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Intervista A George Klein
Intervista con George Klein 28 Luglio 2006
George Klein è stato uno dei primi amici di Elvis, avendolo incontrato per la prima volta nel 1948, nella scuola superiore. Nel corso degli anni ha sempre difeso e sostenuto il nome di Elvis e tuttora fa parte del mondo di Elvis. Ho parlato con George Klein dalla sua casa di Memphis. D. A quasi 30 anni dalla sua morte, sei stupito del fatto che si stia parlando di Elvis nel modo in cui si sta facendo? GK. Sì, ne sono affascinato. E’ sconvolgente! Pensavo che dopo cinque anni o giù di lì tutto si sarebbe perso. E’ una cosa come Marilyn Monroe or Jimmy Dean o John Wayne. Dopo 10 anni, mi sono reso conto che mi sbagliavo verificando, invece, che sarebbe continuata per sempre, era incredibile quello che stava succedendo. Faccio uno spettacolo ogni venerdì da Radio Sirius di Graceland – un canale tutto su Elvis, si suona Elvis 24 ore al giorno per 7 giorni. Quando sono a Graceland, vedo sempre più giovani. Parlo con ragazzi dai 21 ai 35 anni. Chiedo loro, “Ma come puoi essere un fan i Elvis, non sei abbastanza vecchio per sapere chi fosse veramente”. La maggior parte di loro mi risponde è che si sono interessati perché i loro genitori o altri, hanno in casa video e film. D. Quando fai il tuo programma su Elvis, che musica ti piace mettere? GK Mi piace tutta. Non cerco di essere un buonista, ma mi piace tutta. Credo che qualcosa del materiale della Sun sia veramente buono. Non rifiuto il materiale della Sun come alcuni, ma penso che Good Rocking Tonight, Baby, let’s Play House e That’s All right Mama siano grandi. Intendo che i pezzi di Elvis degli anni 50 e 60 sono i miei preferiti. E voglio anche dire che il materiale fatto nel 1969 con Chips Moman negli American Sound Studios è incredibilmente buono. D. Raccontaci del tuo primo incontro con Elvis e la tua impressione di lui GK: Ci incontrammo nel 1948 nella classe di musica della Humes High School. Per coincidenza, alla Humes, eravamo nelle stesse classi. Quando da Tupelo venne a Memphis, per mia fortuna eravamo nelle stesse classi. Quando arrivammo all’anno del diploma, fui eletto presidente di classe così avevo dei poteri politici nella scuola ed Elvis ed io eravamo amici. Non dimenticherò mai l’insegnante di musica, Miss Marman. Una volta disse che la settimana successiva, invece di fare musica, avremmo fatto canti natalizi. Così Elvis alzò la mano e chiese se poteva portare la chitarra e cantare. Ci furono alcune risate in classe, perché nel 1948 non era così normale fare una cosa simile in pubblico. Così la settimana successiva la portò e cantò Oldshep e Cold, Cold Icy Fingers. Sul momento rimasi senza fiato perché non avevo mai visto un ragazzo cantare in quel modo davanti alla gente. Nel mio subconscio avevo capito che, con questo ragazzo, stava per succedere qualcosa. D. E’ vero che lui spiccava nella scuola? Si racconta di lui che sembrava un piolo quadro in foro tondo, con quel suo modo di vestire e di fare. GK E’ vero si distingueva. Era come un martello di velluto, ma lo faceva un modo molto carino e tranquillo. Elvis voleva vestirsi in modo diverso. Amava portare quei calzoni neri con strisce bianche o rosa ai lati. Indossava un cappotto sportivo tenendo alzato il bavero. Nessun altro si vestiva in quel modo. A scuola per tutto il periodo, si è vestito come un personaggio dello spettacolo. Occasionalmente, alla pausa pranzo, potevi vederlo cantare con la sua chitarra. Alcuni ragazzi e specialmente alcuni atleti, gli fecero passare tempi duri per i suoi capelli e i suoi vestiti. Ma lui, in queste cose, aveva un bel carattere. D. Quando