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Vecchio 10-04-2007, 21:22
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Smile Intervista a SHAUN NIELSEN

Non è un segreto che Elvis amasse la voce da tenore di Shaun Nielsen.
Durante lo show del 1970 a Las Vegas, Presley lo presentava come “Il più grande tenore di Musica Gospel”.
Negli ultimi anni, Shaun divenne parte integrante della musica di Elvis, sia on stage che in studio. Si può sentire Shaun che canta insieme a lui “Spanish Eyes” e “Help Me” ed è Shaun che fa quell’alto falsetto alla fine di Unchained Melody. Ma, probabilmente, è più conosciuto in “O’ Sole Mio” come inizio di “It’s Now Or Never” ai concerti del 1976 e 1977 e l’insolita Softly As I Leave You dove Shaun canta ed Elvis recita le parole.

Nel 1966, Shaun incontrò Elvis per la prima volta in occasione dell’album gospel “How Great Thou Art”. Questo diede inizio ad una lunga amicizia tra i due ed alla firma di un contratto scritto personalmente da Elvis stesso. Questo contratto stabiliva che Shaun e il gruppo VOICE lo avrebbe seguito, avrebbe aperto i suoi spettacoli, sarebbero stati i vocalist nelle sue registrazioni e avrebbero scritto canzoni per la sua casa discografica. Non appena firmato il contratto, Elvis chiamò suo padre e disse “Papà, finalmente ho il mio gruppo personale”.

Shaun, una leggenda indiscussa della musica gospel, è l’unico ad essere inserito nel Gospel Music Hall of Fame, quale membro di tre diversi gruppi: The Speer Family, The Imperials e The Statemen. Il primo riconoscimento internazionale come solista arrivò con la canzone “Lights of LA”, entrando nella classifica del country.

D. Come hai iniziato?

Iniziai a cantare in chiesa quando avevo 4-5 anni. A scuola ero piuttosto famoso, perché riuscivo a battere tutti i ragazzi e riuscivo a cantare più alto delle ragazze (ride). Ero anche il più piccolo della classe, ma riuscii a farmi accettare perché cantavo e questa fu una cosa che mi spinse a continuare a cantare.
In casa avevo una vita infelice e mi consolavo cantando. A 14 anni, lasciai casa e andai a vivere con i miei nonni. Erano molto religiosi, ma nonostante questo sono cresciuto ascoltando Roy Orbison, Elvis e Sam Cooke, finendo col cantare gospel.
Era un’opportunità per cantare ed era quello che volevo.

D. Negli anni 50, ascoltavi molto Elvis?

SN. Ricordo che, come tutti i teenager, stavo seduto in macchina con la capotta aperta, e Houd Dog a tutto volume. Mi piaceva, era divertente. La cosa simpatica è, che mi piaceva la sua musica, ma non sono stato un grande fan, fino a che non l’ho conosciuto. Non avevo molte occasioni per ascoltarlo, perché ero troppo impegnato a girare con il gospel. In un anno, con gli Imperials, avevamo 200 date.


D. Sono sempre stato un tuo grande fan, non solo per Elvis, ma in quanto fan della tua musica. La mia preferita sarebbe Soflty As I Leave You”. Hai davvero un talento divino.

SN. Grazie mille, grazie per quello che dici. Sì è una canzone molto speciale.

D. Era la preferita di Elvis?

SN. Quello era uno dei duetti che facevamo. La storia è…. vuoi sapere come nasce?

D. Magari

SN. Eravano nel suo camerino all’Hilton. Bob Gary aveva raccontato la storia dell’uomo morente ad Elvis, ed Elvis stava raccontando questa storia.
Io conoscevo la canzone, l’avevo cantata in passato. Mi sedetti al pianoforte per suonarla, piano piano. Mentre suonavo e cantavo, Elvis iniziò a leggere i versi, dietro a me, come facevamo sul palco e suo padre disse: Elvis, è bella perché non la fate on stage? Elvis disse: è una bella idea. Qualcuno doveva trovare Glen D. Si creò una squadra di ricerca per andare a cercare Glen. Lo trovarono e lo portarono nel back stage. L’abbiamo preparata in tutta fretta nel backstage e l’abbiamo cantata quella sera stessa, ottenendo un’ enorme accoglienza. La primissima volta che l’abbiamo fatta assieme, ero nell’angolo fuori dalla luce. La notte successiva Elvis volle essere sicuro, che ci fosse luce anche su di me….. tanto per dire com’era.

D. E’ vero. Ho parlato anche con Kathy Westmoreland e ha detto che faceva questo: quando ti esibivi, il palco era tuo non suo. Non tanti performer lo fanno.

SN. E’ verissimo e posso fartene un esempio. Io facevo parte di un gruppo. Facevamo uno show per un cantante molto famoso. Aprivamo lo show per lui con “You Can’t Be A Beacon, If Your Light Don’t Shine” e alla fine avevamo sempre una standing ovation. Sai, noi eravamo là per cantare con questa persona. Così invece di farci aprire, veniva e diceva che uno di noi aveva mal di gola e quindi non potevamo uscire. Così, praticamentente, venivamo rimpiazziati da una specie di elefante (ride). Ma questa era una persona molto insicura, mentre Elvis no…… anzi era orgoglioso della sua gente. Tutti coloro che facevano parte dello show erano al top. Tutti erano stati scelti da lui, quindi era orgoglioso di noi.
Lui non avrebbe mai fatto una cosa simile, non gli sarebbe mai venuto in mente che noi fossimo in competizione con lui.


