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Re: Storie Sconosciute
STORIA #52 RACCONTATO DA: CHERYL JOHNSON In Agosto Elvis si sarebbe di nuovo esibito all’Hilton di Las Vegas, e annullò due spettacoli. Dissero che era perché aveva l’influenza, ma molti fans iniziarono a preoccuparsi per lui. ED PARKER Una volta all’Hilton, Elvis chiese ai ragazzi di stare tranquilli a tavola, ma loro niente. Elvis prese la sua pistola e sparò 5-6 volte in aria. Fece dei buchi al soffitto, ma attirò la loro attenzione! Era un suo modo di liberarsi. Alcune persone cercarono di farlo apparire come qualcos’altro, non era così. Un’altra volta Elvis chiese ai ragazzi di spegnere la tv perché c’era Robert Goulet in onda. Non lo fecero, così salì al piano superiore e sparò alla tv. Certi dicono che fosse un vizioso – un pazzo, ma non lo era. Era un suo modo strano di attirare l’attenzione. FRED FRIEDRICK Elvis sparò alla sua Ferrari. Era successo qualcosa – uscita di strada o bloccata, cose simili insomma, così lui le sparò. Disse: “L’ho uccisa”. Qualcuno andò a prendere la macchina e la riportò a casa. Elvis disse: “Riporta quella dannata cosa dove l’ho lasciata. E’ morta!” STORIA #53 RACCONTATO DA : PAUL DOUGHER Eravamo ottimi amici, ma nel tempo era diventato un problema vederlo. E ci ho rinunciato. Potevi chiamarlo e chiedere di passartelo al telefono. Ho sempre potuto parlargli al telefono o incontralo sul viale. Gli facevano sapere che c’ero e lui diceva “fatelo salire”. Più avanti, con così tanta gente che cercava di servirlo, penso che abbia desiderato maggiormente di stare per suo conto, isolandosi. Quando chiamavo, rispondeva Charlie Hodge oppure Joe Esposito. Dicevano: “E’ occupato adesso” Probabilmente non volevano fargli sapere che ero io al telefono. Alla fine ci ho rinunciato e lo vedevo solo quando veniva a trovarmi lui. Quando mi veniva vicino, gli dicevo “Ho cercato di parlare con te” e lui “Digli chi sei” e io gli spiegavo “Questo non sempre aiuta!” EDDI FADAL La Memphis Mafia lo isolava. Avevano paura che qualcun altro avrebbe invaso il loro territorio , così facevano di tutto per tenere lontano chiunque. Intorno ad Elvis, c’era un cerchio invalicabile e non credo che Elvis se ne fosse reso conto. C’era un sacco di gente che chiamava e voleva parlare con lui, perché aveva in corso dei business con Elvis. Alcuni erano artisti importanti e tecnici di registrazione che Elvis voleva vedere, ma non era possibile by passare il gruppo. GEORGE KLEIN Elvis sapeva che alcuni di noi, come Red West ed io, non eravamo là per i soldi o per godere della sua fama – Eravamo con lui da prima che diventasse famoso. Certamente siamo arrivati sino in cima con lui, ma non eravamo Johnny-come-lately. Eravamo amici suoi quando non era nessuno e lui non l’ha mai dimenticato. STORIA #54 RACCONTATO DA : MYRNA SMITH Probabilmente, a Jerry i cambiamenti di Elvis erano più evidenti, che a me. Mi rendevo conto che certe sere, quando arrivava sul palco, non era lui; praticamente era come se non si fosse svegliato del tutto. Dormiva tutto il giorno e non si alzava fino al tardo pomeriggio. In quel momento faceva colazione e poi si preparava per lo show. Talvolta arrivava che era ancora mezzo addormentato. Anche quando camminava sul palco sembrava semi addormentato. Però faceva il suo spettacolo, perché lo conosceva perfettamente. Durante lo show, comunque si fosse presentato all’inizio, si svegliava completamente. Alcune volte, in cui io ero a conoscenza che stava attraversando un periodo difficile, lo aiutavo a tirar fuori se stesso! Guardava verso di noi, per trovare l’ispirazione. Se guardi i suoi spettacoli, ti accorgi che, spesso, guarda verso