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Vecchio 18-08-2008, 07:32
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Ge712 18-08-1977 - Il Funerale

18-08-1977

IL FUNERALE


PRISCILLA PRESLEY - Dal libro “Elvis and Me” di Priscilla Presley (pubb. 1987)

Rimasi seduta nella camera della nonna per quasi tutto quel pomeriggio, nel momento in cui migliaia di partecipanti in lacrime, arrivati da tutto il mondo, offrivano i loro omaggi alla bara. Molti piangevano, alcuni uomini e donne svenivano. Altri indugiavano davanti alla bara, rifiutandosi di credere che si trattasse proprio di lui.
Era veramente amato, ammirato e rispettato.
Aspettai che arrivasse il momento giusto per Lisa e per me, per salutarlo.
Avvenne in tarda serata ed Elvis era già stato spostato nel soggiorno, dove avrebbe avuto luogo il funerale. C’era calma tutti se n’erano andati.
Io e Lisa Marie, insieme rimanemmo in piedi, immobili davanti a lui, cariche di emozioni.
“Sembri così in pace, Sattnin, così riposato. So che là troverai la felicità e tutte le risposte che cercavi” poi scherzai “Ti prego solo di non creare problemi al cancelli del Paradiso!”.
Lisa mi prese la mano e insieme infilammo al suo polso sinistro un grazioso braccialetto d’argento, raffigurante una madre e un bambino che si tengono per mano, “Ci mancherai tanto!”
Sapevo che la mia vita non sarebbe stata più la stessa.
Il Colonnello venne al funerale vestito con il suo solito cappellino da baseball, camicia e pantaloni sportivi.
Mascherava le sue emozioni come meglio poteva. Per lui, Elvis era stato come un figlio.
Il Colonnello veniva considerato un uomo d’affari senza cuore, ma in realtà era rimasto fedele e leale ad Elvis, anche quando era iniziato il declino della carriera di Elvis.
Il giorno del funerale chiese a Vernon di firmare un’estensione del suo contratto, come manager di Elvis.
Stava già facendo i suoi piani per tenere alto il nome di Elvis. Aveva agito velocemente, per paura che visto che Elvis se n’era andato, Vernon sarebbe stato troppo distrutto per gestire correttamente le infinite proposte e richieste che già spuntavano all’orizzonte. E Vernon firmò.
Al servizio funebre, Lisa ed io eravamo sedute con Vernon e la sua fidanzata, Sandy Miller, Dodger, Delta, Patsy, i miei genitori, Michelle, e il resto della famiglia.
C’erano anche George Hamilton, Ann-Margret con suo marito.
Ann mi espresse la sua simpatia in modo talmente spontaneo che sentii un legame sincero verso di lei.
J.D. e gli Stamps cantarono i brani gospel che Elvis preferiva. Fu Vernon a scegliere il predicatore, un uomo che conosceva bene Elvis e che parlò molto della sua generosità.
Elvis probabilmente avrebbe riso e detto a suo padre “Non potevi chiamare un comico o qualcosa di simile?”
Elvis non avrebbe voluto vederci così addolorati.
Dopo il servizio ci dirigemmo verso il cimitero, dove io e Lisa eravamo in macchina con Vernon e Sandy.
Era a tre miglia di distanza e lungo tutto il percorso, entrambi i lati della strada erano pieni di gente e altre migliaia erano al cimitero.
I portatori della bara (Jerry Schilling, Joe Esposito, George Klein, Lamar Fike, Billy Smith, charlie Hodge, il Dr. Nick e Gene Smith) appoggiarono la bara nel mausoleo in marmo dove, finalmente, Elvis poteva riposare.
Anche in cimitero ci fu una breve cerimonia e, uno ad uno, tutti camminarono vicino alla bara. Ci fu chi la baciò, chi la toccò e chi, come ultimo saluto, disse poche parole.
Prima che io e Lisa tornassimo a L.A., Vernon mi chiamò nel suo ufficio.
Era distrutto dal dolore. Sapevo indicargli qualcuno che potesse aiutarlo a capire perché suo figlio era morto?
Non l’ha mai accettato veramente e credo che si sia portato dietro questo dolore fino alla sua morte, così come, in seguito, anche la nonna non riuscì mai a riprendersai dalla morte di Vernon

