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Vecchio 22-10-2006, 11:23
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Thumbs up Intervista A Tony Brown- Gruppo Gospel The Voice

Per conitnuare a parlare della parte spirituale di Elvis e il suo amore per il Gospel, ecco un un'altra intervista. Questa volta è Tony Brown che parla: un uomo che tuttora ama molto Elvis.
Chi ha visto il documentario He Touched Me, lo riconosce immediatamente.

<H1 style="MARGIN: 0cm 0cm 0pt">INTERVISTA A TONY BROWN – 3 Febbraio 2006


Tony incontrò Elvis, per la prima volta, nel 1969 all’International Hotel tramite JD Sumner. Più avanti è diventato membro del Voice e nel Marzo 1975 suonò il pianoforte per la registrazione di “Bringing it Back”. Nell’aprile 1976, rimpiazzo definitivamente Glen D.
Oggi, Tony riveste un ruolo chiave dell’industria musicale, quale presidente della MCA-Nashville.
</H1>D. Raccontaci di quando hai incontrato Elvis

TB. La prima volta fu nel 1969. Era il momento del suo rientro a Las Vegas, all’International Hotel.
La sera di apertura, io suonavo il pianoforte per un gruppo che si chiamava Stamps Quartet, JD Sumner e gli Stamps Quartet.
All’apertura erano stati invitati tante persone famose e JD era uno di loro.
Eravamo un gruppo Gospel e avevamo organizzato il nostro programma, in modo tale che finisse a Las Vegas, per poter presenziare allo spettacolo.
Noi non eravamo stati invitati e quindi, eravamo tutti molto scoraggiati di non poter assistere, ma JD fece una cosa. Disse: “Dopo lo spettacolo, faremo un sorteggio, e uno di voi potrà andare nel backstage per incontrare Elvis.“ Io vinsi e così ho potuto andare nel backstage e conoscere Elvis, dopo il suo show.
E’ un momento che non dimenticherò mai! Ero inebetito, pensavo al fatto che, in quel periodo, suonavo, principalmente, in una chiesa e, adesso, mi trovavo di fronte ad una superstar come lui. Quando lo incontrai, fu come conoscere l’uomo, splendidamente, più umano del mondo. Sembrava fosse il prototipo dell’essere umano più perfetto che, io avessi mai incontrato. Ero totalmente affascinato dal suo carisma e da tutto. Non potrò mai dimenticarlo! Penso mi sia rimasto incollato addosso. Non dimenticherò mai quella notte: attraversare quella porta e vedere Elvis Presley di fronte a me. Era come se vedessi Adone, non so spiegare.

D. : Cosa ti ha detto Elvis?

TB: Sai che non ricordo? Io, probabilmente dissi: “Come sta?” Lui era così educato!! Io, praticamente, ero una tappezzeria seduto vicino a JD Sumner, che tutti sanno, Elvis amava molto. Così, praticamente, ho parlato pochissimo.

D : Com’era il backstage?

TB: Devi capire che adesso sono nel business da molti anni, sto con le stars e vedo come gira, ma al tempo, mi trovavo là, suonavo con Elvis e guardavo com’era il lavoro nel backstage.
Non credo che il backstage odierno sia lo stesso di quella volta.
Quella volta, vedere Elvis Presley nel backstage dell’Hilton era come vedere il Presidente degli stati Uniti, con una sicurezza molto attenta.
Io ero talmente lontano dall’essere star, visto che non avevo, mai in tutta la mia vita, fatto parte di quell’ambiente. Improvvisamente, mi trovavo assieme ad una star di quella levatura, quindi si può immaginare come mi sentivo.
Hai presente, quando uno si trova in un posto, che mai avrebbe immaginato di trovarcisi, ma essendo stato invitato, si sente enormemente onorato di essere nello stesso posto della più grande celebrità del mondo. Tu mi chiedi come mi sono sentito quella notte.
Oggi guardandomi indietro, ti dico che non è come andare nel backstage di un concerto di Madonna. Normalmente lei non c’è. E non viene, nemmeno, gestito, più come quella volta.

D: Quando hai visto Elvis per la seconda volta?

