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Vecchio 29-09-2007, 19:54
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Predefinito Re: Intervista A Donnie Sumner

DS. Io non parlerò mai in modo negativo di un amico.
Purtroppo altri non hanno avuto lo stesso tatto, o classe.
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  #12  
Vecchio 30-09-2007, 15:57
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GeA109 Re: Intervista A Donnie Sumner

intervista da brividi
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  #13  
Vecchio 22-11-2009, 10:19
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Predefinito Re: Intervista A Donnie Sumner

Riprendo questa intervista postata 2 anni fa, per integrarla con una nuova, che ho trovato sul web
Per quanto alcune domande e risposte siano simili a quella precedente, in questa ho intravisto un Donnie Sumner talmente onesto in alcune sue considerazioni riguardanti Elvis, che ho pensato valesse la pena di tradurla e postarla per tutti coloro che hanno voglia di conoscere qualcosa in più su Elvis Presley come persona e come artista.

Spero vi faccia piacere e vi auguro una buona lettura.
Ciao

*************************

Nipote di JD Sumner e membro del quartetto degli Stamps, Donnie diede un notevole contributo alla musica di Elvis in molte incisioni e durante i concerti. Dopo una lunga carriera alle spalle ora Donnie è un pastore e ci parla del suo periodo con Elvis Presley e della sua vita personale.

D. Donnie, diamo inizio a questa intervista, parlandoci di te e del tuo background musicale

DS. Mio padre era un predicatore pentecostale e per la maggior parte della mia vita la musica ne ha fatto parte. Ho frequentato il college, mi sono diplomato in musica e ho fondato il mio primo gruppo nel 1960. Ho sempre cantato musica gospel e oggi festeggio i miei 40 anni e mezzo di musica.

D. Quando hai incontrato Elvis per la prima volta?

DS. Fu nel 1959. A quel tempo, mio zio JD viveva a Memphis e faceva parte dei Blackwood Brother. Venne a sapere che Elvis stava per registrare e io avevo scritto alcune canzoni. Così si mise in contatto con Charlie Hodge per fare sì che io potessi andare da Elvis e cantare alcune delle mie canzoni per lui. A quel punto io e JD ci recammo a Graceland. Charlie ci venne incontro ai cancelli, entrammo e fu così che incontrai Elvis per la prima volta. Ne rimasi molto impressionato, perché avrei dovuto fare più di quello che mi aspettavo e dovetti cantare parecchio. Elvis mi disse di non aver paura e di cantare. Avevo 17 anni. E’ inevitabile essere nervosi quando sei un ragazzino del Tennesse, nel sud degli Stati Uniti e, di punto in bianco ti ritrovi a cantare le tue canzoni per Elvis Presley!! (ride)

D. Quale fu la tua prima impressione su di lui?

DS. Prima di tutto che uomo era!!! Quanto era macho e quanto era bello!! La cosa che mi colpì maggiormente era che si trattava di una persona molto semplice, molto gentile ed era molto educato. Non era uno che snobbava. Semplicemente era uno di noi e questa fu la cosa che mi impressionò più ancora della sua bellezza.

D. Nel 1972 andasti anche tu a Las Vegas per fare la tua prima apparizione con Elvis. Poco dopo ti ritrovasti in tour con lui per tutti gli Stati Uniti. Com’era la vita sulla strada con una star del suo calibro?

DS. Vivevamo al minuto. Ci svegliavamo alle 12 o 13 del pomeriggio e bighellonavamo in giro fino a che, a sera, Elvis non era pronto. A quel punto andavano in salotto e guardavamo la televisione, ridevamo, parlavamo e cantavamo fino alle 3 o 4 del mattino, ora in cui andavamo a letto. Quando era in tour succedeva la stessa cosa tutte le notti e tutti i giorni.