PRISCILLA PRESLEY - Dal libro “Elvis By The Presleys“ (pubb. 2005)

Dopo la dura prova del funerale di Elvis e dopo che con Lisa Marie e mia sorella Michelle avevamo passato un po’ di tempo in Europa per riprendere le forze, dopo tante notti insonni e giorni terribili passati ad elaborare i miei sentimenti, sapevo che lei era l’unica persona che avrebbe potuto capirmi.
Così andai nel ritiro pieno di pace dove Sri Daya Mata incontrava i suoi seguaci e continuava a praticare il suo “illuminismo”.
Ci sedemmo all’ombra di un piccolo bosco e lei mi ascoltò mentre davo sfogo alle mie emozioni.
“Sai Priscilla” disse con quella sua calma e quella sua voce rassicurante, “quando muore qualcuno vicino a noi, sul momento ci sembra prematuro. Non possiamo farci niente ma ci si sente colpevoli e responsabili. Perché non sono riuscito a prevenirlo? Perché non abbiamo fatto di più per lui? Perché non abbiamo saputo cambiare il suo destino, in modo tale da farlo vivere?
Bene, la verità è che lo spirito di Elvis era possente, energico e tale rimane. Durante la sua vita, lui è stato in grado di esprimere quello spirito riuscendo a raggiungere milioni di persone. Questo è motivo di gioia. Le scelte che lui ha fatto sono scelte che ha fatto, ma la scelta che possiamo fare noi è di attraversare dolcemente il nostro dolore e la nostra confusione e ricordare il suo spirito. Lui è ancora vivo, nel vero senso della parola. E vivrà sempre”


LINDA THOMPSON
Andai al funerale e fu qualcosa di irreale e, per me, molto difficile da sopportare.
Logicamente ero sotto shock, perché non si è mai preparati a queste cose.
C’era anche Priscilla e naturalmente Lisa.
Poi c’era l’ultima fidanzata di Elvis, Ginger Alden.
Arrivò anche il Colonnello Parker.
Fu una cosa pazzesca.
Il suo corpo era esposto e noi rimanemmo tutto il giorno, e anche tutta la notte.
C’era anche la mia famiglia.
Eravamo nella 3° macchina dietro il carro funebre.
Mia madre presenziò sia al funerale che alla sepoltura.
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Vecchio 18-08-2008, 07:32
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KATHY WESTMORELAND - Dal libro “Elvis and Kathy” di Kathy Westmoreland (pubb. 1987)

Al mattino presto del giorno dopo, a Graceland incontrai gli altri cantanti, tra cui James Blackwood, Jake Hess, The Stamps, Charlie Hodge e Jackie Kahane, che avrebbe fatto l’eulogia e i pastori C.W. Bradley (da sempre amico di Vernon) e Rex Humbard, che faceva il ministro in televisione. Ci affrettammo a preparare il servizio per quel pomeriggio, mentre amici e familiari continuavano a consolarsi a vicenda.
Parlammo di come era morto stringendo al petto un libro che si intitolava The Face of Jesus.
Per il servizio funebre a Graceland erano state invitate oltre 100 persone. Vedevo che tutti erano vestiti di nero, tranne io che indossavo un vestito color crema. Mi ricordai di quella volta in cui Elvis mi aveva regalato una macchina bianca anziché nera, come la volevo io, e disse: “Mi piaci di più in bianco” e poi aggiunse “Fai in modo che al mio funerale tu sia vestita di bianco”.
Ricordo che avevo cercato con tutte le mie forze di non piangere, in modo da non aver la voce rauca per cantare al funerale.
Cantare al funerale di Elvis fu la cosa più dura che mi sia capitata in tutta la mia vita.
Tremavo e, per la maggior pare del tempo, mi sentivo svenire. Non riesco a trovare le parole per spiegare come mi sentivo.
Continuavo a ripetere a me stessa “Non piangere! Non piangere!”
Continuavo a pensare ad Elvis che, una volta, aveva cantato al funerale del poliziotto di Denver e dicevo a me stessa “Se ce l’ha fatta lui, posso farcela anche io!”
Non so per quale motivo, la stampa riportò che cantai molte il canzoni ed invece cantai solo Heavenly Father, questo tutto ciò che ho cantato, inno che normalmente cantavo con Elvis.



