto!!
Ancora oggi mi è difficile crederci!!

In qualche modo raggiunsi il mio posto e iniziai a ricordare. Ricordai ogni momento. Ricordai in modo da riuscire a seppellire quei giorni meravigliosi per sempre e non riviverli più.
Volevo far allontanare il dolore e la devastazione che provavo, ma naturalmente non avvenne. Durante tutto quel viaggio da incubo per tornare a Los Angeles, la mia mente mi riportò verso tutti gli anni passati assieme.
Il mio dispiacere era talmente profondo che il mio cuore si rifiutava di alleviarne il peso attraverso le lacrime.

Sentii l’aereo che iniziava l’atterraggio e improvvisamente mi svegliai dal mio lungo sogno ad occhi aperti. Eravamo tornati a Las Vegas e sentivo un bisogno disperato di aria.
Dissi al comico Jackie Kahane che volevo uscire dall’aereo per un attimo. “No Kathy non puoi farlo. L’aeroporto è pieno di giornalisti che stanno solo aspettando di beccare qualcuno di noi. Penso sia meglio tu stia qui”
L’ultima cosa che volevo era parlare con la stampa, così rimasi dov’ero e subito dopo partimmo per Los Angeles.
Non so come, ma qualcuno aveva chiamato casa mia e Colette Doty era venuta a prendermi all’aeroporto.
Evitando i reporters in entrambi gli aeroporti mi fece ricordare cosa avevo risposto a qualcuno a Pueblo, quando, dopo aver saputo che Elvis era morto, disse “E’ finita” “No” gli risposi ”Non è ancora finita. Questa non è la fine”. E si può dire non è finita nemmeno oggi.
Durante il tragitto verso casa, pensai all’ultima telefonata che avevo ricevuto da Elvis.
Ricordo che dissi: “Perché un altro tour? Perché non riposi invece? Sei ammalato, Elvis e, per un po’, dovresti fare a meno di lavorare”
“Non posso Kathy. Non posso fermarmi adesso. Il Colonnello deve un sacco di soldi per debiti di gioco e se io non lavoro, alcuni ragazzi si troverebbe in difficoltà economiche. Hanno famiglia. Lo sai che ho 300 persone che dipendono da me”.
Quello che, solo pochi giorni prima, sembrava così importante per Elvis, certamente adesso non era importante. Poi però dovevo ammettere che sapevo quanto Elvis non riuscisse a stare a casa, aspettando che passassero i giorni.
Lui doveva sempre sapere che tenersi pronto per partire in luoghi dove avrebbe potuto toccare i suoi fans, cantare e intrattenere.
Per Elvis stare a casa sarebbe stata un altro genere di morte, un genere che lui non riusciva a sopportare.

Ora l’aereo si stava preparando per atterrare a Memphis. Quante volte avevo fatto questo viaggio, quante volte ero stata in questo stesso aeroporto? Non si potevano contare. Non aveva così tanta importanza, era solo un modo per evitare di pensare ad altre cose. Questo era il giorno che più avevo temuto.
All’aeroporto venne a prendermi il Dr. Nick. Ci abbracciammo ed entrambi avevamo le lacrime agli occhi.
Ci mettemmo due ore per arrivare a Graceland.
C’erano fans dappertutto, tutti in lacrime e tutti volevano avvicinare chiunque di noi cercasse di attraversare il cancello, alcuni pregavano e altri stavano fermi, sconcertati e tristi.
Naturalmente la macchina nera del bussiness era già partita: c’era chi vendeva ciondoli di Elvis, chi magliette, chi adesivi per le macchine.
I furgoni per la distribuzione dei gelati erano in fermente attività per saziare gli stomaci vuoti.
La notte prima del funerale, c’eravamo tutti, famiglia e amici.
Quando arrivai a Graceland, Priscilla fu una delle prime a salutarmi, così come J.D. che, abitando a Nashville, era già arrivato.
Priscilla mi abbracciò e poi prendendomi il braccio disse “Canterai al servizio funebre, vero?”
Era la prima volta che sentivo una cosa simile e dissi “No, non io”
J.D. mi venne vicino “Devi cantare tu, Kathy. Vernon mi ha detto che Elvis aveva chiesto di cantare Heavnely Father. E lo devi fare tu. Vernon vuole che sia tu”
Poi Priscilla guardò verso di me e disse “Ti prego fallo per noi” .
Mi resi conto che stavo accettando, chiedendomi, allo stesso tempo, come avrei fatto ad affrontare un simile travaglio.
Priscilla mi propose di farmi accompagnare da qualcuno per andare a vedere Elvis. Probabilmente pensava che io avrei potuto svenire o cose simili. Ma fece bene a preoccuparsi che non fossi sola, perché Vernon era distrutto e girava per casa piangendo e borbottando “Elvis, ragazzo mio, il mio ragazzo è morto. Se n’è andato!”
Con grande esitazione e il cuore pesante, mi avvicinai alla bara. Mi fermai un attimo per chiedere a Dio di darmi forza e poi guardai Elvis.
Aveva un vestito bianco, una camicia blu indaco e una cravatta bianca.
Al dito aveva l’anello con le lettere “TCB”. L’anello gli fu tolto prima della sepoltura, ma mi piaceva l’idea che tutti glielo potessero vedere al dito.
Charlie Hodge e Larry Geller gli avevano fatto i capelli e l’avevano truccato, per la sua ultima esposizione al pubblico. Mentre lavoravano sul corpo, Charlie aveva detto “E’ magro, adesso” L’eccesso di acqua aveva abbandonato il suo corpo e questo dimostra che Elvis non era grasso.
Trattenni disperatamente le lacrime, rimandandole indietro, mentre il dolore che avevo al petto quasi mi paralizzata.
Charlie arrivò vicino a me e accarezzando i capelli di Elvis disse: “E’ vero che è bello……. non soffre più…… non è più grasso.”
Io continuavo ad accarezzare le mani di Elvis, che avevano perso il gonfiore provocato dall’acqua e sembravano quelle che avevo conosciuto tanti mesi prima, perché, dopo tanto tempo, riuscivo di nuovo a vedere le ossa delle sue dita.
Charlie mi abbracciò e disse: “Nonostante tutte le relazioni che ha avuto, so che ti voleva bene, Kathy”

