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Steve Binder Racconta Il Comeback ‘68
D. Raccontaci come mai sei stato contattato per fare lo special del ’68 con Elvis
SB. Credo di essere stato interpellato io, perché nel ’68 ero molto genuino e avevo una grande passione ed entusiasmo per la televisione e tutto ciò che era spettacolo. A New York, avevo diretto uno spettacolo che si chiamava “Hullabaloo” e da quel momento ho deciso che avrei fatto parte dello show business. Per fare “Hullabaloo” mi sono ritrovato a formare un grande squadra e creare uno special per Lesile Uggams. Poi ne ho fatto uno per Petula Clark con Harry Belafonte e questo ha fatto scalpore nel mondo, perché era la prima volta che per una prima serata in televisione venivamo materialmente messi insieme un nero e una bianca. La cosa aveva creato la furia delle persone bigotte e dei promotori pubblicitari della Chrysler Motors, che volevano fossero tolti dallo showm Inoltre anche sui giornali era un argomento molto discusso e controverso. Poi mi capitò di ricevere una telefonata da un signore, che credo fosse Bob Finkel. Di lui avevo solo sentito parlare per tutti gli show che aveva prodotto e diretto. Praticamente lui mi chiamò e disse “Ascolta, abbiamo ottenuto questo affare con Elvis Presley per la NBC”, ma il significato era “Abbiamo ottenuto questa cosa, ma non sappiamo come portare avanti lo spettacolo. Pensiamo che, data la tua giovane età, forse tu sarai in grado di relazionarti con Elvis. Se la cosa ti interessa, vorremmo fissare un incontro e vedere se lo spettacolo si può fare”. Dopo lo spettacolo di Petula Clark con Harry Belafonte avevo pensato che non avrei più lavorato in questa città. Almeno 100 persone mi avevano detto che avevo superato il limite e sapevo che quando capita, non c’è più un posto nel settore. Invece poi è arrivata la cosa più fortunata della mia vita. D. Raccontaci del tuo primo incontro con Elvis SB: A dire la verità, io non ero un fan della musica di Elvis Presley. Lui mi divertiva, ma io ero più appassionato dei Beach Boys e soprattutto di Jimmy Webb e del suo McArthur Park e così via. Il mio collega era molto prolifico e un affermato produttore di dischi e così abbiamo unito le nostre forze per lo spettacolo di Petula Clark. Bones Howe operava autonomamente e aveva seguito la 5th Dimensions, gli Associations, Laura Nyro, ecc. Poi insieme siamo diventati una società. Quando Bones venne a sapere della chiamata disse “Devi incontrarlo, perché insieme sarete grandi! Ho diretto Elvis e sono sicuro che vi piacerete” Così accettai un incontro nel nostro ufficio al Sunset Boulevard vicino alla Tower Records, riproponendomi che avremmo solo chiacchierato. Elvis arrivò all’appuntamento con tutta la gang, occupando il garage con tutte le loro Lincoln Continental. A quel tempo nell’edificio, eravamo gli unici ad avere un ufficio e così nessuno poteva venire a sapere che Elvis sarebbe venuto. Salì al piano di sopra con il Colonnello Parker, Joe Esposito e qualcuno del suo entourage. Entrammo in ufficio, lasciando tutti fuori. La sceneggiatura dello special era stata scritta da me, il Colonello, Bones, Allen Blye e Chris Beard. Quando Elvis arrivò mi disse “Ciao Steve” ed io “Ciao Elvis”. Pensa che Bob Finkel mi ha detto che non aveva mai chiamato Elvis per nome. Abbiamo parlato della vita e altre cose, ma non molto dello special. Mi raccontò che si stava prendendo una vacanza di una settimana alle Hawaii e così via . Mi ricordo di avergli chiesto “Se ti dessi il “Mc Arthur Park” da incidere, lo faresti?” E lui “Assolutamente sì”. Da lì capii che Elvis non era un ragazzo che viveva sul passato, ma si era evoluto e voleva inserirsi nel reale mondo contemporaneo. Io preferisco essere schietto e ricordo di avergli detto che, a mio avviso, erano anni non aveva un successo. Gli dissi anche che non era merito dei film se lui era una grande star, ma solo del Colonnello Parker e della sua macchina pubblicitaria. La televisione, invece, era una strada dove già il giorno dopo, uno diventa la più grande star del mondo, ma anche oò contrario e cioè che si può fare uno show televisivo e immediatamente ritrovarsi con il sedere per terra, vedere la fine della propria carriera e poi vivere di ricordi. Credo abbia apprezzato la mia onestà e così abbiamo continuato. Poi Elvis disse che era in partenza per le Hawaii e io risposi che noi intanto avremmo iniziato a lavorare sullo spettacolo e quando sarebbe tornato avremmo parlare insieme. Lui è partito, noi abbiamo messo insieme lo show e quando è tornato, Elvis ha ascoltato quello che avevamo da dirgli D. Hai nominato “MacArthur Park”. Mi sembra che Elvis abbia cantato uno o due righe di questa canzone? SB: Sì. Credo che sia stato un fatto inconscio. Penso che, mentre facevamo lo show, nei momenti in cui era particolarmente era nervoso, gli tornassero alla mente quelle conversazioni preliminari che avevamo fatto e che da subito gli erano rimaste impresse. Credo abbia cantato “MacArthur Park” durante la parte improvvisata. D. E’ vero che il Colonnello aveva sempre voluto fare lo spettacolo in un modo ben diverso? SB. La prima volta che ho incontrato il Colonnello Parker è stato negli studi della MGM. Ero con Bones e lui ci fece vedere il suo ufficio, vantandosi del contratto (una pagina in tutto) che aveva concluso con la MGM. Ricordo che mi disse che qualora avessero avuto dei