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Intervista A Tony Brown- Gruppo Gospel The Voice
Per conitnuare a parlare della parte spirituale di Elvis e il suo amore per il Gospel, ecco un un'altra intervista. Questa volta è Tony Brown che parla: un uomo che tuttora ama molto Elvis.
Chi ha visto il documentario He Touched Me, lo riconosce immediatamente. <H1 style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt">INTERVISTA A TONY BROWN – 3 Febbraio 2006 Tony incontrò Elvis, per la prima volta, nel 1969 all’International Hotel tramite JD Sumner. Più avanti è diventato membro del Voice e nel Marzo 1975 suonò il pianoforte per la registrazione di “Bringing it Back”. Nell’aprile 1976, rimpiazzo definitivamente Glen D. Oggi, Tony riveste un ruolo chiave dell’industria musicale, quale presidente della MCA-Nashville. </H1>D. Raccontaci di quando hai incontrato Elvis TB. La prima volta fu nel 1969. Era il momento del suo rientro a Las Vegas, all’International Hotel. La sera di apertura, io suonavo il pianoforte per un gruppo che si chiamava Stamps Quartet, JD Sumner e gli Stamps Quartet. All’apertura erano stati invitati tante persone famose e JD era uno di loro. Eravamo un gruppo Gospel e avevamo organizzato il nostro programma, in modo tale che finisse a Las Vegas, per poter presenziare allo spettacolo. Noi non eravamo stati invitati e quindi, eravamo tutti molto scoraggiati di non poter assistere, ma JD fece una cosa. Disse: “Dopo lo spettacolo, faremo un sorteggio, e uno di voi potrà andare nel backstage per incontrare Elvis.“ Io vinsi e così ho potuto andare nel backstage e conoscere Elvis, dopo il suo show. E’ un momento che non dimenticherò mai! Ero inebetito, pensavo al fatto che, in quel periodo, suonavo, principalmente, in una chiesa e, adesso, mi trovavo di fronte ad una superstar come lui. Quando lo incontrai, fu come conoscere l’uomo, splendidamente, più umano del mondo. Sembrava fosse il prototipo dell’essere umano più perfetto che, io avessi mai incontrato. Ero totalmente affascinato dal suo carisma e da tutto. Non potrò mai dimenticarlo! Penso mi sia rimasto incollato addosso. Non dimenticherò mai quella notte: attraversare quella porta e vedere Elvis Presley di fronte a me. Era come se vedessi Adone, non so spiegare. D. : Cosa ti ha detto Elvis? TB: Sai che non ricordo? Io, probabilmente dissi: “Come sta?” Lui era così educato!! Io, praticamente, ero una tappezzeria seduto vicino a JD Sumner, che tutti sanno, Elvis amava molto. Così, praticamente, ho parlato pochissimo. D : Com’era il backstage? TB: Devi capire che adesso sono nel business da molti anni, sto con le stars e vedo come gira, ma al tempo, mi trovavo là, suonavo con Elvis e guardavo com’era il lavoro nel backstage. Non credo che il backstage odierno sia lo stesso di quella volta. Quella volta, vedere Elvis Presley nel backstage dell’Hilton era come vedere il Presidente degli stati Uniti, con una sicurezza molto attenta. Io ero talmente lontano dall’essere star, visto che non avevo, mai in tutta la mia vita, fatto parte di quell’ambiente. Improvvisamente, mi trovavo assieme ad una star di quella levatura, quindi si può immaginare come mi sentivo. Hai presente, quando uno si trova in un posto, che mai avrebbe immaginato di trovarcisi, ma essendo stato invitato, si sente enormemente onorato di essere nello stesso posto della più grande celebrità del mondo. Tu mi chiedi come mi sono sentito quella notte. Oggi guardandomi indietro, ti dico che non è come andare nel backstage di un concerto di Madonna. Normalmente lei non c’è. E non viene, nemmeno, gestito, più come quella volta. D: Quando hai visto Elvis per la seconda volta? TB: