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  #171  
Vecchio 19-12-2007, 18:30
Gondar Gondar Non in Linea
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Predefinito Re: Elvis: l’Extra Terrestre

Questa seconda ed ultima parte di Elvis Presley bambino la voglio dedicare, come promesso, alla cara amica Wonderofyou per il compimento dei suoi anni.

(Si raccomanda di tenere sempre in funzione il clip di Celine Dion mentre si è intenti a leggere questa seconda ed ultima parte del racconto di Elvis bambino.)



Un giorno Elvis si trovava a giocare in giardino, in prossimità del confine con i vicini di casa. Non gli sarà passato inosservato qualche dialogo tra donne che, seppure con fare sommesso, potrebbero verosimilmente aver detto così di lui. Voce 1 “povero bambino, quanto soffrirà in cuor suo; voce 2 “perché, a chi appartiene questo bambino?”; voce 1 “sai, sua madre è una cugina dei Richards e suo padre è stato in galera”; voce 2 “uh, ma davvero? Povero piccolo, ma cos’ha fatto il padre per finire in carcere?”; voce 1 “non so esattamente cosa abbia commesso, ma sicuramente sarà un cattivo elemento, la classica pecora nera della famiglia, un delinquente insomma; poi secondo me sua madre non sarà da meno dato che non fa che picchiarlo, povero bimbo”; voce 2 “ma che ha fatto il padre, ha ammazzato qualcuno?”; voce 1 “non saprei, si dice che abbia, d’accordo con altri malviventi, derubato qualcuno,”; voce 2 “ma di dov’è questa gente, non mi sembra siano di questi parti”; voce 1 “pare che la famiglia di questo bimbo abitasse, lassù, sai, sopra l’autostrada, nella zona est del paese”; voce 2 “ah, questo spiega tutto, sono della zona malfamata di Tupelo. Adesso che ricordo, questa famiglia non è parente del pastore Gains?”; voce 1 “sì, proprio così, la mamma di questo bambino è proprio la nipote del pastore Gains”. Elvis si sarà trovato ad ascoltare ciò che queste donne stavano dicendo tra di loro e provò un senso di vergogna e di paura da farlo fuggire di corsa sul retro della casa. Rannicchiatosi in un angolo, si pose il capo tra le ginocchia e si mise a piangere disperatamente, non sapendo cos’altro fare. “Se tutte quelle brutte cose stanno accadendo”, pensava, “la colpa è solo mia, perché sono un monello e li faccio soffrire. Per questo non mi vogliono più bene”. Beh, forse il piccolo Elvis aveva innocentemente colto il problema dal suo punto di vista. Ma la causa principale del comportamento del padre che lo vide ristretto nelle carceri di Parchman Farm era stato lo stato di estremo bisogno e avrebbe fatto, come purtroppo fece, qualsiasi cosa pur di non far mancare un minimo di sostentamento ai suoi cari. Era inoltre ossessionato dal pensiero che potessero ammalarsi. Sua moglie Gladys e suo figlio Elvis erano tutto ciò che lui aveva al mondo ed era suo preciso dovere badare a loro. Ad ogni costo. Il povero papà Vernon doveva provvedere al mantenimento della famiglia con un lavoro assai precario e poco redditizio da cui doveva tirar fuori mensilmente la quota di quel maledetto mutuo, contratto proprio con il signor Bean che poi lo denunciò alle autorità del paese. Ecco le vere ragioni che portarono Vernon ad accordarsi con suo cognato e con quel tale di nome Gable a commettere quell’unica azione poco pulita della sua vita. Il piccolo Elvis pensava, invece, che fosse solo colpa sua. E fu in quella circostanza che maturò in lui l’idea di scappare di casa e decise di metterla in pratica. Senza farsi vedere dai suoi, la sera preparò due pezzi di pane, li racchiuse in un fagottino e lo nascose sotto il suo lettino. Quando fu sicuro che mamma e papà dormivano , si vestì in tutta fretta senza farsi vedere né sentire, raccolse il fagottino di carta da sotto il letto, aprì pian pianino la porta di casa, la chiuse alle spalle con molta cautela. Era adesso per la strada, inghiottito dal buio, quel buio di cui Elvis aveva tanta paura. Per fortuna c’era uno spicchio di luna che rischiarava un tantino la strada. Doveva assolutamente allontanarsi da quella casa. Non gli volevano più bene e non c’era nessuna ragione al mondo che lui restasse ancora con loro. Papà era cattivo , diceva fra sé, faceva male alle altre persone. E poi non lo portava più al fiume a pescare come faceva di solito, non giocava più con lui e qualche volta gli dava anche le botte. Questa era la prova che non gli volesse più bene. E neanche mamma gli voleva più bene. Lo sgridava spesso, non lo lasciava parlare e quando piangeva, anziché sentire le ragioni del suo pianto, lo batteva pure. Sì, proprio così, anche sua madre non gli voleva più bene. Non c’era davvero nessun motivo per restare a casa. Doveva cercarsi un’altra mamma, pensava con le lacrime agli occhi, e un altro papà che lo amassero per davvero. Non come loro che sono cattivi cattivi cattivi. E giù a piangere in quella notte stellata ma pungente di fine febbraio. Anche gli angeli lassù in cielo piansero quella notte.