contrasti con la MGM, avrebbero dovuto raccogliere le loro cose e andarsene entro due ore. Poi mi fece diventare membro del suo Snowmen Club. Per chi non lo sa, era un club fittizio di cui lui era presidente ed era rigorosamente “riservato” solo a chi ne era all’altezza. Non mi sono mai considerato parte di quel gruppo, ma è stato divertente ricevere il certificato, i biglietti da visita, il libretto e così via. D. Si dice che il Colonnello voleva che Elvis cantasse canzoni di Natale, vestito in smoking SB. Il Colonnello aveva sempre tutto preventivamente organizzato, ma la mia esperienza, da quando ho iniziato ad oggi, mi insegna che i creativi sono fatti per creare e gli uomini d’ affari devono seguire solo gli affari. Mai mescolare le due cose. Il Colonnello mi diede una cassetta audio di quelle che si usavano quella volta. La cassetta conteneva quello che sarebbe stato il regalo di Natale di Elvis alle radio, con un’ora di canzoni natalizie. Poi era stato calcolato l’inserimento di un finto DJ che poneva delle domande ad Elvis, alle quali lui rispondeva. Il tutto senza che i due fossero mai insieme nello stesso studio e nello stesso momento. Io presi la cassetta e ascoltai il materiale che, secondo Parker, avrebbe dovuto diventare lo special televisivo. C’erano 26 canzoni. Onestamente devo dire che non l’ho nemmeno tenuto in considerazione, perché non era ciò che intendevamo fare. Proprio non faceva parte della mia mentalità. D. Quand’è che tu ed Elvis vi siete seduti per discutere come fare lo show? SB. Quanto è tornato dalle Hawaii era stupendo. Io sono eterosessuale, ma devo dirti che, che tu fosse maschio o femmina, non potevi fare a meno di guardarlo. Era talmente bello. Anche non fosse stato una superstar, non avrebbe fatto differenza. Quando entrava nella stanza, capivi che avevi davanti a te qualcuno di speciale. Appena tornato dalle Hawaii, era abbronzato e in perfetta forma. Sono arrivati nel nostro ufficio e c’eravamo Chris Beard, Allen Blye ed io. Credo ci fosse anche Bones. Abbiamo parlato facendo una panoramica di tutti i suoi album, di ogni film che aveva girato, di ogni disco che aveva fatto, ecc. ecc, in modo tale da riuscire a creare uno show su misura per lui. Prima che partisse per le Hawaii gli avevo detto che avremmo preparato uno spettacolo che nessuno altro avrebbe potuto fare. Solo lui. Sarebbe stato come un vestito cucito su misura, Sarebbe stato per lui. A me piace lavorare in questo modo, tenendomi vicino i talenti che mi circondano. Mettere tutte le idee in un contenitore, senza dare titoli. Non c’erano Mister nella stanza. Non c’era nessun direttore o produttore o divo, ma eravamo tutti uguali. A me piace lavorare in questo modo. Così ho deciso che sarebbe stato meglio creare una specie di trama centrale. Il tema di un povero ragazzo di campagna, che partendo da niente, diventa un cantante e raggiunge fama e fortuna, ma che al top della fama e dell’adulazione, si rende conto che la sua felicità è a casa, perché quello è il luogo dove per il cantante tutto è iniziato. Seguendo questo filo conduttore, abbiamo creato vari segmenti, ma tutti collegati alla musica che lui aveva registrato o che gli piaceva e così via. Era uno speciale che, qualora Elvis avesse abbandonato, non avremmo mai potuto realizzare. Era impossibile farlo con un altro artista. Era lo show di Elvis. Siamo anche entrati in contrasto con la NBC, perché non era loro abitudine, per una prima serata, avere un spettacolo, con un singolo artista. Era impensabile. Avevi una star ed intorno un gruppo di ospiti famosi. Credo che la NBC, una volta, mi abbia anche chiesto chi avremmo messo nello show o qualcosa del genere. Quando Elvis arrivò, gli abbiamo esposto il concetto e ne abbiamo parlato come fosse una miniserie dove lui sarebbe stato il perno centrale. Come inizio ci sarebbe stata la sequenza del bordello. Cioè quando il cantante lascia la sua città natale e immediatamente si imbatte in questo bordello dove arriva una giovane vergine innocente, che non ha mai lavorato lì. Lei guarda Elvis ed Elvis guarda lei, Nel momento in cui si vanno incontro, il posto viene rapinato e loro riescono a saltare dalla finestra, A quel punto lui si trova di nuovo in strada. Poi va in un parco di divertimenti ed ha uno scontro con Big Daddy, questo enorme imbonitore da circo, che spacca la sua chitarra e così via. E questa è una parte dello special. Poi va in un piccolo locale per cantare e poi in un altro locale più altolocato. Subito dopo è una superstar che fa un concerto. Ma alla fine realizza che la sua felicità sta nelle sue radici, perché è a casa, perché è un artista. E questo era un altro pezzo. Poi sapevamo quanto Elvis amasse il gospel. Ero stupito che non avesse mai vinto un Grammy con il rock ‘n roll. L’unico Grammy che ha vinto è stato con il gospel. Credo ne abbia vinti due in questa categoria. Così abbiamo messo insieme la parte gospel. Volevo che tutto lo show fosse un live di Elvis, pur se c’era un’orchestra. Avrei voluto che Elvis cantasse live ogni cosa. L’unico rimpianto che ho sullo special è proprio la parte gospel, perché Elvis ha dovuto solo muovere le labbra. E oggi rimpiango il fatto che l’ho permesso, perché ritengo che la sua forza fossero le esibizioni dal vivo, anche se si parla di un programma televisivo. |
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Re: Steve Binder Racconta Il Comeback ‘68