D. La prima session di studio con lui avvenne nel Marzo dello stesso anno. Cosa significava lavorare con lui in studio?

DS. La prima registrazione che facemmo insieme fu durante l’ON TOUR e quello era il nostro primo tour. Avevo partecipato a molte session, ma mai a una come quella. Di solito, quando si doveva registrare, ti mettevano in una stanza isolata e tutti stavano molto attenti ad evitare rumori di qualsiasi tipo. Invece, nel caso della prima session con Elvis, la cosa che mi sorprese fu che durante le registrazioni lui teneva in mano il microfono e camminava in giro per lo studio. Mentre la band stava al centro dello studio, lui camminava per lo studio e si comportava come se fosse sul palco, mentre i backup singers stavano da un lato. Non so come separassero le tracce, ma in qualche modo veniva fatto. La canzone che registrammo quella prima sera di session fu “Separate Ways”. Anzi, se non sbaglio la prima canzone ad essere registrata fu “Always On My Mind”, mentre “Separate Ways” fu la seconda o la terza. JD ed Elvis rimasero seduti al centro dello studio e, per almeno 2 ore e mezza, ascoltarono quella la canzone a ripetizione. Quella fu l’ultima canzone che registrammo quella sera.

D. Nel documentario Elvis On Tour, che vinse il Golden Globe, tu sei stato filmato in un momento molto toccante, mentre cantavi The Lighthouse, un brano gospel. Raccontaci un po’ di questo momento intimo e di grande ispirazione.

DS. Quando andammo alla session di registrazione, la situazione presentava un’evidente stanchezza e nervosismo. Quando Charlie si rendeva conto che Elvis si stava preoccupando per qualcosa, non importa cosa stessimo facendo in quel momento, nel bel mezzo della session, andava a sedersi al pianoforte e suonava qualcosa, brani come “Wasted years” “Sweet By and By” e cose simili. Non appena Elvis le sentiva, era come un cane quando gli passa vicino un autobus………. rizzava le orecchie e inseguiva l’autobus (ride). Quando sentiva suonare quei lenti canti gospel, si avvicinava al pianoforte, senza preoccuparsi di altro.
Questo è quanto successe quella notte. Charlie andò al piano ed iniziò a cantare “Wasted years, Wasted Years, Oh how Foolish………” Elvis lo raggiunse e iniziò a cantare e poco dopo volle che ci unissimo anche noi, per cantare alcune canzoni degli Stamps. Ma Charlie non le conosceva e non sapeva come suonarle, così al piano mi sedetti io e cantammo 2 o 3 vecchie canzoni degli Stamps…. “When Its My Time, I Can Feel The Touch Od His Hand”. Poi Elvis chiese di ascoltare “The Lighthouse” e così la cantai. Rimasi molto sorpreso quando uscì il documentario e vidi che includeva quella canzone cosi particolare. Mi sentii troppo piccolo per essere parte degna di quel documentario.



D. A questo riguardo, Elvis diceva che le session di tarda notte spesso si svolgevano nella sua suite dell’hotel. Cosa ti ricordi di quelle notti?

D. Quando stavo con gli Stamps, da Nashville raggiungevamo in macchina casa sua e stavamo da lui tutta la notte, dove cantavamo brani gospel tutta la notte. Questa cosa andò avanti per 3 anni. Poi io lasciai gli Stamps ed organizzai un gruppo tutto mio che si chiamava Tennessee Rangers, nome che successivamente Elvis chiamò Voice. Ci esibivamo al Grand Ole Opry, eravamo un gruppo country, ma alla fine tornammo a lavorare per Elvis per poter cantare brani gospel per lui, di notte, a casa sua.
Questa cosa durò 3 anni, senza alcuna eccezione e con questo intendo che avveniva quasi ogni sera. Considera che, nell’ultimo anno che stavo con lui, andai a casa mia solo per 12 giorni. Il resto del tempo stavamo con Elvis e ogni notte ci chiamava per cantare gospel con lui. Non amava molto i brani veloci. Il più delle volte voleva cantare brani lenti, dolci, del genere gospel del sud. Spesso la gente si chiede qual’era la sua canzone preferita e io posso assicurarti che adorava “In the Sweet By and By”, con Shaun Nielsen che faceva i passi alti da tenore. Una sera abbiamo cantanto ogni verso 18 volte, verso per verso, una volta dopo l’altra. Altre canzoni che adorava erano Why Me Lord, Help Me, An Evening Prayer. Adorava anche Wasted Years. Gli piacevano molto le vecchie canzoni degli Stamps e dei Blackwood Brothers.