di noi, con quegli occhi imploranti. Dovevamo dargli la spinta. Dovevamo creare confusione, in modo tale che si caricasse per andare avanti, c’era qualcosa che doveva superare con se stesso. Alle volte, glielo vedevo, e capivo quanta paura avesse, perché aveva gli occhi vitrei e non era sveglio del tutto. Per me era evidente e pensavo “Adesso cade”. RONNIE TUTT Verso la fine, ho visto grossi cambiamenti in Elvis. C’erano sere in cui avevo la sensazione che fosse stanco e talmente giù, che ritenevo opportuno aumentare la forza dei colpi sulla batteria, battere più forte di quanto facessi normalmente. C’erano volte in cui, nella mia mente, gli dicevo “Dai, alzati. Vai avanti!” cioè quelle cose che lui avrebbe detto a me. Alle volte gli davo i miei segnali e lui li capiva, ma c’erano alcune sere che sembrava completamente assente, veramente a terra. Ci sono state anche, alcune sere, in cui, vuoi la gente del pubblico era troppo educata, o troppo intimorita o troppo conservativa, o qualsiasi altra cosa, ma quel pubblico non dava il normale riscontro, o almeno quello a cui eravamo abituati. Elvis si sentiva amareggiato, incapace, inutile e camminava avanti e indietro dicendo “Che vada tutto all’inferno” Quello che intendo, è che lui faceva il suo spettacolo - e in questo senso ha sempre rispettato il suo pubblico – ma certamente non se la sentiva di tornare sul palco, fare dei bis o piuttosto di lavorare ancora di più. TONY BROWN La band includeva una sezione ritmica, con circa 20 coristi e 12 trombe. Era un grande gruppo. Eravamo seduti nella dressing room e si parlava della situazione. “Perchè qualcuno non affronta Elvis?” “Ce lo ritroveremo che crolla” “Speriamo di poterlo aiutare” Rivolgendoci a Ronnie Tutt, gli dicevamo “Tu lo conosci bene, perché non gli parli??” Però, tutti noi sapevamo che si limitava ad una speranza, visto che Elvis era circondato da quella cerchia di persone, sai, tutti quelli così chiamati amici e tutte quei bodyguards. Se tu ti azzardavi a chiedere “Posso stare 5 minuti da solo con Elvis?” la risposta sarebbe stata “Assolutamente no!!!” Probabilmente pensavano che tu volessi parlare con Elvis, per chiedergli una Cadillac o cose del genere. Se riuscivi ad avere 5 minuti con lui, li avresti visti aprire la porta, ogni minuto, per controllare cosa succedeva. Era assolutamente irreale pensare di passare mezz’ora, da solo con Elvis, per potergli dire: Elvis, amico, potresti seguire un programma che ti permetta di ripulirti e perdere peso. Amico, ti sentiresti molto meglio” Questo tipo di conversazioni non potevano esserci, perché se ti trovavi vicino ad Elvis, lui stesso manteneva un controllo della conversazione, con argomenti futili. STORIA #55 RACCONTATO DA: LARRY NIX La seconda volta che Elvis venne a Stax, (10 - 15 Dicembre 1973), era molto su con il morale. Aveva la figlia con sé e c’era la sua ragazza (Linda Thompson). Assunsero una ragazza per rispondere al telefono. Dovevamo tenere una linea sempre aperta, in modo tale che il Colonnello potesse sempre mettersi in contatto con lui. Una delle cose che mi colpì, fu quando Elvis si girò verso uno dei suoi ragazzi e disse “Hey, Hey, stasera è lunedì sera, vero?” E il ragazzo “Sì” e boom! Tutti sparirono. Non più di 15 minuti dopo, il tipo tornò con un grande vecchio televisore, con tante etichette attaccate. Elvis aveva mandato qualcuno a comprarlo e fatto portare in studio per vedere la partita di football del lunedì. Quando partirono, lasciarono lì quella tv che era servita solo per guardare, una partita, una volta. Un’altra cosa che mi sorprendeva era che quando un autore, registrava una canzone su un nastro, io dovevo trasferirlo sul disco. Elvis