Mi è tuttora difficile spiegare alla gente che una parte di me è morta con Elvis.
Elvis era molto di più di un grande musicista e intrattenitore, molto più di un altro Valentino e molto di più di un uomo gentile e generoso.
Per me è stato molto di più di un amante. Certamente tra noi ci furono momenti difficili, ma in quei sette anni avevo imparato a capirlo. Ed era diventato qualcosa di più profondo dell’attrazione fisica.
Guardavamo alla vita allo stesso modo. Condividevamo il nostro senso dello humor. Eravamo cresciuti capendoci l’un l’altro ad un livello che va oltre la capacità o il bisogno di mettere insieme delle parole.
Elvis non era un fratello, era il mio compagno dell’anima e nonostante mi mancherà per il resto della mia vita, credo che ora sia vicino a Dio e ha trovato tutte le risposte a quelle sue GRANDI domande.
Ovunque sia Elvis Presley, posso assicurarVi che lì c’è una musica gloriosa.
Ricordo ancora la sua voce come fosse ieri, mentre mi dice :”Kathy, quando e dove ci incontreremo ancora, sarà molto più bello di quello che noi abbiamo immaginato su questa terra.”
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Vecchio 16-08-2008, 05:31
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IL COLONNELLO PARKER


Dal Libro “The Colonel” di Alanna Nash (pubb. 2003)

Non appena il Dr. Nick lasciò l’ospedale, Joe chiese a Maurice Elliott di avere una linea privata. Elliot lo portò in una sala conferenze, fuori dal pronto soccorso. Lì Esposito chiamò il Colonnello in Maine. Rispose George Parkhill e passò la cornetta al suo capo.
“Ho qualcosa di terribile da dirti” iniziò Joe, con una voce tremante “Elvis è morto!”
Passarono 30 secondi, forse di più, prima che Parker parlasse.
“Okay, Joe” disse, con una voce piatta, priva di emozione. “Saremo lì appena possibile. Tu fai quello che devi fare. Dì a Vernon che stiamo arrivando. Abbiamo molto lavoro da fare!”
Esposito ebbe la sensazione che nonostante la calma il Colonnello era scosso. “come me” scrisse Joe in seguito “anche lui doveva fare tutto quello che c’era da fare: cancellare il tour e far sapere a tutti che tutto era finito”

Quella sera, tutta la squadra sarebbe andata a cena come programmato, anche se nessuno se la sentiva di mangiare.
Parker ordinò “Andremo a portare il nostro rispetto e lo faremo con la miglior faccia possibile”

Non appena Parker veniva interpellato da qualcuno, rispondeva “Elvis non è morto. Quello che è morto è il suo corpo . E’ come se fosse partito per il servizio militare……. Questo non cambia niente.”