Suonavo con un gruppo Gospel, da 13 anni e continuavo a farlo. Elvis venne alla convention dei quartetti nazionali, perché, credimi, vedeva in JD, veramente, un eroe. Forse è stato il suo più grande eroe. A questa convention, che si svolgeva a Memphis, almeno una volta all’anno, partecipavano tutti i gruppi Gospel del sud. Girava voce che, una sera, avrebbe potuto esserci Elvis. Avrebbe fatto parte della convention. Durava 3 giorni Venerdì, Sabato e domenica. Elvis si sarebbe esibito il sabato sera e quella sera, lo avrebbe fatto per JD. Per me, era stupendo far parte della band e avere la possibilità di essere visto da Elvis. Anche quella volta, stavamo parlando della gente che sarebbe venuta, e si sa, quanto Elvis amasse il gospel, anzi era quello che amava cantare più di tutto. Era qualcosa di irreale. Quella sera, entrò nella stanza, con questo colletto alto (Elvis amava vestirsi come Elvis Presley, 24 ore su 24, con quelle cinture, i colletti alti e tutto il resto). Attraversò la stanza e tutti si gasarono. Quello fu l’effetto, quando entrò. E’ stato fantastico. D: Quando è stata la prima volta che hai suonato con Elvis e per Elvis. E’ stato in una di quelle convention di gospel? TB: No, la prima volta che ho suonato per Elvis, fu quando mi unii ad un gruppo, creato da Elvis che si chiamava Voice e la cosa mi fu proposta da un mio amico Svedese: Pete Melene. Ma a Pete non fu rinnovata la carta verde e dovette ritornare in Svezia. Mi aveva parlato di questo ingaggio con Elvis, che aveva lo scopo di suonare in casa. I Voice, era la band “casalinga” di Elvis, come la definivano. Lo scopo era di intrattenere Elvis quando era a Palm Spring o Graceland o Beverly Hills. Ci tenevo ad avere quel lavoro! Ero un uomo ambizioso, così riuscii ad ottenerlo. La prima volta che suonai con Elvis, fu per una session alla RCA di Hollywood. Registrava l’album “”. Non ricordo che anno fosse, probabilmente il 1975. Stavano provando una canzone “Bringing it Back”, scritta da un ragazzo di Nashville. David Briggs disse che avrei suonato sulla demo che Elvis stava ascoltando. Così quando Elvis fu pronto per cantare, Briggs mi chiamò, dicendomi “Vieni a suonare questa canzone”. Io tremando, iniziai a suonare e finii tutta l’incisione. Ecco come è iniziata l’esperienza monumentale di suonaee a Hollywwod, alla RCA Victor Studio e con Elvis Presley. D: Come ti sei sentito la prima volta che l’hai sentita alla radio? TB: Quel disco non è stata una grande hit. La prima volta che l’ho sentita alla radio, l’avevo già sentita nel disco. Ma sentirla in originale sul disco e sentirla alla radio è un’altra cosa. E’ stato comunque molto eccitante. D: Com’erano le sessions con Elvis? TB: Io sono partito con l’album Today e poi ho partecipato al disco Moody Blue, che fu registrato quasi tutto a Graceland, nella Jungle Room. Credo di aver fatto 4 o 5 cuts. Ma contrariamente alle session di Hollywood, dove stavamo poco, lì passavamo ore e ore ad aspettare. I musicisti arrivavano alle 7/8 ed Elvis si faceva vedere ore più tardi, ma non aveva nesssuna importanza, perché si trattava di Elvis Presley. Quando lui arrivava, si sentiva l’eccitazione nella stanza. La cosa stupenda era che questo non succedeva quando Elvis era nella stanza, ma quando era nell’edificio!!!! Cominciavi a sentirti attraversare dai brividi. E’ arrivato nell’edificio! Entrerà nella stanza! Entra nella stanza! E’ nella stanza! Eccolo!!!! Non sto esagerando. Era qualcosa di speciale. Mi emoziona sempre. Anche oggi, che sono presidente della MCA, mi emoziono davanti ad una star, tipo attori, politici, musicisti e così via. Ma a quel tempo, l’emozione era ad un livello tale, che anche