In quel momento avrei dovuto immaginare cose diverse e invece, onestamente, mi sembrava di sentire Evis che ridendo, mi diceva,: “Questo non è il modo in cui l’avevamo preparata!”
Non appena iniziai a cantare successe un’altra cosa strana: le luci di Graceland iniziarono ad accendersi e spegnersi e continuò così per tutta la durata della canzone, stabilizzandosi quando terminai di cantare, senza più spegnersi.
Il tempo era sereno, faceva caldo e umido.
A Graceland c’era la National Guard per aiutare le centinaia di poliziotti e le bandiere erano a mezz’asta.
Non appena i portatori della bara uscirono dalla porta di Graceland, un grosso ramo della quercia in prossimità del carro funebre, si ruppe e cadde giusto dietro di loro.
Alla fine, il carro iniziò il suo cammino seguito da una lunga fila di limousine bianche e si avviò verso il centro di Memphis e il mausoleo del Forest Hill Cemetery. La processione funebre passò attraverso migliaia di persole allineate ai bordi della strada fino a perdita d’occhio.
In seguito, una stima stabilì che c’erano oltre 100.000 persone ad assistere alla processione. C’erano 16 limousine bianche in fila dietro il carro funebre.
“Questa processione è il suo Mistery Train” fece notare Charlie, riferendosi ad uno dei primi successi di Elvis e continuò cantando “Train I ride….. sixteen coaches long.” Il carro funebre di Elvis era il “motore” seguito da 16 “vagoni”.
Non era stata una cosa programmata e quindi fu inquietante.
James Burton, sua moglie Louise ed io eravamo nel 7° “vagone”.
Mentre attraversavamo un cavalcavia, c’erano letteralmente centinaia di persone che si aggrappavano. Molti saltavano sperando di arrivare sul carro funebre di Elvis e invece cadevano tutti sul selciato.
Mano a mano che passava il corteo, molti tra la folla, indossavano spille di Elvis e tutti coloro che avevano cappelli, li appoggiavano sul cuore oppure, sul cuore, mettevano la mano.
C’era gente povera, anonima, operai, contadini, giovani, vecchi, persone di mezza età. Praticamente tutta la gente di Elvis.
Pensai ai personaggi famosi presenti alla cerimonia, attori famosi di cinema e televisione, che , all’angolo della strada, condividevano il loro dolore con i dipendenti di una stazione di servizio ed con gli impiegati di banca. La morte di Elvis aveva toccato l’intero tessuto sociale del paese.
Quando arrivammo al cimitero, rimasi sbalordita dall’inifinità di fiori. Qualcuno disse che c’erano oltre 3.000 mazzi di fiori e composizioni, allineate su tutto il percorso a piedi dentro il cimitero e davanti al mausoleo.
Erano composizioni di tutte le dimensioni e forme: note musicali, riproduzioni di cani da caccia, di orsetti, di chitarre, di qualsiasi cosa facesse riferimento alla vita di Elvis.
Vernon, molto dolcemente, autorizzò che tutti i fans prendessero un fiore.
Fu uno dei momenti più commoventi che io abbia mai visto.
Il corpo di Elvis fu provvisoriamente seppellito in una cripta sigillata nello stesso mausoleo in cui giaceva sua madre, Gladys. La cerimonia durò meno di 10 minuti.
Vernon fu uno degli ultimi ad andarsene, perché rimase lì a guardare l’unico suo figlio sopravissuto, che veniva definitamene chiuso ermeticamente in una tomba di cemento. Vernon era talmente sopraffatto che furono costretti a portarlo via, pur di allontanarlo dalla scena.