D. Mi racconti come sono nati i Voice?

SN. Eravamo seduti tutt’insieme e si parlava di una rivista religiosa. Io avevo un libro, che qualcuno mio aveva rubato (ride). Era un periodico religioso, con un disegno. Non ricordo cos’era, ma io dissi Voice, prendendolo dalla copertina del giornale. Avrebbe potuto chiamarci in qualsiasi altro modo e a me sarebbe, comunque, andato bene. Invece Elvis decise di chiamarlo così.
Sai, la cosa che distingueva il gruppo era che, quando “siamo stati assunti” ci chiamò immediatamente “il suo gruppo!” e disse “Papà, finalmente ho il mio gruppo personale!”. Ci vedeva come il SUO gruppo. Noi non eravamo a sostituire un altro gruppo, che era stato licenziato.
Aveva l’abitudine di farmi salire nella sua stanza e mi ricordo che, quando viaggiavamo sul “Lisa Marie”, mi chiamava nella sua camera da letto per chiacchierare di cose che succedevano nel suo gruppo (ride)

D. Parlavi di religione con lui?

SN. Sì ! C’erano volte che ci sedevamo nella sua camera, io e lui. Mi insegnava, si fa per dire (ride), io ascoltavo, ma diciamo che mi divertivo, perché non capivo di cosa parlava.

D. Ci racconti come hai iniziato nel Music Business?

SN. Allora, nel 1963 noi organizzammo “The Imperials”. Io ero un back tenor a Montgomery, Alabama, dove sono nato. Avevo cantato alla High School. Mi è sempre piaciuto cantare. Il gospel era molto popolare nel sud. Essendo un tenore ero molto richiesto, perché un buon tenore è difficile da trovare. Era qualcosa che mi arrivava con facilità. Avevo fatto un sacco di lavori, ma cantare era meglio che lavorare in un lavaggio macchine. Avevo bisogno di crearmi qualcosa che mi estraniasse da tutto questo. Mio nonno era solito dire “Figliolo, è meglio se ti cerchi un lavoro regolare. Non puoi vivere cantando”.
Tutto ciò è divertente perché il padre di Elvis gli disse pressoché la stessa cosa (ride).
Sai com’è, lui aveva lavorato duro nella sua vita, e certamente non poteva capire come potevo fare soldi cantando, ma alla fine sono stato fortunato.
A 18 anni iniziai a cantare con un gruppo che si chiamava “SONG FELLAS”. Andai a Nashville per registrare un album. Ricordo che, per il suono, avevano tappezzato le pareti cassette di uova. Il colore dell’album era giallo con una mia foto. Molto scialbo. C’era questo programma radiofonico a Nashville. Il ragazzo che mi accompagnò chiese loro se potevo cantare alla radio. Avevo lo smoking. Poi mi venne raccontato che mi avevano permesso di cantare, per il modo in cui ero vestito (ride). Così mi mandò in onda e io finii il programma.
E nel 1964 ci furono gli Imperials ed è stato quando ho incontrato Elvis. Ero lì per fare “How Great Thou Art”.

D. Com’era Elvis quando lo incontrasti per la prima volta? E come avvenne?

SN. E’ qualcosa di ben impresso nella mia memoria. Ricordo che ero in piedi in un angolo, cercando quasi, di sembrare parte della tappezzeria. Ero piuttosto intimidito da tutti i talenti che c’erano. Non ne avevo mai visti così tanti in una stanza.
Eravamo nello studio B di Nashville. Elvis camminava nello studio ed indossava un completo stupendo che aveva comprato in Beale Street. Cappello nero, mantello nero, accessori neri e ricordo che iniziò a guardarsi intorno e a salutare tutti. Letteralmente by-passò le grandi teste di New York e andò a salutare i musicisti. Penso che si sentisse più a suo agio con noi. Si diresse verso dove mi trovavo io. Mi si avvicinò e dandomi la mano disse “Ciao, io sono Elvis Presley” e io ridacchiai ……come se non sapessi chi era. Il modo in cui era vestito lo rendeva grande. Su di me sarebbe stato ridicolo, ma lui stava bene con qualsiasi cosa. In ogni caso disse: “Voglio che tu sappia che ho tutti i tuoi dischi e sono sempre stato un tuo grande fan. Ti ho visto in tv e sei uno dei miei cantanti preferiti. Questa cosa mi conquistò…. Lì, davanti a me Elvis Presley stava dicendo queste cose di me. Balbettai guardandomi in giro per verificare se stava parlando a qualcun altro.
Dissi: Grazie signore, non avrei mai immaginato che sapesse chi sono io.
Lui disse: Invece ho seguito la tua carriera, ho tutti i tuoi dischi. C’è una canzone che hai inciso, che voglio mettere nel mio nuovo album. Ti va di sederti e farla con me? Così mi sedetti al pianoforte e ci girammo intorno per un po’, fino a che venne bene. Facevamo “Where No One Stands Alone”.
Ogni cosa doveva essere fatta al meglio. Avrebbe cantato anche tutta la notte fino a che non fosse venuta come la voleva lui.
Aveva questa irresistibile qualità di far sentire chiunque speciale, non un cantante sul libro paga.