oggi, mi sento quasi mancare se vedo, entrare nella stanza, qualcuno che assomigli a lui. Non mi sentirò mai ridicolo, nel raccontare come mi sentivo, vedendo Elvis Presley, perché sfido chiunque abbia lavorato con lui, a non raccontarti che, ancora oggi, prova le stesse emozioni, se parla di quando lavorava con Elvis. D: Si direbbe che lo senti, nonostante tu non lo veda. TB: Giusto. Hai detto benissimo. Talvolta penso che, persino, lui volesse far sapere che era una persona di una specie diversa, credo che fosse su un aereo diverso dal nostro, fosse più in alto, un aereo che volava molto alto. Era un uomo coinvolgente. D: Ho notato che hai un paio di libri, che ti ha regalato Elvis. TB: Era con i Voice e spesso, andavamo a Palm Spring. Era là che passavamo molto tempo con lui, stavamo a casa sua e voleva che cantassimo alcune canzoni gospel, così ci mettevano al piano e cantavamo. Poi voleva leggere la Bibbia e noi dovevamo leggerla insieme al lui. Una sera leggeva The Impersonal Life e ci chiese se l’avevamo. Naturalmente nessuno di noi ce l’aveva e non sapevamo nemmeno cosa fosse. Così abbiamo preso la macchina (calcola che eravamo almeno 15 persone) e siamo andati a cercarlo, fino a che l’abbiamo trovato e comprato, in un negozio di Palm Spring che, ne aveva giusto 15 copie. Poi c’era un altro libro che ci ha fatto comprare The Way Out. Tornati a casa con tutti questi libri, Elvis ci leggeva cose di questo genere. D: Quello era uno dei suoi libri preferiti e te l’ha autografato? TB: Certo, l’ha autografato e voleva che scrivessimo sulla prima pagina, ma io mi rifiutai. Eravano, a Palm Spring, seduti per terra a leggere credo The Impersonal Life o The Way out. Chiedendoci di leggere, disse “Ognuno prenda un pezzo di giada, e lo batta sulla sua fronte. Voglio che vediate la vostra aura” Nessuno aveva una giada. E anche questa volta, via in macchina a cercarla nelle gioiellerie. Quello che voglio dire è che il tempo passato con Elvis Presley era un tempo entusiasmante, interessante, surreale, e devo ammetterlo, ti dava l’ispirazione. D. Quando hai detto che voleva che scrivessi e che ti rifiutasti, cosa significa? TB: Lui diceva che potevi avere qualsiasi cosa, se quello che volevi era per te stesso. Elvis mi diceva che, se hai la forza e la volontà di cercare le cose per te stesso e lo vuoi veramente, riesci ad ottenerlo. Per dire, se c’è un lavoro, o qualcosa che vuoi e hai la volontà, o la capacità, puoi averlo. Io l’ho sempre pensato. E i fatti mi hanno dimostrato che qualsiasi cosa io abbia voluto, fermamente, l’ho ottenuta. Non intendo proprio tutto, ma parecchie cose, che erano sogni, sono diventati realtà. Tipo l’aver prodotto dischi che hanno vinto l’oro, il platino e il multiplatino, oppure il suonare con artisti con i quali avrei sempre voluto suonare, l’incontrare persone che volevo conoscere. Insomma, cose come queste. Non l’ho mai dimenticato. Puoi anche dire che è una pazzia. Anche oggi sento, che tanta gente ci crede ed Elvis fu il primo ad insegnarmelo. Ho sempre preso seriamente, quando diceva “Sai perché sei qui?” Alle volte sceglieva qualcuno e lo portava fuori dalla stanza, e per un secondo, ti sentivi di essere stato scelto, considerato che c’erano tante personale nella stanza. Una sera ha parlato veramente molto, con me. Ed io ero uno che faceva parte del ceto più basso. Mi chiese se sapevo perché ero seduto con lui in quel momento. Naturalmente risposi di no. E lui “Perché eri tu a voler essere qui, ecco perché ci sei. Nessuno può negarti quello che tu vuoi, se lo vuoi veramente” |
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Re: Intervista A Tony Brown- Gruppo Gospel The Voice
