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Vecchio 08-08-2007, 08:04
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Sempre dal Corriere della Sera Elio Girompini 07 agosto 2007

La leggenda di Presley ancora in vita a 30 anni dalla morte ufficiale
«Elvis è vivo». Il mito del rock è immortale.
Complotti, alieni, Fbi, ritiro volontario sotto falsa identità: le teorie esposte da siti web, film e gadget. Per chi non si rassegna

Ma sarà poi vero? Insomma, il «re» è morto, e si giustificano allora le celebrazioni dei 30 anni dalla sua dipartita, oppure ha soltanto fatto in modo di sparire, nascondendosi magari dietro una falsa identità? Rassegnarsi alla perdita di un mito è difficile. Se poi si tratta di Presley per alcuni è stato, fin da subito, impossibile. Non ci hanno voluto credere, neppure di fronte all'evidenza. E hanno cominciato a esporre tesi disparate, dall'inclusione in un programma di protezione dell'Fbi all'intervento degli alieni.
(da Truthaboutelvis MySpace)

Così, ancora oggi non pochi credono che «Elvisè vivo». Un'affermazione ormai essa stessa parte dei miti del rock, riprodotta su T-shirt e spillette, rilanciata da fan club e siti web dedicati alla ricerca della «verità» sulla fine mai avvenuta della vita terrena di Elvis. La teoria curiosamente è speculare all'altra bizzarra diceria del rock, quella su Paul McCartney che sarebbe morto da un bel pezzo, come farebbe capire la foto di copertina di Abbey Road. E sarebbe stato sostituito da un sosia tanto somigliante da essere persino bravo come lui a cantare, suonare il basso e comporre canzoni.

(Internet)

LIBRI E GIORNALI - Ci credete? No, certo. Ma la leggenda di Elvis che sopravvive, sotto mentite spoglie, alla propria morte ufficiale è ormai a livello di credenza popolare negli Usa. Tanto che il cinema non perde occasione di appropriarsene con semplici citazioni o con trame che danno per imminente il ritorno del mito. Qualche volta ci si sono buttati anche i giornali, come il tabloid Usa Weekly World News nel 1990, con una foto di un «avvistamento» messa in prima pagina. Il libro più noto sul tema è di Bill Beeney e si basa su una presunta teoria scientifica espressa già nel titolo: «Il dna di Elvis prova che è vivo». Anche la moda dei concorsi per i sosia del re del rock 'n' roll (pure ripresa spesso nella parodia cinematografica) tradisce la voglia di (ri)vedere un Elvis in carne e ossa. Quest'anno, vista la ricorrenza, l'obbiettivo è di individuare finalmente l'alter ego «definitivo», ma si può già immaginare che nessuno degli adepti si rassegnerà neppure a questo verdetto e i concorsi continueranno.

(Internet)

INTERNET - In Rete si trovano pagine e pagine sul tema. La principale è proprio intitolata «Elvis is alive» ed espone tutte le argomentazioni a sostegno oltre a raccogliere le segnalazioni di «avvistamenti». Così come «Truthaboutelvis» (ha anche una pagina su MySpace) si propone di rintracciare tutti gli indizi che portino alla verità sulla vicenda. Il film maker Adam Muskiewicz ha avviato nel 2004 un film documentario (che presenta proprio in occasione del 30esimo anniversario della morte) sul mito di Elvis vivo, ascoltando vari testimoni, a favore e contro la tesi. Il suo sito, Elvis Wanted, prometteva addirittura una ricompensa di 3 milioni di dollari a chi avesse portato la prova definitiva dell'esistenza in vita di Elvis Presley. In homepage c'era, e c'è ancora, un'immagine ritoccata al computer di come potrebbe essere il viso del «re» oggi. Nessuno, ovviamente, è riuscito a vincere il premio. Il trailer del film mostra una sintesi delle interviste e, se volete, sul sito potete partecipare a un sondaggio sul tema: «Elvis è vivo? Sì, no, forse». Se per caso siete tra quelli che si preparano al «pellegrinaggio» dei fan a Memphis per la settimana di celebrazioni dedicate al re del rock e la visita a Graceland, potete anche programmare un'ulteriore tappa del vostro viaggio nel Missouri dove, a Wright City, c'è un piccolo museo che, indovinate, si chiama «Elvis is alive museum». Insomma, il mito non muore mai. E se per caso dovesse succedere, non credeteci.
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Vecchio 08-08-2007, 08:10
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Da ANSA.IT 2007-08-07 16:14

PROSEGUE IL MITO DI ELVIS, VIVE IN ARGENTINA?