voleva verificare tutte le canzoni sul disco. Forse era perché era più facile ascoltare dei pezzi, in un disco, piuttosto che riavvolgere la cassetta. Non so. Mi portavano la canzone, io facevo l’acetato, che poi lo portavano in studio dove facevano le incisioni. Elvis l’ ascoltava, e la faceva. La canzone doveva essere fatta, identica alla demo. Questo mi lasciava sbalordito. Non c’era immaginazione, nessun “fate un po’ così, qui” Felton Travis era il produttore, ma tutta la produzione era già stata fatta sulle demo. Dovevano limitarsi a copiarla. La figlia di ELvis stava lì con lui quando cantava. La maggior parte delle volte, alle 10 o 11, si addormentava, così lui la prendeva e la portava a letto. Posso dire che lei era tutto per Elvis. Niente altro aveva importaza. Si prendeva molta cura di lei. Ultima Modifica di hurt : 08-12-2007 09:53 |
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Re: Storie Sconosciute
STORIA #56 RACCONTATO DA:DAVID BRIGGS Elvis amava e adorava Lisa Marie. La piccola lo sapeva bene. Era pazzo di lei. Voleva che tutti fossero molto gentili con lei e non voleva, assolutamente, che lei sapesse dei problemi che lui aveva. Era protettivo, come tutti i papà. Per quanto ho potuto vedere, era la cosa più importante della sua vita. LINDA THOMPSON Elvis era un genitore estremamente adorabile. Sono stata con Lisa da quando aveva 4 anni fino a quando ne aveva quasi 9. Ogni estate Elvis ed io avevamo Lisa da noi. Ogni Natale veniva e stava con noi. Abbiamo passato molto tempo insieme. Elvis le dava quella cosa che è vitale per un figlio ricevere da un genitore, e che inequivocabilmente si chiama amore. Lei sapeva, senza ombra di dubbio, che suo padre la adorava. Elvis non sempre aveva ragione. Non sempre, era severo come avrebbe dovuto essere e non sempre era indulgente come avrebbe dovuto, ma era sempre, sempre amorevole come era giusto che fosse. In ogni momento, Elvis faceva sapere a Lisa Marie quanto l’amasse. Non aveva esitazioni, o ritrosia a dirle “Il tuo papà ti ama così tanto” e, mentre glielo dichiarava, aveva le lacrime agli occhi. Sai, Lisa era solo una bambina, assorbiva tutto questo. Sapeva che suo padre la adorava. Elvis con lei rideva, le manifestava fisicamente il suo amore, e queste sono cose molto importanti. Era, veramente, molto amorevole, un meraviglioso genitore che adorava sua figlia. STORIA #57 RACCONTATO DA GEORGE KLEIN Barbara Streisand venne nel backstage, all’Hilton, con Jon Peters per vedere Elvis. Volevano dargli una parte importante nel loro film “È Nata Una Stella” A Elvis piaceva l’idea e anche a Joe Esposito e Jerry Schilling. Al tempo, nel gruppo, io ero marginale. Non ero là con lui, ogni giorno, ma davo il mio piccolo contributo. Dissi “Sì, bella idea” Poi girò la trattativa a Parker e finirono a parlare di soldi. Il Colonnello Parker disse alla Streisand “Lo faremo a tot milioni anticipati e il 50% dell’incasso del film.” SHAUN NIELSEN Le richieste economiche, fatte dal Colonnello per far partecipare Elvis al film “È Nata Una Stella” erano talmente alte, che credo che la Steisand non fosse in grado di affrontarle. Non ho mai capito perché Elvis non abbia mai detto “Colonnello, queste sono cose che io voglio fare. Ora se vuoi continuare bene, se non vuoi, vai per la tua strada. Io lo faccio” Credo, però, che essendo con il Colonnello da molti anni, Elvis avesse paura ad andare avanti da solo. EDDIE FADAL Elvis voleva fare qualcosa di importante. Voleva fare un film e diventare come Marlon Brando. Sapeva tutti i dialoghi a memoria di The Wild One, incredibile. Solo ascoltando un po’ di volte, era in grado di ripeterlo quasi a memoria. Riusciva a recitare a memoria