D. Elvis era un uomo molto religioso, spesso alla ricerca del significato della vita e studiava le altre religioni. Tu ed Elvis avete mai condiviso conversazioni sulla fede e la vita?

DS. I quel periodo non era un Cristiano praticante e io non feci nulla per tentare di convincerlo in qual che sia religione. Di tanto in tanto mi chiamava in camera sua. Credo che il motivo fosse perché essendo mio padre un predicatore, riteneva che io sapessi tutto (ride) e, pertanto, mi faceva delle domande. Infatti, il libro che sto scrivendo si chiama “In The Shadow With Kings” , dove racconto la mia storia e dove spiego tutto sulla mia adozione, su mio zio JD, su Elvis il mio capo e su Cristo in quanto mio maestro. Quelli sono stati i re della mia vita.
Nel capitolo “Cos’è un Cristiano?” parlo di quando Elvis mi chiamò in camera sua e mi disse “Donnie, voglio farti una domanda” Io chiesi “Di cosa si tratta, capo?” Credo che avesse ascoltato Rex Humbard, visto che lo ascoltava spesso… così mi disse “Ho sentito qualcuno che chiedeva ….sei cristiano? Io non so cosa significhi veramente. Cosa vuol dire?” Iniziai a spiegargli che secondo i principi della Bibbia, un cristiano crede che Gesù sia morto per i nostri peccati e se accetti questo, Lui diventa il Signore della tua vita e riceverai il perdono che già ti ha riservato. Così tu diventi parte del suo corpo e, visto che sei parte del suo corpo, allora sei un Cristiano, grazie al suo nome. Questo non ti rende perfetto, ma significa che rinasci. Inoltre i seguaci dei principi della Bibbia credono che avranno una rinascita e questo, un giorno, farà avere loro la chiave santa per aprire la porta del Paradiso. Noi crediamo che solo con la rinascita puoi avere la vita eterna.
Questo fu il tono della nostra conversazione. Dopo questa, non credo che abbiamo avuto altre occasioni di affrontare argomenti sulla teologia cristiana, ma so che probabilmente Elvis era la persona con più presa di coscienza verso Dio, che io abbia mai conosciuto. Era enormemente interessato alle religioni orientali e studiava in continuazione. Aveva un libro che si chiamava “Il Profeta”, di cui regalò una copia a tutti noi. La leggeva in continuazione, e poi ancora e ancora. Entrava in meditazione trascendentale e, per noi, era una specie di guru. Di tanto in tanto facevamo meditazione. Prendevamo un cuscino, indossavamo una vestaglia e meditavamo. Non c’è niente di tutto questo che ti porti in Paradiso, ma si limita ad essere una presa di coscienza di Dio.
Elvis era un ricercatore, anzi, molto probabilmente lui è stato il ricercatore più diligente che io abbia mai conosciuto.

D. Negli anni ’70, Elvis andava spesso alle conventions di gospel, alle volte per vedere le esibizioni degli Stamps. Ti ricordi qualcosa di quei momenti?

DS. Ricordo tutto perché ero là. La prima volta andò all’Ellis Auditorium, mentre a Nashville venne solo 2 o 3 volte. In entrambi i casi, JD aveva organizzato uno stand da 16x 24, con un lato completamente aperto, un impianto di monitors e l’aria condizionata. Mia nonna, JD, mia zia e tutta la mia famiglia stavamo in questo stand e poteva essere considerata la nostra area riservata. Quando Elvis arrivava, stava anche lui con JD. Si sapeva subito quando c’eravamo io e JD, ma quando c’era anche Elvis nessuno stava con noi, perché c’era sempre una folla che circondava lo stand per aspettare Elvis (ride). La prima volta che venne, fu a Memphis. Era l’ottobre del 1965 e io stavo cantando “I Can not fail the Lord”. Iniziai a cantare la canzone ed arrivò Elvis, dirigendosi nell’ala dove si trovava JD. Non l’avevo visto arrivare. Devi sapere che, verso la fine della canzone, io prendevo sempre un nota alta e la mantenevo per un tempo lungo. Invece quella sera, a quel punto della canzone guardai JD e oltre le sue spalle vidi Elvis in piedi. Fu così che persi la nota. (ride).

