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Re: Elvis: l’Extra Terrestre
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Re: Elvis: l’Extra Terrestre
Tu, cara Perlanera, assieme alle care amiche Deliziosa Crispi Rosanna e Wonder, continuate a infondermi tanta di quella grinta che non credo che porrò la parola "fine" a questo racconto tanto facilmente. Peggio per voi. Gondar.
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Re: Elvis: l’Extra Terrestre
Ciao Gondar non ti preoccupare noi aspettiamo!!!!!!!
Quando non ti senti in vena pensa a noi!!!!! Un grosso abbraccio!!!! Ciao.Crispi. |
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Re: Elvis: l’Extra Terrestre
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E tu non finirlo mai!!! Dove c'è Elvis non c'è mai una fine!!! Gondar sei tutti noi!!! Ciao |
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Re: Elvis: l’Extra Terrestre
aspetteremo gondar!! avremo tanta pazienza, perchè sappiamo che ne sarà valsa la pena! segui il consiglio di crispi, quando non ti senti in vena pensa a noi e fai un piccolo sorriso. un bacione da perla!!!
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Re: Elvis: l’Extra Terrestre
Adesso, ad esempio, sto pensando a voi. E mi carico. Gondar.
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Re: Elvis: l’Extra Terrestre
Ciao Gondar!!!!!!!!
Guarda che ti sento carico!!!!!!!!!! Ciao. Crispi. |
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Re: Elvis: l’Extra Terrestre
Ma, ultimamente cara Crispi, è bastato davvero poco per buttarmi giù. Il brutto è che per scaricarsi è stato sufficiente un attimo, ma per risalire la china temo che mi occorreranno ore se non giorni. Valla a capire la psiche umana. Ciao. Gondar.
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Re: Elvis: l’Extra Terrestre
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Re: Elvis Presley: l’Extra Terrestre
Questa parte del racconto la voglio oggi dedicare al nostro caro e giovane amico Angelo alias Clint Reno, per avere egli corso in mio aiuto in vari momenti di questo racconto fornendomi alcuni tasselli indispensabili.
E così Elvis e Dixie furono al loro secondo appuntamento quella domenica sera ed il mercoledi successivo al terzo, durante i cui “rendez-vous” dedicarono quasi tutto il tempo alla reciproca conoscenza, alla narrazione delle rispettive vicende, al loro modo di vivere il quotidiano, alle loro abitudini, al rapporto con i propri genitori e parenti. Convennero infine, prima di rintanarsi in un cinema, che il sabato successivo Dixie lo avrebbe presentato ai suoi genitori, cosa che Elvis si sentì in dovere sin dal primo momento di fare. Mettiamoci quindi comodi, cari amici lettori, rilassandoci sulla poltroncina delle nostre postazioni, e gustiamoci la scena che caratterizzò questo incontro dal sapore insolito. Il nostro futuro mito giunse all’ora convenuta a casa di Dixie che, al rombo della Lincoln, si precipitò sulla soglia di casa a riceverlo. Sebbene Dixie avesse più volte descritto a sua madre la fisionomia ed il carattere del suo partner, quando Elvis le apparve davanti temette, vedendolo per la prima volta con gli occhi dei suoi genitori, che avrebbe sortito un effetto non proprio positivo. Eh già, proprio così. Elvis si conciava in maniera assai diversa dai suoi coetanei. Ma, Elvis, si sentiva intimamente un diverso. Riflettiamo insieme con questo cortometraggio. Innanzitutto i suoi lunghi capelli impomatati cui spiccava prepotente sulla fronte un ciuffo pronunciato. Non gli stava mai fermo sulla fronte, a volte gli cadeva a sinistra, a volte di lato a destra e talvolta