D. Era un uomo gentile?

SN. Molto carino e gentile, era un gentleman del sud.

D. Il suo modo di incidere era diverso dal tuo?

SN. Non per me, perché lui voleva farlo nel modo giusto. La ripeteva fino a che non era perfetta. Di diverso c’era il fatto che non doveva preoccuparsi del tempo in studio e di quanto costasse. Normalmente non arrivava prima di mezzanotte e si poteva andare avanti fino alle 10 o 11, ma nel frattempo si faceva un giro, scherzava, parlava con tutti, tanto per rilassarsi, fino a che non era pronto per riprendere. Questa era una cosa unica, perché di solito quando si fanno le registrazioni si trotta: l’orologio parla e il tempo costa. Ma lui non si preoccupava (ride)
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Vecchio 10-04-2007, 21:24
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Predefinito Re: Intervista a SHAUN NIELSEN

D. Quindi voleva che tutto fosse perfetto?

SN. Condividevamo tutto. Eravamo entrambi perfezionisti. Questo gli piaceva di me e questo mi piaceva di lui. Ogni cosa che facevamo, volevamo che fosse al massimo.

D. Per quanto tempo sei stato con Elvis Presley ?

SN. Quando lo incontrai per la prima volta, nel 1964, venne parecchie volte a vedere i miei spettacoli. Io ero con The Statesmen. Infatti la cosa più strana fu che, io avevo lasciato gli Imperials e mi trovavo fuori dalla California (per un periodo ero tornato a cantare con i Song Fellah), in una stazione televisiva locale. Mi trovavo all’esterno e arrivò una limousine da cui saltò fuori Charlie Hodge. Charlie mi disse: Elvis vuole sapere perché hai lasciato gli Imperials. Elvis ne era dispiaciuto. Raccontai che si trattava solo di una divergenza di opinioni. Ho sempre pensato che la cosa più strana era il fatto che avesse mandato qualcuno solo per chiedere il motivo per cui avevo lasciato il gruppo (ride).
Venne anche a vedermi a Long Beach California, quando stavo con gli Statesmen. Lo vidi parecchie volte. Verso il 68 o 69, mi chiese se volevo cantare una canzone che avevo inciso. Anche lui l’aveva incisa e quando la ascoltai aveva il mio stesso arrangiamento. Una canzone che si chiamava The Impossibile Dream. Mandò Charlie a chiedermi se, durante lo show di quella sera a Long Beach, mi andava di cantarla per lui. Risposi che ne sarei stato ben felice. Quella sera la cantai e alla fine , lui chiese a Charlie di portarmi nel backstage per salutarlo. Quella fu la volta in cui mi mise il TCB al collo, dicendo che era il suo ringraziamento per avergli regalato tanti anni di gioia, ascoltando i miei dischi.

D. Ce l’hai ancora?

SN. Certo, ce l’ho ancora. Mi ricorda che ho fatto parte di quel periodo (ride)

D. Nel giugno del 1967 Elvis registrò di nuovo con gli Imperials, ma tu non c’eri.

SN. No, la session del 1966 fu l’unica che feci con gli Imperials ed Elvis. Non registrai più con lui fino al 1973.

D. Così sei entrato nell’Elvis show, più avanti?

SN. Ho iniziato a farne parte nel 1973, subito dopo il suo ritorno dallo special dell’Aloha e sono rimasto con lui fino alla sua morte nel 1977. Ho fatto parte dei Voice dal 1972 al 1973. Per un periodo non fece tours perché non stava bene. Lasciammo Vegas e così io, al ritorno a Nashville formai un gruppo. Cantavo all’Holiday Inn, avevo una band e una cantante. Ricevetti una telefonata da Red che mi informava che Elvis voleva essere raggiunto a Las Vegas. Chiesi se dovevo portare con me il gruppo, ma mi rispose di no; voleva me soltanto. Spiegai che avevo un contratto, ma avrei cercato di recedere. Riuscii a farlo e tornai a Vegas per lavorare con Elvis. Penso fosse nel 75 o 76.

D. Nel 1972 Elvis registrò “The Impossibile Dream”, che sembra si basi su una tua versione.

SN. E’ esattamente la stessa. Non sapevo che se l’avesse fatta fino a che non l’ho sentita e da lì ho capito. Fece la trasposizione mantenendo la stessa chiave. So che era orgoglioso di cantarla così e la faceva come me. Questa è stata una cosa grande. E’ bello sentirlo.

D. Nel Settembre del 1973 avevi un gruppo che si chiamava i Rangers

SN. Sì fu il nostro primo nome. Cantavamo ancora al Grand Ole Opry.

D. Ho letto che Elvis voleva il tuo gruppo per un’audizione per Tom Jones a Las Vegas.

SN. Vero. Ci portò con il jet a Las Vegas. Fummo prelevati da una limousine, con autista inglese che si chiamava Gerald. Guanti bianchi e tutto il resto. Ci portò all’Hilton, dove c’erano Tom Jones, Elvis e Bobby Joe Gentry. Cantammo solo un po’. Il giorno dopo Elvis ci chiamò e disse che aveva notizie buone e cattive. Le cattive erano che Tom Jones non poteva prenderci a causa del suo contratto. La buona era che lui ne era interessato e ci avrebbe fatto un piccolo contratto. Lo scrisse su un foglio di carta igienica (ride). Non sono sicuro del suo significato, ma…. parlò di $ 100.000: avremmo viaggiato con lui, scritto canzoni per la sua casa discografica e lavorato per lui. Volle sapere se ci interessava e naturalmente ci interessava parecchio!! Poco tempo dopo, decise che noi avremmo aperto i suoi show.
Credo che abbia inventato qualcosa per farci lavorare (ride)

D. Ho sentito che il Colonnello, quando sentì 100.000 dollari quasi si soffocò con il sigaro.

SN. Penso che sia andata così. E a lui non sarebbe costato niente, ma il Colonnello Parker controllava tutto. Non gli piacevamo, perché non poteva controllarci. Voleva avere il controllo su tutto quello che riguardava Elvis, su ogni cosa che veniva fatta anche se non ci aveva niente a che fare.