D. Nel 1973 andasti nuovamente in studio e più precisamente negli studi della Stax di Memphis. Cosa ti ricordi?

DS. Mi stupii che Elvis andasse agli Stax Studios. Non erano niente di speciale. Era solo uno studio carino, ma niente di che. Quello che però ricordo è che per la maggior parte di quelle sessions fece una canzone che si chiamava “Three Corn Patches” e non riuscivamo ad andare avanti, perché ogniqualvolta Elvis iniziava a cantare il verso “Three Corn Patches”, nella sua testa passava l’immagine di quelle vecchie persone in piedi (ride) e scoppiava a ridere. Ti spiego: qui negli USA esiste una cosa che noi chiamiamo “corn”, inteso come calli e per sopportarli, sopra si applica una specie di cerotto. Questi cerotti vengono chiamati “corn Patches”. Quando iniziava a dire “Three Corn Patches”, Elvis non riusciva trattenersi e scoppiava a ridere, senza riuscire a smettere e , di conseguenza non eravamo in grado di proseguire e fare una buona take. Non era certo la canzone giusta per iniziare, ma ci lavorammo sopra per almeno 3 ore e mezza, senza riuscire comunque a terminarla per il troppo ridere.

D. Più avanti, quello stesso anno, Elvis registrò due tue composizioni: “Mr. Songman” e “I Miss You”. Parlaci di queste canzoni.
A cosa pensavi mentre le scrivevi e come fu che Elvis decise di inciderle?

DS. Scrissi entrambe le canzoni nella stessa notte. Mia moglie mi aveva lasciato qualche settimana prima e io ero andato a casa per parlarle, ma lei non era in città, perché partita per la Florida insieme ai nostri figli, a trovare sua madre. Così quando andai in centro a Nashville, non c’era nessuno tranne me. Mi avviai nella Broadway ed entrai in uno squallido ristorante che si chiamava Line Bughs, Era dove le………..per renderla più folk, potrei definirla “la strada dalla vita notturna”.
Erano le 3 o 4 del mattino e stavo seduto in uno dei separé. Ogni separé aveva un jukebox privato incassato nella parete e io mettevo tutte quelle canzoni che dicevano “Lei se n’è andata e mi ha lasciato. Il mio cuore è spezzato e mi sento un cane” (ride) e mi venne l’idea di “Mr. Songman”. La canzone fu scritta per dedicarla ad un jukebox del Line Bughs. Più tardi tornai al mio motel e scrissi “I Miss You”.
Il motivo per cui Elvis la registrò fu che, mentre eravamo a Palm Springs, il colonnello chiamò Elvis e disse “Devi fare un disco altrimenti violiamo il contratto”. Allora Elvis disse “Non farò nessun disco”. Al che il Colonnello rispose: “Lo farai, eccome” Allora Elvis aggiunse “Bene, dì alla RCA che se vogliono averlo devono venire qui, perché io non verrò a Los Angeles”. La settimana dopo c’erano due camion davanti la casa di Elvis. Avevano portato microfoni e tutto ciò che serviva per una registrazione. Elvis disse: “Cosa registriamo? Non abbiamo nessuna canzone!!” (ride) Charlie disse: “Donnie ha scritto alcune canzoni. Tim Baty ne ha scritta qualcuna.” Allora Elvis disse “Va bene facciamole”. Così la prima cosa che fu fatta furono le mie canzoni. Mr. Songman” e “I Miss You”. Poi Elvis sembrò impazzito e iniziò a fare brani rockabilly già fatti da altri, semplicemente perchè li conosceva . Non gli interessava chi li avesse incisi, cercava solo di preparare un disco per la RCA!
La sera prima, Sherril Nielsen aveva fatto un trapianto di capelli e si ritrovava con 200 punti che partivano dalla nuca e arrivavano fino in fronte. Il mattino seguente era imbottito di antidolorifici. Inoltre per fare “Are You Sincere”, non c’erano musicisti a disposizione. C’ero solo io che suonavo il piano elettrico e Tim Baty che suonava la chitarra acustica. Quel giorno i tecnici della RCA dovevano riportare tutta l’attrezzatura a Los Angeles, registrare la voce di Elvis e sovra incidervi qualsiasi cosa. Quando stavamo registrando “Are You Sincere” chiedemmo a Kathy di fare lei il tono alto finale di “are you sincere”. A quel punto del brano, a Sherill Nielsen uscì una voce alquanto graffiata e quando Elvis cantò l’ultima nota, Sherill fece la parte finale che era di un quarto più bassa. A quel punto Sherill disse “Ragazzi, sono ben felice che non venga usata questa e che invece mettano la voce di qualcun altro!” Elvis rispose “Questa è la prima volta che sento il tuo tono basso e anche il mondo deve sentirlo! Bene, la RCA farà uscire il disco con alla fine la voce di Sherill più bassa che mai! (ride)