BUENOS AIRES - Molti pensano che la sua morte altro non abbia fatto che renderlo immortale. Per altri, semplicemente, un suo decesso non c'é mai stato. Il mito di Elvis Presley, alimentato da decenni di voci e congetture su una sua seconda vita in qualche angolo del mondo, ha ripreso vigore all'approssimarsi del trentennale della sua morte (16 agosto). Ed ora c'é chi giura che il 're del rock n'roll' risieda sotto mentite spoglie in Argentina. L'ultima edizione della versione latinoamericana della rivista Rolling Stone ha riaperto il 'caso': a Buenos Aires sono addirittura comparsi annunci sulle strade, attaccati ai pali della luce, in stile 'wanted', con tanto di foto segnaletica della rock star ritratta con l'aspetto che avrebbe oggi, all'età di 72 anni, e che invitano chiunque abbia delle informazioni a riguardo a riferirle in una pagina appositamente allestita su internet (elvisenargentina.blogspot.com). Ed è proposto un video con le dichiarazioni di 'testimoni', che confermerebbero la tesi secondo cui Presley si troverebbe sulle rive del Rio de la Plata. Ad esempio Jorge Daniel Garcia, che nel 1977 era un soldato, racconta che nella base militare di Palomar (provincia di Buenos Aires) arrivò proprio da Memphis un Boeing 747, il primo aereo di quel tipo che atterrava nel paese, e che c'era una limousine ad attendere un uomo.

La storia riportata da Rolling Stone è questa: dopo la morte ufficiale di Elvis, un uomo chiamato John Burrows, con una straordinaria somiglianza con il cantante nordamericano, fu notato mentre acquistava un biglietto aereo per Buenos Aires. Elvis, si dice, usava spesso quello pseudonimo per viaggiare e l'avrebbe usato per un viaggio alla Fbi di Washington. Fu proprio in quella circostanza che, come accertato grazie a diverse testimonianze attendibili, Presley incontrò in segreto il presidente degli Usa Richard Nixon, informandolo a riguardo della condotta illegale di altre celebrità dell'epoca e offrendo i propri servigi nella lotta contro la droga. Dopo anni di collaborazione con i servizi segreti, e vista l'importanza del suo contributo per sgominare bande mafiose, Elvis fu 'fatto sparire' per salvargli la vita, e venne trasferito - questa la novità mai evocata prima - in Argentina, "in una zona ad ovest nella provincia di Buenos Aires", dove risiederebbe da allora con una nuova identità. Secondo i sostenitori di questa tesi, Elvis non sarebbe quindi defunto nei giardini di Graceland, la sua dimora di Memphis divenuta un vero santuario del rock, come dichiarato ufficialmente, ma sarebbe il protagonista di uno dei piani per la protezione di testimoni più elaborato di tutti i tempi. Uno scrittore argentino, Jeronimo Burgues, sostiene che l'Fbi e la Cia, insieme alla Polizia di Buenos Aires, sono coinvolte nel "segreto meglio conservato della storia". A giorni dal 30/o anniversario della sua morte ufficiale per infarto, riaffiora così uno dei miti intramontabili della storia della musica. In passato, una Tv britannica si era occupata del caso-Presley, con un documentario che sosteneva la tesi di una morte 'fasulla' e del coinvolgimento dell'Fbi. Elvis, nel corso degli anni, è stato avvistato negli Usa, mentre acquistava una lattina di birra in un supermercato del Texas, a bordo di un'automobile in una strada di Seattle e mentre camminava in una cittadina dell'Illinois, ma anche in Europa, nel ristorante di un città tedesca. Tutte voci rimaste tali. Chissà se sarà così anche questa volta, o se The King comparirà per davvero, magari con un cappello da gaucho e un poncho di lana al posto del leggendario ciuffo e della consueta camicia sgargiante
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Vecchio 09-08-2007, 07:52
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9/8/2007 (7:51) - IL PERSONAGGIO
MARINA VERNA
CORRISPONDENTE DA BERLINO

Quando Elvis il Rosso faceva impazzire la Ddr



L'americano che lasciò gli Usa per cantare l'Urss. Era l'orgoglio della nomenklatura dell'Est, Spielberg gli dedica un film

Dean Reed era bello come Robert Redford e ardente come Jane Fonda, cavalcava come John Wayne e cantava come Elvis Presley. Era nato in Colorado ma aveva scelto di vivere nella Germania dell’Est. Fu così che divenne «l’Elvis rosso», eroe di quella parte di mondo che stava al di là della cortina di ferro e a Sud del sogno americano. Mise la sua chitarra al servizio della lotta per la libertà e la giustizia sociale, si proclamò marxista, mescolò rivoluzione e canzoni country, si illuse e disilluse. Una vita da film. E adesso, a vent’anni dalla sua morte, ce ne sono addirittura due: il documentario «Der rote Elvis» del giovane regista tedesco Leopold Gruen, appena arrivato nelle sale della Germania, e il lungometraggio americano cui sta lavorando Spielberg, con Tom Hanks nella parte del protagonista.

