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Intervista A Joe Guercio
Intervista a Joe Guercio – 2005
D. Raccontaci del tuo primo incontro con Elvis JG. Allora, il mio primo incontro con Elvis fu un incontro preliminare. Ricevetti una chiamata da Tom Diskin che era in società con il Colonnello Parker, e disse che stavano pensando a me per dirigere lo spettacolo per Elvis Presley. Quanlcuno mi aveva preceduto per il primo show. Mi chiese cosa fare e bla-bla. Al tempo sapevano quello che avevo fatto e mi avevano cercato dappertutto. Sapevano che ero stato con Eydie Gormet e Steve Lawrence e che avevo fatto alcuni spettacoli a Broadway. Andai a L.A. e mi incontrai con loro. Quindi mi chiamarono e mi dissero che sarei stato ingaggiato per lavorare con Elvis. La prima cosa sarebbe stata That’s The Way It Is, il film. Non avevo mai incontrato Elvis. Avevano provato in un’altra stanza per 3 giorni e da lì per 3 giorni usciva musica e solo musica. E cosa sarebbe successo alla parte degli archi? Gli arrangiamenti erano già stati scritti. Erano tutti stati presi. Glen aveva scritto molti degli arrangiamenti insieme ad altri due autori, ma Glen aveva fatto la maggior parte del lavoro. Joe Esposito mi informò dell’arrivo di Elvis e quando Elvis arrivò iniziò a cantare. Io cercai di entrare nelle canzoni. Alla prima pausa, arrivò Joe Esposito e disse “Dovresti incontrare Elvis” . Non sapevo cosa fare, non ero mai stato un fan di Elvis. Questo era il problema. Io provenivo da tutt’altra musica. Non facevo rock and roll. Ma nel momento in cui l’ho salutato, il suo carisma ha preso il sopravvento. Abbiamo fatto la prima prova, credo fosse “Just Pretend” e un altro paio di canzoni, e mi resi conto di non aver mai saputo quanto bene cantasse. Era un grande cantante. Mia moglie lo amava, ma io non ero mai stato un suo fan. Però tutto iniziò quel giorno. Siamo diventati molto uniti, ecco quello che è successo. D. Cosa ti ha colpito di Elvis, la prima volta? JG. Che era uno vero. Non c’era niente di falso in quell’uomo. Era un vero. Ecco cosa è stato! D. Raccontaci della prima volta che sei andato in viaggio con lui. JG. Il rapporto non è mai stato “Hey amico” un sacco di gente ama pensare che fosse così, ma non lo è stato. L’ho detto prima, era una situazione diversa. Quando lui era nello spirito di uno spettacolo, esisteva il suo gruppo. Però, sul palco, aveva molto rispetto per noi. Era circondato dai migliori. Aveva Ronnie Tutt nessuno è migliore. Jerry Scheff niente di meglio! Su tutta la linea anche James Burton, Glen Hardin!. Elvis li apprezzava molto e sapeva cosa erano in grado di fare. Era un rapporto diverso. Anche se questo sembra non abbia senso, per me lo ha. Emozioni e sensazioni diverse. Quando si rivolgeva a quelli del gruppo, c’era un rapporto diverso, perché loro lavoravano per lui. D. Si diceva che la band di Elvis era la migliore. JG. Guarda cosa hanno fatto. Guarda da dove vengono tutti. Arrivano tutti da luoghi che, sai quanto siamo immersi nella musica. Non erano solo musicisti, erano molto di più. Erano il massimo e andando in tour con questa gente, tutti, ogni volta, abbiamo dato il massimo. D. Ti ricordi quante celebrità, presenti tra il pubblico, ti sono state presentate da Elvis? JG. Oh si, ci sono cose simpatiche. Sammy Davis era tra il pubblico. La sera di apertura c’era qualcuno tra cui Cary Grant, personaggi che mi hanno sempre affascinato, perché erano attori di cinema. Ma c’era anche moltissime belle donne. Sammy era un suo grande fan. Tom Jones anche. Elvis aveva molto rispetto per Tom Jones, Redd Foxx. Quando Elvis era in città, non era uno show, ma un avvenimento. Fu un’esperienza teatrale, ma anche divertente. Quando arrivava, aveva la capacità di far ruotare migliaia di persone, sul suo mignolo. D. C’è un momento speciale con Elvis, che ti è rimasto impresso? JG. Ce ne sono molti, ma parlerò di quelli sul palco. Due momenti culminanti della prima sera ad Atlanta, Georgia fu quando facemmo American Trilogy. L’avevamo fatta all’Hilton e aveva funzionato. L’avevamo anche registrata in un album. Trovandoci nel cuore della Confederazione, intendo Atlanta, Georgia, andammo