source www.elvisbrasil.com
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  #14  
Vecchio 22-11-2009, 10:28
hurt hurt Non in Linea
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Predefinito Re: Intervista A Donnie Sumner

D. Sembra che, in quel periodo, Elvis fosse sempre più indirizzato verso la musica country. Pensi che il contributo che lui ha dato a questo genere non gli abbia riservato il credito che si meritava?

DS. Ciò che rende la musica country è il cantante. Ray Charles cantava musica country, ma il suo non era country (ride), Elvis cantava la musica country e non era country. Elvis poteva cantare gospel e non era gospel. Poteva cantare pop e non era musica pop. Ogni genere musicale assorbe la personalità di chi la canta. Ci sono delle belle canzoni country, con dei bei testi, ma se in quelle canzoni tu ci metti Elvis con la sua voce che aggiunge una spezia diversa e cantandola dà loro un quadro ritmico diverso, si può dire che Elvis letteralmente si appropria di questa canzone e la rende completamente differente, così come faceva Ray Charles

D. Fu in questo periodo che prese forma il gruppo Voice, con Tim Baty, Sherril Nielsen e tu. Come andò?

DS. Sherill e Tim Baty stavano con un gruppo gospel che si chiamava The Statesman, mentre io cantavo con gli Stamps. In quel periodo, iniziò a non piacerci la direzione che i nostri quartetti stavano prendendo, visto che stava cambiando anche l’industria del gospel. Gli Oak Ridge Boys avevano lasciato la musica gospel e si erano buttati sul country. Anche il quartetto degli Statesman aveva abbandonato il gospel, per indirizzarsi verso la musica country. Avevo appena detto a Sherill “Perché non creiamo anche noi un gruppo country e lo facciamo a modo nostro?”. Così lasciammo i nostri rispettivi gruppi e creammo un nuovo gruppo che si chiamava The Tennesse Rangers, facendo esibizioni anche al Grand Ole Opry. Andammo a Las Vegas dove Elvis dava il suo concerto di chiusura e il relativo party. Poichè io ero ospite di Elvis, dovevo essere presente al party. Lì c’erano anche Tom Jones, Bob Gentry, Jack Lord, Martin Allen e Red Fox.
Quella sera cantammo per Elvis “In The Sweet By and Bye” perchè voleva ascoltare canzoni gospel. Alla fine della serata avevamo in mano un contratto con Elvis. Una parte del contratto diceva: “Cantare In The Sweet By and Bye a comando”. Ecco come l’abbiamo ottenuto. quando Una sera ci trovavamo nella sua casa di Manovale Drive a Los Angeles (portavamo ancora il nome The Tennesse Rangers) e Larry Geller aveva portato un libro dal titolo “The Voice”, con una bellissima copertina. Il libro era posato sul tavolino del salotto, dove Elvis stava seduto. Lui prese il libro, guardò la foto e mi chiamò “Donnie, vieni qui”. Andai in salotto e mi disse “Non siete più The Tennesse Rangers. D’ora in poi sarete Voice”. Io dissi “Ok……. Chiamami come vuoi, basta che mi chiami spesso” (ride). Così è nato il nome Voice.

D. A metà del 1974, l’abuso di farmaci da parte di Elvis iniziò ad aumentare in modo allarmante e questo lo portò a comportamenti anomali sul palco. Due di queste divennero leggenda nel mondo di Elvis: la notte in cui esplose sul palco di Las Vegas, arrabbiatissimo per le voci che circolavano circa il suo uso di droghe di strada e la terribile notte nel Maryland, quando era in condizioni tremende. Ti ricordi quelle notti?