TB: Suonavo con un gruppo Gospel, da 13 anni e continuavo a farlo. Elvis venne alla convention dei quartetti nazionali, perché, credimi, vedeva in JD, veramente, un eroe. Forse è stato il suo più grande eroe. A questa convention, che si svolgeva a Memphis, almeno una volta all’anno, partecipavano tutti i gruppi Gospel del sud. Girava voce che, una sera, avrebbe potuto esserci Elvis. Avrebbe fatto parte della convention. Durava 3 giorni Venerdì, Sabato e domenica. Elvis si sarebbe esibito il sabato sera e quella sera, lo avrebbe fatto per JD.
Per me, era stupendo far parte della band e avere la possibilità di essere visto da Elvis. Anche quella volta, stavamo parlando della gente che sarebbe venuta, e si sa, quanto Elvis amasse il gospel, anzi era quello che amava cantare più di tutto. Era qualcosa di irreale.
Quella sera, entrò nella stanza, con questo colletto alto (Elvis amava vestirsi come Elvis Presley, 24 ore su 24, con quelle cinture, i colletti alti e tutto il resto). Attraversò la stanza e tutti si gasarono. Quello fu l’effetto, quando entrò. E’ stato fantastico.

D: Quando è stata la prima volta che hai suonato con Elvis e per Elvis. E’ stato in una di quelle convention di gospel?

TB: No, la prima volta che ho suonato per Elvis, fu quando mi unii ad un gruppo, creato da Elvis che si chiamava Voice e la cosa mi fu proposta da un mio amico Svedese: Pete Melene. Ma a Pete non fu rinnovata la carta verde e dovette ritornare in Svezia.
Mi aveva parlato di questo ingaggio con Elvis, che aveva lo scopo di suonare in casa. I Voice, era la band “casalinga” di Elvis, come la definivano. Lo scopo era di intrattenere Elvis quando era a Palm Spring o Graceland o Beverly Hills. Ci tenevo ad avere quel lavoro! Ero un uomo ambizioso, così riuscii ad ottenerlo.
La prima volta che suonai con Elvis, fu per una session alla RCA di Hollywood. Registrava l’album “”. Non ricordo che anno fosse, probabilmente il 1975. Stavano provando una canzone “Bringing it Back”, scritta da un ragazzo di Nashville. David Briggs disse che avrei suonato sulla demo che Elvis stava ascoltando. Così quando Elvis fu pronto per cantare, Briggs mi chiamò, dicendomi “Vieni a suonare questa canzone”. Io tremando, iniziai a suonare e finii tutta l’incisione. Ecco come è iniziata l’esperienza monumentale di suonaee a Hollywwod, alla RCA Victor Studio e con Elvis Presley.

D: Come ti sei sentito la prima volta che l’hai sentita alla radio?

TB: Quel disco non è stata una grande hit. La prima volta che l’ho sentita alla radio, l’avevo già sentita nel disco. Ma sentirla in originale sul disco e sentirla alla radio è un’altra cosa. E’ stato comunque molto eccitante.

D: Com’erano le sessions con Elvis?

TB: Io sono partito con l’album Today e poi ho partecipato al disco Moody Blue, che fu registrato quasi tutto a Graceland, nella Jungle Room. Credo di aver fatto 4 o 5 cuts. Ma contrariamente alle session di Hollywood, dove stavamo poco, lì passavamo ore e ore ad aspettare. I musicisti arrivavano alle 7/8 ed Elvis si faceva vedere ore più tardi, ma non aveva nesssuna importanza, perché si trattava di Elvis Presley. Quando lui arrivava, si sentiva l’eccitazione nella stanza. La cosa stupenda era che questo non succedeva quando Elvis era nella stanza, ma quando era nell’edificio!!!! Cominciavi a sentirti attraversare dai brividi. E’ arrivato nell’edificio! Entrerà nella stanza! Entra nella stanza! E’ nella stanza! Eccolo!!!! Non sto esagerando. Era qualcosa di speciale. Mi emoziona sempre. Anche oggi, che sono presidente della MCA, mi emoziono davanti ad una star, tipo attori, politici, musicisti e così via. Ma a quel tempo, l’emozione era ad un livello tale, che anche oggi, mi sento quasi mancare se vedo, entrare nella stanza, qualcuno che assomigli a lui. Non mi sentirò mai ridicolo, nel raccontare come mi sentivo, vedendo Elvis Presley, perché sfido chiunque abbia lavorato con lui, a non raccontarti che, ancora oggi, prova le stesse emozioni, se parla di quando lavorava con Elvis.