Nei primi Anni 60 Dean Reed è un bel ragazzo con un gran ciuffo e una voce modesta - giudizio dei discografici - che tenta di sfondare come cantante ma non ci riesce. Dopo i primi flop, la sua etichetta lo spedisce in Sud America. Altro pubblico, e ben altro successo: la voce languida e il colpo d’anca elettrizzano il pubblico femminile. Reed riempie gli stadi del Cile e dell’Argentina, li fa piangere cantando «Venceremos» e vende dischi a milioni. Scopre però anche la povertà e l’ingiustizia sociale, ne è turbato e cambia la direzione della sua vita: sceglie l’impegno politico e diventa comunista perché «non basta cantare qualche bella canzone, occorre partecipare attivamente alla lotta per la pace mondiale e la liberazione nazionale». E dunque: protesta contro la politica imperialista della sua patria, partecipa come delegato al Congresso per la Pace Mondiale di Helsinki, va in tournée in Urss, appoggia la candidatura di Salvador Allende e la lotta dell’Olp di Arafat. Si fa fotografare in Libano con chitarra e Kalashnikov, si fa arrestare a Santiago per aver marciato sotto l’ambasciata americana con una bandiera a stelle e strisce e un secchio d’acqua «per ripulirla del sangue dei civili uccisi in Vietnam».

Da Berlino alla Mongolia c’è una fetta di mondo che lo adora, mentre in America lo bollano come traditore e opportunista. Nel 1972 - in piena Guerra Fredda - decide di andare a vivere nella Ddr. Si è innamorato di un’attrice tedesca, aspetta da lei un figlio e la segue nella sua patria. E’ un romantico un po’ ingenuo, ma è anche un uomo che vuole il successo. E ha capito che lì lo avrà. Increduli di un tale colpo d’immagine, i vertici del partito gli fanno ponti d’oro: villa sul lago, libertà di viaggiare, film, dischi, concerti. Il primo single dell’etichetta Ddr Amiga ha in copertina una sua foto con cappello da cowboy sullo sfondo di una cascata, sul retro una frase incisiva: «L’arte, la canzone - devono essere sempre armi».

Il rovescio della medaglia è la strumentalizzazione: Reed deve alzare il pugno nel Giorno della Solidarietà, cantare alle Feste della Gioventù, collaborare con la Stasi. E’ ostaggio del potere che lo vizia. Quando nel ’76 il cantautore Wolf Biermann, dopo un concerto a Colonia, non può più rientrare a Berlino Est - espulso dalla Ddr «per aver violato i doveri di cittadino» - e decine di artisti firmano una lettera di protesta al governo, lui si tiene al coperto. Continua a cantare la libertà e la fratellanza socialista mentre i dissidenti vanno in carcere e perdono il lavoro.

Arrivano gli Anni 80 e la sua stella declina: il regime non gli ha permesso di evolvere, lui è cristallizzato in canzoni ormai fuori del tempo, lo invitano sempre meno, e c’è sempre meno gente ad ascoltarlo. La Stasi lo tiene d’occhio, da quando ha avuto un battibecco con il poliziotto che lo ha fermato per eccesso di velocità: «Perché avete lasciato andare la grande berlina nera che mi ha superato a 160 all’ora? Questo è uno Stato fascista. Comincio ad averne abbastanza anch’io come la maggior parte dei 17 milioni che abitano questo Paese».

Reed ha nostalgia della sua America, vorrebbe tornarci e fare il senatore del Colorado. Ha chiaramente perso il senso della realtà. «Non ci piace che la nostra gente vada all’estero a parlar male di noi», dice nel documentario di Gruen un vecchio amico che potrebbe aiutarlo ma non lo fa. Deen ha ormai 46 anni e non vede più prospettive: triste, depresso, dopo un ennesimo litigio con la moglie prepara una borsa ed esce di casa. «Vado da chi mi vuole bene», le dice. Lo ritroveranno qualche giorno dopo, il 31 agosto ’86, cadavere sulla riva di un lago. Si è ucciso, ma per la Stasi è un «tragico incidente». Per altri, è un complotto dei servizi segreti americani, sovietici e tedesco-orientali. Una leggenda che solo l’apertura degli archivi segreti ha sfatato: nel dossier «Dean Reed» c’era una lettera d’addio di 15 pagine.
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Vecchio 09-08-2007, 07:57
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Dal TGCOM (notizia pubblicata anche sul Messaggero Veneto di ieri 8/08/2007)

Elvis Presley? Vive in Argentina

Finta morte del rocker: si riapre caso

Da quel 16 agosto 1977, data della morte "ufficiale" di Elvis Presley, non si sono mai placate le leggende metropolitane sul fatto che "the king" non sia defunto ma viva sotto altra identità, nascosto da qualche parte del pianeta. Ora in Argentina si riapre il caso. Testimoni giurano di aver visto Elvis a Buenos Aires. Sono addirittura comparsi annunci sulle strade con il presunto rocker, che oggi avrebbe 72 anni.

A far sognare i milioni di fan che "the king" vanta ancora in mezzo mondo, è l'edizione latinoamericana della rivista Rolling Stone. A pochi giorni dal trentennale della morte (16 agosto), il magazine racconta che dopo la scomparsa ufficiale di Elvis, un uomo chiamato John Burrows, con una straordinaria somiglianza con il cantante americano, fu notato mentre acquistava un biglietto aereo per Buenos Aires. Elvis, si dice, avrebbe usato quello pseudonimo per un viaggio alla Fbi di Washington. Fu proprio in quella circostanza che, come accertato grazie a diverse testimonianze attendibili, Presley incontrò in segreto il presidente degli Usa Richard Nixon, informandolo sulla condotta illegale di altre celebrità dell'epoca e offrendo i propri servigi nella lotta contro la droga. Dopo anni di collaborazione con i servizi segreti, e vista l'importanza del suo contributo per sgominare bande mafiose, Elvis fu "fatto sparire" per salvargli la vita, e venne trasferito in Argentina, ''in una zona ad ovest nella provincia di Buenos Aires'', dove risiederebbe da allora con una nuova identità.