D. Che opinione avevi del Colonnello Parker? (Shaun si prende un bel po’ di tempo prima di rispondere). Non serve che mi rispondi se non vuoi.

SN. Vabbè non importa, ormai se n’è andato. E’ come diceva mia mamma: se non puoi dire qualcosa di bello su qualcuno, è meglio non dire niente e io non penso niente di buono di quell’uomo.
La mia opinione personale è che il Colonnello Parker creò Elvis agli inizi e lo distrusse alla fine.

D. Davvero?

SN E’ la mia opinione personale. Non credo che l’abbia fatto apposta. Credo che abbia il merito del successo di Elvis, ma che sia anche responsabile del suo crollo. Gli ha fatto fare quei film. Qualsiasi cosa gli abbia fatto, ha avuto i suoi effetti.

D. Cosa pensi dell’isteria che c’era nei suoi shows?

SN. Mi meravigliavo spesso. La maggior parte delle volte stavo vicino ad Estelle e gli Stamps. C’erano volte che non riuscivamo a sentirci l’un l’altro, pur essendo vicinissimi.
Ci fu una volta in Pennsylvania che fecero l’errore di mettere una sicurezza tutta al femminile e una donna salì sul palco con una tale soddisfazione che le altre ruppero il cordone della sicurezza. C’erano volte in cui era quasi pauroso. Quello che intendo è che ti ritrovavi a pensare, cosa sarebbe potuto succedere, se avessero rotto tutto e se fossero arrivati fin sul palco.

D. Ma Elvis aveva un ottimo servizio di sicurezza

SN. Certo, ma si parla di 7-8-9 persone o guardie del corpo, che lo proteggevano da 10.000 persone. C’era bisogno di averne di più di quelle che aveva. Cosa puoi fare con 10 persone quando ce ne sono tante altre con chissà che cosa in mente (ride)

D. Come è stato al Sahara Tahoe? Da altri ho saputo che fu più una vacanza e che non era folle come a Vegas. Fu così? Hai qualcosa da raccontarci?

SN. Devo confermare che Tahoe sembrava più una vacanza rispetto a Vegas. Credo che a Tahoe fosse più rilassato, per dei motivi suoi. Ma non ricordo Tahoe così bene come Vegas. Penso che fosse perché era più tranquillo, meno etico. C’era sempre il tutto esaurito, ma sembrava essere più rilassato sul palco e fece tutto quello che gli piaceva fare.
A Vegas lo volevano fuori dal palco dopo 45 minuti, così potevano smontare. Il più delle volte non ce la facevano. Volevano che la gente tornasse a giocare al casinò, invece se stavano ad ascoltare Elvis, non spendevano soldi.

D. Anche Larry Geller me l’ ha detto. Ricordi minacce di morte al Sahara Tahoe? Conosco una storia e cioè che qualcuno, con una matita fece una croce su un poster di Elvis. Me l’ha raccontato Dick Grob.

SN. Credo sia successo prima che io mi unissi a loro nel 1973. Comunque è successo parecchie volte.

D. Verso la fine di Settembre 1973 ci fu una session a casa di Elvis a Palm Spring.

SN . Sì. Mi ero appena fatto un trapianto di capelli e avevo le bende tutto intorno alla testa. Infatti durante una canzone, il sangue cominciò a scendermi sugli occhi. Però mi è piaciuto incidere in quel modo, perchè era molto rilassante. Registrammo “Are You Sincere” ed è l’unica canzone che riesco a ricordare, perché subito dopo cominciai a sanguinare.

D. Allora nella session di Palm Spring alcune canzoni siano state rimontate e lui mise la sua voce a “Sweet Angeline”. E’ stato detto che lavorò anche sulla canzone “Color My Rainbow”. Te lo ricordi?

SN. Non ricordo quella canzone. Forse ero uscito per correre ai ripari sulla mia testa, ma non ricordo che l’abbia fatta.

D. Ci fu anche una registrazione privata in quel periodo, dove canta “Let Me Be The One” e “Spanish Eyes”.

SN. Sì è stato a Palm Spring. Si trovava in una cassetta di Linda Tompson. Cantavamo “Spanish Eyes” in duetto. Linda Thompson diede una copia della cassetta a David Briggs e David ne diede una a me. Ce l’ho ancora. Chiunque l’abbia messa su un bootleg l’ha presa dalla mia cassetta. Eravamo al piano, a Palm Spring. Stava bene e si divertiva.