gli copriva quasi tutta la fronte mentre la sua mano irrequieta cercava in ogni momento di imporgli la giusta collocazione. Il temperamento poi era qualcosa di inverosimile; non stava mai fermo, si muoveva continuamente ora su una gamba ora sull’altra e le stesse mani sembravano che avessero il compito di accertarsi che tutto, sul suo corpo, fosse in ordine, tanto erano nervose. E poi l’abbigliamento. I colori predominanti erano solitamente il rosa e il nero. Infatti quel pomeriggio indossava un pantalone nero a tubo con due bande laterali di colore rosa, una camicia dai colori vivaci quadrettata, una giacca rosa pallido e le scarpe di velluto marrone. Dopo essersi scambiati un soave sorriso e presi per mano, Dixie lo introdusse in casa e, fermandosi oltre l’uscio di casa, esclamò “Mamma, papà, Elvis è qui. Potete venire un attimo?”. Vediamo intanto cosa ne pensa Celine Dion dell'amore. Apparve prima suo padre, un omone alto quasi due metri, con delle spalle enormi da impressionare chiunque, con uno sguardo severo penetrante ed impassibile, mentre Elvis cercò di assumere un aspetto di accondiscendenza e di rispetto , contemporaneamente da dietro l’omone fece capolino come dal nulla sua moglie, una donna minuta e piccola di statura, un volto belloccio, con stampato sul viso un malcelato sorriso da far invidia alla Gioconda del signor Da Vinci per quanto fosse stupita. “Papà, mamma, questo è il Signor Presley”, annunciò Dixie con un fare di circostanza, “Elvis, questi sono i miei genitori”. Dopo essersi stretti la mano, seguì un attimo di imbarazzante silenzio che denotava la sorpresa da parte dei Locke. Dopo uno sguardo di intesa con suo marito, la donna si eclissò nell’altra stanza trascinandosi con sé sua figlia che fece appena in tempo a rivolgere un sorriso di incoraggiamento ad Elvis. “Ma figlia mia, che ti sei impazzita a metterti con un tipo del genere?” ebbe subito a dire con severità la signora Locke una volta chiusa la porta alle sue spalle, “ma non hai visto che razza di capelli lunghi ha e come se li è conciati, senza parlare poi del vestito da giullare. E’ ridicolo. Dimmi, come hai potuto?”. "Mamma, ma non hai pensato che a me possa piacere?” incalzò la figlia, “che lo trovo meraviglioso e che dopotutto l’ho incontrato in chiesa? Ti prego mamma, non essere troppo severa con lui. E’ un bravo ragazzo e io lo amo. Lo amo, capisci?”. La Signora Locke, apparentemente rassegnata, si girò di spalle e toccandosi la fronte con una mano replicò piagnucolando “chissà come la prenderà tuo padre di là. Che guaio, oh che guaio”. Mentre si facevano queste considerazioni tra madre e figlia, si sentì improvvisamente provenire dalla stanza attigua un forte rumore di sconquasso seguito da un energico tonfo sul pavimento. Facciamo ora un piccolo salto indietro. Mentre le due donne si furono appartate nella stanza da letto, il signor Locke invitò il nuovo venuto a sedersi su una sedia del soggiorno prendendo egli stesso posto su un’altra. “Come hai detto che ti chiami?” esordì l’omone; “Elvis, signore. Elvis Presley” rispose il ragazzo scattando in piedi. “No, resta seduto, non è il caso di formalizzarsi. Dimmi un po’, mia figlia mi ha detto che vi siete conosciuti in chiesa, è così?”. “Sissignore”, rispose pronto il candidato genero. “Bene” riprese il Signor Locke “questo mi dovrebbe lasciare relativamente tranquillo….voglio dire… che mi aspetto il tuo assoluto rispetto per mia figlia, dico bene?”