avete lasciato la scuola, sei andato immediatamente in radio, non è vero? GK: Sì, ho incominciato a bazzicare nelle radio. Non avevo soldi per frequentare una scuola di radio, così mi iscrissi all’Università di Memphis, e presi una borsa di studio. Passavo alle stazioni radio, solo per guardare, dalla finestra, i ragazzi che lavoravano. Divenni quello che si dice un fattorino. Occasionalmente, ho trovato la mia strada, aiutando Dewey Phillips. Volevano che gli facessi da “baby-sitter”, perchè Dewey era un po’ particolare. Ero come un collaboratore interno, rispondevo al telefono, accompagnavo dentro le persone per vedere lo show e mi accertavo che lui non spaccasse la stazione radio. La cosa piuttosto dura era con le attrezzature. Ho imparato ad usare le macchine da scrivere e fare pratica, perché questo era quello che volevo veramente. Entrai alla radio part time e continuai così. Ricordo che una volta Elvis mi chiamò; era uscito il suo secondo album e lui non l’aveva visto. Mi chiese se avevo una copia. Gli dissi che ce l’avevo e lui mi chiese di passare per casa. C’erano alcune foto che potrete vedere nel mio libro in uscita, fra circa 19 mesi. Molte volte, Elvis passava allo studio e stava con me, insieme a Dewey. Facevamo gli stupidi tutta la notte visto che Memphis si fermava verso mezzanotte. Ero piuttosto infastidito da una stazione che diceva che il rock‘n roll non avrebbe avuto futuro, e io lo suonavo moltissimo. Così, una volta che eravamo a casa di Dewey e lo raccontai ad Elvis. Lui mi disse: non preoccuparti, perché ti assumo io. Gli chiesi che cosa avrei fatto e lui rispose, viaggerai con me, sarai uno dei miei compagni di viaggio. Andremo in Canada, Atlanta, Chicago, Detroit e poi alle Hawaii. Poi faremo il film Jailhouse Rock e così verrai a Hollywood con me. Lo raccontai a mia mamma, e lei disse Ok, vai. Ho lavorato per Elvis nel corso dell’anno precedente alla mia entrata nell’esercito. Una volta che finì, mi chiese di lavorare ancora per lui. Al tempo ero tornato alla radio e pensai che non avrei potuto fare entrambe le cose. Al che, lui mi disse che in qualsiasi momento avessi voluto andare con lui in tour, c’era una invito aperto per me. Ho potuto andare con lui durante le mie vacanze, oppure nei weekends o in qualsiasi altra occasione . D. Com’era il tuo rapporto con gli altri membri della Memphis Mafia? GK. Abbiamo avuto un buon rapporto. Elvis non avrebbe preso nessuno se non si fosse adattato a tutto il gruppo. Nei primi anni, non eravamo in molti nell’entourage. C’ero io, suo cugino Billi e Cliff Glaves. E un ragazzo di nome Athur Hooten, uno dei vicini. Ma era molto bello. Dopo il servizio militare, assunse almeno altre 10-12 persone. D. Come sono stati gli anni 60 e gli anni di Hollywood per te ed Elvis? GK: Verso la metà degli anni del cinema, alcuni ragazzi ed io abbiamo chiesto al Colonnello perché non trovava ad Elvis delle sceneggiature migliori o almeno canzoni migliori. Il Colonnello rispose qualcosa del tipo che c’erano attori che avevano preso l’Oscar che potevano passeggiare per Hollywood Boulevard senza essere riconosciuti. A Hollywood non interessano gli Oscars e gli Awards. Loro guardano solo ai soldi. E in un certo senso aveva ragione. Disse, non ci preoccupiamo di come sono le sceneggiature. Se dobbiamo anche leggere una sceneggiatura, questo implica un altro milione di dollari. Il mio ragazzo sta facendo milioni di dollari e il 50% è di profitto. Nessun altro ha tutto questo. Quando un film sarà un flop, allora dovremo preoccuparci. Il Colonnello aveva esagerato un po’. Gli abbiamo chiesto della differenza tra l’ essere un grande artista e un “grande