quel monologo del film Patton. Gli piaceva molto. STORIA #58 A Graceland, Elvis aveva una libreria con 250 libri circa, molti di essi erano sulle religioni e sull’occulto. Alcuni di questi erano: 01. The Bible 02. The Face Of Jesus - Frank O. Adams 03. The Prophet - Kahlil Gibran 04. Autobiography Of A Yogi - Paramahansa Yogananda 05. The Secret Teachings Of All Ages - Manly P. Hall. 06. Sun Signs - Linda Goodman 07. Cheiro's Book Of Numbers 08. The Masters - Anne Besant 09. Only Love - Sri Daya Mata 10. The Infinite Way - Joel Goldsmith 11. The Secret Doctrine - Helena P. Blavatsky Quando viaggiava si portava dietro due bauli pieni di libri. Molti di questi gli erano stati consigliati da Larry Geller. Dopo che il Colonnello era riuscito a interrompere l’influenza di Geller su Elvis, questi due bauli e il loro contenuto, furono bruciati. Altre persone che incoraggiarono Elvis a leggere, furono l’attrice Donna Douglas e l’istruttore di arti marziali Ed Parker, il giornalista May Mann e il mentore Larry Geller. L’istruttore di arti marziali Kang Rhee incoraggiò Elvis a leggere molti libri sulle arti marziali. STORIA #59 Una mattina del 1974, Elvis chiamò Schilling Lincoln-Mercury e gli disse di preparare la showroom per lui. Disse al concessionario, Percy Kidd, che sarebbe sceso entro 20 minuti. Elvis era di buon umore e voleva comprare le macchine Lincoln Continental Mark IV, per i suoi amici. Quando il gruppo arrivò dal concessionario, Elvis disse ad ognuno di scegliersi la macchina che voleva. Quel giorno, acquistò 7 macchine. Quando chiese il conto, firmò un assegno e non si mise assolutamente a trattare. Quando il gruppo tornò a Graceland con le loro macchine nuove, Vernon ad Elvis chiese la ricevuta. Verificando che non l’aveva, Vernon si mise a sbraitare con il figlio. Aveva pagato le macchine a prezzo pieno e anche le tasse. Vernon gli disse di tornare dal concessionario e farsi fare uno sconto, visto che aveva comprato così tante macchine in una volta sola. Quando Elvis disse a Kidd che gli spettava uno sconto per 7 macchine, l’uomo si rifiutò, dicendo che l’affare era fatto ed era troppo tardi per fare lo sconto. Kidd sapeva che Elvis era in grado ci pagare il prezzo pieno e sapeva anche, che, in quel modo ci avrebbe guadagnato un’ altissima provvisione. Scortato dalla polizia, Elvis tornò dal concessionario alle 3 del pomeriggio per rendere le macchine. Il concessionario era sconvolto, perché in questo modo aveva perso una grossa vendita. Più tardi, Elvis andò da Foxgate Lincol dove comprò le 7 macchine, con uno sconto di $ 1.500. Visto che, il concessionario Dewayne Curtis non era in possesso delle macchine colorate che Elvis voleva, chiamò Percy Kidd e fece una trattativa segreta per Elvis. Schilling Lincol-Mercury era il proprietario della Foxgate Lincoln. STORIA #60 RACCONTATO DA GEORGE KLEIN Elvis non ha mai perso la sua voglia di vivere, amava la vita. Amava i tours, ma aveva messo su peso e sapeva che non era nella forma migliore, anche se si sa non si può essere al meglio ogni sera – è impossibile - e anche lui era un esser umano. Anche se stava male, Elvis doveva esserci ed esibirsi davanti a 15.000 persone. Annullava i concerti, solo quando era molto ammalato. Molte volte, saliva sul palco malato come un cane, con un pessimo raddreddore o l’influenza o un’infiammazione alla gola. Odiava deludere i suoi fans, perché li amava. LARRY STRICKLAND Per me era solo un ragazzo semplice e gentile. Era sempre Elvis, ma non recitava la parte di Elvis. Era molto alla mano, aveva la sua parte di uomo molto normale. C’era un momento dello spettacolo dove lui amava cantare un paio di canzoni con la tonalità di