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SPETTACOLI & CULTURA
Si intitola "33 dischi senza i quali non si può vivere" il libro di Gino Castaldo e Ernesto Assante Dai Beatles agli U2: una lista per raccontare l'epoca d'oro del rock e non soloI migliori album della nostra vita viaggio in cinquant'anni di musica di RITA CELI ![]() ROMA - Il titolo del libro può suonare eccessivo ma 33 dischi senza i quali non si può vivere (Einaudi, 13,50 euro, in libreria dal 10 aprile) di Ernesto Assante e Gino Castaldo non è solo una lista di album, tutti in vinile e a 33 giri, ma è il racconto appassionato e motivato di un'epoca, da Elvis Presley agli U2. Critiche e proteste sono già messe in conto dagli autori, perché la scelta è, ovviamente, arbitraria ma i criteri che hanno portato ai 33 titoli (più un singolo, Imagine di John Lennon) sono precisi: si tratta di dischi di "incomparabile bellezza", opere straordinarie che hanno segnato profondamente la storia della musica, gettando le basi per quello che sarebbe venuto dopo. In altre parole, sono i cd che oggi non dovrebbero mancare in una discoteca che voglia colpire al cuore con le perle della musica degli ultimi 50 anni. Non sono "i" migliori album, ma sono "dischi senza i quali è impossibile vivere" scrivono gli autori nell'introduzione, "e sono talmente pochi che potrebbero essere portati con noi sull'isola deserta per garantirci una gradevole sopravvivenza dopo un terribile naufragio". Solo un caso li posiziona tra 1956 (con Ella Fitzgerald e Elvis Presley) e il 1994 (l'anno di Grace di Jeff Buckley), preceduto da Achtung Baby degli U2 (1991) e Le nuvole (1990) dell'unico italiano in lista, Fabrizio De André. La maggior parte degli album raccontati nel libro sono stati realizzati negli anni Sessanta - dai Beatles ai Rolling Stones, Bob Dylan e Jimi Hendrix, da James Brown ai Velvet Underground - e soprattutto durante i 70, decennio che si apre con Led Zeppelin IV, Who's Next degli Who, e ancora Bob Marley, Brian Eno, Pink Floyd, per chiudersi con London Calling dei Clash. Una breve coda negli anni 80 per citare Graceland di Paul Simon o Born in the Usa di Bruce Springsteen. Assante e Castaldo ammettono con rammarico che in questa loro lista "i dischi nati nell'era del cd sono realmente pochi" perché negli ultimi 15 anni gli album "hanno iniziato prima a perdere valore e poi a perdere senso". "La musica, che all'inizio del secolo si era materializzata diventando disco, sta cominciando a smaterializzarsi di nuovo, fisicamente inesistente" proseguono. "Se fino a quindici anni fa potevamo identificare la musica e il supporto, oggi la musica trasformata in un bit non occupa alcuno spazio fisico". Ma a questa rivoluzione "assoluta e totale" nel modo di fruire la musica non corrisponde una creatività in grado di sbalordire, come invece è accaduto con ognuno dei 33 dischi analizzati nel libro. Come Revolver dei Beatles: "In quel periodo poteva capitare che un album cambiasse completamente il corso della musica pop, e Revolver fu uno di questi". Oppure Highway 61 Revisited di Bob Dylan: "Agli inizi degli anni '60 le canzoni di Dylan caddero come una pioggia di folgorazioni poetiche su un mondo in attesa messianica. Con lui il rock'n'roll impara a parlare una nuova lingua". Oppure London Calling dei Clash: "Ci sono dischi che funzionano da spartiacque, e London Calling è un'importante boa messa a galleggiare nella tempesta del tempo. Non è possibile capire cosa sia accaduto al rock nel passaggio tra gli anni 70 e 80 se non ci si immerge completamente nel caleidoscopio di suoni di questo album". Del disco scelto per Fabrizio De André scrivono: "E' un incipit memorabile, forse tra i più belli mai immaginati". O ancora, parlando di Marvin Gaye: "Difficile immaginare il soul senza What's Going On. Perché è un capolavoro, il vertice della creatività e dell'arte di questo artista, ma soprattutto perché è il disco che consente alla definizione di soul music di compiersi". Pagina dopo pagina ogni album viene raccontato, scoperto, analizzato fino a svelare le motivazioni della scelta. Anche per maestri come i Pink Floyd: "Dopo aver scoperto cosa c'era in quella misteriosa faccia scura della Luna, il rock non è stato più lo stesso, ha assunto dimensioni colossali, è diventato altro da sé". Naturalmente ognuno è libero di condividere o criticare le scelte di Assante e Castaldo che, per proseguire il gioco con un sondaggio per Repubblica.it, hanno allungato la lista a 50 titoli: ancora una volta molti saranno scontenti, ma è solo un gioco. (5 aprile 2007) |
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mi fossi trovato io la band avrebbe fatto la fine del busto in porcellana.