Dopo il servizio funebre, tornammo a Graceland e passammo una serata tranquilla parlando tra noi.
Io cenai con Vernon che mi disse “Elvis amava così tanto sentirti cantare quella canzone, Kathy. Oggi sarebbe stato fiero di te”.
“E’ stato un onore ed un privilegio per me” dissi sentendomi un nodo in gola.

Quella stessa sera, un vecchio amico parlando con noi, in tutta confidenza, ci spiegò di come il cancro alle ossa di Elvis si fosse esteso in tutto il corpo.
Ci meravigliavamo di come avesse potuto sopportare tutto quel dolore fino alla fine.
Ancora, dopo tutti questi anni, sono disorientata di tutte le parole che sono state scritte su Elvis e la sua morte, senza aver mai menzionato il cancro, fatto salvo per due libri…….. uno di Larry Geller e uno di Charlie Hodge.
La stampa passa subito alle droghe, ma addirittura anche i rapporti di tre Coroner hanno dimostrato che l’attacco di cuore non era dovuto alle droghe.
Ancora oggi persistono le voci che Elvis sia morto per un’overdose, anche se gli esperti hanno chiarito che i farmaci o le droghe non hanno niente a che fare con la sua morte.
I peggiori diffamatori sono membri dei nuovi media, che non si preoccupano di fare delle ricerche per trovare la verità.

Dopo il servizio, gli ospiti giravano per casa, venne servito da mangiare e ricordo che per un po’ osservai Lisa Marie che girava per casa dicendo agli ospiti “Mio papà è morto……. Mio papà è morto”.
Ormai ero sfinita sia emotivamente che fisicamente.
Tornai nella camera d’albergo per riposare e, appena entrata sentii l’effetto della morte di Elvis su di me.
Non riuscivo a credere che il telefono non avrebbe più squillato e non avrei più sentito la sua voce che mi raccontava una cosa o l’altra.
Non riuscivo a credere che non avremmo più riso insieme, che non avremmo più avuto quelle conversazioni così intense e che non avremmo più cantato assieme.
Per un attimo desiderai che mi chiamasse, così potevo dirgli “Ragazzo, questo è il miglior scherzo che tu abbia fatto!” e poi pensai “Dio mio, se n’è andato………. Se n’è andato veramente!”
Elvis non era un fratello, era la mia anima gemella e, anche se che mi mancherà per il resto dei miei giorni, credo che ora sia con il Signore e che abbia trovato tutte le risposte alle sue GRANDI domande.
Dovunque ci sia Elvis Presley, posso assicurarvi che c’è una musica gloriosa.

Riesco ancora, come fosse ieri, a sentire la sua voce che mi diceva: “Kathy, dove e quando ci incontreremo di nuovo, sarà molto più bello di quello che abbiamo immaginato su questa terra”.

Ultima Modifica di hurt : 19-08-2008 07:35
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Vecchio 18-08-2008, 07:34
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ED ENOCH - STAMPS


Abbiamo cantato al suo funerale. E’ stato un giorno molto duro per tutti noi.
C’erano anche Kathy Westmoreland e Joe Guercio, che ci ha diretto, come per tanti anni aveva fatto sul palco.
Quel giorno, Elvis ebbe molti suoi amici che cantarono per lui.
In questo triste evento, questa fu la cosa più bella.