Non essendo autorizzato, il Colonnello non fece alcun tipo di negoziazione, se non dopo essere arrivato a Memphis per il servizio funebre, insieme a celebrità come Ann-Margret e suo marito Roger Smith, James Brown e Caroline Kennedy, quest’ultima venuta per scrivere un articolo per il Daily News di New York.
Mentre gli elicotteri giravano sopra Graceland e si sentiva il forte ronzio dello stridio delle cicale nell’umidità di Memphis, Parker portò Vernon nel tinello di Graceland.
Privatamente gli spiegò che, in memoria di Elvis, ora si sarebbero presentati ad incassare pirati e sciacalli, e che lui, Vernon, in qualità di esecutore dei beni di Elvis, non sarebbe stato nelle condizioni psicologiche ed emotive per trattare con loro, soprattutto perché in testa aveva altre cose di cui preoccuparsi.
La proprietà poteva essere valutata 7.6 milioni di dollari, tasse escluse e, negli ultimi tempi, Elvis aveva l’abitudine di ipotecare Graceland, per poter pagare i dipendenti.
Non era opportuno continuare il business come sempre?
Il Colonnello avrebbe anticipato un milione di dollari per pagare i debiti e così fare in modo di dimostrare che Elvis aveva dei soldi, nel suo conto

Inoltre “Elvis non è morto! E’ morto il suo corpo” disse Parker e questo l’avrebbe ripetuto per giorni, ogni qualvolta veniva avvicinato da qualche giornalista “Non intendo niente di particolare. E’ come quando si è allontanato per assolvere il servizio militare………… Questo non cambia niente”.

Il Colonnello continuò con la gestione della memoria di Presley e il 23 agosto, Vernon firmò la lettera ufficiale (si sospetta sia stata redatta dallo stesso Parker) in cui presumibilmente Vernon scrisse
Sono profondamente grato che lei mi abbia offerto la possibilità di continuare alla vecchia maniera, dandomi assistenza in ogni modo possibile, visti i problemi che stiamo affrontando. Con la presente dichiaro che Le saremmo grati se vorrà continuare la sua collaborazione nei termini e alle stesse condizioni stabilite precedentemente nell’accordo contrattuale che aveva con Elvis e datato 22 gennaio 1976.
Con la presente autorizzo anche che lei parli e firmi per mio conto, per tutti gli argomenti pertinenti a detto contratto”.