D. Hai avuto grosse difficoltà a far accettare la scena del bordello?
SB. Lo show era già stato venduto anticipatamente alla Singer Sewing Center, prima ancora che io incontrassi il Colonnello e la NBC. In quel periodo, la Singer già sponsorizzava altri show e avevano già definito un pacchetto di contratti con la NBC, tra cui quello di Elvis. Appena saputo che Elvis avrebbe fatto uno special televisivo, i telefoni avevano incominciato a suonare, sembravano tutti impazziti. Ricordo che il Colonnello Sander era disposto a morire pur di poter fare da sponsor con le loro Kentucky Fried Chicken, e poi anche i Mrs Paul’s Fish Stick. Insomma tutti volevano inserire la loro pubblicità nello show di Elvis. Sono sicuro che la NBC avrebbe fatto un sacco di soldi con tutti quegli sponsor e invece poi ho scoperto che loro avevano già tutto definito con la Singer, che in un certo senso, era già un ingrediente della torta, con l’obiettivo di far entrare le donne nei loro negozi per comprare macchine da cucire. Non aveva niente a che fare con Elvis e la sua musica. Ma dal momento che loro se ne stavano fuori dall’aspetto creativo dello show, non mi sono posto il problema. Infatti non hanno mai interferito fino a questa scena, che oggi è chiamata la scena del Bordello. Non era stata concepita in questo senso era solo parte dello spettacolo, come semplice ciclo della storia di un musicista che cerca di affermarsi. Il fatto che avevamo messo un letto in ottone nella stanza dove ci sono tutte queste donne, ha dato l’idea a qualcuno della NBC di chiamarlo bordello. Poi invece avevo sentito voci di non gradimento e qualcuno mi è venuto a dire che la scena doveva essere tolta. A quel punto sono andato dagli sponsors e dai responsabili della NBC, dicendo “Allora, voglio saperlo prima di girare e non dopo! Volete questa scena oppure no?” Pare che qualcuno abbia riferito che, qualora la scena fosse stata tolta, me ne sarei andato, ma in verità io non l’avevo mai detto. Fu così che mi hanno dato la loro parola che non l’avrebbero tolta e così ho girato. Il problema è che poi, il problema si è presentato di nuovo e su disposizioni della General Electric (che poi ha acquistato la NBC) non è stata mandata in onda. E’ stata una battaglia che ho combattuto e che, al momento, ho perso. Anni dopo invece, ritenendo che fosse una bella scena, è stata rimessa nello special. D. Per cui adesso è nel DVD! SB. Non solo, ma è anche stata mandata in onda dalla NBC. Questa è l’ironia della sorte. La prima volta me l’hanno fatta togliere, perché avevano paura di……. E invece, con gli standard che ci sono oggi, è una cosa molto ingenua. D. E’ vero che tu ed Elvis avete fatto una passeggiata sul Sunset Boulevard? SB. Non è stata proprio una passeggiata. Io tastavo il terreno in continuazione e, dietro le quinte, avevamo un gran bel rapporto. Gli dissi “Cosa pensi succederebbe se oggi tu camminassi normalmente sulla strada?” E lui “Cosa intendi?” E io “Cosa pensi succederebbe?” Lui guardandomi incuriosito, disse “Non ho idea di cosa intendi dire quando dici succederebbe” E io “Niente. Siamo nel 1968. Vai giù in strada e ti prometto, anzi ti garantisco, che nessuno ti tirerà per i vestiti. Nessuno ti darà la caccia per un autografo o altro, semplicemente ti accetteranno. I tempi sono cambiati”. La conversazione si è conclusa così, Abbiamo ripreso le prove, facendogli anche provare alcuni arrangiamenti al pianoforte. Sai, Elvis aveva sempre registrato con una sezione ritmica, quindi con batteria, basso, ma mai con qualcosa di più grande ed ora gli stavamo chiedendo di presentarsi davanti a 50 musicisti e cantare. Logicamente era nervoso per questa cosa. In ogni caso, non voglio divagare e torniamo alla storia del Sunset che è successa nei primi giorni delle prove. Elvis venne da me e disse “Andiamo” Non capivo di cosa stesse parlando, quindi gli chiesi “Andiamo dove?” “Giù”. A quel punto tutti indossarono i loro soprabiti e cappelli, dicendo “Andiamo”. Allora Elvis “No, no….. scendiamo solo io e Steve. Voi potete guardare dalla finestra!” e continuò “Andiamo a vedere come va sul Sunset Boulevard”. Siamo scesi e ci siamo infilati nel traffico nell’ora di punta delle 5 del pomeriggio, arrivando fino alla facciata anteriore del nostro edificio. Siamo rimasti fermi per qualche minuto, chiacchierando un po’. Non ricordo di cosa abbiamo parlato, ma entrambi osservavamo che nessuno prestava attenzione a noi. Lui salutava le macchine che ci passavano vicino. I ragazzini che si avvicinavano a noi, non si rendeva