JOE MOSCHEO – IMPERIALS Dal libro “The Gospel Side of Elvis” di Joe Moscheo (pubb. 2007)


Il giorno del suo funerale fu un altro giorno impressionate.
Non avevo mai visto tanta gente fuori dai cancelli di Graceland, lì per dimostrare il loro dolore per l’improvvisa perdita di Elvis, sotto un sole cocente.
All’interno della casa, mentre si svolgeva il servizio, i familiari erano nella sala da pranzo, vicinissimi alla bara e i musicisti stavano nella music room, vicino al pianoforte.
Non appena iniziò il servizio funebre, venne deciso che invece di far cantare una canzone agli Stamps, o agli Imperials o qualsiasi altro gruppo, i gruppi si sarebbero uniti.
Ci sembrò corretto.
Tutti l’avevamo conosciuto, lavorato con lui e visto le nostre vite cambiare grazie a questo. Così gli Stamps, gli Imperials, i Joardanaires, i Blackwood e gli Statemen, tutti insieme ci mettemmo intorno al pianoforte e, unendo le nostre voci, cantammo le canzoni che lui amò di più nella sua vita, quelle che avevamo cantato con lui.
A dire il vero, molti dettagli sono sfumati dalla mia memoria, forse perché per me non è stato un giorno felice. Ma ricordo perfettamente Jake Jess mentre canta “Know Only to Him”.



Che grandi parole! Credo che quel giorno, per la prima volta, le ascoltai con attenzione “Poiché solo Lui conosce i grandi segreti nascosti………….. quando il mio cammino va in discesa, non ho paura del buio”. Straordinario, persino oggi, quando ricordo quel momento Ricordo che Jake la cantò con una tale sentimento che sembrava la stesse cantando direttamente ad Elvis. Eravamo tutti commossi.
Kathy Westmoreland cantò “Heanvely Father” accompagnata da Hovie Lister.
James Blackwood cantò “How Great Thou Art” e mentre cantava si potevano vedere le labbra di tutti che si muovevano ripetendo quelle parole che, nelle nostre menti, erano molto collegate ad Elvis.
Joe Guercio in piedi dirigeva per Elvis ancora un’’ultima volta, come aveva fatto tante altre volte, solo che questa volta il suo viso era rigato di lacrime.

Jackie Kahane, il comico che si esibiva prima degli shows di Las Vegas, fece un breve elogio funebre informale.
Rex Humbard raccontò di quando lui e sua moglie Maude Aimee, a Las Vegas, pregarono con Elvis e dell’argomento che affrontarono in quell’occasione.
Poi il ministro della Wooddale Church Of Christ, C.W. Bradley fece il sermone principale, focalizzandosi sull’educazione e la generosità di Elvis. Parlò della sua determinazione ad affermarsi e di come noi avremmo dovuto prendere esempio dalle sue qualità, anziché soffermarci su quelli che erano i suoi lati negativi.
Alla fine del servizio, tutti si misero in fila per passare davanti al feretro e dargli l’ultimo saluto.

I portatori della bara (Billy e Gene Smith, Joe Esposito, Charlie Hodge, Felton Jarvis, Lamar Fike, Jerry Schilling, George Klein, il Dr. Geroge Nichopoulos) spostarono la bara nel carro funebre bianco e sarebbe stato in testa alla processione delle 17 limousine bianche, per le tre miglia e mezzo che da Graceland conducono al Forest Hill Cemetry.

Ci volle più di un’ora per coprire quella breve distanza, perché 15/20.000 persone erano allineate, aspettano il loro ultimo momento di contatto con Elvis.
La folla includeva persone di ogni condizione di vita: vecchi e giovani, ricchi e poveri, bianchi e neri. C’erano motociclisti con le loro moto e gente che spingeva i passeggini.
Quando ci penso, mi rendo conto che lungo la strada c’era quella che era una tipica folla dei suoi show.
Era il più affascinante campionario di umanità che io potessi immaginare ed erano tutti lì per esprimere il loro amore alla musica di Elvis e al fascino della sua immagine.
Persino alla fine, è stata la musica gospel che ha accompagnato il passaggio di Elvis Presley. Quella stessa musica che aveva confortato lui e la sua famiglia al funerale di sua madre, ora risuonava nelle nostre orecchie e nei nostri cuori, mentre accompagnavamo il corpo di quest’uomo, a quello che sarebbe stato il suo luogo di riposo, definitivo: l’uomo che aveva condiviso il suo cuore con il mondo.
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Vecchio 18-08-2008, 07:39
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GEORGE KLEIN