Scartò il fagottino, tirò fuori un tozzo di pane e, per farsi coraggio, incominciò ad azzannarlo e a masticarne i relativi pezzi come lui sapeva ben fare. Aveva freddo, tanto tanto freddo. Ed i suoi denti battevano tanto gli uni sugli altri. Ad un tratto sentì alle sue spalle un rombo di un’auto in avvicinamento, scappò verso il ciglio della strada nascondendosi dietro un grosso albero. La macchina gli passò oltre e lui riprese a camminare lungo la strada senza sosta nella notte buia verso l’ignoto, piangendo, sempre piangendo e poi persino urlando alla luna, anch’essa mesta e malinconica, lassù. Poi un dubbio atroce lo assalì. Sì, egli stava andando alla ricerca di una nuova mamma e di un nuovo papà. E se poi questi, oltre a non volergli bene, gli facevano anche del male? In fondo, pensava, non avrebbe rappresentato nulla per loro. Cosa avrebbe potuto fare poi lui, così piccolo ed indifeso, per sottrarvisi? E giù a piangere a dirotto, a squarciagola con tutto il fiato che aveva in corpo. Ora incominciò a guardarsi indietro, nostalgico, si fermò al centro della strada nel tentativo di cogliere un movimento familiare. Ecco, qualcosa si muoveva in fondo alla strada. Vide in lontananza due grandi occhi illuminati che si avvicinavano e lui si mosse impaurito ancora una volta verso il marciapiede, vi salì, si nascose dietro un cespuglio e scrutò quelle due luci ormai vicine. Il rumore del motore, che gli era familiare, era quello prodotto dal camioncino di suo padre che si fermò all’altezza del cespuglio. Lo vide uscire dalla macchina e, guardando verso il cespuglio, si sentì chiamare “Elvis, ehi Elvis, ti ho visto. Avanti, vieni fuori, andiamo a casa”. Di slancio il bimbo si lanciò tra le braccia del padre che lo accolse con dolce ma severa tenerezza. “Andiamo a casa, figliolo. Mamma è in pena per te”. Durante il tragitto, Elvis, imbarazzato, come lo può essere un bimbo di quella età ed in simili circostanze, si mise a rosicchiare l’altro pezzo di pane, giusto per colmare quel vuoto prodotto dal silenzio che si era creato nell’abitacolo del camioncino. Mamma Gladys era sulla veranda della casa, ansiosa e tremolante ad attenderli, e quando vide scendere il suo piccolo, gli andò incontro, lo avvolse in una coperta e, con le lacrime agli occhi e con le braccia aperte, lo strinse a sé forte forte e gli sussurrò dicendo: “grazie al cielo sei qui, Elvis caro. Ti prego, anima mia, se non vuoi farmi morire di crepacuore, non farlo mai più, mai più. Devi promettermelo”. Elvis annuì con decisione. Dopo un po’ il padre ruppe l'incanto con una voce rotta dall’emozione: “Vieni qui, El. Adesso vieni qui da me”. Elvis, divincolatosi dal tenero abbraccio di sua madre e, intuendo le ragioni dell’esortazione di suo padre, gli andò incontro, si fece riporre sulle sue ginocchia e si lasciò sculacciare senza emettere un solo grido. Finita la punizione che altro non era che una carezza, Elvis volle che il suo papà lo prendesse in braccio. Appena sollevato, gli baciò con trasporto più volte la guancia, ormai convinto che mamma e papà non avevano mai smesso, neanche per un solo istante, di volergli bene. Ora potevano tutti e tre finalmente andare a letto. E, recitata per la seconda volta la preghiera della sera assieme alla madre, si addormentò. Felice di essere ancora a casa. Intanto, là fuori, la luna si fece più splendente e le stelle più brillanti. Quel piccolo smarrito soldino di cacio aveva ritrovato la strada di casa. Ora anche loro, lassù, erano più tranquille. (Fine seconda ed ultima parte di Elvis bambino).