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Elvis ‘The King’ statue returns to public view at the Las Vegas Hilton
![]() But it wasn’t inside the hotel. This time, Elvis the Pelvis has been kicked outdoors to a garden area, standing atop a pedestal with embedded spotlights. A new bronze plaque at the rock ‘n’ roll idol’s feet reads: ELVIS: “THE KING” OF LAS VEGAS An eight-year exclusive run in the Las Vegas Hilton Showroom 837 consecutive sold-out performances entertained some 2.5 million people enough to fill the Rose Bowl 25 times over! LAS VEGAS’ ALL-TIME FAVORITE, AND SUCCESSFUL PERFORMER Elvis Presley’s Las Vegas connection was given a boost by his 1964 film “Viva Las Vegas!” opposite Ann-Margret, who drove him wild before Elvis could drive his racing car in the first Las Vegas Grand Prix. Those were delirious days for the rock performer and fans. But now, the fame and recognition are ebbing. And his bronze statue is now outdoors where it inevitably will be bombed by birds of all feathers, and where many a mutt could lift a leg to leave a liquid signature. Such is the nature of fame, a bird with paper wings. June 22, 2006 ki mastica inglese puòraccontarci quello ke è stato scritto,io c faccio un macello con l'inglese ![]() |
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Ecco Enzo!
![]() La stuatua in bronzo di Elvis Presley a grandezza naturale, che per anni si è retta nell'atrio dell'Hilton Hotel di Las Vegas, è tornata alla vista del pubblico. Inaugurata per la prima volta nel 1978, la posa un po' sgraziata di Elvis, con la chitarra imbracata sulla spalla e il microfono nella mano sinistra, è stata re-inaugurata il 21 Giugno. Ma non era all'interno dell'hotel. Questa volta Elvis The Pelvis è stato posizionato nel giardino esterno sopra ad un piedistallo. Sulla nuova placca in bronzo si legge: ELVIS IL RE DI LAS VEGAS: una corsa durata 8 anni consecutivi nella Showroom dell'Hilton Hotel 837 concerti che hanno fatto il "tutto esaurito" intrattenendo circa 2.5 milioni di persone L'ARTISTA PREFERITO E CHE HA AVUTO PIU' SUCCESSO A LAS VEGAS. Il primo legame di Elvis Presley con Las Vegas fu nel 1964 per il film "Viva Las Vegas" insieme ad Ann-Margret, che lo fece impazzire prima che si mettesse alla guida della sua auto da corsa nel primo Gran Premio di Las Vegas. Quelli furono giorni di delirio per la stella del rock e i suoi fans. Ma ora la fama e il riconoscimento stanno calando...E ora questa statua è fuori dalle porte, dove sarà bombardato da uccelli di tutte le razze e dove uno stupido cane potrà alzare la zampa per lasciarci la sua firma in forma liquida. ![]() Questo è il prezzo della fama! LISA
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Eh che cavolo, questo articolo è partito bene ed è finito malissimo, xò magari è la stessa delusione del giornalista del fatto che l'abbiano messa fruoi? Mah, fatto sta che forse è anche meglio xchè può essere ammirata meglio nn credete? magri lo hanno fatto proprio x questo!