D. Hai dei ricordi della Stax session di Memphis?

SN. Ricordo lui che canta a modo suo “Promised Land”, e credo abbia fatto un gran lavoro. Ricordo anche che mandò a prendere 40 cheesburger (ride), così mangiammo tutti cheesburger. A parte questo, fu una bella session. Penso si sia divertito e io mi sono divertito a cantare con lui.

D. E’ stato detto che lavorò su una canzone che si chiamava “We Had It All”

SN. (canta) “You and me, we had it all” Sì, penso di sì. Non è mai stata realizzata. Ricordo che la stava tenendo in considerazione. Credo fosse stata scritta da Troy Seals. Era una bella canzone. Credo anche di averla incisa qualche volta.

D. Elvis registrò un paio di canzoni in quella session dopo il contratto con i Voice, ad esempio “Mr. Songman”

SN. Sì Ricordo. Mentre la facevamo, arrivò Lamar Fike e disse “Chi ha scritto questo pezzo di m***a?” e io dissi “Vabbè, fondamentalmente, lo stesso che ha scritto tutta l’altra m***a che tu non hai voluto promuovere!” (ride). Non gli piaceva niente di ciò che non era proposto da lui.

D. Nel febbraio 1974, per l’ingaggio di Las Vegas, era la prima volta che ti trovavi sul palco con lui e ha fatto due duetti con te durante lo show “Help Me” e “Spanish Eyes”.

SN. Avevamo già inciso “Help Me”. Era la prima volta che io mi sentivo in un’incisione con lui. Ma “Spanish Eyes” fu una sorpresa totale. Mi chiese di andare al centro del palco con lui. Stavo morendo di paura, perché non era stato programmato! (ride). Una volta fatto per la prima volta, volle farlo spesso. A Las Vegas, facevamo spesso session a tarda notte. Per la maggior parte dei ragazzi, era una grande opportunità di trovare la ragazza. Le ragazze erano sempre lusingate se potevano incontrare Elvis. Il problema con quelle sessions era che…. non finivano mai. Una volta che iniziava, avrebbe continuato fino a mattina. Alle volte erano sessions faticose, che duravano tutta la notte (ride)
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Vecchio 10-04-2007, 21:27
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Predefinito Re: Intervista a SHAUN NIELSEN

D. Nel Marzo 1974 iniziasti ad andare on the road con lui. Com’era?


SN. Divertente. Non eravamo mai preparati a tanta eccitazione quanto quella per i concerti di Elvis. I cordoni della sicurezza venivano letteralmente rotti dalle donne che volevano salire sul palco. Ricordo che ci fu una volta in cui una donna si è buttata a terra e le sue gambe tremavano. Mentre andavamo via, chiesi ad una guardia cosa fosse successo e mi disse che questa donna era talmente eccitata che era saltata giù dalla gradinata, rompendosi entrambe le gambe. Provai un misto di emozioni. Mi dispiaceva per lei, ma, allo stesso tempo mi sentivo invidioso, perché non mi era mai capitato di trovare niente di più eccitante del cadere dalla gradinata! Ricordo un posto dove Elvis lanciò una sciarpa ad una signora e lei se la mise al collo e fece l’errore di legarsela. C’era una donna che ne teneva un lato e dall’altra un’altra, e praticamente la stavano strozzando. Elvis dovette buttarne una per ognuna, salvandole la vita. C’erano volte in cui urlavano talmente tanto che non si riusciva a sentir cantare Elvis. Non potevi sentire, non riuscivamo a sentire quello che facevamo. Ricordo un incidente dove una ragazza aveva oltrepassato la vigilanza. Io stavo cantando. Le tesi mano per farla salire e continuai a cantare. I suoi piedi cercavano di andare dall’altra parte per cercare di raggiungere Elvis. Praticamente la trattenevo continuando a cantare, fino a che un vigilante non venne a prenderla. Era divertente e sempre molto eccitante.


D. Per parlare di cose serie, ho sentito che c’era gelosia verso i Voice, perchè eravate in una posizione privilegiata.


SN. E’ vero. ce n’era molta. Specialmente quelli come Lamar Fike che sapevano che noi avevamo l’opportunità di trovare canzoni per lui. Se faceva una canzone, per l’autore c’era un milione di dollari di royalties. Oltre al fatto che c’erano due persone pagate direttamente da Elvis, io e James Burton. Questo dava fastidio anche al Colonnello. Poi c’erano altre gelosie….. Cose che ritengo normali, ma non ovvie. L’unico che era ovvio era Charlie! (ride).


D. Nel marzo 1975 avete avuto una session a Hollywood alla RCA, dove incise T-R-O-U-B-L-E.


SN. Lo ricordo. Gli piaceva quella canzone e una volta registrata la ascoltò tutta la notte. Infatti, io andai dietro uno degli speakers e mi addormentai sul pavimento! La suonò un centinaio di volte. Ma ci volle un po’ per farla bene come la voleva lui. Questo è interessante, perché è stato detto che, negli ultimi anni, odiava il rock ‘n roll.Invece questa canzone, gli piaceva veramente. A quel punto della sua carriera, se non gli piaceva una canzone, la rifiutava. Non dava molto spazio a quello che voleva la RCA. Non potevano più imporgli niente. Infatti, dovevano recapitargli le basi sul luogo dove si trovava, per metterlo nella condizione di aver voglia di farlo. Quella canzone gli piaceva davvero.