DS. Non ricordo quelle notti in particolare, ma so che si arrabbiava moltissimo sia sul palco che a casa, quando notava che veniva accusato di drogarsi. Si arrabbiava sempre e lo dimostrava con le parole. Per Elvis, drogarsi significava uscire per strada e comprare le droghe. Se le ottenevi con ricette mediche non si trattava di droghe, ma di farmaci. Quindi non si considerava uno che prendeva droghe perché tutto quello che prendeva, arrivava tramite ricette mediche. Nella sua testa riteneva che non poteva essere accusato di drogarsi, bensì che era sotto cure mediche. Questo discorso non crea o distrugge una verità e non convalida o invalida niente.

D. Hai mai parlato con lui dei suoi problemi con i farmaci?

DS. Onestamente posso dirti che per la mia consapevolezza di tutto questo era la cosa da me più distante, perché io ero talmente pieno di droga, che non riuscivo a tirare avanti nemmeno le 24 ore di una giornata. Non sono in grado di dirti quanta ne prendesse Elvis, ma io sicuramente ne prendevo quanto lui e anche di più. Quindi, se devo essere onesto, posso dire che io non ho fatto niente per aiutarlo a non prenderli, perché io in prima persona prendevo tutto quello che trovavo in giro. Non sono orgoglioso di questo, ma fa parte della mia storia.

D. Cosa pensi si dovesse fare per aiutarlo a farlo uscire dalla sua dipendenza?

DS. Credo che l’unica cosa da fare per aiutarlo sarebbe stata se tutti noi Red, Sonny, Dave, Io, Joe, Dr. Nick, Charlie, avessi avuto il coraggio di dirgli “Elvis così non va. Tutti noi ci impegneremo per cambiare”. Invece ci spalleggiavamo uno con l’altro, anzichè aiutarci a vicenda.
Elvis non è da rimproverare più di quanto possano essere rimproverati tutti noi, perché anche noi non abbiamo fatto niente per cambiare il nostro stile di vita. Non c’è rimprovero, quindi, che possa essere fatto ad Elvis, che non debba essere fatto in egual misura a tutti noi che vivevamo con lui ed eravamo in18. Infatti se noi 18 avessimo cercato di farlo per noi, avremmo potuto cambiare anche lui. Invece noi eravamo talmente presi dai nostri impegni personali, dai nostri passatempi e dai nostri piaceri, da non trovare il tempo per aiutare lui. E questa è una cosa che rimpiango.

D, Quand’è stata l’ultima volta che gli hai parlato?

DS. Nel 1976, una settimana dopo la giornata del lavoro. Gli dissi che volevo dimettermi, tornare a Nashville, entrare in un centro di riabilitazione e rimettere insieme la mia vita. Dissi che se me lo permetteva, avrei voluto rompere il contratto e tornare a Nashville. Elvis mi disse “Sono fiero di te, Donnie. Vorrei poterlo fare anche io. Vorrei andarmene e ricominciare solo pensando a me. Ma questo non è possibile, io devo continuare ad essere Elvis Presley. Ricordati però che se hai bisogno di un amico sai dove trovarmi. Ti voglio bene” E io dissi “Anch’io ti voglio bene, capo”. Pochi secondi dopo mi voltai indietro e quella fu l’ultima volta che lo vidi.

D. Come pensi che dovremmo ricordarlo?

DS. Credo che il modo in cui lo ricordo io…. Sia il modo in cui vorrei che tutti lo ricordassero. Innanzittutto come l’artista più ricco di talento che io abbia mai incontrato nella mia vita o con cui io abbia avuto a che fare. In secondo luogo, io lo ricordo come un ragazzo molto gentile che arrivava dal Mississippi. Non è mai invecchiato, aveva sempre 19 anni e lo ricordo come un adorabile ragazzo che amava giocare e fare scherzi e come uno degli amici più leali, gentili e protettivi che io abbia mai incontrato nella mia vita.


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  #15  
Vecchio 22-11-2009, 11:25
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Predefinito Re: Intervista A Donnie Sumner

bellissima intervista hurt, grazie. uno dei pochi amici sinceri che ha avuto la possibilità di stare vicino ad elvis.
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  #16  
Vecchio 22-11-2009, 11:27
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Predefinito Re: Intervista A Donnie Sumner

Grazie Hurt per aver tradotto e postato questa intervista.