dritti sull’Omni. Pensavamo di fare due spettacoli. Fummo costretti a farne 4, tutti avevano raggiunto il tutto esaurito. Parliamo di un luogo da 18.000 posti. Per quelli di oggi, tutto finisce dopo una volta…… fanno uno spettacolo e sono stanchi e devono riposare per 4 giorni. Noi ne facevamo 4 in due giorni e alle volte 5 in tre giorni. Elvis iniziò e alla fine ci sarebbe stata l’American Trilogy. James iniziò con l’introduzione ed Elvis disse “hey, voglio fare Dixie” Ti dirò: appena le note iniziarono la gente si alzò in piedi e si mise ad urlare. Era una cosa incredibile, dico, ci fermammo 30 secondi che sembrò un anno fino a che lentamente non smisero, mettendoci nella condizione di continuare con la canzone. Un’altra sera che ricordo fu al Madison Square Garden. Quando arrivò c’erano talmente tanti fari e luci nell’arena che c’erano momenti che era illuminata a giorno, così sì arrivò al black out. Era New York ad averlo voluto e quando New York ti vuole, ti vuole….. New York è un altro mondo. Un altro bellissimo momento della mia vita con lui è stato quando abbiamo fatto l’Aloha From Hawaii. Prima di iniziare dissi alla band “Questa è la prima volta che uno spettacolo va in onda in televisione in tutto il mondo” aggiungendo “siamo assolutamente i primi”. Fu un grande momento. D. Ci sono altre cose che ricordi dell’Aloha From Hawaii? JG Oh l’Aloha è stato qualcosa di speciale …. La gente hawaiiana….. credo abbia girato due film là. Erano eccezionali. Ma il brivido e l’emozione di essere il primo, sai, mi si è fermato il cuore per un attimo, ai primi minuti ho avuto un arresto. Andava in mondovisione, ti rendi conto, era il primo…… che grande momento!! Sul palco, abbiamo avuto qualche momento divertente. Amava cantare “It’s Now Or Never” e una sera gli dissi “E’ una canzone italiana. Perché non la canti con le parole giuste? Sai “It’s Now Or Never” è O’ sole mio”. Ci siamo fatti una risata. Ogni volta che chiamava “It’s Now Or Never” ci scambiavamo un’occhiata d’intesa. Poi “It’s Now Or Never” venne fatta con quel numero. Un’altra volta fu una sera presi una pentola vuota e me la misi sulla testa. Avevo una pentola sulla testa ed ero seduto dietro Ronnie Tutt ….. che risate!!! D. Erano momenti speciali quando c’era Sean Nielsen in “O Sole Mio”? JG. No, per quanto mi riguarda ero troppo occupato a guardare com’era vestito Sean. Ma se mi avessero detto che tutto sarebbe continuato, non ci avrei creduto. Pensa, siamo qui dopo molti anni e stiamo parlando di Elvis Presley. E’ fantastico, così come è fantastico l’Elvis The Concert. Non l’avremmo mai immaginato. Tra il pubblico che c’è in Europa, il 15/20% e formato da ragazzi al di sotto dei 30 anni. C’è un’altra generazione che sta uscendo. D. E’ quasi come se Elvis fosse ancora con voi, on the road. JG Piuttosto siamo noi ad essere con lui, on the road. E’ uno spettacolo eccitante. Lo hai mai visto? D. Hai qualche ricordo particolare dello special della CBS? JG. Lo special CBS? Non è uno degli spettacoli migliori. Furono Dwight e Gary a farlo e sono statidei produttori e direttori fenomenali. Quello show assolutamente non mi piace……. Rappresenta la fine!!! Ci stavamo avviando verso la fine di tutto!!! D. Ricordi quella volta che ti accarezzò i capelli? JG. Sai com’è, in quei giorni c’era ancora qualcosa da accarezzare. D. Che opinione avevi del Colonnello Parker? JG. Non ho mai avuto problemi con il Colonnello e fondamentalmente non avevo molto a che fare con lui. Ho avuto modo di conoscerlo meglio dopo la morte di Elvis. Vivevo a Buffalo, New York, con i miei genitori e mentre lavoravo a Buffalo, arrivò il Colonnello, che mi disse: Tu partirai con noi due giorni prima” E io risposi “Oh, fantastico, iniziare un tour! Vennero a prendermi e mi portarono con loro. Io ero direttore musicale dell’Hilton. E’ così che è iniziato tutto. Io lavoravo per l’Hilton e quando il Colonnello se ne andò, io ebbi la possibilità di continuare per l’Hilton, ma, al tempo, non sapevo quello che volevano fare. Qualsiasi cosa volesse, il Colonnello l’otteneva. Poichè si trattava di Elvis. L’hotel ha fatto un sacco di soldi in quei periodi. D. Hai detto che hai imparato molto dal colonnello. JG: Beh, solo il modo in cui ha gestito le cose. Lui riusciva a fare il tutto esaurito. Aveva 3 spettacoli prenotati, ma non lasciava mai trapelare che tutti 3 erano già esauriti. Quando il primo avrebbe fatto il tutto esaurito, lui avrebbe venduto il secondo e poi il terzo. Sapeva come far muovere il prodotto. C’era un sacco di merchandising. Quella volta non esistevano magliette da vendere. Così iniziò a farlo lui. Ricordo un episodio: C’erano un sacco di traffichini contrabbandieri che ci seguivano. Tutti volevano che venissero arrestati….