D. Una delle canzoni di questa sessione “Bringing It Back” arriva dai Voice.


SN. Sì questa è una di quelle che abitualmente suonavo per lui al pianoforte. Fu scritta da Greg Gordon, che, per un breve periodo, è stato un membro dei Voice. La cosa strana è che Ernst, nel suo libro, scrive che il pianista era Greg. Non so da chi è stato detto, perché Greg suonava la chitarra. E’ stato membro dei Voice per un breve periodo, e quella volta, aveva una ragazza molto religiosa, che non voleva che cantasse con noi. Ogni volta che cercava lavoro per il gruppo, veniva a fare le prove e diceva che se ne andava. Poi tornava sempre. Così gli dissi: “Questo è lavoro: se vuoi fare parte dei Voice va bene, ma se devi fare un andirivieni, perché prima lasci e poi ritorni, finisce che mi rompi le scatole! Dobbiamo smetterla con questa situazione. Così decise di lasciare definitivamente, se ne andò e non cercò di tornare. Adesso sembra divertente, ma fu così che smise di far parte del gruppo, anche se capisco i problemi con la sua ragazza.


D. Secondo le mie informazioni, i Voice si erano divisi tra l’Agosto e Dicembre 1975


SN, Sì Elvis si fermò dal fare tours per un periodo. La volta precedente l’avevo lasciato e metà tour, perché ero davvero disgustato di tutto. Ero disgustato per alcuni problemi all’interno del gruppo. Pensavo che il Colonnello ci trattava come bestie e di certo non lo apprezzavo. Ero stanco di tutto questo. Così scrissi ad Elvis una lettera e la diedi a Richy. Elvis disse che se non mi avessero fatto tornare indietro, non avrebbe rispettato l’ingaggio. Così dissi: “Bene, tornerò, ma lo faccio solo per i soldi” Fu Red a chiamarmi e gli chiesi “Vuole ricomporre il gruppo?” e lui rispose “No, vuole solo te”. Così decisi quanto volevo per tornare. Tornai a $ 2.500 la settimana più le spese. Dissi: Tornerò solo a queste condizioni!


D. Nel febbraio 1976, Elvis fece una session di registrazione a Graceland, ma tu non c’eri. Perché?


SN. Stavo cantando al Chattanooga Choo Choo. Il colonnello era ben felice di non farci sapere quando ci sarebbe stata una session. Ero sotto contratto e mi avrebbero potuto citare in giudizio. Avrei voluto, davvero, esserci a quella session, ma era impossibile. Credevo in quella giornata…… Elvis ed io avevamo parlato di incidere Danny Boy e credo volesse fare Danny Boy come avevamo fatto Soflty As I Leave You, con lui nel parlato e io nel cantato. Invece l’ha incisa da solo.


D. Però eri presente alla session di Ottobre 1976, che credo sarebbe dovuta durare più a lungo, di quanto è durata.


SN. Questo era lui. Se non era nello spirito, non registrava. Ci fu una session dove c’eravamo tutti, ma lui non si fece vedere.
Ce ne fu una dove stavamo per registrare al racquetball, aveva preparato tutto, ma non si fece vedere.


D. Cosa ci dici di Fire Down Below?


SN. E’ stata una canzone dove ho messo la mia voce, in modo tale che la band avesse una traccia vocale. Non ha mai fatto niente per farla.


D. Qual’è la storia dietro O’ sole mio/It’s now or Never?


SN. Allora una sera eravamo seduti a Graceland e si scherzava su quale era stato il disco più venduto. Stavamo facendo delle supposizioni ed Elvis disse: “Era una canzone che mia mamma amava cantare per me con un Victrola (ride), una melodia “italiana di Enrico Caruso” E io dissi “Intendi…..” e iniziai con “O Sole Mio”. E lui “la conosci?” così risposi “Sì, mia madre amava cantarmela con un Victrola!” (ride). Allora Elvis disse: “Bene, la canteresti anche per me, ma non con un Victrola! (ride). Così iniziai a cantarla e lui disse “Grande!!”. Senza dirmi niente, la prima volta che eravamo on stage, in tour, arrivò e la tirò fuori dal suo cappello! Aveva già deciso che voleva che la facessi. Credevo di morire, perché non avevo idea che avrebbe fatto una cosa simile. Chiesi a James: “Dammi la chiave” (ride), così lui lo fece e io la feci come io sapevo farla. Ad Elvis piacque così tanto, che poi la facevamo spesso (ride). Ecco come è andata.


D. Un’altra canzone che iniziò a fare è “Unchained Melody”, ma quella della fine, è la tua voce che fa il falsetto alto.


SN. Sì mi chiese di andare in studio e fare la sovraincisione. Infatti, quando la faceva, io tenevo la nota alta, ma loro non avevano il mio microfono. Per quanto ne so, questa è l’unica canzone della sua carriera, dove qualcuno abbia fatto la parte finale al suo posto.


D. Ho letto che spesso, durante i concerti degli ultimi anni, quando era tanto stanco, che c’era uno dei coristi che faceva le note alte per lui.