Mi sembra che Donnie Sumner abbia fatto un ritratto di Elvis molto equilibrato, nel quale sa guardare a lui sia come artista che come persona senza puntare il dito per giudicare, ma avendo l'onestà di ammettere che ciò che faceva Elvis era nè più e nè meno quello che facevano tutti loro...e c'era anche chi faceva di peggio...

Inutile dire che la frase che più mi è rimasta impressa è questa: "Sono fiero di te, Donnie. Vorrei poterlo fare anche io. Vorrei andarmene e ricominciare solo pensando a me. Ma questo non è possibile, io devo continuare ad essere Elvis Presley. Ricordati però che se hai bisogno di un amico sai dove trovarmi. Ti voglio bene".
Un'ulteriore conferma di quanto Elvis non ne potesse più della vita che faceva, di quanto fosse prigioniero della sua vita da star e di quanto volesse anche lui avere la possibilità di pensare per sè, magari cercando di ritrovare la salute e tutto quello che sappiamo.

Molto spesso, guardandolo nei suoi ultimi concerti, si è portati a chiedersi "Ma si rendeva conto...?"...Penso che la risposta sia sì!

Ultima considerazione, ma non in ordine di importanza: niente riusciva a trattenerlo dal lasciarsi coinvolgere dalla musica gospel.
Gli bastava sentire una nota e non poteva fare a meno di cantare quelle lente melodie...Mi dà la sensazione che fossero quelle che gli permettevano di ritrovare un po' di pace dentro di sè. Ci si tuffava alla ricerca di un po' di tranquillità dell'anima.

LISA
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  #17  
Vecchio 22-11-2009, 18:29
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Predefinito Re: Intervista A Donnie Sumner

Bella davvero quest'intervista,penso,siano molto sincere le risposte di Donnie,naturalmente un grazie ad Hurt che l'ha condiviso con noi
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  #18  
Vecchio 23-11-2009, 09:36
hurt hurt Non in Linea
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Predefinito Re: Intervista A Donnie Sumner

Il motivo per cui ho deciso di postare quest'intervista è perchè mi ha colpito parecchio è questo concetto espresso da Donnie Sumner

"Elvis non è da rimproverare più di quanto possiamo essere rimproverati tutti noi, perché anche noi non abbiamo fatto niente per cambiare il nostro stile di vita. Non c’è rimprovero, quindi, che possa essere fatto ad Elvis, che non debba essere fatto in egual misura a tutti noi che vivevamo con lui ed eravamo in 18. Infatti se noi 18 avessimo cercato di farlo per noi, avremmo potuto cambiare anche lui. Invece noi eravamo talmente presi dai nostri impegni personali, dai nostri passatempi e dai nostri piaceri, da non trovare il tempo per aiutare lui."

Infatti considero questo discorso tra i più onesti che io abbia letto a riguardo di Elvis e credo che dovrebbe far riflettere chiunque gli punta contro il dito e lo giudica.

A me sembra alquanto strano come i soliti personaggi abbiano il coraggio di definirsi amici e contemporaneamente aver raccontato il peggio del peggio.
Tra l'altro i cugini West hanno sempre affemato che uno dei principali pusher di Elvis era un componente dei Voice.
Magari intendono proprio Donnie Sumner!!

Forte la storia di "Three Corn Patches"
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  #19  
Vecchio 24-11-2009, 01:58
grimilde3577 grimilde3577 Non in Linea
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Predefinito Re: Intervista A Donnie Sumner

Grazie di nuovo Hurt, apprezzo moltissimo il tuo lavoro. Aspetto con ansia le tue traduzioni. Un bacione!!!!!
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  #20  
Vecchio 24-11-2009, 11:27
hurt hurt Non in Linea
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Predefinito Re: Intervista A Donnie Sumner

Quote:
grimilde3577 Visualizza Messaggio
Grazie di nuovo Hurt, apprezzo moltissimo il tuo lavoro. Aspetto con ansia le tue traduzioni. Un bacione!!!!!
Ti ringrazio Grimilde
Sul forum ci sono numerose interviste e documenti, tanto che, quasi quasi, si può creare una seconda biografia a quella di Guralnick.
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