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IL “PRINCIPE DI SAVOIA”
Le bizzarre gesta di un giovane dal bell’aspetto mettono a subbuglio il centro di Udine. Curioso episodio di cronaca l’altro giorno a Udine. Un giovane di 35 anni, elegantemente vestito e dai modi compiti, ha provocato una certa animazione, aggirandosi per le vie del centro seguito da un piccolo drappello di accompagnatori che lo apostrofava ad alta voce con titoli quali “principe”, “altezza”, “altezza reale”. La comparsa, fin dalle prime ore del mattino, dell’insolito drappello non è passata inosservata e ben presto una piccola folla di curiosi e sfaccendati si è radunata attorno a quello che alcuni presentavano come “l’erede al trono d’Italia”. Incalzato dalle domande dei cronisti subito accorsi, il protagonista della chiassata ha affermato di chiamarsi Emanuele Filiberto di Savoia, di aver vissuto molti anni all’estero e di essere venuto in città per promuovere una sua associazione. Si è inseguito saputo che a tal fine, godendo evidentemente di una certa disponibilità economica, aveva addirittura affittato il Salone del castello per un convegno dall’ambizioso titolo “I giovani risorsa del terzo millennio”. La prima tappa del bizzarro pellegrinaggio è stata la statua equestre di Vittorio Emanuele II che si trova all’interno dei giardini Ricasoli e che il Filiberto vorrebbe fosse spostata in piazza Libertà, davanti al municipio (perentoria, in tal senso, la sua richiesta al Comune: “dobbiamo dire al sindaco o a chi compete questa decisione, di rimettere la statua al suo posto”). In precedenza il gruppo era stato al centro di un inusuale ricevimento all’interno della sede della Provincia di Udine. A sorpresa il presidente dell’ente, Marzio Strassoldo, forse memore del passato nobiliare o perchè colpito dalle credenziali del giovanotto, gli ha aperto le porte di Palazzo Belgrado, inventando per l’occasione un “Comitato d’onore” e intrattenendolo con una serie di orazioni di circostanza che, per la verità, il Filiberto è parso ascoltare senza grandi entusiasmi. Controllata a distanza con una certa bonomia da un paio di guardie municipali, la pittoresca brigata (che nel frattempo aveva assunto uno spiccato carattere femminile) si è quindi diretta verso il centro di Udine, attraversandolo tutto fino a giungere in piazza San Giacomo. Dove il “principe” si è intrattenuto per circa un’ora attorniato da un rumoroso gruppo di giovani studentesse delle scuole medie che lo avevano riconosciuto come il protagonista di alcune comparsate televisive. Tra gridolini, coretti e richieste di autografi si è fatta l’ora del pranzo (debitamente consumato in un locale poco distante). Nel pomeriggio, dopo il “convegno” in Castello, il giovane ha inanellato l’ultimo successo riuscendo a farsi ricevere dal magnifico rettore dell’ateneo friulano, Furio Honsell, che lo ha ascoltato con molta cortesia, dando mostra di accogliere per buona la promessa della creazione di una borsa di studio dedicata “allo studio della famiglia reale”. È stata l’ultima impresa del Filiberto, prima di dileguarsi senza lasciare traccia. Non è la prima volta che a Udine accadono episodi di questo tenore. Nell’aprile del 1925 una giovane che si spacciava per la sorella minore della zarina di Russia, riuscì a farsi ricevere in diversi salotti e a farsi mantenere per oltre una settimana da un avvocato di fede monarchica, prima che un fonogramma da Roma ricordasse che la famiglia dello zar era stata sterminata dai bolscevichi nel 1918. Nel dicembre del 1947 un vecchio vestito di rosso convinse una