LOANNE PARKER – Compagna del Col. Tom Parker

Il giorno in cui Elvis morì, il Colonnello e la sua squadra erano a Portland, in attesa dell’arrivo di Elvis. Io ero nella mia stanza e facevo qualche lavoretto. Il Colonnello era nella sua stanza. Normalmente avevamo una suite e usavamo la sala da pranzo come ufficio temporaneo. Dopo aver bussato, il Colonnello entrò nella mia stanza e vidi che era stravolto e disse “Ci sono brutte notizie. Ho ricevuto una telefonata e mi hanno detto che non sono sicuri che Elvis sopravviverà. Ti terrò informata” e poi tornò nel suo ufficio.
Naturalmente io ero scioccata, perché, a dire la verità, non avremmo mai pensato che Elvis potesse morire. Per noi, era diventato quasi più grande della vita e lui stesso pensava di essere capace di gestire ogni cosa. Guardandosi indietro, voi potreste anche dire che da parte nostra non era una cosa intelligente da pensare, Ma voi avreste dovuto essere là, avreste dovuto sentire l’impatto emozionale che si sentiva nei tours. Avreste capito che ogni momento era legato a quello di cui Elvis aveva bisogno e a quanto noi dovevamo fare per lui.
Io non ero così coinvolta personalmente con le sue attività personali, almeno non quanto tutto lo staff, ma dal punto di vista professionale lui occupava costantemente le nostre menti.
Improvvisamente pensare che se n’era andato era inconcepibile, non riuscivi a crederci.
Poi il Colonnello tornò e disse “Se n’è andato. Ho parlato con Joe e con Vernon. Ora la più grande preoccupazione è Vernon. Non so se ce la farà, perché si sa che la sua salute non è buona. E’ talmente distrutto. Non so cosa potrebbe capitargli”. E così fu.
Una delle cene peggiori che io abbia vissuto fu quella del giorno in cui Elvis morì. Il Colonnello disse allo staff presente “Andremo al ristorante e ceneremo. Mangeremo, senza la faccia triste. Non dovete essere depressi, nessuno dovrà sedersi e piangere. Faremo questo per Elvis. Al ristorante tutti ci guarderanno e lui deve essere orgoglioso di noi. Nessuno dovrà mangiare troppo e dovremo lasciare del cibo sul piatto e comunque dobbiamo mantenere l’ apparenza di una situazione normale”. E così fu, perché tutti guardavano al nostro tavolo.
Molti chiesero di poter andarsi a comprare qualche vestito perché avevamo solo i vestiti da usare nel tour, che consistevano in un abbigliamento pratico da indossare.
Ma credo fosse Tom Hullet che disse “Colonnello ho bisogno di un abito, perché non ne ho uno qui e non me la sento di andare al funerale con le cose che uso in tour”.
Allora il Colonnello rispose “Tom quei vestiti andavano bene per noi per lavorare per Elvis e vanno bene anche per essere indossati al funerale. Lui capirà. Se mi vedesse con un abito elegante non mi riconoscerebbe”.
Per questo andammo al funerale con vestiti normali, da lavoro. Io indossavo un paio calzoni, niente di più.
Il giorno dopo la morte di Elvis, sul volo diretto a Memphis, con un aereo noleggiato, c’erano anche Jerry Weintraub, Pat Kelaher, Tom Hewlett e suo nipote, George Parkhill ed io.
Eravamo tutti distrutti e il Colonnello ci fece un breve discorso (scusate se piango ma è dura ricordare) e disse: “Se n’è andato, ma noi lavoriamo ancora per lui. Ci saranno sempre Elvis e il Colonnello, fino alla mia porte. Lui ci sarà sempre per me!!
E poi aggiunse “Facciamo in modo che sia orgoglioso di noi. Quando scenderemo dall’aereo, non voglio scene. Non voglio che nessuno crolli e si faccia prendere dalle emozioni. Per rispetto a lui, voglio che facciamo il nostro lavoro, gli porgiamo il nostro omaggio e lo facciamo sentire fiero di noi”.
Spesso mi chiedono se il Colonnello lavorò con Vernon dopo la morte di Elvis e io vi dico che fu Vernon a chiedere al Colonnello di rimanere ed aiutarlo.
Penso che la testa del Colonnello era stata concentrata su Elvis per talmente tanto tempo che non poteva rifiutare una cosa simile.
Lui pensava ad Elvis in continuazione e così non si è mai fermato e ha continuato a lavorare per lui, a modo suo fino al giorno della sua morte.

Il concetto più sbagliato è che il Colonnello abbia truffato Elvis, che gli abbia fatto fare cose che non voleva fare e che lo abbia gestito male. Tutto questo non è vero.
Il Colonnello viveva per Elvis.
Non si è mai preso una vacanza perché pensava “Non potrei godermela di più di quanto mi godo adesso. Io lavoro per Elvis”

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Vecchio 16-08-2008, 05:34
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COS’Ė SUCCESSO VERAMENTE?



BILLY SMITH – dal libro “Revelations From Memphis Mafia” di Alanna Nash - (pubb. 1995)

Una delle cose che non sono mai riuscito a capire è come i giornalisti del National Enquirer, nella pubblicazione della storia, abbiano battuto nel tempo tutti gli altri giornali, perché, di fatto, l’Enquirer è venuto a conoscenza della morte di Elvis prima che venisse dato l’annuncio alla stampa e arrivarono a Graceland prima di chiunque altro.
Quando pubblicarono la foto di Elvis nella bara in prima pagina (il 6 settembre 1977), iniziammo a indagare per capire chi l’aveva scattata e come erano riusciti ad avere tutte quelle informazioni.
Dick Grob incominciò a tastare il terreno e, al tempo, a Memphis c’erano ancora una quarantina di persone che cercavano chissà cosa. Così organizzammo un bluff, facendo credere che avremmo dato all’Enquirer le informazioni che volevano, dietro un ipotetico compenso.Ma non funzionò.
Circa un mese dopo, Dick conobbe questa ragazza che era amica di uno dei giornalisti e iniziarono a parlare. Lei disse a Dick che la foto di Elvis nella bara, era stata scattata da uno dei cugini, Billy Mann, per qualcosa come $ 50.000.
Poi Dick le chiese “Come avevano potuto avere la notizia così presto?”
E lei disse “Hanno avuto una soffiata”
“Da chi” continuò Grob
“Non so dirlo con precisione”
Allora Grob le chiese “Allora dimmi una cosa. Chi hanno contattato?”
E lei “Uno dei nostri. Un certo Jim Kirk”