Come storia per un best-seller o un film sembra perfetta. Resta da verificare se - come afferma lo scrittore argentino Jeronimo Burgues - si tratta davvero del "segreto meglio conservato della storia" oppure dell'ennesima suggestiva invenzione tesa ad alimentare un mito che non si è mai spento. Elvis, nel corso degli anni, è stato "avvistato" negli Usa, mentre acquistava una lattina di birra in un supermercato del Texas, a bordo di un'automobile in una strada di Seattle e mentre camminava in una cittadina dell'Illinois, ma anche in Europa, nel ristorante di un città tedesca. C'è da giurare che gli appassionati del cantante di "Love me tender" per poter rivedere la loro leggenda ancora in carne ed ossa (seppure con qualche ruga da ultrasettantenne) farebbero carte false. Appuntamento allora a Graceland, il 16 agosto, per il più grande Presley-show di tutti i tempi. Chissà che proprio in quell'occasione, a trent'anni dalla sua scomparsa, il grande Elvis torni fra i vivi con un ultimo, straordinario coup de theatre... Improbabile, ma i fan sperano ancora.
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Vecchio 09-08-2007, 08:03
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“Piedigrotta 2007”, Brian Ferry e Napoli rendono omaggio a Elvis Presley

sabato 1 settembre – “’O Sole mio forever”, Salone Margherita

venerdì 7 settembre – “Concerto per Piedigrotta”, Piazza del Plebiscito

Con La Festa di Piedigrotta 2007, Napoli rende un doppio omaggio al “re del rock and roll”, Elvis Presley.

da sabato 1 settembre

A Elvis Presley, alla sua versione di "It's now or never" e di "Surrender", alle sue sonorità melodiche è dedicata un'importante sezione della mostra "'O sole mio forever", una rassegna storico-virtuale curata dalla Fondazione Bideri che si terrà, dal 1° settembre, presso il Salone Margherita, storico tempio del cafè chantant riaperto per l'occasione.
Gli spartiti originali della traduzione americana del classico di Capurro-Di Capua, le differenti copertine delle edizioni a 45 giri, le lettere di autorizzazione dell'adattamento saranno esposte insieme a foto e memorabilia di “The Pelvis”, scomparso il 16 agosto di trent'anni fa.

venerdì 7 settembre

E proprio "It's now or never" e "Surrender" (che in origine erano, rispettivamente “’O Sole mio“ e "Torna a Surriento") sono le due canzoni scelte da Brian Ferry, la voce dei Roxy Music, per partecipare al "Concerto per Piedigrotta" che il 7 settembre, in piazza del Plebiscito, lo vedrà protagonista con Massimo Ranieri ed altri divi della musica italiana ed internazionale per omaggiare il grande repertorio classico napoletano.
“Piedigrotta 2007” è sostenuta dalla Regione Campania, organizzata dall'Ente Provinciale per il Turismo di Napoli, con la collaborazione del Comune e della Provincia di Napoli.

Per tutte le informazioni: www.festadipiedigrotta.it - www.eptnapoli.info
Fonte: Ufficio stampa MIGNARDI PROMOPRESSAGENCY
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Vecchio 12-08-2007, 08:06
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Da Musik.link

Elvis, a 30 anni dalla morte invasione a Graceland
Grande show a Memphis e ristampa di dvd per l’anniversario

2007-08-06 - Il tempo non corrode il mito del Re del Rock’n’Roll. Trent'anni dopo la morte di Elvis Presley, Graceland, la sua residenza, è pronta ad ospitare il più grande show della sua storia, mentre gli Stati Uniti sono invasi da un’ondata di dvd con i suoi film e concerti.
Anche le giovani generazioni conoscono Elvis, grazie anche al programma “American Idol” durante il quale pochi mesi fa grazie a uno speciale proiettore ha cantato al fianco di Celine Dion “If I can dream”.
Migliaia di persone hanno comprato i biglietti per La Settimana di Elvis (Elvis Week), che dall’11 al 19 porterà i fan a Graceland e negli altri luoghi di Memphis significativi nella vita di Presley, morto il 17 agosto del 1977 per un attacco cardiaco causato da anni di eccessi e di abusi di farmaci e droghe. A 42 anni Elvis era grasso e sfigurato e passava le sue giornate a letto, anche se il giorno dopo la sua morte avrebbe dovuto esibirsi nel Maine.
Oggi Elvis è un marchio planetario ma la CKX di Manhattan, la società che dal 2005 controlla Graceland e i proventi legati ad Elvis, vuole allargare e ringiovanire il mito per fare in modo che i proventi continuino ad affluire anche quando le vecchie generazioni non ci saranno più. Un progetto da 250 milioni di dollari per fare in tre anni di Graceland un centro visitatori da 7.400 metri quadrati, costruire un mega hotel e un museo ad alta tecnologia dove i fan potranno assistere ai concerti virtuali di Elvis. L’idea funziona perché i biglietti per il concerto virtuale che si terrà nella Elvis Week sono andati esauriti e la data è stata raddoppiata.
Sul fronte cinematografico invece, la Paramount e la Warner hanno appena lanciato la riedizione di una ventina di film e concerti in cofanetti ed edizioni speciali rimasterizzate.