SN. Allora, non è successo così spesso. In prevalenza le faceva lui, anche se ne ho fatte pure io e Ed Enoch. Però, ripeto, la maggior parte delle volte le faceva lui. Voleva assicurasi che ci fosse qualcuno a farlo, al posto suo. Ma quando cantava “Hurt” era così fantastico. Persino alla fine……. A Cincinanti, quando appariva terribile, e probabilmente lui si sentiva terribile, la sua voce era magnifica.
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Predefinito Re: Intervista a SHAUN NIELSEN

D. Hai visto l'inizio del declino di Elvis.

SN. Odio parlarne perché mi sconvolge.
Questa è la cosa triste. Era in così grande forma dopo l’Aloha Special, ma è stata l’ultima volta nella sua carriera, in cui sia apparso in buona forma. Il fatto è che Elvis era quel tipo di persona che aveva bisogno di un’opportunità.

D. Non posso crederlo. Hai detto praticamente la stessa cosa di Larry Geller.

SN. (ride) Hai parlato al telefono con Larry, confronti quello che diciamo?

D. Larry ha detto che aveva bisogno di una chance per vivere. Non c’erano più opportunità per Elvis Presley?

SN. Poteva essere che un buon film gli avrebbe dato spirito per continuare, offrendogli qualche motivo per cui vivere, come quando Barbra Streisand gli offrì di fare il ruolo da protagonista nella mega hit “A Star Is Born”.
Come sai, è morto più di noia che di altro. Come hai detto tu, voleva fare quel film, voleva andare in Europa, voleva fare tante cose, ma abbiamo continuato a suonare sempre negli stessi posti, dove mettevano il tappeto rosso al Colonnello. Il Colonnello era un uomo pratico, voleva il soldo facile. Sapeva che poteva fare gli stessi soldi a Portland Main, con molti meno problemi che organizzare un tour oltreoceano. Per quanto riguarda avere grossi profitti, il Colonnello era un uomo chiave. In realtà non prestava attenzione a ciò di cui aveva bisogno Elvis. Elvis aveva bisogno di un nuovo giocattolo, qualcosa che lo coinvolgesse e gli permettesse di continuare. Perciò era triste vedere quello che succedeva. Una volta, io e Felton Jarvis eravamo seduti vicini in aereo e ne parlavamo. Lui disse: ragazzo se non succede qualcosa subito, l’uomo morirà. Ma sai, non avremmo mai creduto che sarebbe morto, anche se entrambi lo realizzavamo.

D. Potevate portare membri della vostra famiglia agli spettacoli?

SN. Venivano dati un sacco di biglietti, ma dovevi pagare per averli. Ho saputo che persino Elvis pagava i biglietti dei suoi shows, e probabilmente è vero. Il Colonnello era qualcosa…. Era unico. Fa ridere, ma per tutto il periodo che ho lavorato per Elvis, il Colonnello non mi ha mai detto una parola. Davvero, mai una parola. Faceva l’offeso con noi, solo perchè voleva avere il controllo su ogni cosa che riguardasse Elvis, ma su di noi non poteva averlo. C’erano solo due persone di tutto l’entourage che erano pagate direttamente dall’ufficio di Elvis, ed eravamo io e James Burton. Gli altri erano pagati dall’ufficio del Colonnello, persino i musicisti. Non so la security e tutti gli altri.

D. Non ho mai realizzato quanto fosse giovane a 42 anni, fino a che io non li ho compiuti.

SN. Sì era triste da vedere. Una parte delle ragioni per cui ho lavorato così tanto era fare in modo di motivarlo a tornare in forma.

D. Che cosa pensavi di Vernon Presley?

SN. Mi piaceva Vernon ma era strano (ride) Noi dovevamo andare da lui e pregarlo per essere pagati. Andavamo a Graceland e ogni volta che pensavamo fosse il momento di paga, eravamo costretti ad andare da Nashville a Memphis per riscuotere e dovevamo veramente supplicare.

D. Perché ? Vernon era tirchio? (risata)

SN. Infatti. C’erano volte che minacciavano di staccare le luci di tutta Graceland, perché Vernon non voleva pagare le bollette! Era incaricato della cassa. Aveva sempre paura di perdere tutto.Suppongo che si sia sempre ricordato di com’era stato in passato.
Secondo me Vernon era una persona carina, non penso fosse un uomo molto astuto. E’ la mia opinione personale.

D. E cosa ci dici di Priscilla?

SN. L’ultima volta che ho parlato con Priscilla è stato a Graceland. Avevamo appena visto Elvis. Erano arrivati i musicisti. Non appena andai per porgere le mie condoglianze, lei mi disse: Voglio che tu sappia che ascoltavamo sempre I tuoi dischi e gli hai donato molta felicità. Ringraziai. E’ stato molto gentile da parte sua. E’ stata l’ultima volta che ho avuto l’opportunità di parlare con lei.
D. L’ultimo concerto a Indianapolis è stata anche l’ultima volta che l’hai visto vivo?
SN. Sì Ero molto preoccupato per lui, ma nonostante la mia preoccupazione non pensavo sarebbe morto. Pensavo si sarebbe preso più cura di sé, andando in ospedale o cose del genere e sarebbe tornato in forma. Ma ho anche provato ammirazione per il fatto che ha portato avanti la tradizione “The show must go on”
D. Così eri al funerale?

SN. Non al funerale. Noi eravamo alla veglia il giorno prima. C’erano alcuni di noi che non erano stati invitati al funerale. Siamo stati invitati ad andare là il giorno prima e vegliarlo a Graceland. Non sono andato al funerale e ne sono stato felice, perché come sai era caotico. Perciò abbiamo vegliato sul suo corpo nella bara. Era bello, anche se appariva ancora gonfio, cioè più grosso di quello che avrebbe dovuto essere, come ad esempio era nel ’68 al Comeback Special. Mettiamola così.