Così organizzammo un incontro con Jim Kirk. Lo portammo a Graceland e a andammo nel racquetball court.
Venne installato un registratore e un microfono. Dick iniziò a fargli domande, ma io riuscii a sentirne solo qualcuna, perché quella dannata acqua che scendeva dalla fontanella, disturbava il microfono. Perciò a questo punto so solo quello che mi ha raccontato Dick Grob.
A quanto pare, quando Ginger chiamò al piano di sotto, avesse già capito che Elvis era morto. Pensiamo che lei possa aver prima chiamato sua madre e discusso su cosa fare. Poi verso le 12.30 – un’ora e mezza prima che chiamasse al piano di sotto – Ginger abbia chiamato Jim Kirk, che era uno scrittore freelance, nonché collaboratore dell’Enquirer. Supponiamo anche che lo abbia chiamato due volte e trattato con lui per dare la sua storia per un compenso di $105.000.
Sia Ginger che sua madre negano tutto questo, ma so che loro conoscevano questo Jim Kirk. Sull’Enquirer sono già uscite un paio di storie su Ginger ed Elvis, ma quella volta, non sapevamo esattamente cosa sapessero e come sono venuti in possesso delle loro informazioni. Ora invece siamo quasi sicuri del perché, quel 16 agosto 1977, l’Enquirer aveva suoi collaboratori là, che scattavano foto e facevano telefonate 3 ore prima che l’ospedale ufficializzasse che Elvis era morto.
Sappiamo per certo che quando Ginger chiamò Al, era perfettamente vestita e truccata. Di sicuro non sembrava come si fosse appena alzata dal letto.
Se veramente ha trattato con l’Enquirer, probabilmente ha detto “Vabbè! Cos’ ho da perdere, ormai è morto.”
A quanto pare poi lei ha fatto un accordo anche con il Commercial Appeal e così l’Enquirer le ha tolto $ 35.000.
Quando Dick portò Jim Kirk a Graceland noi volevamo sapere chi gli aveva telefonato quel giorno), questi gli ha detto la verità.
Dick glielo chiese e Kirk disse: “Vabbè……..”
All’inizio disse di non aver riconosciuto la voce.
Allora Dick disse “Dimmi allora…….. era un uomo o una donna?”
Alla fine Kirk rispose “Era una donna” Dick continuò “Era Ginger vero?”
E Kirk abbassò la testa e disse “Sì”


GINGER ALDEN – da www.grazielvis.it

Si sono sentiti alcuni orribili racconti secondo cui il National Enquirer venne chiamato prima che l'allarme fosse dato quando Elvis fu trovato nel suo bagno il 16 Agosto 1977. E’ arrivato il momento che la verità faccia luce su quella che è stata una maldicenza.
Non vedo come lo scrittore possa vivere in pace con se stesso sapendo le bugie e i pettegolezzi che ha tentato di diffondere.
Non c'è stata nessuna telefonata fatta da mia madre o da me che abbia a che fare con la stampa il giorno in cui Elvis morì. Ero stordita e disperata, e sono sbigottita dal fatto che qualcuno possa pensare diversamente. Il giorno seguente la morte di Elvis, la nostra casa era assediata da giornalisti di ogni massmedia e giornali, che tentavano di saperne di più di questa tragedia. Tu puoi immaginare lo scenario dove ci sono più di 500.000 persone in lutto e la stampa che da tutto il mondo convergeva a Memphis. Mia madre mandò via tutti in quel momento per proteggermi, poichè le avevo detto che non volevo rilasciare nessuna intervista. Alla fine decisi di concedere un'intervista al nostro giornale locale. I giornali sono poi tornati alla nostra porta letteralmente urlandoci addosso.
Poi, il National Enquirer ci disse che la ex fidanzata di Elvis aveva consegnato loro una storia e loro stavano per mandare in stampa in ogni caso una storia riguardante la morte di Elvis, così accadde la mia intervista con il National Enquirer.
Sconvolta com’ero in quel momento e non sapendo cosa il mondo avrebbe detto su Elvis, acconsentii a fare un'intervista con il National Enquirer.
Ricordo che Elvis mi diceva, quando iniziammo a frequentarci, che ci sarebbero state un sacco di persone che sarebbero state gelose della nostra relazione. Mi chiese anche se l'avrei sopportato. Io dissi ingenuamente di sì. Non potevo prevedere il degrado sulla sua persona e sulla sua memoria che sarebbe apparso sulla stampa e alla televisione dopo la sua morte.