KEYWORDS: eventi_cronaca , USA , rock
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Vecchio 12-08-2007, 08:09
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L'ANNIVERSARIO / 30 ANNI FA

Memphis, 16 agosto 1977: Così il mondo impazzì per Elvis

Dalla foto rubata del Re nella bara alle polemiche sulle cause della morte: la fine di Presley fu un evento che sconvolse milioni di fans. E il pellegrinaggio a Graceland non si è mai fermato
di Ernesto de Pascale





Roma, 11 agosto 2007 - I giornalisti che furono spediti a «coprire» la morte di Elvis Presley quel 16 agosto 1977 non hanno ancora dimenticato. Erano centinaia e alcuni avevano seguito rivoluzioni, colpi di Stato, funerali di statisti e re, la guerra del Vietnam. Ancora oggi, dicono che i giorni della morte di Elvis e del funerale furono molto, molto peggio di tutto questo.

Tra trucchi piccoli e grandi, sgambetti e concorrenza spietata, il colpaccio del National Enquirer trova ancora oggi ampio spazio nelle antologie dedicate al giornalismo «giallo» che negli Usa sta per sensazionalistico.
Se il giornalismo americano è molto competitivo, quello del National Enquirer (che allora era ancora un quindicinale) è il più competitivo di tutti. Un'intera squadra di reporter fu caricata di peso su un aereo appositamente noleggiato in Florida dove aveva sede il periodico. Il mandato del direttore era semplice: «Non importa cosa mi portate, ma deve essere sensazionale. E non deve averlo nessun altro».

Ricorda uno dei reporter: «Sapevamo che avremmo dovuto scovare qualcosa di impossibile, perché c'erano tutti i giornali e tutte le tv del mondo e noi non saremmo usciti da quell’inferno non prima di una decina di giorni. Lo sapevamo così bene che già sull'aereo privato avevamo deciso di puntare tutto sulla foto del cantante nella bara».

Non si sa nemmeno oggi chi sia stato a scattare quell’immagine. Fonti dell'Enquirer giurano che fu opera di un cugino di Elvis. Ma l'impresa fu talmente eclatante e indispettì talmente il clan di Elvis che ancora oggi c'è chi pagherebbe qualsiasi cosa per mettere le mani sull'autore del colpaccio.
Comunque sia, armato di una Minox, una minuscola macchina fotografica da spia del costo di 300 dollari, «qualcuno» riuscì a rubare l'unica foto di Elvis nella bara.

La foto, tremenda per lo stato in cui era ormai il Re, sfatto dall'alcool e dalle pasticche, invano paludato in un completo color crema con camicia azzurra e cravatta a strisce, fu pagata all’epoca 75mila dollari. Il presidente nonché editore del settimanale Iain Calder si rifiuta di rivelare l'autore o confermare la cifra: «Sono segreti, no? L'importante è che quel numero stabilì il nostro record assoluto di vendite: sei milioni di copie».

Il giallo della foto si arricchì di un nuovo capitolo poco tempo dopo: sparì infatti dalla cassaforte dell'Enquirer. La polizia aprì un fascicolo e dipendenti del periodico vennero arrestati sul posto di lavoro.
Pare che avessero progettato di stampare migliaia di t-shirts con la tragica immagine. Un sintomo delle follie di quei giorni d'agosto.

Bob Kendall, direttore della Memphis Funeral Home, racconta di quel funerale definendolo «il più grandioso mai avuto da un privato cittadino negli Stati Uniti».
Le disposizioni del clan di Elvis erano precise, evidentemente dettate dal Re in persona: la bara doveva essere esattamente come quella della madre, che l’aveva voluta di rame. Non ce n'erano a Memphis e Kendall dovette farla arrivare in volo da Oklahoma City.

Il vero problema fu il corteo: volevano diciassette Cadillac bianche. Ma ce n'erano solo tre in tutta Memphis e dovette rastrellarle anche a centinaia di chilometri di distanza. Furono ore frenetiche, in cui Kendall non ebbe nemmeno il tempo di rispondere ai giornalisti che lo assediavano alla ricerca di ogni particolare. Tutto questo mentre ventimila persone, decine delle quali svenivano per il caldo, facevano pazientemente la coda, in lacrime per poter entrare a Graceland per versare l'ultimo tributo al Re.

Ci fu anche un altro episodio tragico e folle: alle prime ore del mattino di lunedì proprio davanti a Graceland, la grande residenza di Elvis dalle bianche colonne, un uomo investì in pieno la folla di fans che vegliavano. Due morti, un ferito grave. L'automobilista fu accusato di omicidio colposo e ubriachezza al volante.