basso. Sarebbe sceso di un’ottava e il mio lavoro era di armonizzare e cantare con lui. Se di fondo, nessuno avesse guardato me, tutti avrebbero pensato che era Elvis a fare quelle note così basse. Eravamo arrivati a farlo benissimo insieme. Durante la canzone, non lasciava trapelare al pubblico che non fosse lui; ma ogni sera dopo la nostra canzone, Elvis veniva verso di me e faceva sapere alla gente che non era lui quel basso. Avrebbe potuto continuare, e il pubblico non l’avrebbe mai saputo. Era un uomo vero, onesto, che amava la musica e chiunque avesse talento musicale. BEN WEISMAN L’ultima sera della stagione di Las Vegas, Elvis mi invitò ad una delle sue feste. Salii al piano superiore e me ne stavo seduto tranquillo. Io non amo molto le feste. Verso le 6 del mattino, venne verso di me e mi disse di andare con lui. Disse “Ben, come mai sei così tranquillo?” Dissi “Non ho molto da dire” E lui, “Quante canzoni tue ho inciso?” “57” e lui “57!!” Mi abbracciò, e facendomi alzare in piedi, davanti a tutti disse “Voglio che tutti voi conosciate Ben Weisman che ha scritto canzoni per me più di ogni altro autore: cinquanta sette. Voglio dirlo, per onorare quest’uomo” Ci fu un grande applauso, e mi accompagnò al pianoforte. Disse “Ben, voglio che tu ascolti questa canzone. Si chiama “Softly As I Leave You” Parla di un uomo che sta per morire” Eravamo nel 1976, circa un anno prima che morisse. C’era qualcosa che non andava e lui lo sapeva. Ultima Modifica di hurt : 08-12-2007 09:56 |
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Re: Storie Sconosciute
STORIA #61 RACCONTATO DA EDDIE FADAL Elvis si sentiva in colpa se deludeva i suoi fans. Li amava veramente e se tu lavoravi per lui e offendevi i suoi fans, era rischioso e potevi essere licenziato. MYRNA SMITH A causa delle pillole che prendeva, Elvis si arrabbiava facilmente. Tutti i ragazzi, per un motivo o per l’altro, erano stati licenziati, ma di solito venivano ri-assunti – come penso sarebbe successo a Red e Sonny. Non sarebbe stato irreversibile, li avrebbe richiamati: erano i suoi amici. L’ho visto arrabbiato un paio di volte. Quando sentì del libro di Red e Sonny e dell’altro si arrabbiò, ma soprattutto gli fece molto male. Non voleva che Lisa leggesse quella roba. Loro dicono che lo scopo era un ultimo tentativo di aiutarlo, ma Elvis disse che si sentiva tradito. LARRY GELLER Scoprimmo del libro Elvis What Happened, alla fine del 1976. Ha distrutto Elvis. Non riesco a dirti il dolore che questo gli ha creato. Questa cosa era l’esplosione sensazionale (e controversa) di un’icona. Mesi più tardi, Elvis l’avrebbe allontanata dai suoi pensieri. Forse pensava che non sarebbe uscita – forse era solo il suo rifiuto. Ma io sapevo che sarebbe uscita; tutti noi lo sapevamo. BILL E. BURK Poco dopo il licenziamento, Red ed Elvis parlarono al telefono e Elvis espresse il suo dispiacere per l’uscita del libro. Elvis sapeva cosa stava succedendo, ma non disse mai “Non farlo”. Si limitò ad esprimere il suo dispiacere. Verso la fine della telefonata Elvis disse a Red: “Fai quello che devi fare” LINDA THOMPSON Un giorno dissi a me stessa “Posso stare qui per sempre, e posso invecchiare oppure morire perché sono esausta, per cercare di accudire questa persona. Alla fine dipende da lui. Lui è l’unico che deve avere cura di se stesso. Non posso farlo per lui.” Così alla fine mi sono decisa “Non voglio fare questa vita per il resto della mia vita” GEORGE KLEIN Non credo che Elvs sapesse veramente quanto fosse malato. Credo che nessuno lo sapesse. Sapevamo che non era in buona salute, che non stava bene, ma non avevamo la minima idea che fosse ammalato così tanto. STORIA #62 Si disse