ventina di liceali a seguirlo per alcuni chilometri alla ricerca della propria slitta e delle renne che la trainavano. Fu tradito dalla fluente barba bianca posticcia che si staccò per l’umidità. Il 16 settembre 1977, infine, un quarantenne piuttosto appesantito, con vistose basette e una giacca di jeans con le frange e che affermava di chiamarsi Elvis Presley fu protagonista di un improvvisato concerto rock in piazza Primo Maggio. Sparì nel nulla prima che si potesse accertare che il vero Presley era deceduto un mese prima. In tutti questi casi, tuttavia, la notizia non aveva occupato più di un trafiletto in cronaca. Stupisce constatare che le gesta del “principe di Savoia”, invece, hanno occupato le prime pagine delle nostre gazzette e hanno goduto di ampi servizi nei nostri telegiornali regionali. Per fortuna ora la normalità è stata ripristinata e il traffico delle carrozze ha ripreso a scorrere regolare. http://www.nuovofriuli.com/read.asp?code=2007.0406.02 |
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mmhhhh,ok,ok!!!!!
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Anche lei ascolta grandi interpreti tra cui Elvis. Bene
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![]() ![]() A Orsogna "Matthew Lee", funambolo del piano 30 Apr 2007 ore 10:44 Ingresso libero, chi vuole potrà fare un'offerta per la costruzione di un centro di educazione per 80 bambini in Uganda. Da Jerry Lee Lewis a Bono Vox, uno spettacolo travolgente grazie alla calda voce del rocker che "pesta" la tastiera Una serata di travolgente rock and roll, da godere gratuitamente in compagnia di Matthew Lee, giovane funambolo del pianoforte il cui ultimo album, «Shake», è stato prodotto dai Nomadi. L'appuntamento è per domani – domenica 29 aprile – dalle ore 21.15 nel Teatro De Nardis di Orsogna (Chieti). L'accesso è libero, ma chi vuole potrà fare un'offerta per il progetto «Children's Care Centre», promosso dalla sede di Ortona dell'associazione «Abbracci senza frontiere» onlus ( www.abbraccisenzafrontiere.com ), che prevede la costruzione e la gestione di un centro di cura e di educazione per 80 bambini e relative famiglie a Kampala, in Uganda. Accanto alla finalità benefica della serata, gli spettatori potranno lasciarsi coinvolgere da uno spettacolo accattivante, che sorprenderà giovani e adulti. Matthew Lee (al secolo Matteo Orizi, di origine pesarese) si è affermato calcando i palchi di prestigiosi teatri italiani insieme a Jannacci e De Gregori. Dopo la partecipazione a programmi Rai come «Domenica in» e «Ci vediamo in tv», si è esibito dal vivo allo «Speciale per me» di Renzo Arbore ed è stato tra i protagonisti del Capodanno 2005 di Roma, dove ha suonato e cantato trascinando nel ritmo 150 mila persone entusiaste. Nell'album «Shake» e nel tour che lo sta portando in tutta Italia, Matthew sfodera la sua proverbiale tecnica nel «pestare» la tastiera, alla Jerry Lee Lewis, come solo un vero pianista di rock and roll sa fare, e una grande abilità nel modulare la voce. Dura e pura quando serve, come in «Great balls of fire» di lewisiana memoria; calda ed espressiva in una stupenda ballata come «Losin' time». Matthew Lee suonerà americano dalla prima all'ultima nota, tra riferimenti al miglior country-rock, riuscite cover come «It's now or never» (versione inglese di 'O sole mio); «The revolution Kind», ripresa del brano di Bono, e la mitica «Burning Love» di Elvis Presley. |
#10
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Qualcuno che si ricorda che Elvis è esistito . Bene.
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