Al cimitero, dove già erano in vendita ai cancelli gli «stickers» per l'automobile con la scritta «Elvis vive. Lunga vita al Re» (prezzo di un dollaro e primo esempio della commercializzazione del mito), ne successero di tutti i colori. Oltre 4500 corone e cuscini, molti a forma di chitarra, tutti inviati da fans adoranti furono spogliati completamente da ammiratori alla ricerca di un ricordo. Finiti i fiori, cominciarono a portarsi via zolle erbose e presto il camposanto si trasformò in un campo di battaglia.

Un altro effetto immediato fu la folle richiesta di dischi: alla Rca si lavorò per settimane 24 ore su 24 per far fronte alla domanda. L'amore e il desiderio dei fans di tenersi un ricordo (oggi in effetti ricercati e pagati prezzi folli) mise nei guai per mesi gli organizzatori della tournée che Elvis avrebbe dovuto cominciare proprio il giorno del suo funerale. Avevano 600mila dollari di biglietti da rimborsare, ma non ci fu un fan che restituì il prezioso tagliando.

Poi ci furono le controversie sulla morte stessa. Il decesso di Elvis fu ufficialmente attribuito ad «aritmia cardiaca» causata da «motivi indeterminati». Il medico George Nichopoulos dapprima negò che il Re avesse fatto uso eccessivo di vari medicinali. Ma due anni più tardi, Nichopoulos si vide sospesa la licenza per prescrizione eccessiva di farmaci.

Tre mesi dopo la morte, il medico legale ammise che nel corpo di Elvis era stata constatata la presenza di dieci diversi farmaci. Ma i familiari e il clan si opposero alla pubblicazione dei risultati dell'autopsia. Il road manager Joe Esposito, a capo dell'organizzazione per i concerti e le tournée di Elvis, ammette solo oggi che il clan e la famiglia riuscirono piuttosto bene a proteggere la memoria del Re: voci e illazioni tanti, fatti pochi.
Esposito ammette: «Erano farmaci in commercio. Niente di illegale. Tutti intorno a Elvis prendevano pasticche, pasticche per stare su e darci dentro, pasticche per andare a dormire. Era il ritmo della vita che conducevamo a costringerci a fare uso di certe sostanze. Certo, come tutti sanno, Elvis faceva tutto in eccesso. Ecco che cosa è successo. Certe volte penso che sia veramente un peccato, fosse successo oggi con la gente che dà alle pasticche molta meno importanza, visto il dilagare di ben altre cose, Elvis avrebbe avuto meno pressioni, forse avrebbe trovato aiuto».


Tupelo, Mississipi. È l'alba. Ma i parcheggi oltre il fiume sono pieni di automobili provenienti da tutti gli Stati dell'Unione. Centinaia di persone sono già pronte per il mesto pellegrinaggio in quella sorta di baracca dov’è nato il mito. Quel rudere, altrimenti, non meriterebbe uno sguardo. Fu costruita dal padre Vernon con le sue mani, con 180 dollari presi in prestito e con l'aiuto di qualche parente, a poche centinaia di metri dalla casa del nonno di Elvis. Ma la visita al luogo natale di un mito americano è importante per gli americani e la conferma di una delle filosofie dominanti in questo paese.

In questo luogo si può toccare con mano la squallida povertà in cui è nato e cresciuto un uomo divenuto nel giro di pochi anni famoso quanto un presidente. Grazie alle sue straordinarie doti, un po' di fortuna e tanta volontà di sfondare. L'arredamento della baracca sembra quello di certi film che raccontano la vita dei pionieri: in realtà molti pezzi, come la madia per la torta di mele, l'armadio e la stufa sono stati donati in seguito o restaurati. Non importa: per i pellegrini il luogo è mistico, come se si trattasse di una stalla di Betlemme. La media è di 35-40mila ‘pellegrini’ all'anno, ma questo è un anno speciale.

Infine, proprio dietro la casa natale, c’è la Elvis Presley Memorial Chaple, completata alla fine degli anni Settanta con i contributi di fans di tutto il mondo. Ospita dodici file di banchi, un pulpito donato dal decano delle congregazioni pentecostale padre Tilley e sul pulpito la Bibbia personale di Elvis, donata da suo padre.
Al centro un'enorme vetrina colorata che prende tutta una parete: mostra una figura vestita di bianco, le braccia protese verso una croce più in alto circondata da stelle e pianeti e sormontata da una corona. Una corona da Re.
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Vecchio 13-08-2007, 06:56
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Dal CORRIERE DELLA SERA - Articoli agosto 2007