ROSEMARY ALDEN – da www.grazielvis.it

Questa è la verità e niente mi piacerebbe chiarire una volta per tutte, se non la verità.
Un dipendente di Elvis molto geloso diede il via a questa disgustosa e maliziosa storia dopo che venne licenziato da Vernon Presley, che lo sospettava di aver fatto fotografie, averle vendute ai giornali e anche aver rubato alcuni oggetti di Elvis per venderli.
Senza lavoro e senza nessun reddito, lui decise di tentare di fare qualche soldo scrivendo un falso e malizioso mistero che anni più tardi ha dovuto pubblicare da solo poichè nessun editore responsabile aveva il coraggio di toccare.
Abbiamo saputo questo tramite qualcuno che ha visto una copia di questo manoscritto al Palazzo di Giustizia, e ha voluto che lo sapessimo.
Abbiamo assunto un legale e l'autore di questa disgustosa fandonia sembra si sia spaventato, e se ne tornò in California. Il suo stesso legale non è più riuscito a localizzarlo. Anni più tardi, decise di riprovare e fece uscire questa storia. Siamo rimaste sorprese. Questo individuo perse definitivamente il suo "buono pasto" quando Elvis morì. Era geloso e covava un sentimento così disgustoso nei confronti di Ginger e della nostra famiglia perchè Elvis stava decidendo che lui sarebbe stato il prossimo a doversene andare. Stava per essere rimpiazzato da mio fratello Mike. Elvis non si fidava più di questa persona dopo che aveva avuto comportamenti indecenti nei confronti di Ginger, proprio poco prima di quello che sarebbe stato l'ultimo tour di Elvis. Ginger raccontò ad Elvis di questo fatto e lui non ne fu sicuramente felice. Questa persona inoltre mentì riguardo il suo lavoro, il suo titolo e anche riguardo alcuni riconoscimenti militari. Questa persona non aveva assolutamente basi per un qualunque libro. Il giorno in cui Elvis morì, nè Ginger nè mia madre parlarono con qualcuno del National Enquirer o qualsiasi altro giornale, anche se tutti i giornali avevano una grande storia da raccontare. Ma non è successo niente. Anche per chiarire un altro pettegolezzo, Ginger raramente rimaneva struccata quando stava con Elvis, visto che lui amava i suoi occhi neri. Questo è il motivo per cui lei ne aveva ancora un po' la mattina in cui lui morì. Sono assolutamente incredibili le bugie che circolano una volta che diventi un personaggio pubblico. Ginger aveva appena scoperto la persona che amava profondamente, morta sul pavimento del bagno. Il suo shock era profondo e reale e chiunque dica il contrario non è sincero. Se Elvis fosse vivo oggi, sarebbe sicuramente il primo a dirtelo. Vorrei anche aggiungere che dopo che Elvis e Ginger si fidanzarono, notammo un cambiamento radicale in alcuni dei suoi dipendenti. Sapevamo che Elvis stava progettando dei cambiamenti, o dovrei dire che voleva fare qualche pulizia, e lo sapevano anche loro. La gelosia a volte sembra così palpabile da poterla tagliare con il coltello. Era così opprimente a volte, che spesso ci siamo chieste cosa è successo veramente ad Elvis, o cosa avrebbe potuto succedergli?
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  #4  
Vecchio 16-08-2008, 05:48
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HURT ho visto che sei già in piedi anche tu e al lavoro!!!! Ora non ho ancora gli occhi ben aperti ma dopo più tardi leggero' (prima mi preparerò i kleneex!!!)
ciao a più tardi!
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  #5  
Vecchio 16-08-2008, 15:52
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grazie Hurt... sei grande!
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  #6  
Vecchio 16-08-2008, 17:13
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Ho appena finito ora di leggere tutto!!! GRAZIE HURT!!!! E contemporaneamente è anche finita la scatola di kleneex ?
Spero che ELVIS abbia trovato un po' di vera pace
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  #7  
Vecchio 16-08-2008, 17:32
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Grazie Hurt per il tuo solito OTTIMO lavoro!!!!!!!!!
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  #8  
Vecchio 01-09-2008, 09:33
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COS’Ė SUCCESSO VERAMENTE?



BILLY SMITH – dal libro “Revelations From Memphis Mafia” di Alanna Nash - (pubb. 1995)