Al momento del funerale, la cosa diventava realtà, ma noi ancora non volevamo crederci. La cerimonia ebbe luogo nel soggiorno di Graceland. Ci saranno state 30 persone nella stanza. C’erano Ann Margret, George Hamilton e naturalmente Priscilla, Ginger Alden e Linda Thompson. Fu un funerale serio, tranquillo, emozionante.
Poi iniziammo il nostro tragitto verso il cimitero.
Io ero nella limousine nr. 6 con Charlie Hodge e Alan Fortas.
Mentre guidavamo, lungo la strada e per molte miglia c’era gente su 4 o 5 file.
Piangevamo e ridevamo.
Cercavamo di prepararci psicologicamente per non perdere il controllo.
Andammo al mausoleo e il pastore fece un servizio di 10-15 minuti e poi caricammo la bara.
Sono stato l’ultimo a toccarla, prima che fosse posata. Ricordo che la baciai.
Poi quando coprirono tutto, mi sentii strano e distrutto. Era finita.
E’ stato un momento in cui ho provato ogni genere di emozione e sentimenti

JOE ESPOSITO

Io sono stato uno di quelli che ha portato la bara.
Devo dare onore a tutti i ragazzi che hanno lavorato per la sicurezza di Elvis e tutti coloro che gli erano attorno.
Per organizzare il funerale, abbiamo tutti fatto un grande lavoro, perché è stato un evento enorme.

LAMAR FIKE – dal libro “Revelations From Memphis Mafia” di Alanna Nash (pubb. 1995)

Il funerale fu un vero circo.
Il giorno prima, Vernon aveva aperto la casa ai fans per permettere loro di mettersi in fila e salutare la salma, la stessa cosa che cercò di fare con Gladys.
Gli dissi “Vernon non puoi farlo” E lui disse “Lui apparteneva a loro”
E io “Stronzate!! E’ morto!! Non appartiene più a nessuno, se non a Dio”
Fu una giornata piena di mozioni.
Ero uno dei portatori della bara insieme a Billy, Joe, Charlie e Jerry Schilling, George Klein, Gene Smith e il Dr. Nick.
La bara era costata $ 775 e pesava 900 libbre. Gesù come pesava!
Quando la afferrai per mettermela sulla spalla dissi “”Dio Onnipotente!. Ha cercato di ucciderci quando era in vita ed ora che è morto sta cercando di ucciderci ancora!”
La cosa strana è che, eravamo appena usciti dalla casa e il carro funebre era parcheggiato davanti agli scalini.
Avevamo appena finito di far scorrere il feretro sulla guida dentro il carro, quando questo grande ramo dell’albero si spezzò e cadde.
Non c’erano motivi perché succedesse. Ci guardammo l’un l’altro e io dissi “Sapevamo che saresti tornato, ma non così presto”

Quando tornammo dal funerale, Vernon era nella sala da pranzo. Gli dissi “Vernon, io vado. Sono sicuro che non dovrò vigilare sul fuoco e che non dovrò nemmeno guidare uno scooter su questi 14 acri” E lui disse “Sapevo che saresti stato il primo ad andartene”

BILLY SMITH – dal libro “Revelations From Memphis Mafia” di Alanna Nash (pubb. 1995)

Il funerale fu una cosa strana.
Nella mia testa passavano pensieri strani. Ero impazzito al punto che avevo voglia di morire. Pensavo “Perché mi hai fatto questo? Perché ci hai lasciato qui?”