D. Quindi, c’era una parte spirituale, in Elvis?
TB: Che grandi momenti!! Questa è la cosa più strana di me, essere seduto qui oggi, come conseguenza del fatto che facevo parte della chiesa. Mio padre era un evangelista e io pensavo che sarei finito a far parte di uno dei più grossi gruppi di gospel e che sarebbe stato il mio lavoro, mai avrei pensato di far parte di questo stile di vita, secolare. Lavorare con Elvis, che è stato parte di gruppi gospel e grande amico di JD Sumner, mi ha introdotto nella parte secolare della musica. E’ stato Elvis ad aprirmi le porte, per poter suonare dopo di lui, con artisti quali Emmylou Harris, che mi ha permesso di incontrare le persone giuste per lavorare alla RCA Victor, dopo la morte di Elvis. Sono con la MCA da 17 anni, ma tutto ha avuto inizio con Elvis. E’ stata la parte spirituale, che mi ha fatto iniziare ed Elvis era un ragazzo dell’Assembly of God. Era la sua chiesa, anche se era Battista, faceva parte dell’Assembly od God. Era molto spirituale e la viveva molto seriamente. Io ho sempre fatto riferimento a lui e credo sia la cosa che, la gente e la massa, ancora ricevono da lui. Comunicava con le masse non solo perché era un ragazzo rock sexy, ma soprattutto si sintonizzavano con lui, grazie alla sua spiritualità. Voglio raccontarti una storia divertente. Una sera eravamo a Notre Dame e giusto, nel bel mezzo dello spettacolo, nel mezzo dell’arena, un gruppo di signore avevano preso il posto al centro a avevano uno striscione. Quando Elvis finì la sua canzone, agitatandosi, con questo striscione loro dissero “Elvis, tu sei il re!” Ed Elvis rispose “No, l’unico re è Gesù Cristo!” Le signore si bloccarono immediatamente! Ritengo che sia stato un momento molto intenso ed Elvis era molto serio. D. Credo che abbia avuto anche i suoi momenti di comicità, giocava e faceva scherzi, anche a voi? TB: Sicuro, una sera mi presentò come Monty Rock III. Io mi alzai e feci l’inchino. Lui disse “Tu non sei Monty Rock III. Una sera suonavamo e, David Briggs, con il suo piano elettrico, stava tranquillamente eseguendo la parte principale della canzone. Elvis, continuando a cantare, si avvicinò lui e gli staccò la spina, nel bel mezzo della canzone. Cosa vuoi farci, erano cose per divertirsi. D. E con l’acqua? L’ha tirata anche a te? TB Non mi ha mai tirato l’acqua. Non riesco a crede che abbia fatto certi scherzi, ma faceva molte cose divertenti. Tipo prendeva di mira alcune persone più spesso che altre. Io non ero uno di quelli che sceglieva. Lo ero di più nel background. C’erano alcune persone a cui faceva scherzi in continuazione. D. Com’era fare il tour con Elvis? TB: Oggi la maggior parte delle band possono avere un sacco di pullmans e mezzi di ogni genere e l’artista viaggia in jet e la bad in pullman. La prevalenza degli artisti country viaggia in pullman, ma Elvis era come una Compagnia aerea con i suoi 4 aerei. Il colonnello aveva un aereo. La band aveva un aereo e l’equipaggio aveva un aereo. I ragazzi del suono viaggiavano con camions, autobus e roba del genere. Così quando raggiungevamo una città, era come se atterrasse l’Air Force. Erano grandi momenti. Raccontavo proprio a Joe Esposito tutte