Felice Natale, amici miei. Con tutto il cuore.

Gondar.

Ultima Modifica di Gondar : 01-02-2008 17:51
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  #172  
Vecchio 19-12-2007, 23:30
wonderofyou wonderofyou Non in Linea
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Predefinito Re: Elvis: l’Extra Terrestre

Gondar, grazie di cuore per la tua dedica e per il bellissimo racconto!!! Mi sono commossa per entrambi e sopratutto per la tua grande sensibilità.
Un felicissimo Natale anche a te!!!
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  #173  
Vecchio 19-12-2007, 23:35
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Predefinito Re: Elvis: l’Extra Terrestre

ANCHE A TE CARO GONDAR, AUGURI DI CUORE...
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  #174  
Vecchio 20-12-2007, 11:23
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Predefinito Re: Elvis: l’Extra Terrestre

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Appena sollevato, gli baciò con trasporto più volte la guancia, ormai convinto che mamma e papà non avevano mai smesso, neanche per un solo istante, di volergli bene. Ora potevano tutti e tre finalmente andare a letto. E, recitata per la seconda volta la preghiera della sera assieme alla madre, si addormentò. Felice di essere ancora a casa. (Fine seconda ed ultima parte di Elvis bambino).

Felice Natale, amici miei. Con tutto il cuore.

Gondar.

Mamma mia che apprensione e che ansia!!! Poveri mamma e papà e soprattutto povero Elvisino...così angosciato e triste...
Certo...un abbraccio davvero commuovente...
Se Elvis è stato così unico...certamente è stato anche merito della sua cara mamma e del suo caro papà!!!

Buon Natale anche a te, caro Gondar...auguri di tanta serenità e felicità!!!!
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  #175  
Vecchio 20-12-2007, 11:34
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Predefinito Re: Elvis: l’Extra Terrestre

Grazie ancora Gondar per i tuoi racconti così emozionanti...
E ne approfitto anch'io per augurarti un buon Natale!!!!
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  #176  
Vecchio 28-12-2007, 19:48
Gondar Gondar Non in Linea
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Predefinito Re: Elvis: l’Extra Terrestre

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Grazie ancora Gondar per i tuoi racconti così emozionanti...
E ne approfitto anch'io per augurarti un buon Natale!!!!
Grazie, caro Crispi, per gli affettuosi auguri che ricambio di vero cuore per le festività in corso. Gondar.
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  #177  
Vecchio 31-12-2007, 18:53
Gondar Gondar Non in Linea
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Ge743 Re: Elvis Presley: l’Extra Terrestre

Il primo amore di Elvis
(1^ parte)

In concomitanza con l’ultimo vano tentativo di indurre Sam Phillips ad accorgersi di lui, Elvis decise nel gennaio del 1954 di iniziare a frequentare la chiesa “Assembly of God” dislocata a McLemore Avenue a sud di Memphis, recandovisi a volte con la sua Lincoln ed a volte servendosi di uno dei tre autobus, che aveva la fermata proprio davanti a casa sua, che raccoglievano ogni domenica mattina i fedeli che non avevano l’auto. Della Assembly of God facevano parte un coro di cento elementi con a capo il già famoso James Blackwood ed un quartetto denominato “The Songfellows” il cui leader era Cecil Blackwood, nipote di James.