JERRY SCHILLING - Dal libro “Me And A Guy Named Elvis” di Jerry Schilling (pubb. 2007)

Andando lentamente verso il cimitero, sono stato testimone di qualcosa di forte e straziante……. Mentre passava il corteo funebre, migliaia e migliaia di persone erano allineate su entrambi i lati della strada, solennemente in piedi, in rispettoso silenzio. Vidi bambini piangere, nonni piangere, poliziotti eretti con i berretti appoggiati al cuore e motociclisti con le lacrime agli occhi. Bianchi e neri uno vicino all’altro.
L’eredità di Elvis mi divenne chiara lungo il tragitto verso il cimitero.
La sua musica aveva unito in un unico sound il gospel, il blues, il country e il R&B.
Ora qui c’erano tutte quelle facce e quelle vite che rappresentavano ognuno di quei sounds, come se fosse uno solo.
Tutte quelle facce, tutte quelle persone era diventate un unico tributo vivente a Elvis, sentendo la sua perdita come unica e esprimendo il loro dispiacere come unico.
Con la sua morte Elvis aveva dato quello che aveva sempre cercato di fare in vita: ci aveva uniti tutti insieme.

LARRY GELLER - Dal Libro “Leaves in Elvis’ Garden” di Larry Geller (pubb. 2007)

E’ finita. Quante cose sono successe nei due giorni successivi alla morte di Elvis.
Famiglia e amici hanno dato il loro saluto; diecimila fans sono passati vicino alla sua bara aperta; quante lacrime, e tutte ricche di rispetto.
Decine di migliaia di fans sono rimasti fuori, in attesa che il dramma venisse vissuto.
Prima del funerale, Lisa Marie si è avvicinata più volte alla bara, toccando teneramente il viso di suo padre, facendo scorrere le dita sui suoi capelli, con la profonda tristezza che oscurava l’innocenza del suo visetto di bambina di 9 anni, così simile al suo.
Il servizio funebre, con oltre 200.000 persone presenti, ora è stato completato.
La bella elogia del pastore, gli inni gospel cantati da Kathy Westmoreland, J.D. Sumner e gli Stamps, e Jake Hess hanno riempito le stanze ed ora tutti sono silenziosi, come Elvis.
Riesco ancora a sentire Vernon che piangendo, mentre dice “Figlio mio, presto sarò con te! Figliolo ti raggiungerò presto!”
La nonna era sopraffatta dal dolore; Lisa Marie piangeva, smarrita e confusa.
Ora siamo solo in pochi di noi con Elvis: Vernon, buona parte dei ragazzi ed io.
Vernon ed io ci abbracciamo piangendo: “Larry, questo è l’ultimo sipario. Questo è l’ultimo sipario!”
Siamo tutti davanti alla bara. Non riesco ad immaginare i pensieri e i sentimenti degli altri; so solo che è il mio momento.
Non sono in un mondo reale, ma altrove, in un posto dove non ero mai stato e dove non volevo esserci.
Vedo a malapena Joe Esposito che sfila l’anello di diamanti dal dito di Elvis e lo da a Vernon. So solo che il direttore del funerale sta abbassando il coperchio della bara e realizzo che la presenza fisica di Elvis, si allontana per l’ultima volta.
L’energia magnetica che Elvis ha avuto in vita mi raggiunge e si avvicina sempre più.
Non c’è alcun pensiero cosciente che mi guida, quando la mia mano si dirige verso Elvis, quasi ad accorciare la distanza tra il coperchio della bara e il mio bisogno di collegarmi a lui, ancora una volta.
Le mie dita toccano delicatamente la sua fronte, mentre il mio cuore sussurra “Ciao, fratello”.
Il coperchio si chiude, il suo suono crudele riecheggia nella quiete della stanza. E’ finita!

IL COLONNELLO


Dal Libro “The Colonel” di Alanna Nash (pubb. 2003)

Mentre, il giorno del funerale, il Colonnello aveva in testa gli affari, buona parte delle persone addolorate, riunite nella stanza della musica, nel salotto e nella sala da pranzo di Graceland, in attesa del servizio programmato per le 14.00 del 18 agosto 1977, trovarono il comportamento del Colonnello più bizzarro del solito, a cominciare dal suo abbigliamento, formato da una camicia hawaiana e un cappello da baseball, da cui, in modo disordinato uscivano cappelli grigio-castano.
Se Elvis guardasse giù e vedesse il Colonnello tutto ben vestito e tirato, direbbe “Che roba è quella?” spiegò Parker in seguito “Questo e il modo in cui mi sono sempre vestito. Informale”. Quando Parker vide Tom Hullet abbigliato in modo appropriato in vestito nero e cravatta, il Colonnello gli disse di andare a cambiarsi ed indossare i suoi soliti jeans e i mocassini.