film” e lui rispose che tutti dovevamo preoccuparci di com’era Hollywood oggi, non domani. Ma una superstar come Elvis, volendo, avrebbe potuto dare un calcio tutto questo e diventare un grande attore. Penso che, in questo senso, il Colonnello si sbagliasse. D. Quindi tu pensi che, in linea di massima, il Colonnello andasse bene per Elvis? GK: Al 90% sì, visto che ha fatto affari tremendi per Elvis con le sue trattative con la RCA, con gli spettacoli nelle varie città, con il tutto venduto. Le sue idee promozionali erano terrificanti. Ha fatto mosse abili, finché non ha sovra esposto Elvis. Ritengo che lui abbia fallito nell’aspetto artistico delle cose. Non era in grado di riconoscere una canzone di successo. Partiva pensando all’aspetto promozionale delle cose, ecco perché, negli ultimi anni, alcune canzoni non erano un gran che. Il Colonnello offese Jerry Lieber e Mike Stoller e loro se ne andarono. Un giorno, Elvis chiese loro di scrivere alcune buone ballate, e di notte andarono da lui con la nuova canzone. Arrivarono all’hotel dove alloggiava Elvis, il Beverly Wilshire e suonarono per noi ed era stupenda. Si trattava di Don’t, una canzone veramente bella. Così Elvis la incise subito dopo. Il Colonnello arrivò e chiese da dove arrivasse, e qualcuno disse Jerry e Mike. Il Colonnello iniziò ad urlare, pensava al fatto che le persone avevano agito alle sue spalle. Così Jerry e Mike mandarono all’inferno il Colonnello. Scrissero ancora altre canzoni, ma non l’hanno mai perdonato. |
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Re: Intervista A George Klein
D. Cosa ricordi del matrimonio di Elvis? Secondo te, fu costretto a farlo?
GK: Io ero una delle 14 persone presenti. Sì sposò nella suite Milton Prell dell’Aladin Hotel a Las Vegas. Durante tutto il periodo, non ho mai sentito dire che fosse stato costretto a farlo. Penso che Elvis ritenesse fosse arrivato il momento di sposarsi. D. C’eri all’Opening Night di Las Vegas nel 1969? GK: No, Elvis aveva chiesto sia a me che a tanti altri di andare a vederlo nella seconda sera dopo una prima serata, in cui era molto nervoso. La sera di apertura era solo ad invito per i media e per molte delle grandi star. Elvis era probabilmente il più grande intrattenitore che io abbia mai visto su un palco. Ci metteva veramente tutto in uno spettacolo. Era dinamico, elettrico, aveva carisma. Si relazionava con il pubblico, proprio non riuscivi a togliergli gli occhi di dosso. Diceva sempre, lo show deve essere offerto al pubblico, non può stare lì in piedi come una statua. L’aveva imparato dagli artisti di colore come Jackie Wilson e James Brown. D. Negli anni 70, eri fuori dalla Memphis Mafia o lavoravi ancora con loro qualche volta? GK: Non ho mai lasciato la Memphis Mafia, ma lavoravo anche in radio e televisione. Al tempo, ero la cosa più bollente di Memphis. D. Perciò non hai assolutamente mai seguito Elvis nei suoi tours, in quel periodo? GK: Avevo carta bianca per andare a Graceland e probabilmente vi andavo 3 o 4 volte alla settimana, quindi non ho mai perso i contatti con Elvis. Occasionalmente sono andato a qualche spettacolo con lui nei fine settimana o altro. D. Visto che gli anni 70 passavano, quali furono i primi segni del declino fisico? Quando hai iniziato a renderti conto dello stato di salute di Elvis? GK: Buona domanda. Non mi sono mai preoccupato fino a che lui non è andato in ospedale 2 o 3 volte. La prima volta che andò, ne uscì che era OK. Ci sono alcune robacce da dire sull’ospedale, di cui non ti posso parlare adesso, le troverai nel mio libro. Ma quando accadde che lui morì, fu un vero shock. D. Dove ti trovavi quando hai saputo che Elvis era