le cose che avevo fatto fino quel giorno e i dischi fatti, suonando con Elvis e questo dà una definizione di chi sono. Possiamo parlare degli ultimi dischi di Reba McIntire o Gorge Staight o Vince Gill O Wynonna Judd o Trisha Yearwood e tutti diranno sempre: “Ti dispiace se ti chiedo qualcosa di Elvis?” Quindi credo che essere stato in tour con Elvis, è qualcosa che fa capire chi sono io, oggi. Non potrò mai dimenticare che ne ho fatto parte. Ricordo una cosa divertente. Elvis era sempre pronto, appena suonavamo l’apertura, 2001. Una sera, Elvis si era messo in una macchina della polizia (credo fosse a Tulsa, Oklahoma). Io ero nel backstage, quando ad un certo punto, arrivò un piccola macchina della polizia, frenando bruscamente, come fosse una Ford. Sul sedile davanti c’era Elvis con la sua Jumpsuit. Un poliziotto ed Elvis. La cosa fu divertentissima. D. Hai fatto molte prove con Elvis? TB: Mai fatto prove. Il mio primo spettacolo con Elvis fu a Kansas City, al Camper Arena. Andammo a Memphis per provare. Dopo lo scioglimento dei Voice, io volevo continuare a suonare con Elvis. Così dissi a Glen Hardin, che se un giorno avesse lasciato la band, io avrei voluto sostituirlo, perché conoscevo lo show alla perfezione. Ogni sera ero presente agli spettacoli. Guardavo ogni movimento e lo conoscevo alla perfezione. Quando Glen Hardin andò a suonare con Emmylou Harris, Felton Travis mi chiamò e mi chiese se volevo il lavoro, visto che gliel’aveva segnalato Glen Hardin. Finalmente potevo avere quel lavoro! Fu così che andai a Memphis per le prove. Aspettammo tre giorni, senza provare mai e andammo a Kansas per il primo spettacolo. Felton Travis disse: “Okay, la seconda sarà Teddy Bear. Elvis farà questa. Voi fate da-da-da-da “Burton si occuperà del resto fino alla fine, con I Can’t Help Falling In Love” e tu farai questa introduzione. Quindi, fai molta attenzione”. Sapevo che potevo farlo, ma sinceramente, devo dirti che dopo Mistery Train” , quando Elvis cominciò, ero molto, molto nervoso ed è dura, suonare quando sei nervoso. L’introduzione di I Can’t Help Falling In Love, sembrava durasse un’ora. Wow che momento!! Un grande momento!! D. Elvis ti ha fatto tanti trabocchetti? TB: Ne faceva!!! Una sera disse di fare Blueberry Hill e io guardai Joe Guercio. Chiesi: In che chiave? E lui “Non l’abbiamo mai fatta” cerca una C. Cercai di ricordarmi come la iniziava Fats Dominos e com’era il disco. Non riuscivo a ricordare. Iniziai a suonarne il ritmo, ci trovavamo davanti a 20.0000 persone. Sudavo, proprio con le gocce che colavano. Burton, Ronnie Tutt, Joe Guercio e tutti mi guardavano ed Elvis disse: “Non è così” Mi raggiunse al pianoforte, si sedette e suonò qualcosa. A quel punto la band si agganciò e partì a suonare, Jerry Scheff e i ragazzi erano talmente bravi, entrarono subito nel tempo. Elvis iniziò a cantare, andando su e giù e poi arrivò alla seconda canzone. Ma per un paio di canzoni, mi sentii un incapace, indegno, capisci, avevo un tale imbarazzo. E non abbiamo più fatto quella canzone. Una sera, voleva suonare “Unchained Melody” Venne vicino e disse di spostarmi. Tolse il suo grande anello TCB, lo appoggiò sul banco e si mise