conto che erano a due passi da Elvis. Siamo rimasti là per almeno 10 minuti, minuti che sono stati persino imbarazzanti, cercando di attirare l’attenzione per un saluto, per una presa di coscienza di sentir dire: “Hey, ma questo è Elvis Presley”. Quando tutto finì, posso dire che ho notato un cambiamento nel suo comportamento. Era diventato più accomodante, divertente e dimostrava una totale fiducia in me. D. Come siete arrivati a “If I Can Dream”? SB. Mano a mano che lo show proseguiva, il Colonnello, naturalmente, vedeva i suoi problemi che aumentavano. Devo dire in tutta onestà che, secondo me, in qualsiasi momento Parker avrebbe potuto togliermi la spina e sbarazzarsi di me. Bastava un attimo per farmi licenziare. Credo fermamente che, tanto odiava il fatto che io mi fossi intromesso tra lui ed Elvis, tanto rispettava il fatto che questo special sarebbe stato qualcosa di diverso. Tutto quello che faceva erano questi confronti personali, da cui derivava che se gli piacevo il mio nome era B I N D E L, mentre quando mi chiamava BINDER significava che qualcosa non gli andava bene. Poi quando aveva dei problemi su cui discutere, convocava in riunione con Elvis e me. Certamente ormai aveva capito che non sarebbe stato quello show natalizio tradizionale con canzoni tipo “I Believe”. Lui l’ avrebbe voluto, ma aveva perso la sua battaglia, pur se era riuscito a spuntare di mettere una canzone natalizia, almeno alla fine. Così un giorno ci chiamò in quel piccolo atrio dei servizi igienici che lui aveva fatto diventare il suo ufficio. Aveva due agenti della William Morris, che vestiti con un’uniforme stavano piantonati fuori da questo “bagno” che lui insisteva nel definirlo suo ufficio. Una volta entrati disse “Binder, ho saputo che non hai intenzione di mettere nessuna canzone natalizia, nemmeno alla fine”. Ed io “Giusto” E lui “Bene! Elvis vuole che nello show ci sia una canzone natalizia. Vero Elvis?” Elvis teneva la testa bassa e disse “Si, signore” Allora io dissi “Bene. Se Elvis vuole inserire una canzone natalizia, nello show allora la metteremo”. Non avevo nessuna intenzione di imprecare e quindi siamo usciti dall’ufficio di Parker, pensando che ormai la cosa era definitiva, ma Elvis, dandomi un pizzicotto, disse: “Ignora quello che ha detto, non dobbiamo preoccuparci di quello che vuole lui”. E’ stato il momento in cui ho capito quale fosse la filosofia di Elvis. Una sera, mentre stavamo provando, c’era un televisore acceso nell’altra stanza e tutto ad un tratto ci fu un gran silenzio. E io ho detto “Credo che sia stato assassinato Bob Kennedy”. Tutti ci siamo precipitati nella stanza dove c’era la tv e ne abbiamo avuto la conferma. Praticamente abbiamo passato tutta la notte a parlare dell’assassinio di Bob e John Kennedy. A me piaceva molto Elvis. Ritengo che sia stato una delle persone più carine, gentili e nello stesso tempo divertenti, che io abbia mai conosciuto. Può non aver ricevuto un’educazione da college, ma sicuramente era perspicace e preparato. In quei momenti di pura onestà, Elvis stava dicendo cose che pensavo sarebbe stato bello poter inserire nello special. Così decisi di andare da Earl Brown, (nostro compositore di canzoni e arrangiatore dei cori) e da Billy Goldenberg e proposi loro di fare un trucco. Avevo letto un articolo che diceva che nella seconda guerra mondiale, tutti gli artisti tedeschi camuffavano il loro lavori, in modo tale, che essendo troppo astratto, i nazisti non avrebbero potuto capire il loro messaggio nascosto. Così parlando con Earl e Billy, dissi “Se facessimo un discorso non riusciremmo a oltrepassare il Colonnello, ma se lo mettiamo sotto forma di canzone, non verrà mai a sapere cosa abbiamo fatto”. Chiesi loro di andare a casa e scrivere una canzone che avesse lo spirito di ciò che avevo sentito dire da Elvis in persona, e cioè che siamo stati creati tutti uguali, che tutti meritiamo di camminare mano nella mano come fratelli e così via. Una mattina, molto presto, ho ricevuto la telefonata di Earl Brown che mi diceva: “Credo che ci siamo. Penso tu abbia la canzone che volevi”. Ci siamo trovati tutti nello studio, per ascoltarla. Billy Goldenberg era al pianoforte ed Earl cantava la canzone scritta da loro “If I Can Dream”. Allora io dissi “OK. Aspettiamo che Elvis arrivi e gliela facciamo ascoltare”. Il Colonnello Parker stava già passando sul mio corpo e diceva “Non avrete mica intenzione di usare questa come ultima canzone dello show?”