7 agosto, 2007

Corriere della Sera CARLO VERDONE «Una figura patinata Negli anni 70 era già roba d' antiquariato»
ROMA - Elvis? Per Carlo Verdone è «roba d' antiquariato». Il protagonista del Gallo cedrone, il suo film del ' 98, è un vitellone convinto d' essere il figlio segreto di Presley, «un millantatore nell' Italia del trasformismo». Carlo capisce l' icona Elvis: «Come Marilyn, facce che non moriranno mai. Però negli anni 70 a segnare il costume giovanile erano i Led Zeppelin, i capelli alla Robert Plant». Mentre Elvis col suo capello a ciuffo...«Era una musa del passato, le cose vanno dette. Negli ultimi anni faceva ridere, aveva un aspetto penoso dentro quelle tute che gli scoppiavano da tutte le parti. E sudava, sudava... Mi chiedevo: ma questo è stato il grande mito che ha venduto 500 milioni di dischi?». Questo per l' immagine. Musicalmente? «Lui ha sempre cantato in America con due eccezioni in Canada. L' Inghilterra è sempre stata avanti, l' America invece è la tradizione. Da sempre: dov' è la novità di Bruce Springsteen, grande, per carità, però...». E Bob Dylan? «Diverso, lui è un poeta. Diciamola tutta, furono i Beatles a sotterrare definitivamente Presley. Loro in giacca scura e camicia bianca, lui con le frange sembrava un cafone». Lo vogliamo buttare dalla torre. «Era dotato di una bella voce, io non mi sono mai sentito trascinato da lui, anche se un bianco che partiva dai gospel e dalla musica nera, era un punto di riferimento. Mi considero un esperto, è la verità, e trovo che Scott Walker era più bravo». Però gli italiani facevano il verso a Elvis: Little Tony, Bobby Solo, lo stesso Celentano nei movimenti...«Subito dopo il Festival di Sanremo mi precipitai al mercato di Porta Portese a comprare Una lacrima sul viso di Bobby Solo. Per me aveva la voce più calda di Elvis Presley. La figura patinata di Elvis era giusta per una certa America di fine anni ' 50 e ' 60, l' occhio azzurro, il ciuffo, il bacino, il Drive In. Cose che piacciono agli americani». Nel 1959 in casa Verdone va in soffitta il vecchio 78 giri e entra «uno splendido Schaub Lorenz a forma di mobiletto in grado di ascoltare i fantastici 45 giri. Finalmente con Elvis esce fuori una musica nuova che a noi ragazzi faceva battere il tempo col piede, non il solito Scarlatti che ascoltava mia madre con la cembalista polacca Wanda Landowska, di cui non ne potevo più. Il Gallo Cedrone è stato un film volutamente sgangherato, ha diviso, è stato discusso. Attraverso il vitellone raccontavo l' ultimo Elvis». Verdone, il mondo è pieno di pazzi che di notte vanno a cercare Elvis come se avessero la torcia magica ritenendolo ancora vivo...«Sono tutte fregnacce».
Cappelli Valerio

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12 agosto 2007

Tra qualche giorno si celebrerà il trentennale della morte
La Scozia litiga sulle origini di Elvis Presley
Il cognome è tipico dell'Aberdeenshire, ma ci sono pareri diversi su
chi fu l'antenato del re del rock che emigrò in America alcuni secoli fa

LONDRA - Mentre si danno gli ultimi ritocchi a Graceland in Tennessee, dove tra qualche giorno si celebrerà il trentennale della morte di Elvis Presley, in alcuni villaggi scozzesi dell'Aberdeenshire, lontanissimi da Memphis, infuria il dibattito sulle origini del re del rock and roll, che vanterebbe radici proprio nella terra di Paperon de' Paperoni. Resta da chiarire - ed è questo il centro della polemica - chi fosse l'antenato che salpò alla volta dell'America. Che gli avi di Elvis fossero scozzesi sembra fuor di dubbio, dato che il cognome è tipico dell'Aberdeenshire, nel nordest della Scozia. Ma i dettagli dividono. E se per la maggior parte degli scozzesi è sufficiente celebrare il legame tra Elvis e la loro patria (per il trentennale verrà anche presentato un Elvis Tartan, una stoffa quadrettata tipica, nei suoi colori preferiti, nero, celeste, rosa e oro), per altri, rivendicare la lontana parentela è un punto d'onore.

L'AVO FABBRO - Secondo la storia ufficiale Andrew Presley sposò Elspeth Leg il 27 agosto 1713 nella chiesa di Lonmay, nell'Aberdeenshire. Il loro decimo figlio, chiamato Andrew come il padre, imparò il mestiere di fabbro ed emigrò in America. Da lui discese Elvis Aaron Presley. Tutte balle, dice Jack Pressley (con due «s»), 91 anni, residente della vicina Fraserburgh: «Loro pensano all'Andrew sbagliato - dice, tirando fuori un lungo albero genealogico -. Fu un nipote di quell'Andrew sposatosi a Lonmay che andò in America, e non il figlio». Pressley e la sua famiglia da sempre dicono di essere imparentati con il re del rock and roll. Non è d'accordo Allan Morrison, autore del libro «The Presley Prophecy», che svelò le origini scozzesi del musicista.