a suonarla. C’era un accordo che non conosceva e quando arrivò a questo accordo, si rivolse a David Briggs perché lo afferrasse al volo e farlo, con il piano elettrico. Da quella volta la canzone rimase parte della scaletta per un po’ di serate. Ma la prima volta che la fece, ci fu una grande, forte colpo alla mia porta, perché in quella città, ci furono baruffe per due sere di seguito, quando successe. Normalmente, dopo lo spettacolo, lui se ne andava e noi ci fermavamo. Tutti volevano sapere dov’era l’anello. E io dissi “io non ho l’anello” Qualcuno pensò che fosse caduto, ma nessuno disse a Ricky Stanley o David Stanley dove potesse essere. Così pensai che credessero l’avessi preso io, come souvenir. Dissi “Non avrei toccato quell’anello per niente al mondo”. Era talmente grande che nessuno immaginava quanto valesse, non tanto per i diamanti, quanto perché era di Elvis Presley. Anche questo fu un grande momento! Ci sono state sere, in cui tirava fuori un cappello, non spesso, ma due sere l’ha fatto, e raccoglieva le richieste di canzoni. Era bello, anche se gli unici che conoscevano tutte le canzoni erano James Burton o Jerry Scheff. Quello che adoravo di Elvis era che i suoi non erano spettacoli da arena, in quanto era come se ti trovassi nella sua sala da pranzo. Eri là, con lui. Lui non era da un’altra parte, era lì con te, intratteneva te, e credo che lui stesso ti considerasse, come uno che era seduto, nella sua sala da pranzo. C’erano alcune sere, che stava a guardare cosa faceva la gente. Tu eri lì pronto, per fare la canzone successiva e potevano passare alcuni minuti, prima che lui ripartisse, dicendo “Dovete colpire più forte” , cosa che naturalmente Tutt e gli altri ragazzi facevano, perché ormai sapevano. E quando hai un batterista come Ronnie Tutt e un bassista come Jerry Scheff è come avere una locomotiva, davanti ai te, tu ti aggrappi e suoni. Era molto bello. D. Sei mai riuscito a suonare il pianoforte con Elvis? TB: Quando facevo parte dei Voice, c’erano dei momenti in cui lo facevamo. Quando arrivava, andavamo insieme al piano, cantavamo vecchi spirituals e altro. Lui suonava, (amava moltissimo suonare il pano) e bisogna dire che suonava abbastanza bene. Suonava bene anche la chitarra. Stando con i Voice ho capito che tipo d’ uomo realmente fosse, un bravo ragazzo del sud che gli è capitato di essere anche bello e che avrebbe potuto veramente girare il mondo. Secondo me, era una ragazzo normale che si è trovato a crescere come una superstar. La sua, non era una vera vita. Viveva una vita surreale. Ma ne profondo di tutta questa vita, era una persona ed era colui che tutti adoravano di lui. Era quel ragazzo di Tutelo, con un vero cuore del sud, che amava la chiesa, amava sua madre, amava i suoi fans ed era affascinato lui stesso di essere Elvis Presley. Credo che, spesso, volesse buttare via Elvis Presley e che abbia vissuto una vita da fantasia con una vera gioia di condividere tutto con i suoi amici: le macchine, gli anelli, gli orologi e tutte le altre cose. Altra bella cosa è stata essere parte dei Voice. Una sera ci chiamarono e dissero “Sentite, alcuni ragazzi verrano a Graceland stasera. Perché non venite