morto? GK: Ho ricevuto una telefonata dalla radio WHBQ. Qualcuno disse che era arrivata voce che Elvis fosse morto. Dissi, non credeteci, è già stato detto altre volte. MA la cosa sembrava seria, perché tutte le altre radio iniziarono a parlarne e a commentare. Così, finalmente chiamai Graceland e mi rispose la compagna di Vernon, Sandy Chiesi se era vero, e lei rispose di sì, devi venire qui subito. Mi sentii come se qualcuno mi avesse pugnalato con un coltello ardente. Presi la mia macchina e andai velocissimo a Graceland. Entrai nel soggiorno e Mr. Presley mi abbracciò. Piangeva in modo incontrollabile. Disse: “George, l’ho perso. Ho perso mio figlio” Non lo dimenticherò mai. Ognuno abbracciava l’altro, piangevamo tutti, pregavamo che avvenisse qualche miracolo. Dopo circa un’ora, arrivo il Dr. Nick che ci diede la conferma. D. Al funerale, un paio di giorni dopo, tu eri un portatore della bara. Puoi descriverci com’è stato? GK Al momento del funerale, la cosa diventava realtà, ma noi ancora non volevamo crederci. La cerimonia ha avuto luogo nel soggiorno di Graceland. Ci saranno state 30 persone nella stanza. C’era Ann Margret, George Hamilton e naturalmente Priscilla, Ginger Alden e LindaThompson. E’ stato un funerale serio, tranquillo, emozionante. Poi iniziammo il nostro tragitto verso il cimitero. Io ero nella limousine nr. 6 con Charlie Hodge e Alan Fortas. Mentre guidavamo, la gente era su 4 o 5 file, lungo la strada per molte miglia. Piangevamo e ridevamo. Cercavamo di prepararci psicologicamente a non perdere il controllo. Andammo al mausoleo e il pastore fece un servizio di 10-15 minuti e poi abbiamo caricato la bara. Sono stato l’ultimo a toccarla, prima che fosse posata. Ricordo che la baciai. Poi quando coprirono tutto, ti sentivi strano e distrutto. Era finita. Era un momento in cui si provarono tutti i tipi di emozioni e sentimenti. Un po’ più tardi, alcuni ragazzi furono catturati perché avevano cercato di rubare la bara. Questo scosse tutti noi, soprattutto il padre di Elvis. Così Elvis fu spostato a Graceland vicino a sua madre. Per poterlo fare, Vernon diede un permesso speciale. D. Tu stai scrivendo un libro. Che cosa puoi anticiparci? GK: Il libro si chiama Elvis, il mio uomo migliore. Inizia parlando del primo giorno, che come ti ho detto è stato nel 1948 fino ad oggi. All’interno ci saranno storie che la gente non conosce e foto che la gente non ha mai visto. Potrete ascoltare totalmente la vera storia. Ho aspettato a farlo perché sono stati scritti tanti libri e storie su Elvis, dopo la sua morte e negli anni 80, e non volevo far parte di quel circo. D. Per finire, George, hai messaggi per i fans australiani che vorranno leggere questo libro? GK La mia sintonia con i fans australiani è stata grandiosa. Hanno continuato a supportarlo con un’energia tremenda. L’Australia è stata uno dei primi paesi ad essere presente quando morì e a portare avanti la sua eredità. L’Australia ha fatto quello special televisivo da Graceland quando stava per essere aperta la pubblico. Don Lane, penso sia stato l’anfitrione. Il boss del canale televisivo interessato era un enorme fan di Elvis e veramente ha spinto questa cosa. D. Si, si tratta di Kerry Packer. E’ mancato l’anno scorso subito dopo Natale. GK. Non lo sapevo, E’ stato un grande special, fatto veramente bene. D. George Klein, grazie per averci dedicato il tuo tempo GK: E’ stato un piacere Scott, grazie |
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Re: Intervista A George Klein
Grazie mille Hurt!
Chissà se entro il 2050 avremo l'onore di avere il libro di Klein in italiano...-_-' |
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