Una delle cose che non sono mai riuscito a capire è come i giornalisti del National Enquirer, nella pubblicazione della storia, abbiano battuto nel tempo tutti gli altri giornali, perché, di fatto, l’Enquirer è venuto a conoscenza della morte di Elvis prima che venisse dato l’annuncio alla stampa e arrivarono a Graceland prima di chiunque altro.
Quando pubblicarono la foto di Elvis nella bara in prima pagina (il 6 settembre 1977), iniziammo a indagare per capire chi l’aveva scattata e come erano riusciti ad avere tutte quelle informazioni.
Dick Grob incominciò a tastare il terreno e, al tempo, a Memphis c’erano ancora una quarantina di persone che cercavano chissà cosa. Così organizzammo un bluff, facendo credere che avremmo dato all’Enquirer le informazioni che volevano, dietro un ipotetico compenso.Ma non funzionò.
Circa un mese dopo, Dick conobbe questa ragazza che era amica di uno dei giornalisti e iniziarono a parlare. Lei disse a Dick che la foto di Elvis nella bara, era stata scattata da uno dei cugini, Billy Mann, per qualcosa come $ 50.000.
Poi Dick le chiese “Come avevano potuto avere la notizia così presto?”
E lei disse “Hanno avuto una soffiata”
“Da chi” continuò Grob
“Non so dirlo con precisione”
Allora Grob le chiese “Allora dimmi una cosa. Chi hanno contattato?”
E lei “Uno dei nostri. Un certo Jim Kirk”

Così organizzammo un incontro con Jim Kirk. Lo portammo a Graceland e a andammo nel racquetball court.
Venne installato un registratore e un microfono. Dick iniziò a fargli domande, ma io riuscii a sentirne solo qualcuna, perché quella dannata acqua che scendeva dalla fontanella, disturbava il microfono. Perciò a questo punto so solo quello che mi ha raccontato Dick Grob.
A quanto pare, quando Ginger chiamò al piano di sotto, avesse già capito che Elvis era morto. Pensiamo che lei possa aver prima chiamato sua madre e discusso su cosa fare. Poi verso le 12.30 – un’ora e mezza prima che chiamasse al piano di sotto – Ginger abbia chiamato Jim Kirk, che era uno scrittore freelance, nonché collaboratore dell’Enquirer. Supponiamo anche che lo abbia chiamato due volte e trattato con lui per dare la sua storia per un compenso di $105.000.
Sia Ginger che sua madre negano tutto questo, ma so che loro conoscevano questo Jim Kirk. Sull’Enquirer sono già uscite un paio di storie su Ginger ed Elvis, ma quella volta, non sapevamo esattamente cosa sapessero e come sono venuti in possesso delle loro informazioni. Ora invece siamo quasi sicuri del perché, quel 16 agosto 1977, l’Enquirer aveva suoi collaboratori là, che scattavano foto e facevano telefonate 3 ore prima che l’ospedale ufficializzasse che Elvis era morto.
Sappiamo per certo che quando Ginger chiamò Al, era perfettamente vestita e truccata. Di sicuro non sembrava come si fosse appena alzata dal letto.
Se veramente ha trattato con l’Enquirer, probabilmente ha detto “Vabbè! Cos’ ho da perdere, ormai è morto.”
A quanto pare poi lei ha fatto un accordo anche con il Commercial Appeal e così l’Enquirer le ha tolto $ 35.000.
Quando Dick portò Jim Kirk a Graceland noi volevamo sapere chi gli aveva telefonato quel giorno), questi gli ha detto la verità.
Dick glielo chiese e Kirk disse: “Vabbè……..”
All’inizio disse di non aver riconosciuto la voce.
Allora Dick disse “Dimmi allora…….. era un uomo o una donna?”
Alla fine Kirk rispose “Era una donna” Dick continuò “Era Ginger vero?”
E Kirk abbassò la testa e disse “Sì”


GINGER ALDEN – da www.grazielvis.it

Si sono sentiti alcuni orribili racconti secondo cui il National Enquirer venne chiamato prima che l'allarme fosse dato quando Elvis fu trovato nel suo bagno il 16 Agosto 1977. E’ arrivato il momento che la verità faccia luce su quella che è stata una maldicenza.
Non vedo come lo scrittore possa vivere in pace con se stesso sapendo le bugie e i pettegolezzi che ha tentato di diffondere.
Non c'è stata nessuna telefonata fatta da mia madre o da me che abbia a che fare con la stampa il giorno in cui Elvis morì. Ero stordita e disperata, e sono sbigottita dal fatto che qualcuno possa pensare diversamente. Il giorno seguente la morte di Elvis, la nostra casa era assediata da giornalisti di ogni massmedia e giornali, che tentavano di saperne di più di questa tragedia. Tu puoi immaginare lo scenario dove ci sono più di 500.000 persone in lutto e la stampa che da tutto il mondo convergeva a Memphis. Mia madre mandò via tutti in quel momento per proteggermi, poichè le avevo detto che non volevo rilasciare nessuna intervista. Alla fine decisi di concedere un'intervista al nostro giornale locale. I giornali sono poi tornati alla nostra porta letteralmente urlandoci addosso.
Poi, il National Enquirer ci disse che la ex fidanzata di Elvis aveva consegnato loro una storia e loro stavano per mandare in stampa in ogni caso una storia riguardante la morte di Elvis, così accadde la mia intervista con il National Enquirer.
Sconvolta com’ero in quel momento e non sapendo cosa il mondo avrebbe detto su Elvis, acconsentii a fare un'intervista con il National Enquirer.
Ricordo che Elvis mi diceva, quando iniziammo a frequentarci, che ci sarebbero state un sacco di persone che sarebbero state gelose della nostra relazione. Mi chiese anche se l'avrei sopportato. Io dissi ingenuamente di sì. Non potevo prevedere il degrado sulla sua persona e sulla sua memoria che sarebbe apparso sulla stampa e alla televisione dopo la sua morte.