. “Sissignore”, bofonchiò arrossendo Elvis, “e che non ti lascerai tentare di farle del maaaaale…… scrath…….puff”, non terminò la frase quando, nell’attimo di appoggiare una gamba a cavallo dell’altra, la sedia cedette in tanti pezzi mentre la poderosa parte bassa del poveruomo sbattè miseramente sul pavimento da avere l’impressione di essersi scontrato con un universo fatto di stelle cadenti. Elvis lo soccorse con un balzo felino ma giusto in tempo per afferrarlo per la giacca da cui si divelsero un paio di bottoni. Tale slancio aveva evitato che la testa squadrata e massiccia del signor Locke sbattesse rovinosamente sul pavimento. Fu a questo punto che madre e figlia fecero il loro ingresso nel soggiorno ed alla vista del marito a terra con il giovanotto che lo prendeva per il bavero, la signora Locke, accecata dal risentimento, si scagliò contro Elvis prendendolo a calci, pugni e schiaffi, gridando a squarciagola “lascia stare mio marito, hai capito? come ti permetti di picchiarlo?” , ritenendo che ci fosse stata una zuffa tra di loro. “No, mamma, che stai facendo?” implorò disperata Dixie, “non fare del male ad Elvis” e la afferrò per la vita trascinandola più in là. Elvis era sconvolto , si tirò più volte ciuffo e capelli all’indietro non riuscendo ancora a capire quello che stava succedendo, si mise a posto il vestito dopo essersi stiracchiato in qualche modo la camicia. Per un attimo credette che lui potesse essere stata la causa della reazione della donna e le chiese addirittura scusa per non avere fatto in tempo ad evitare l'incidente. Il Signor Locke, ripresasi dal momentaneo stordimento e, realizzando l’equivoco della moglie, si sollevò da terra, strinse con forza la mano al giovanotto per averlo soccorso al momento giusto regalandoli addirittura un sorriso che valeva più di mille approvazioni circa il suo futuro rapporto con sua figlia. La signora Locke, imbarazzata non poco per ciò che aveva fatto, si avvicinò ad Elvis, gli accarezzò il viso ancora spaurito con le mani il viso, gli chiese scusa con le lacrime agli occhi e lo baciò sulla guancia mentre Dixie gli si strinse forte sul fianco dandogli anche lei un dolce schiocco di gratitudine. Ricevuta intanto tacita autorizzazione dai suoi, Dixie prese per mano Elvis, lo trascinò con lei fuori di casa e si diressero verso la macchina. Appena nei pressi, Elvis realizzò che doveva ottemperare a qualcosa di importante. Sfilò dal dito mignolo l’anello che aveva acquistato da un negozio sulla Beale Street il giorno prima, prese con dolcezza la mano di Dixie tra le sue e, infilando l’anello nell’anulare di Dixie, le disse con tenerezza “amore, questo mio gesto vuole significare che ora tu ed io siamo una coppia e che nulla e nessuno potrà mai separare”. La giovane, dopo un attimo di stupore misto a felicità, lanciò una languida occhiata prima alla sua mano resa preziosa da quel piccolo cerchio luminoso, poi quello stesso sguardo lo trasferì compenetrandosi negli occhi azzurri di Elvis, finendo per dire “Oh, Elvis, mio caro”. Ed offrendogli le sue labbra, si fece preda dell’impeto passionale di lui. Questa scena non se la persero i signori Locke che avevano seguito, attraverso la finestra, la fuga dei due giovani. La Signora Locke, appoggiandosi sospirosa alla spalla del marito gli disse visibilmente commossa “Oh, com’è felice la nostra Dixie. Speriamo che non abbia a soffrire, povera piccola”. “Non credo, cara, che quel ragazzo possa farle del male”, rispose il marito, “l’istinto mi dice che quel tipo lì è un bravo ragazzo” e incamminandosi verso l’interno della casa, si bloccarono davanti alla sedia rotta. Si guardarono un attimo negli occhi e, tornata loro in mente la dinamica dell’accaduto, proruppero in una fragorosa quanto interminabile risata. (continua). Gondar. Ultima Modifica di Gondar : 30-01-2008 19:54 |