….. e vendevano più magliette e gadgets di noi. Così il Colonnello li prese e li assunse, facendoli diventare parte dell’organizzazione. Tu non immagini quanto vendevano. Eravamo ad Atlanta, era una domenica e giravano con i pupazzi Hound Dog. Ho saputo è che trovarono un magazzino abbandonato o qualcosa di simile e tutti quei ragazzi mettevano palate di quelle cose, tipo le stanghette di Elvis e cose simili. Ad un certo punto gli Hound Dog finirono e così trovarono una serie di orsacchiotti, che si misero a vendere. A quel punto decidemmo di mettere Teddy Bear nello show. |
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Re: Intervista A Joe Guercio
D. Che cosa significa Elvis per te, personalmente?
JG. Cosa significa per me? Credimi, personalmente, significa grandi ricordi, ma vuol anche dire che mi ha messo in contatto con persone che mai incontrato, in quanto non facevano parte della mia vita. Ha portato persone come le Sweet Inspirations, gli Stamps, credimi eravamo una famiglia. Quando eravamo con lui, eravamo lontani, ma mi ha portato sul palco con 20 delle persone più professional, con le quali io abbia mai lavorato. Poi ci sono i ricordi divertenti. Non avrei mai capito il Sud, senza Elvis Presley nella mia vita. Io sono cresciuto in tutt’altro mondo. Questi sono i veri ricordi. Inoltre mi ha aperto gli occhi verso un sacco di musica. Io, alla mia età, sono qui e vivo grazie al rock and roll. Ho un sacco di amici che aspettano che ritorni la grande band. E tutto questo ruota intorno a me. D. Allora, in un certo senso ti ha cambiato la vita. JG. Sicuro mi ha cambiato la vita in tantissime cose. D. Hai detto che le Sweet Ispirations normalmente facevano le prove qui. JG. Certo, nella stanza al piano di sopra, nella stanza della musica. Arrivavano e ci sedevamo e assieme facevamo dei medleys. Erano loro, le ragazze che aprivano gli show a Las Vegas. Abbiamo fatto uno show con un medley di Billie Holiday all’epoca in cui stavano girando il film. Abbiamo fatto un medley di Stevie Wonder e ne abbiamo fatto uno anche di Elvis. D. Così, praticamente stai di nuovo lavorando con tutti? JG. A te piacerebbe tornare indietro di 25 anni e fare esattamente le stesse cose che facevi 25 anni fa e con le stesse persone? Ecco è così. Oggi ho parlato con un signore di un giornale di Zurigo, visto che stiamo andando in Europa con queste cose e mi ha chiesto: “ Come ci si sente?” e io “Come ci si sente cosa?” e lui “A tornare indietro nel tempo.Ti sei ritrovato a dover riarrangiare tutto?” La mia risposta è stata “Siamo saliti sul palco dopo averlo fatto, comunque per 20 anni. Ma al secondo pezzo mi sono sentito, come se fossimo stati ad Indianapolis 3 sere fa!” Ci siamo ritrovati dentro lo stesso spirito, e tutto è ricominciato. D. Che cosa ci dici dello show all’Hilton? C’era tensione? JG. La notte in cui successe? Beh, ritengo di essere stato felice a non essere io quello che indossava il jumpsuit bianco. Ti posso dire che diede lavoro a tutte le guardie del corpo. Stavamo là ed erano lì per fare quello che dovevano fare. E’ stata un’esplosione di paura. Poteva trattarsi di uno qualsiasi, perché spiegarono che c’era stata una minaccia di morte. Personalmente non mi sono messo in ansia, perché non era rivolto a me. D. Eri in grado di prevedere quale canzone avrebbe fatto? JG. Ero in grado di capirlo da come partiva, anche se, nel frattempo, ogni volta diceva cosa voleva. Perciò quello che io dovevo fare era arrangiarmi. Avevo messo delle estensioni in compensato, specialmente per i violini, in modo tale che avesse più spazio, senza ritrovarsi