anche voi, prendete un aereo e venite stasera!” E uno dei Voice disse: “Possiamo venire domani?” La risposta fu “Potete venire domani se volete, ma sarebbe bello se veniste stasera” Nonostante io proponessi di andarci la sera stella, quello dei Voice disse “Verremo domani”. Andammo a Graceland, il giorno dopo. Parliamo dell’anno che era uscita la Cadillac Seville. Ce n’erano circa 10 allineate. E tutti dissero “Dovevate venire ieri sera” Tutti avevano avuto in regalo una Seville, tranne Lamar Fike, che credo abbia mricevuto una Mark III, comunque qualcosa di completamente diverso. Vedi quali erano le cose che potevi avere. Quando mi guardo indietro, vedo un Elvis che soddisfa le golosità di tutti. Credo che alcune persone abbiano tratto grandi vantaggi da tutto questo, perché lui amava fare queste cose. D. Quindi Elvis ha fatto anche a te dei regali in nome della vostra amicizia. TB: Certamente. Ho avuto un anello che indossavo sempre. L’ho dato a mio figlio ed lo definivo il mio anello di Elvis. Ho anche una foto, con addosso questo anello. Me l’ha dato a Greensboro, North Carolina. Non pensare che lui facesse regali a tutti e in qualsiasi momento, doveva esserci una ragione per farli. Avrai, senz’altro, sentito la storia di quella volta che, in una concessionaria, regalò una Cadillac ad una signora, che era lì e si limitava solo a guardarla. Lui invece, pensando che la desiderasse, ma non poteva permetterselo, decise di regalargliela. Elvis amava fare queste cose ed era così bello!!! D. L’hai mai visto fare regali al pubblico? TB: Assolutamente sì. Una sera a Ashville, North Carolina, aveva questa chitarra che era strepitosa. C’era un emblema del karate e una raffigurazione di Elvis in madreperla. Credo fosse una Gibson nera. La usava ogni sera. Avevo sempre pensato che, quella chitarra, un giorno, sarebbe stata l’ emblema del rock ‘n roll nel mondo. Alla fine di “Mistery Train” la rendeva a Charlie Hodge, come sempre, lanciandogliela. Charlie la prendeva e la appoggiava. Quella sera ad Ashville, invece, la lanciò al pubblico. Vidi una mano raggiungerla e prenderla. Penso che qualcuno del gruppo di Elvis, andò a cercarla per riportarla indietro. Ma era stato Elvis a volerlo fare. Furono costretti a chiamare Nashville e far arrivare molte più Gibson. Ma quella ormai era andata. Penso spesso: chissà che fine ha fatto quella chitarra. |
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Re: Intervista A Tony Brown- Gruppo Gospel The Voice
La sera successiva eravamo ad Ashville (sono state due sere di liti), perché Elvis, lo fece di nuovo. Ma questa volta non era una chitarra, era un anello. Lo vidi dare un anello a qualcuno del pubblico. E quindi, ancora una volta, qualcuno dell’entourage, chiese ad Elvis, se fosse sicuro che voleva che quella persona avesse il suo anello. Era una persona veramente molto altruista. Penso che in tutta la sua vita fino alla sua morte, non abbia mai rimpianto di aver regalato qualcosa a qualcuno. Dava via le cose, non per esibizione, ma perché lo faceva sentire bene. Funziona allo stesso modo, quando le persone prendono, ci sono persone che prendono e persone che danno: Elvis è stato uno che ha dato.