ROSEMARY ALDEN – da www.grazielvis.it

Questa è la verità e niente mi piacerebbe chiarire una volta per tutte, se non la verità.
Un dipendente di Elvis molto geloso diede il via a questa disgustosa e maliziosa storia dopo che venne licenziato da Vernon Presley, che lo sospettava di aver fatto fotografie, averle vendute ai giornali e anche aver rubato alcuni oggetti di Elvis per venderli.
Senza lavoro e senza nessun reddito, lui decise di tentare di fare qualche soldo scrivendo un falso e malizioso mistero che anni più tardi ha dovuto pubblicare da solo poichè nessun editore responsabile aveva il coraggio di toccare.
Abbiamo saputo questo tramite qualcuno che ha visto una copia di questo manoscritto al Palazzo di Giustizia, e ha voluto che lo sapessimo.
Abbiamo assunto un legale e l'autore di questa disgustosa fandonia sembra si sia spaventato, e se ne tornò in California. Il suo stesso legale non è più riuscito a localizzarlo. Anni più tardi, decise di riprovare e fece uscire questa storia. Siamo rimaste sorprese. Questo individuo perse definitivamente il suo "buono pasto" quando Elvis morì. Era geloso e covava un sentimento così disgustoso nei confronti di Ginger e della nostra famiglia perchè Elvis stava decidendo che lui sarebbe stato il prossimo a doversene andare. Stava per essere rimpiazzato da mio fratello Mike. Elvis non si fidava più di questa persona dopo che aveva avuto comportamenti indecenti nei confronti di Ginger, proprio poco prima di quello che sarebbe stato l'ultimo tour di Elvis. Ginger raccontò ad Elvis di questo fatto e lui non ne fu sicuramente felice. Questa persona inoltre mentì riguardo il suo lavoro, il suo titolo e anche riguardo alcuni riconoscimenti militari. Questa persona non aveva assolutamente basi per un qualunque libro. Il giorno in cui Elvis morì, nè Ginger nè mia madre parlarono con qualcuno del National Enquirer o qualsiasi altro giornale, anche se tutti i giornali avevano una grande storia da raccontare. Ma non è successo niente. Anche per chiarire un altro pettegolezzo, Ginger raramente rimaneva struccata quando stava con Elvis, visto che lui amava i suoi occhi neri. Questo è il motivo per cui lei ne aveva ancora un po' la mattina in cui lui morì. Sono assolutamente incredibili le bugie che circolano una volta che diventi un personaggio pubblico. Ginger aveva appena scoperto la persona che amava profondamente, morta sul pavimento del bagno. Il suo shock era profondo e reale e chiunque dica il contrario non è sincero. Se Elvis fosse vivo oggi, sarebbe sicuramente il primo a dirtelo. Vorrei anche aggiungere che dopo che Elvis e Ginger si fidanzarono, notammo un cambiamento radicale in alcuni dei suoi dipendenti. Sapevamo che Elvis stava progettando dei cambiamenti, o dovrei dire che voleva fare qualche pulizia, e lo sapevano anche loro. La gelosia a volte sembra così palpabile da poterla tagliare con il coltello. Era così opprimente a volte, che spesso ci siamo chieste cosa è successo veramente ad Elvis, o cosa avrebbe potuto succedergli?
Che fredezza queste due donne, Ginger Alden e Rosemary Alden,
povero Elvis con chi era capitato!
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  #9  
Vecchio 20-05-2010, 14:07
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In una parte del racconto Priscilla ha lasciato dei punti in sospeso ....nella parte dove dice ''pensavamo persino di......ma lui è morto!.....intendeva dire che pensavano di tornare insieme?????
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  #10  
Vecchio 20-05-2010, 17:26
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Penso di sì Fefe...

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