a cercare le cartelle del pezzo da eseguire. Durante gli shows, non avevamo, una serie di cartelle, a disposizione. Se c’era da fare un’ improvvisazione dance, tutte le relative cartelle erano numerate 42. e invece ci ritrovavamo a dover fare le 63. Così tenevo una riserva di 12 accordi extra. A quel punto qualsiasi cosa succedesse, lo spettacolo doveva continuare. Quindi quando Elvis ne chiamava una, non prevista nello show,e noi non l’avevamo preparata, si andava avanti con….. Battuta 12 e via!! D. Dove ti trovavi, quando hai saputo che Elvis era morto? JG. Fu un giorno molto strano. Io ero con mia moglie e andavamo in Boulevard Mall perché volevo comprarmi una cravatta. Entrai nel negozio e una ragazza diceva ad un’altra che Elvis era morto. Dissi “Cosa dici? Elvis è morto? “ Lei rispose, Sì, la radio lo ha appena annunciato. L’hanno trovato morto” Così cercai di chiamare l’Hilton e finalmente raggiusi Bruce Bankey e gli chiesi “Cosa succede?” E lui,”Vieni subito e ti dirò tutto” Così andai all’Hilton e scoprii quello che era successo. Io dovevo fare le prove con Ann Margret ed Elvis e Ann Margret erano molto amici; avevano fatto film insieme. Così sono tornato indietro per andare al funerale. Jackie mi aspettava a Los Angeles e insieme siamo partiti per Memphis. Poi arrivò Ann Margret, che si era presa 24 ore e siamo tornati con lei, visto che aveva noleggiato un aereo. La gente ti chiede“Come ti sentivi, cos’hai provato?” La mia teoria è che ci sono alcune persone che non sono destinate a vivere per invecchiare. E l’ho già detto. Non riesco ad immaginare vecchia Marilyn Monroe. Non riesco ad immaginare Elvis vecchio e James Dean o Rodolfo Valentino o chiunque tu voglia mettere nella categoria. Penso che sia così. Questo era quello che doveva succedere ed è andata così. D. E’ vero che hai diretto il funerale di Elvis? JG. Certo! Io e i Blackwood Brothers, con JD e gli Stamps dietro la bara con “How Great Thou Art” E Credimi, è stato molto triste, veramente molto triste, perché sentivi il sentimento vivo che hai verso un tuo compaesano, un amico. Ecco cos’era. D. Dopo tutti questi anni, da quando se n’è andato, in che cosa pensi che Elvis sia stato unico, tale da renderlo diverso dagli altri performers? JG. Ritengo che fosse la persona di Elvis Presley. In Elvis non c’era niente che uscisse da Brodway. Lui era quello che era. Era reale. Era creativo. Ci ha portato in un mondo, ci ha insegnato un nuovo modo di muoversi nel business. Questo ha un senso per te? Lui ha dato inizio ad un sacco cose diverse. Tutti imitano Elvis. Elvis non imita nessuno. Lui ha preso qualcosa che era al limite delle barriere e l’ha portato agli altri, di modo anche gli altri potessero capirlo. |
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Re: Intervista A Joe Guercio
grazie mille hurt anche di questa intervista!!!
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#4
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Re: Intervista A Joe Guercio
Grazie Joe.... e ancora Grazie Hurt... sei straodinaria
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#5
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Re: Intervista A Joe Guercio
penso ke elvis negli anni a las vegas sia stato circondato dal miglior tipo di musicisti(come persone) ke si possa desiderare,se solo la MM avesse preso un pò dalla tcb band...
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#6
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Re: Intervista A Joe Guercio
Quote:
straquoto.... |
#7
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Re: Intervista A Joe Guercio
Interessantissima!!! Ottimo lavoro, come sempre!
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#8
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Re: Intervista A Joe Guercio
Hurt, ci stai viziando eh!! Continua così, che sei grande!!!
Grazie infinite!! LISA
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#9
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Re: Intervista A Joe Guercio
Ti ringrazio Lisa, ma il mio non è viziare è solamente il piacere di condividere con tutti !!!!!
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