I due gruppi si alternavano con trasporto ed efficacia rendendo le funzioni religiose estremamente piacevoli ed interessanti. Inutile dire che Elvis girava attorno alle due formazioni al fine di cogliere l’occasione per unirsi a loro. Ma le probabilità di poterne fare parte, vuoi per la loro impenetrabilità, vuoi per la vocazione alla timidezza di Elvis, erano piuttosto remote. In compenso, però, ebbe modo di conoscere una bella e brava ragazza di nome Dixie Locke che frequentava lo stesso suo corso seminaristico per l’approfondimento del Libro Sacro della Bibbia. E fu durante questa frequentazione che i due si intercettarono per finire poi per incontrarsi alla pista di pattinaggio del “Rainbow Rollerdrome” nella zona periferica del sud-est di Memphis. Sia per Elvis che per Dixie rappresentò la prima esperienza d’amore. “Era un ragazzo molto diverso dagli altri, tanto da non passare inosservato” ebbe a dire Dixie anni dopo al suo intervistatore, “era decisamente bello, con una capigliatura folta lunga bionda e ribelle, vestiva stravagante secondo la moda “hillbilly” dell’epoca e dai modi accattivanti. Ne rimasi affascinata dalla sua compostezza mentre seguiva le lezioni e dalla sua eleganza espressiva. I nostri sguardi si incrociarono in più circostanze ed ogni volta provavo un sentimento sempre più forte da togliermi il fiato. Mi innamorai di lui ancor prima di parlarvici. Constatando che lui indugiava nel proporsi, mi venne spontaneo fare il primo passo. Infatti, durante una chiacchierata in chiesa tra amiche, sapendolo nei pressi, feci in modo di attirare la sua attenzione mentre concordavo con le amiche di vederci il successivo sabato sera alla pista di pattinaggio. Naturalmente non vidi l’ora che arrivasse quel sabato, non per la sola curiosità ma per appurare se aveva raccolto il mio anelito. E quando finalmente quella sera arrivò, mi venne un tuffo al cuore nel constatare che lui era già lì, con i pattini ai piedi, appoggiato alla sbarra, con un’aria disinvolta e apparentemente distratta. Vestiva un completo nero da torero con due bande laterali rosa pallido sui pantaloni ed una camicia bianca dalla tessitura sgargiante. Nel vedermi, lui non si mosse, anche se i suoi malcelati sussulti lo costrinsero a girare più volte su se stesso, riuscendo a tenersi ben saldo alla sbarra. Non mi ci volle molto a capire che non sapeva pattinare. Provai una indicibile tenerezza e, non pensandoci due volte, mi staccai dalle mie amiche per avvicinarmi a lui con il pretesto di averlo già visto in seminario. Naturalmente ci presentammo, nonostante ognuno di noi già sapesse il nome dell’altro. Ricordo che Elvis fu talmente felice della mia iniziativa che mi propose con un garbato invito di andare a bere con lui una coca cola al bar della pista. Ci sedemmo e parlammo, parlammo tantissimo quel sabato sera da non dare più importanza alcuna alle sessioni di pattinaggio cui io dovevo partecipare. Avrei voluto, nonostante le conseguenze che mi aspettavano da parte dei miei, che la serata non finisse mai. Non esisteva nessuno al mondo al di fuori di noi due in quei magici momenti. Nonostante non avessi mai fatto così tardi prima di quella sera e sebbene fossi al mio primo appuntamento d’amore, accettai senza indugio di recarmi al non lontano Drive-in nella cui Lincoln di Elvis avvenne il primo innocente ed indimenticabile bacio. E fu proprio così che iniziò il nostro meraviglioso rapporto”. Questi i ricordi di Dixie. E quali sarebbero stati invece quelli di Elvis? Occorre dire che Elvis Presley, durante la settimana che precedette quell’incontro, non fece altro che pensare a quella ragazza che gli procurava già da tempo una indescrivibile sofferenza interiore, sino ad allora sconosciuta, che lo faceva stare male ma che nel contempo lo rendeva straordinariamente vivo. Diverse erano state le notti insonni pensando a quella ragazza. Realizzava che il suo cuore gli batteva forte in petto ogni volta che i loro occhi si incrociavano e lui, incapace di reggerne l’intensità, finiva per abbassare per prima lo sguardo . Quegli sguardi gli procuravano uno strano malessere e gli trasmettevano sensazioni mai provate. Tutto questo succedeva per la prima volta; e con lei. Aveva scoperto, inoltre, di essere estremamente geloso, specie quando la vedeva intrattenersi a parlare con i vari ragazzi del corso e nonostante facesse di tutto per attirare l’attenzione, aveva l’impressione che lei non si accorgesse di lui. Ed Elvis per questo soffriva, soffriva così tanto da sanguinargli il cuore. Ogni qualvolta che si trovava in questo stato di atroce sublimazione, gli veniva spontaneo ed indispensabile attaccarsi alla sua chitarra per dare vita a struggenti canzoni molto simili a quella che sarebbe poi stata una delle sue più stupende creazioni interpretative quale “Love me tender”, già latente nel profondo del suo animo, per esprimere le sue più dolci sensazioni d’amore.