. Non risposi e aspettai l’arrivo di Elvis, per portarlo subito nella stanza del piano. Nel contempo, il Colonnello era nell’altra stanza con Tom Diskin e altri della RCA. Li sentivo brontolare, disapprovando quello che stavamo facendo. Abbiamo suonato “If I Can Dream” per Elvis ed lui l’ha ascoltata attentamente. Poi disse “Suonala di nuovo”. Poi aggiunse “Devo abituarmi!” Quando Elvis doveva prendere una decisione su una canzone, non voleva decidere in fretta. Voleva assorbirla e ascoltarla ripetutamente. Billy e Earl l’hanno fatta almeno tre o quattro volte. Alla fine, Elvis mi ha guardato e ha detto “Ok la facciamo” e io “Ok la faremo” e immediatamente sono state avviate tutte le pratiche per i diritti d’autore e per la RCA. A quel punto tutti si sono resi conto che la canzone avrebbe fatto parte dello special, che piacesse o no. Ma la cosa ancora più grande è che quando Billy Goldenberg ha saputo che Elvis l’avrebbe cantata, è andato al piano. Ha preso una matita e una gomma e ha cancellato il suo nome dal foglio dove era scritta la canzone, perché, in realtà era stato solo Earl Brown a scriverla. Questo gesto, probabilmente, a Goldenberg è costato milioni di dollari in diritti d’autore, ma nella squadra la prima cosa era l’integrità e io sono ancora molto legato a queste persone. D. Che cosa ti hanno detto quando hai presentato lo show? SB. Quando l’abbiamo finito, sono andato alla NBC, per mostrare il filmato montato. Devi sapere che, in quegli anni, si registrava su un video-tape da due pollici e, non appena fatte tutte le registrazioni per i diritti, il nastro doveva essere fisicamente distrutto. Era un metodo notevolmente laborioso, ma siccome ero autorizzato al montaggio, avevo tonnellate di filmati che avevamo preparato prima e che erano ben organizzati. Ma quando ho visto l’improvvisazione, ho detto “Questo è quello che vuole vedere il mondo. Questo è Elvis! Quello con i capelli scompigliati e il sudore sotto le ascelle”. Quando la NBC l’ha visto, ha obiettato perché non era ritenuto adatto per una prima serata e voleva togliere anche questa parte dallo special. |
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Re: Steve Binder Racconta Il Comeback ‘68
D. Togliere la parte della session improvvisata?
SB. La session improvvisata per me è quello che abbiamo definito la ricchezza dello show. La prima volta che ho capito che era sul nastro. Era un momento in cui Elvis non immaginava che ci fossero telecamere che lo riprendevano. Era concentrato nel suo mondo, stava vivendo un momento della sua vita, con Scotty e DJ, su un fac-simile di ring della boxe e il pubblico intorno. Era semplicemente vivo! Così quando stavo preparando il montaggio dello spettacolo, ho detto “Questo è lo show” Ho dovuto raccogliere parecchio materiale, ma quando ho terminato sono andato dritto alla NBC e ho detto “Ecco qui, è pronto, ma c’è un problema” E loro “Quale?” “Per la prima serata della Singer, voi volevate 60 minuti, ma qui ce ne sono 90, perciò è necessario acquistare un’altra mezz’ora, perché io non sono riuscito a fare uno show che durasse meno di 90 minuti”. Naturalmente, per quanto riconoscessero che io ero un pazzo, il fatto che lo special fosse con un solo artista e senza ospiti, mi rimandarono indietro, imponendomi di tagliare mezz’ora di spettacolo. Cosa che ho dovuto fare e ho usato le parti della session improvvisata, come passaggi interni ed esterni alla produzione vera e propria. Poi quando Elvis è morto, qualche genio della NBC ha detto “OK, mandiamo in onda un tributo ad Elvis Presley. Prendiamo lo special delle Hawaii e quello del ’68, li mettiamo assieme e lo facciamo diventare un grande show. Come ospite chiameremo Ann-Margret”. Perciò chiunque sia andato in archivio, senza sapere niente, ha preso il nastro di 90 minuti, facendo risultare un tributo che è durato tre ore, ma mandando in onda tutti i 90 minuti, che avevo preparato inizialmente. Alla fine le outtakes sono diventante più importanti dello stesso show, Quello è Elvis e fa vedere che non era solo la macchina del Colonnello, ma dimostra che lui era speciale e fantastico. Credo che, inizialmente, abbia accettato di farlo, perché ci ha creduto. In quel momento aveva perso la fiducia in se stesso e aveva paura. Me lo ha anche detto che pensava che non avrebbe più avuto un suo pubblico, perché, per fare quei film, era stato lontano dal palco del troppi anni. E gradualmente l’ho visto recuperare energia, eccitazione, fiducia, soprattutto dietro le quinte. Addirittura, al momento di salire su quel ring e fare il suo show, non se la sentiva di uscire, non ne aveva