D: Si direbbe che lo senti, nonostante tu non lo veda.

TB: Giusto. Hai detto benissimo. Talvolta penso che, persino, lui volesse far sapere che era una persona di una specie diversa, credo che fosse su un aereo diverso dal nostro, fosse più in alto, un aereo che volava molto alto. Era un uomo coinvolgente.

D: Ho notato che hai un paio di libri, che ti ha regalato Elvis.

TB: Era con i Voice e spesso, andavamo a Palm Spring. Era là che passavamo molto tempo con lui, stavamo a casa sua e voleva che cantassimo alcune canzoni gospel, così ci mettevano al piano e cantavamo. Poi voleva leggere la Bibbia e noi dovevamo leggerla insieme al lui. Una sera leggeva The Impersonal Life e ci chiese se l’avevamo. Naturalmente nessuno di noi ce l’aveva e non sapevamo nemmeno cosa fosse. Così abbiamo preso la macchina (calcola che eravamo almeno 15 persone) e siamo andati a cercarlo, fino a che l’abbiamo trovato e comprato, in un negozio di Palm Spring che, ne aveva giusto 15 copie. Poi c’era un altro libro che ci ha fatto comprare The Way Out. Tornati a casa con tutti questi libri, Elvis ci leggeva cose di questo genere.

D: Quello era uno dei suoi libri preferiti e te l’ha autografato?

TB: Certo, l’ha autografato e voleva che scrivessimo sulla prima pagina, ma io mi rifiutai. Eravano, a Palm Spring, seduti per terra a leggere credo The Impersonal Life o The Way out. Chiedendoci di leggere, disse “Ognuno prenda un pezzo di giada, e lo batta sulla sua fronte. Voglio che vediate la vostra aura” Nessuno aveva una giada. E anche questa volta, via in macchina a cercarla nelle gioiellerie. Quello che voglio dire è che il tempo passato con Elvis Presley era un tempo entusiasmante, interessante, surreale, e devo ammetterlo, ti dava l’ispirazione.

D. Quando hai detto che voleva che scrivessi e che ti rifiutasti, cosa significa?

TB: Lui diceva che potevi avere qualsiasi cosa, se quello che volevi era per te stesso. Elvis mi diceva che, se hai la forza e la volontà di cercare le cose per te stesso e lo vuoi veramente, riesci ad ottenerlo. Per dire, se c’è un lavoro, o qualcosa che vuoi e hai la volontà, o la capacità, puoi averlo. Io l’ho sempre pensato. E i fatti mi hanno dimostrato che qualsiasi cosa io abbia voluto, fermamente, l’ho ottenuta. Non intendo proprio tutto, ma parecchie cose, che erano sogni, sono diventati realtà. Tipo l’aver prodotto dischi che hanno vinto l’oro, il platino e il multiplatino, oppure il suonare con artisti con i quali avrei sempre voluto suonare, l’incontrare persone che volevo conoscere. Insomma, cose come queste. Non l’ho mai dimenticato. Puoi anche dire che è una pazzia. Anche oggi sento, che tanta gente ci crede ed Elvis fu il primo ad insegnarmelo. Ho sempre preso seriamente, quando diceva “Sai perché sei qui?” Alle volte sceglieva qualcuno e lo portava fuori dalla stanza, e per un secondo, ti sentivi di essere stato scelto, considerato che c’erano tante personale nella stanza. Una sera ha parlato veramente molto, con me. Ed io ero uno che faceva parte del ceto più basso. Mi chiese se sapevo perché ero seduto con lui in quel momento. Naturalmente risposi di no. E lui “Perché eri tu a voler essere qui, ecco perché ci sei. Nessuno può negarti quello che tu vuoi, se lo vuoi veramente”
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