D. Come ti sei sentito quando Elvis morì?

SN. Questa è una storia bizzarra. Eravamo andati all’aeroporto, un piccolo aeroporto privato di Nashville e aspettavamo che arrivasse il jet, per poter andare a Portland Maine. Il jet dell’orchestra era arrivato e ripartito. Felton tornò dicendoci che il tour era stato cancellato per un atto di Dio. Naturalmente la prima cosa che pensai era che Vernon aveva avuto un attacco di cuore, visto che non era molto in salute. Al ritorno e non lo dimenticherò mai, arrivò la più grande nuvola che io abbia mai visto, con pioggia e vento. Era tremendo guardare il cielo. Poi, tornando a casa, sentii la notizia, alla radio.

D. Cosa fai adesso?

SN. Ho risposato la mia prima moglie, Brenda Hall. Ho 3 acri di un bel bosco e una bella casa nuova. Abbiamo in programma di cantare assieme. Ho vissuto in Europa per 12 anni e sono appena tornato.

D. Vedi ancora molti dei tuoi amici?

SN. Qualche volta. E’ successo al Festival di Bruxelles.

D. Hai mai pensato perché Elvis è ancora così popolare?

SN. Tutti sappiamo quanto è stato popolare. Non so se lui l’ha mai capito. Si preoccupava se, a 10 anni dalla sua morte, sarebbe stato ricordato ancora. Come ti ho detto ho vissuto in Europa e mi sono reso conto che un uomo che se n’è andato da così tanto tempo, è il primo in classifica nelle hit. Ho fatto uno Elvis Show in Danimaca, era un Elvis The Concert. C’era il tutto esaurito. Elvis cantava nel video screen e ancora, c’erano donne che gli lanciavano le mutandine. (ride)

D. Deve essere stato difficile per te, cantare con il resto della band e con Elvis sullo schermo. Come ti sei sentito?

SN. Quando l’ho fatto, ho capito che avevo dimenticato quanto grande fosse. Ho detto: Dio mio!!! Sai, quando eri con lui eri molto concentrato a fare lo show, ma qui, dopo 20 anni, lo ascolto e capisco quale grande talento sia stato. Lui era il vero affare.

D. Da cantante professionista quale sei, come valuti la voce di Elvis Presley?

SN. Ritengo che avesse una voce stupenda. Ho trovato sempre maggiore maturità nella sua voce, mano a mano che invecchiava. Secondo me, la sua voce era sempre meglio. Spesso sono rimasto affascinato in questo senso, come un cantante che ascolta un altro cantante. L’uomo aveva una delle voci più versatili che io abbia mai conosciuto. Poteva cantare qualsiasi cosa. Non ho mai trovato tanta versatilità, e infatti oggi non ce n’è. Di solito una voce può cantare in un modo, ma lui, con la sua, aveva una grande abilità. E ti dirò che mi ha aiutato ad imparare il valore della comunicazione con il pubblico. Questo era il suo forte. Aveva un dono enorme, quella di far sentire chiunque, tra il pubblico, che cantasse solo lui. Una capacità di comunicazione che è stata unica.
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  #5  
Vecchio 11-04-2007, 00:15
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Complimenti Hurt, era bellissima coem le altre daltronde, e ad un certo punto ho avuto anche la pelle d'oca! Grazie!
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  #6  
Vecchio 11-04-2007, 14:33
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Complimenti Hurt, era bellissima coem le altre daltronde, e ad un certo punto ho avuto anche la pelle d'oca! Grazie!
Quoto!!! Grazie!!!
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  #7  
Vecchio 11-04-2007, 14:48
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bellissimo complimentoni
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  #8  
Vecchio 05-05-2007, 15:33
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Grazie Hurt per l'ottimo lavoro.
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  #9  
Vecchio 05-05-2007, 15:37
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SN. Venivano dati un sacco di biglietti, ma dovevi pagare per averli. Ho saputo che persino Elvis pagava i biglietti dei suoi shows, e probabilmente è vero. Il Colonnello era qualcosa…. Era unico. Fa ridere, ma per tutto il periodo che ho lavorato per Elvis, il Colonnello non mi ha mai detto una parola. Davvero, mai una parola. Faceva l’offeso con noi, solo perchè voleva avere il controllo su ogni cosa che riguardasse Elvis, ma su di noi non poteva averlo. C’erano solo due persone di tutto l’entourage che erano pagate direttamente dall’ufficio di Elvis, ed eravamo io e James Burton. Gli altri erano pagati dall’ufficio del Colonnello, persino i musicisti. Non so la security e tutti gli altri.

Cosa ho sempre detto che dovrebbe morire ancora (il colonello),
quando uno è bastardo nell'animo non si smentisce mai,questa è un'altra prova.
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  #10  
Vecchio 05-05-2007, 15:43
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Predefinito Re: Intervista a SHAUN NIELSEN

Ma questa era una persona molto insicura, mentre Elvis no…… anzi era orgoglioso della sua gente. Tutti coloro che facevano parte dello show erano al top. Tutti erano stati scelti da lui, quindi era orgoglioso di noi.
Lui non avrebbe mai fatto una cosa simile, non gli sarebbe mai venuto in mente che noi fossimo in competizione con lui.



Questa è la grandezza infinita di Elvis.
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