la forza. Ricordo che Joe Esposito mi chiamò nel camerino e mi disse che Elvis era in crisi, che non voleva uscire e fare la parte improvvisata. Così entrai nella sala trucco e lui fece uscire la truccatrice. Mi disse “Steve, non posso farlo” E io “Come non puoi farlo? E lui “Non so cosa dire. Non so cosa fare” E io “Elvis vai. Io sono felice anche se esci, saluti e dici solo ciao e poi te ne vai………. ma devi uscire …a questo punto non ti puoi fermare. C’è un pubblico che sta aspettando te! Qui ci sono tutti i tuoi amici e tu devi uscire”. Quando è uscito era spaventato da morire. Al primo numero era incerto. La sua gola era secca. E io vedevo tutte queste cose. Poi piano piano,è esplosa quella fantastica sicurezza e fiducia che gli correva lungo tutto il corpo e, alla fine, abbiamo quell’attacco di Memories, di cui c’era una traccia e lui canta dal vivo sopra la traccia. Ci eravamo messi d’accordo su un gesto della mano per farmi capire quando avesse finito con l’improvvisazione, così avrei fatto partire la traccia strumentale di Memories. Invece in entrambe le improvvisazioni, non mi hai dato il segnale e così ho dovuto intuire quale fosse il momento di farla partire. D. Sul palco era come un tigre in gabbia SB. Direi di sì. La cosa grande di Elvis è che era un istinto naturale e non ha mai pensato di essere un grande musicista, nonostante molti grandi musicisti lo ritengono tale. Anche se può sembrare strano, tendeva sempre a sminuirsi. Quando doveva uscire per il segmento delle improvvisazioni, credo che avesse un tale miscuglio di curiosità e paura, tanta paura, che nel momento in cui è uscito e ha realizzato l’atmosfera, ha pensato “Hey, non piace solo a loro, ma piace anche a questi ragazzi e anche a me piace!” D. E il Colonnello come l’ha presa? SB. Beh l’idea della parte improvvisata è stata un’ispirazione, non appena l’ho ascoltato nel suo camerino alla NBC. Era qualcosa di mai sentito, anche perché era stato lontano tutto il lungo periodo dei films. Il cast era formato da centinaia di persone. Ci si doveva alzare presto per iniziare le prove e alla fine della giornata, quando tutti se ne andavano, Elvis andava nel suo camerino, tutti i ragazzi lo seguivano e iniziavano a rilassarsi. Il loro modo di rilassarsi era suonare. Quelli erano momenti che avevi voglia di guardare dal buco della serratura e potevi vedere cose che ti facevano rabbrividire. Mai avresti immaginato di vedere cose simili. Era molto meglio di quello che si faceva sul palco. Avevo pensato di prendere una cinepresa e filmare quello che vedevo, ma il Colonnello Parker disse “Lui non te lo permetterebbe, niente riprese, niente foto”. Così ho cercato di immaginare come farlo. E il Colonnello mi disse: “Okay, ti dirò io cosa fare. Dato che io ho il controllo totale, questa cosa non può far parte dello show senza la mia approvazione, ma ti autorizzo a ricrearlo sul palco”. L’idea è nata così, ma anche se ho cercato di ricreare lo scenario non era magnifico come quello che io avevo visto nel camerino. D. Com’è stata veramente la storia della confusione con i biglietti, dove nessuno si è presentato e aveve dovuto racimolare gente dal Bob’s Big Boy? SB. Io ero andato dal Colonnello Parker e quando mi è stato dato l’ok, ho deciso che avremmo avuto due gruppi di spettatori ed in totale avremmo invitato 250/300 persone, per cui ho fatto stampare i biglietti. Credimi che avremmo potuto vendere quei biglietti a $ 1.000 ciascuno. Il pubblico avrebbe visto Elvis Presley per un’ora o due mentre improvvisava canzoni, parlava e qualsiasi altra cosa che non era mai stata vista. Così sono andato dal Colonnello per chiedergli quanti biglietti volesse avere per i suoi amici, la sua famiglia, la RCA o chi volesse lui. La sua risposta è stata “Bindel, tu non capisci come lavora il colonnello! Io non voglio qualche biglietto. Ma se tu invece vuoi i fans di Elvis di Memphis, quelli che si strappano i capelli e che urlano e piangono, allora io voglio tutti i biglietti. E se tu mi dai tutti i biglietti, significa TUTTI e quindi, tu non ne hai nessuno, la NBC non ne ha nessuno, la Singer nemmeno.” Così sono andato alla NBC, da Bob Finkel e dagli sponsor, spiegando quello che mi aveva detto il Colonnello e aggiungendo “Dateli tutti al Colonnello e avremo un pubblico”. Non avevo tenuto in considerazione la mia sensazione di non dover credere al Colonnello, nemmeno quando ha detto che avrebbe fatto qualcosa. E infatti l’ha fatto. Di solito cerco di proteggermi le spalle, cercando di calcolare in anticipo quello