D. Elvis, ti ha detto qualcosa di particolare, che ti è rimasto impresso? TB: Penso a quei periodi in Palm Spring, in cui leggevamo quei libri, la Bibbia e cose simili, le cose di cui voleva parlare, quella parte spirituale e che crede in Dio. Ti dirò, non mi è capitato di avere quei momenti in cui ti sedevi con Elvis e parlavi con lui per darti consigli sulla carriera o altro. Purtroppo c’era talmente tanta gente intorno ad Elvis! Ero semplicemente un piccolo lavoratore nel bel mezzo di grandi persone, che stavano con lui. Per cui mi sentivo onorato di esserci. Non serve nemmeno dirlo che il mio miglior lavoro è stato, suonare con la TCB band,. Quello che io cercavo di raggiungere era un anello di ottone, a cui aggrapparmi. Ma non avrei mai omesso di essere uno dei Voice, anche se, oggi, non lo considero musicalmente creativo. Penso solo che, mi sono trovato lì. per un motivo. Come diceva Elvis, era stato creato perchè tutti quei ragazzi che giravano intorno ad Elvis Presley, potessero usufruirne e capire. Non avrei mai perso una cosa simile; è una cosa che mi ha permesso di conoscerlo come persona e sedermi sull’erba con lui, solo io e lui a parlare di karate o di religione, macchine, di tutto insomma. D. Quando è stata l’ultima volta che l’hai visto? TB: E’ stato a Indianapolis, il 26 giugno. Quella è stata l’ultima volta. In quel tour, successe qualcosa che non dimenticherò mai. Successe tre giorni prima, non ricordo in quale città. Camminavamo insieme sul palco. Elvis si stava preparando e noi uscivamo dalla dressing room, la band, le coriste, i musicisti, una grande folla, un sacco di gente, dove io sono uno di loro. Elvis si avviò verso la porta del retro. Naturalmente io non mi voltai, perché noi dovevamo proseguire, quando, ad un certo punto, Elvis mi chiamò. Mi fermai e mi voltai verso di lui e tornai indietro. Mi disse: “Tony, ah, non importa, niente” Per me invece fu un momento unico! Lui aveva scelto me. E quello fu il suo ultimo tour. Quello è stato l’ultimo attimo, personale che ho avuto con lui. Credo veramente che se fosse vissuto, saremo diventati buoni amici. D. Dov’eri quando hai saputo che era morto? TB: All’aeroporto. Eravamo all’aeroporto ad aspettare l’aereo. Era partito da Los Angeles, che si era fermato a prendere i musicisti, a Las Vegas. Si sarebbe fermato a Nashville e caricato tutti noi, Bobby Ogdel, me, gli Stamps, e molta altra gente. Eravamo all’aeroporto al terminal privato e aspettavamo l’aereo. Era una bella giornata. Il sole splendeva, era magnifico. Improvvisamente arrivò un gran temporale. C’era un vento fortissimo. Ad un certo punto 4-5 ragazzi della Guardia Nazionale si diressero verso di noi. La pioggia iniziava a cadere fortissima e il vento soffiava, sembrava qualcosa di soprannaturale. Sentii i ragazzi della Guardia Nazionale parlare ai telefono mobile e li sentii dire “Come è successo? Siete sicuri si tratti di Mr. Presley?” Poi arrivò Felton Travis e disse “Il tour non si fa. Andate a casa. Vi chiameremo e vi terremo aggiornati.” Il mio primo pensiero fu che era morto Vernon Presley. Non c’è bisogno di dire niente. Ero tutto sottosopra. Raggiunsi la mia macchina (in quel momento il temporale si era placato) e guidai fino a Riley Parkway. Alla radio dissero che Elvis era stato trovato senza sensi, nella sua casa e pensavano fosse morto e lo stavano portando in ospedale. Il tempo di arrivare a casa e dissero che avevano appurato la sua morte. Andai al ristorante di Julienne e, per non pensare, mi sono ubriacato. E’ stata una fine così strana. Era destino! Hai presente quando senti quelle storie sui poteri soprannaturali: era una bellissima giornata, poi arriva un grande temporale e subito dopo senti una notizia simile. Per me è una cosa strana, qualcosa come un progetto soprannaturale. Però non ne sono sorpreso. Dopo aver passato tanti anni con Elvis, lo sai che è andato in paradiso e probabilmente, da lassù, ancora fa tremare le città. |
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Re: Intervista A Tony Brown- Gruppo Gospel The Voice
Proprio bella questa intervista, grazie Hurt!!!
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Re: Intervista A Tony Brown- Gruppo Gospel The Voice
Toccante, davvero bella questa intervista.
grazie Hurt |
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Re: Intervista A Tony Brown- Gruppo Gospel The Voice
Meravigliosa
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Re: Intervista A Tony Brown- Gruppo Gospel The Voice
Grazie per l'intervista,per la traduzione,quando leggi queste cose ti fermi e pensi.
Pensi che Lui e' stato unico, magnifico,incredibile. Ti viene voglia di vedere un dvd, per ammirarlo ancora un'altra volta. |
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