Durante tali esibizioni, per le straordinarie emozioni che provava, riusciva a tirar fuori il meglio dalla sua voce, che gli risultò più bella, arrendevole, modulata, carezzevole, nonché dolce e potente. Se Sam, egli pensava, avesse potuto sentirlo in quei magici momenti di alta ispirazione emotiva, forse non sarebbe rimasto indifferente. Come non era rimasta indifferente sua madre Gladys mentre era un pomeriggio in cucina e suo figlio in camera da letto, che si deliziava e la deliziava con quelle canzoni che sprigionavano un particolare stato d’animo che non poteva significare che l’amore era finalmente arrivato per il suo figliolo. Gladys era così felice di questa sua intuizione che non resistette dal chiederglielo con quel tatto che solo una mamma può avere nei confronti di un figlio. Ed Elvis, quasi infastidito dalla precoce scoperta di sua madre, finì per dirle che si sbagliava, ma che se gli fosse capitato di conoscere una ragazza che faceva per lui, lei sarebbe stata ovviamente la prima a saperlo. Elvis, per la verità, dovette mentire per non doverle poi dare un dispiacere nel caso le cose non fossero andate per il giusto verso. Il suo interesse, comunque, per quella ragazza diventò così forte, così prepotente, da indurlo a trascurare, seppure momentaneamente, le sue regolari capatine alla Sun Records. (continua)

Per intanto ai miei cari amici lettori del Forum di Grazie Elvis, ma non solo del Forum di Grazie Elvis, auguro un mondo di bene e di gratificanti soddisfazioni per l'intero rotondo anno 2008.......da trascorrere sempre di più e felicemente con il nostro amato idolo. E di questa fine d'anno? Il mio auspicio è.................................. che non abbia mai fine.

Gondar.

Ultima Modifica di Gondar : 19-01-2008 13:01
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  #178  
Vecchio 01-01-2008, 03:07
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GeA109 Re: Elvis: l’Extra Terrestre

grazie gondar... auguro anche a te un mondo di bene, e spero che questo 2008, sia ricco di tante tante storie, raccontate da te.personalmente, leggendo quello che scrivi,mi trasmetti dolcezza e un'infinita tenerezza hai la capacità di farmi isolare la mente da tutto il resto, e immaginare di essere catapultata indietro nel tempo osservando, da un'angolino, quello che accadeva ad elvis attraverso le tue parole. quindi grazie ancora, e ti prego.....non fermarti.
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  #179  
Vecchio 01-01-2008, 08:45
Gondar Gondar Non in Linea
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Predefinito Re: Elvis: l’Extra Terrestre

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grazie gondar... auguro anche a te un mondo di bene, e spero che questo 2008, sia ricco di tante tante storie, raccontate da te.personalmente, leggendo quello che scrivi,mi trasmetti dolcezza e un'infinita tenerezza hai la capacità di farmi isolare la mente da tutto il resto, e immaginare di essere catapultata indietro nel tempo osservando, da un'angolino, quello che accadeva ad elvis attraverso le tue parole. quindi grazie ancora, e ti prego.....non fermarti.
Grazie, cara amica Perlanera, per il bene che infondi nel mio animo con le tue parole sempre gentili ed incisive. Credo che mi fermerò solo quando qualcuno me lo chiederà o quando vedrò che scemeranno gli ingressi nel mio topic. Pensa, c'è una media di 50-60 contatti ogni volta che posto un frammento di racconto. Data l'atmosfera che si è prodotta mi piace postare questo dolcissimo duetto tra Andrea Bocelli e Celine Dion "The Prayer". Dedicato agli animi puri e sensibili come te.



Chi più felice di me? Gondar.
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  #180  
Vecchio 01-01-2008, 08:55
Gondar Gondar Non in Linea
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Predefinito Re: Elvis: l’Extra Terrestre

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Gondar, grazie di cuore per la tua dedica e per il bellissimo racconto!!! Mi sono commossa per entrambi e sopratutto per la tua grande sensibilità.
Un felicissimo Natale anche a te!!!
Anche se con un po' di ritardo, cara Wonder, mi piace salutarti questa bella prima mattina del nuovo anno auspicandoti solo gioia gioia e ancora gioia per i prossimi 365 giorni e grazie infinite per le tue espressioni piene di gioia e di lacrime per il nostro amato Idolo. Gondar.
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