che può capitare. In questo caso non l’ho fatto. Avevo convinto tutti a dare tutti i biglietti al Colonnello per entrambi gli spettacoli e così era stato fatto. Lui ha aperto la sua valigetta e vi ha messo tutti i biglietti. Io mi aspettavo gli aerei che arrivavano da Memphis con tutte queste donne che urlavano e tutta la massa dei fans di Elvis. Passati due giorni da quando i biglietti erano stati dati al Colonnello, una sera, mentre stavo uscendo, il bigliettaio della NBC mi disse “Hey Steve, hai bisogno di biglietti per Elvis?” ed io “Ma cosa dici?” e così mi sono accorto che sulla scrivania della guardiola c’era una pila di biglietti per lo spettacolo di Elvis Presley. E’ stato il primo segnale che ho avuto per capire che ci saremmo trovati di fronte ad un grosso problema, ma molto grosso, se non fossimo riusciti a trovare una soluzione. Così la mattina dopo sono arrivato prestissimo e ho aspettato di vedere, fuori alla NBC, la fila dei fans di Johnny Carson, ma erano troppi rispetto ai biglietti. Così ho iniziato a chiedere chi di loro avrebbe voluto vedere Elvis Presley. Nessuno!! Oltrepassati i cancelli, tutti erano pronti per gli ultimi ritocchi all’organizzazione dello staff e del palco e iniziare a girare, quando il capo della sezione relazioni pubbliche si avvicina a me e mi dice “Steve abbiamo un grosso problema”. Fuori ci sono pochissime persone. I biglietti non sono stati distribuiti, non li ha ricevuti nessuno”. Ero nel panico più totale. Abbiamo iniziato a chiamare alcuni nostri amici delle radio locali chiedendo di promuovere lo spettacolo alla radio. Abbiamo mandato qualcuno al Bobìs Big Boy chiedendo ai clienti del ristorante, che stavano mangiando i loro hamburgers e bevevano la loro birra, di venire a vedere Elvis Presley. Facendo così siamo riusciti a racimolare un po’ di gente, che con l’ aggiunta di familiari e amici dei dipendenti della NBC, hanno formato il pubblico previsto. D. Questo special come ha cambiato la tua vita? SB. Sicuramente nel corso degli anni, mi ha fatto un immense piacere sentire la gente che dice che io sono colui che ha prodotto e diretto Elvis nello special del ’68. Ma in realtà non è così. Io ho cercato di vivere la mia vita e se qualcuno mi chiede qual’ è il progetto che ho fatto e che preferisco è sempre il prossimo. Per essere onesto devo dire che dopo aver diretto Elvis Presley mi è andata molto meglio. Non avrei mai pensato che sarebbe diventato la leggenda che è diventata. Ho semplicemente cercato di dare il 100% di quello che potevo dare. D. Ci sono ancora tanti filmati dello special che non sono stati pubblicati e c’è la possibilità che in futuro si possano vedere? SB. Per quanto riguarda il materiale non ancora pubblicato, credo che, con molta probabilità, la Elvis Presley Estate abbia esaminato il materiale in tutti i dettagli. Hanno preso tutto ciò che poteva avere dei collegamenti con Elvis. L’unica cosa è che quando ho ripreso le parti improvvisate, ho filmato per due ore e, di queste, credo sia stata trasmessa solo un’ora. La storia divertente dietro a tutto questo ho ricevuto una telefonata da gente di New York che detiene gli specials della RCA e da un signore che si chiama Jose Razkoff, che per un periodo è stato un dirigente della Elvis Presley Estate. Queste persone mi hanno detto che stavano trattando con la RCA per poter fare un altro show tributo ad Elvis Presley. Mi hanno chiesto se so qualcosa. Ho detto loro che sono le outtakes di Elvis Presley più incredibili che possano esistere. Naturalmente loro non capivano di cosa stessi parlando e, in seguito, ho ricevuto da loro una lettera che mi autorizzava a darle. Quindi ho preso i due master e li ho dati a loro. A quanto pare li hanno visti e mi hanno chiamato per chiedermi se per caso ritenevo che potessero interessare a qualcuno. Al che ho risposto di farli vedere a qualche fan di Elvis e così avrebbero avuto la risposta. L’hanno venduto alla HBO e ho sentito che è stato fatto per un milione di dollari, solo per i diritti di mandarlo in onda. Ad oggi per il network della HBO, è ancora lo special che ha avuto più successo. Gli hanno dato il nuovo titolo “One Night With You” e credo sia riferito solo alla take 1. Credo ci sia anche una take 2, dove sono ripetute le stesse canzoni un sacco di volte, ma sono senz’altro una diversa dall’altra perché era tutto improvvisato. Quando Elvis ripeteva la stessa canzone, la faceva sempre in modo diverso. |
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Re: Steve Binder Racconta Il Comeback ‘68