SOMIGLIANZE - E se vari Pressley o Preseley dicono di essere parenti, e che il nome fu cambiato in America, c'è un 70enne, Jim Presley di Oldmeldrum, che non ha dubbi: «Sia io che mia sorella, che vive in America, ci siamo interessati da tempo a questa storia. Mia moglie ha sempre pensato che nostro figlio James somigliava a Elvis da giovane». Su una cosa però sono tutti d'accordo: il turismo locale, in una zona alquanto depressa, dovrebbe sfruttare di più questa «Elvis connection»: «Se qui fossimo in America - dice Morrison - ci sarebbero statue dappertutto e orde di turisti. Ma gli scozzesi non sono bravi a fare queste cose».
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MUSICA: 30 ANNI FA L'ADDIO A ELVIS PRESLEY, IL RE DEL ROCK'N'ROLL

Roma, 12 ago. - (Adnkronos) - A trent'anni dalla morte il re e' sempre sul trono. Elvis Presley, con oltre un milione di dischi venduti nel mondo e 131 dischi prodotti, tra album e singoli, mantiene ancora il primato di "The King of Rock'n'Roll", come venne soprannominato negli anni '50. La leggenda del rock mori' il 16 agosto del 1977 nella sua casa a Memphis, 'Graceland', per un'aritmia cardiaca. Ancora oggi la sua dimora e' meta dei continui pellegrinaggi dei fans e in vista dell'anniversario si prevede un maxi-raduno a Memphis e celebrazioni in tutto il mondo.


Elvis Aaron Presley nasce a Tupelo, nel Mississipi, in una famiglia molto povera, l'8 gennaio 1935. Aveva solo dieci anni quando per il suo compleanno riceve in regalo dalla madre una piccola chitarra trovata in un negozietto dell'usato, scocca cosi' l'amore per la musica, tanto che Elvis porta la chitarra anche a scuola intrattenendo i suoi compagni durante l'intervallo. La famiglia partecipa attivamente alla vita religiosa e nel corso delle funzioni il giovane Presley canta nel coro, sviluppando un sincero amore nei confronti del gospel.

A 13 anni si trasferisce con la famiglia a Memphis dove il suo interesse per la musica viene alimentato dai fermenti che caratterizzano la citta' e dall'assidua frequentazione della zona di cultura nera. Da ragazzino Elvis ascolta la radio fino a tardi, uno dei suoi programmi preferiti e' quello di un famoso dj locale, B.B. ''Blues Boy'' King, che trasmette dalla prima stazione radio nera. Ma la sua ambizione e' quella di far parte di un quartetto gospel come quello dei suoi beniamini: gli Statesmen, i Blackwoods, lo Stamps Quartet e i Sunshine Boys. Elvis va a vederli ogni volta che puo', facendo dei piccoli lavoretti per poter mettere da parte i soldi per il biglietto.
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Elvis, a 30 anni dalla morte il business nostalgia in crescita
sabato, 11 agosto 2007 1.00 di Kevin Krolicki

DETROIT (Reuters) - Trent'anni fa, alla vigilia della sua improvvisa morte avvenuta a 42 anni a Graceland, un grasso Elvis Presley, farmacodipendente era involontariamente all'inizio di una nuova carriera.

Da metà anni Cinquanta, Elvis aveva registrato dozzine di canzoni, interpetando una trentina di film a Hollywood reinventandosi a Las Vegas come una sorta di supereroe americano in tenuta dorata.

Verso la fine, "The King" era l'ombra dell'uomo di spettacolo che aveva elettrizzato il pubblico e rivoluzionato la musica pop.

Ma la fase della sua carriera venuta dopo la sua morte è stata addirittura più consistente e continua a durare, con remix di canzoni meno conosciute come "Rubberneckin'" e "A Little Less Conversation" arrivate negli ultimi cinque anni al numero uno della classifica.

Mentre legioni di fan si radunano a Memphis, Tennessee, per il 30° anniversario della morte di Presley, avvenuta il 16 agosto 1977, è chiaro che Elvis sta ancora facendo affari.
"Ci stiamo preparando alla miglior Settimana di Elvis che abbiamo mai avuto", ha detto Todd Morgan, portavoce della Elvis Presley Enterprises, azienda di Memphis che gestisce le sue redditizie proprietà ed ha organizzato un calendario di eventi.

Per iniziare c'è l'Elvis Expo al centro convegni di Memphis che prevede esibizioni di membri della sua TCB Band e dell'ex moglie Priscilla, per le quali è già tutto esaurito.

L'evento principale sarà la vigilia a lume di candela a Graceland da mercoledì prossimo che sarà coperta dal vivo dalla all-Elvis-all-the-time Elvis Radio, emittente radio di Sirius Satellite. Si prevede che vi parteciperanno 50.000 fan.

Il colonnello Tom Parker, che fu manager attento di Presley, l'aveva previsto dopo la sua morte, la leggenda sarebbe sopravvissuta.
"Elvis non è morto. E' morto il corpo. Questo non cambia nulla", aveva detto 30 anni fa Parker, secondo quanto citato dai media.

La rivista Forbes indica Elvis come seconda dietro al leader dei Nirvana Kurt Cobain come star defunta che produce profitti, con una stima di 42 milioni di dollari tra accordi sui diritti fra 2005 e 2006.

Dall'apertura al pubblico nel 1982, Graceland, la casa riccamente ornata a Memphis di Elvis comprata per 100.000 dollari nel 1957, è diventata un'attrazione turistica che richiama circa 600.000 visitatori all'anno.
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