che, il giorno in cui Elvis Presley morì, la RCA Records si trovava sull’orlo della bancarotta. Da parecchi mesi, la società aveva difficoltà finanziarie e sembrava non ci fossero vie d’uscita. I dipendenti raccontarono che avevano già avviato le pratiche per dichiarare il fallimento e le ultime carte erano già pronte, quando ricevettero la telefonata che informava della morte di Elvis Presley. L’esecutivo andò a rovistare tutti i loro file e trovarono una polizza assicurativa su Elvis di $ 2.5 Milioni. Con quel denaro, la RCA fu in grado di pagare molti dei loro debiti e trattare per rimanere nel business. Alcuni giorni più tardi, la società ricevette ordini di dischi di Elvis Presley per oltre $ 4 Milioni! La RCA distrusse tutte le carte relative alla richiesta di fallimento. Nel corso di quell’anno guadagnarono $ 25 milioni. Frank Sinatra si esibiva all’Alpine Music Theater di East Troy, Wisconsin, alla fine di agosto del 1977. Durante la seconda parte del suo spettacolo, Sinatra cantò alcune delle canzoni più popolari di Elvis e disse al pubblico “Signore e Signori, abbiamo perso un amico. Oggi abbiamo perso un grande amico! Ciao Elvis!” Poi chiese tutti un momento di silenzio per ricordare l’ultimo grande Re del Rock ‘n Roll. Come molti sanno, quando Elvis morì, suo padre ebbe un grave attacco di cuore. Era il suo secondo infarto. Vernon era sconvolto e completamente distrutto per la perdita del suo unico figlio. Adesso era rimasto solo al mondo. Nell’agosto del 1978, un doloroso anno dopo la morte di Elvis, Vernon ordinò una decorazione floreale speciale, per la tomba di suo figlio. Il messaggio sul nastro rosso diceva “E’ passato un anno, da quando ci hai lasciato, figlio mio. Ancora non riesco a crederci. Mi manchi terribilmente. Ti amo tanto – Papà” Vernon andava sulla la tomba, nel Meditation Gardens, per mettere ordine sulla lapide di Elvis. Usava il bastone e si muoveva a piccoli passi. Era molto determinato ad andare ad onorare la tomba di suo figlio, anche se ciò gli costava fatica e dolore. Dopo aver messo i fiori sulla tomba di Elvis, Vernon piangeva lacrime amare. Non avrebbe mai pensato di sopravvivere a suo figlio. Vernon si inginocchiava sulla lapide, tenendosi sulle barre che circondano la tomba, e piangeva tutto il suo dolore. Poi lentamente si alzava e piano piano tornava a casa. Sapeva che suo figlio ormai se n’era andato – andato per sempre. F I N E
Ultima Modifica di hurt : 08-12-2007 09:58 |
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Re: Storie Sconosciute
Hurt, lo sai di essere fantastica!!! grazie di quasto immenso contributo di tutto il tuo impegno dato
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Re: Storie Sconosciute
grazie 1000 Hurt.... ma anche di più.... facciamo 999.999.999.999,9999999999991 volte grazie...
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Re: Storie Sconosciute
Fantastico tuute belle queste storie, le ultime un po tristi.
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Re: Storie Sconosciute
Hai ragione François!
D'altra parte ELVIS era molto triste |
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Re: Storie Sconosciute
Ti faccio i miei più sinceri complimenti per questo tuo magnifico lavoro. E' veramente bello leggere così tanti aneddoti tutti insieme...grande!
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Re: Storie Sconosciute
Sempre grande, Hurt! Faccio una proposta ai gestori del sito: aprire una sezione, tra i menu, dedicata a questi aneddoti.
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Re: Storie Sconosciute
Confermo quanto già detto precedentemente: ottimo lavoro!
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