D. Dov’eri quando hanno scoperto che Elvis era morto?
SB. Non posso dirlo con sicurezza, ma credo che stavo facendo un altro special ed ero molto preso dal lavoro. Mi ha intristito sentire la notizia, perché la mia ultima conversazione con Elvis, è stata quando eravamo soli alla NBC, per visionare lo special e, come speravo mi disse con quanta amasse quello special. Davvero! E’ molto raro sentire un artista che ti dice in faccia quanto ami vedersi sullo schermo. Molti artisti non vogliono vedersi dopo che hanno finito un film o uno special. E invece lui non solo mi ha anche detto che gli piaceva molto, ma ha giurato che non avrebbe mai più inciso una canzone nella quale non credeva e che non avrebbe più girato un film qualora la sceneggiatura non l’avesse appassionato. Ricordo di avergli detto “Ti ascolto e spero che tu sia abbastanza forte per mettere in pratica tutto questo”. Il fatto è che avendolo osservato molto nel suo rapporto con il Colonnello, non so se avesse dei veri amici. L’ho paragonato ad Amleto, che aveva paura di uscire nel mondo reale, perché era praticamente un segregato e isolato. Sono andato a vedere Elvis a Las Vegas, quando si è esibito la prima volta ed ero entusiasta per lui perché stava esplorando nuovi mondo per se stesso. Poi la seconda volta che sono andato a vederlo, dava la schiena al pubblico e ho capito che era annoiato. Credo che il grande danno del futuro di Elvis sia stato non evitare la noia. Penso che sia rimasto troppo a Las Vegas, per poi diventare l’intrattenitore di Las Vegas. Mi sarebbe piaciuto vederlo fare cinema, girare il mondo e fare concerti e così via. Ma per qualche motivo, ha scelto di non farlo. D. E’ un peccato che tu non sia più stato in grado di contattare Elvis, per fare un altro special insieme. SB. Non so se avrei potuto farlo. Penso che il motivo per cui sono entrato nell’affare di quello special sia principalmente perché era uno e il solo. Ha avuto il suo inizio e la sua fine e quando è finito, c’era il punto fine. Non so se io ed Elvis avremmo trovato una nuova connessione, per fare un altro special o altro, che fosse come quello che abbiamo fatto, perché in quell’occasione, entrambi ci stavamo sperimentando. Non mi interessavano le classifiche, non mi interessavano i rapporti con il network o con il Colonnello Parker, mi interessava fare il miglior speciale possibile e credo che lui avesse l’attitudine per farlo. Questa è stata la nostra opportunità di fare quel qualcosa che lui, da molto tempo, desiderava fare, ma non ne aveva mai avuto l’opportunità. D. Ci sono stati personaggi famosi che sono venuti a trovarlo sul set’ SB. L’unica cosa che ricordo riguardo alle celebrità è che c’erano continue chiamate di gente che voleva parlare con lui, ma a quel che ne so, lui non ha mai accettato le telefonate. Ci sono state alcune persone che dichiaravano di essere amici intimi di Elvis e hanno cercato di entrare nella sala prove. Ma non erano persone gradite e sono state subito allontanate. Non l’ho mai visto parlare con qualche celebrità, a tu per tu. C’èuna bella storia, capitata la prima volta che ho portato Elvis alla NBC per fagli vedere dove avremmo girato lo special. Credo che parte del successo sia dipeso perché la prima volta che ho incontrato Elvis, mi ha detto che aveva paura della televisione. Non era un territorio su cui si sentiva a suo agio. Gli risposi: “Il tuo territorio è fare dischi e allora perché non fai un disco e gli aggiungo le foto!” Più tardi mi disse che quella frase l’ha rilassato, perché non aveva mai pensato di fare uno special televisivo. Lui faceva una registrazione e loro gli mettevano le foto sopra. Ma ancora più divertente è la prima volta che l’ho portato a vedere lo stage. C’era un gruppo di turisti che stavano facendo un giro alla NBC. Avrebbero visto il ragazzo con le scarpe lucide davanti al palco di Johnny Carson. Avrebbero visto dove aveva fatto lo special Dean Martin e così via. Mentre noi passavamo, c’era un gruppo di otto piccole signore anziane. Noi due stavamo in piedi in attesa che l’incaricato della NBC venisse a prenderci per portarci sullo stage. Elvis aveva gli occhiali da sole e chiacchieravamo. Ad un tratto una di queste signore si avvicina e dice “Scusatemi ragazzi, ma c’è qualche celebrità, oggi?” Credo che nemmeno oggi, se è ancora viva, sappia che la persona a cui ha fatto la domanda era Elvis Presley. D. Ci sono state situazioni divertenti sul set? SB. Ogni giorno era divertente, davvero. Eravamo un bel gruppo di persone. C’era una grande energia. Elvis era sempre di buon umore. L’unica volta che lo ricordo di cattivo umore, credo sia stato quando Bob Finkel gli ha detto che usava troppa tinta sui capelli. La cosa lo ha molto infastidito, è venuto da me e mi ha detto “Ritieni che i miei capelli siano troppo scuri?” “No” dissi “Anzi penso che siano favolosi”. Ma a parte questo, abbiamo fatto un sacco di risate. Poi c’erano Joe Esposito e gli altri ragazzi che ridevano in continuazione. Siamo stati molto bene con loro. Elvis aveva questa bolla intorno a lui e a nessuno era permesso penetrarla. Ma siamo stati bene insieme e ci siamo divertiti molto, rispettandoci l’un l’altro ************************ Elvis con Steve Binder, durante le prove del Comeback '68 Special Ultima Modifica di hurt : 17-03-2008 14:54 |
#5
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Re: Steve Binder Racconta Il Comeback ‘68
Per chi è interessato ecco il video di un'intervista del 2007 a Steve Binder, dove racconta parte di quello che c'è nell'intervista, oltre a godersi Elvis live
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#6
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Re: Steve Binder Racconta Il Comeback ‘68
Ecco il tipo di persona che Elvis doveva avere accanto....Secondo me avrebbe fatto rinascere il suo amor proprio.
Ho provato un senso di orgoglio in questa parte di intervista: Quote:
i Quote:
verso la fine dell'intervista, mi è parso di capire che Elvis non aveva un buon rapporto con le celebrità. Che non voleva avere contatti con nessuno di loro. E' così? PS. Grazie di averla postata. |
#7
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Re: Steve Binder Racconta Il Comeback ‘68
Quote:
In modo particolare non amava il mondo hollywoodiano, perchè non si sentiva a suo agio |
#8
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Re: Steve Binder Racconta Il Comeback ‘68
Grazie mille Hurt!!!
Già... Binder lo ha aiutato a rinascere! |
#9
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Re: Steve Binder Racconta Il Comeback ‘68
Bellissimo racconto!!!
Stany! |
#10
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Re: Steve Binder Racconta Il Comeback ‘68
Bellissima intervistagrazie Hurt
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