Ma la cosa che irritò tutti è che Parker si rifiutò di essere uno dei portatori della bara e come ricorderà Jackie Kahane “ogni volta che è passato davanti alla bara ha sempre distolto lo sguardo”. Ricorda il Colonnello impassibile e stoico. “Non ha parlato con tante persone e stava sempre dietro. Non è mai rimasto seduto nella stanza di fronte, ma se avesse voluto, avrebbe potuto stare con la nonna (Minnie Mae Presley) e Vernon” .

Geller si aspettava che Parker facesse in modo di stare da solo con la bara, prima che venisse chiusa. “Ma non è mai successo. Ci passava davanti, senza nemmeno buttare lo sguardo. Al massimo lo potevi vedere combattuto per non guardare”.

Kathy Westmoreland era confusa per il modo in cui il Colonnello era vestito, se pur razionalizzasse il suo modo di essere “Riuscivo a vedere dolore nei suoi occhi, un dolore che non voleva lasciar trapelare”.

Anni dopo, Parker si sarebbe vantato che non ha mai pianto al funerale “Nossignore. Se qualcuno, per un solo secondo, ha visto i miei occhi umidi è perché mi avevano messo la mano in tasca”

LOANNE PARKER

Al funerale gli chiesero di entrare in una limousine, quella dietro il feretro dove c’era la famiglia. Ma il Colonnello disse “No, con Elvis sono sempre stato dietro le quinte e voglio continuare a rimanerci”.
Quindi andò con una limousine, ma non quella del gruppo dei famigliari.
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Vecchio 18-08-2008, 07:50
hurt hurt Non in Linea
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Caro Elvis,
amico, fratello e compagno della nostra vita
nonostante siano passati ben 31 anni da quel tragico giorno,
sei rimasto nei nostri cuori e vi rimarrai per sempre



Dio ti benedica ora e sempre!!!!!





ALOHA





Ultima Modifica di hurt : 18-08-2008 08:06
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Vecchio 18-08-2008, 12:02
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Grazie Hurt
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Vecchio 18-08-2008, 12:21
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Grazie mille hurt!!!!!!!!!!!!

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Vecchio 18-08-2008, 13:36
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GEORGE KLEIN

Al momento del funerale, la cosa diventava realtà, ma noi ancora non volevamo crederci. La cerimonia ebbe luogo nel soggiorno di Graceland. Ci saranno state 30 persone nella stanza. C’erano Ann Margret, George Hamilton e naturalmente Priscilla, Ginger Alden e Linda Thompson. Fu un funerale serio, tranquillo, emozionante.
Poi iniziammo il nostro tragitto verso il cimitero.
Io ero nella limousine nr. 6 con Charlie Hodge e Alan Fortas.
Mentre guidavamo, lungo la strada e per molte miglia c’era gente su 4 o 5 file.
Piangevamo e ridevamo.
Cercavamo di prepararci psicologicamente per non perdere il controllo.
Andammo al mausoleo e il pastore fece un servizio di 10-15 minuti e poi caricammo la bara.
Sono stato l’ultimo a toccarla, prima che fosse posata. Ricordo che la baciai.
Poi quando coprirono tutto, mi sentii strano e distrutto. Era finita.
E’ stato un momento in cui ho provato ogni genere di emozione e sentimenti

JOE ESPOSITO

Io sono stato uno di quelli che ha portato la bara.
Devo dare onore a tutti i ragazzi che hanno lavorato per la sicurezza di Elvis e tutti coloro che gli erano attorno.
Per organizzare il funerale, abbiamo tutti fatto un grande lavoro, perché è stato un evento enorme.

LAMAR FIKE – dal libro “Revelations From Memphis Mafia” di Alanna Nash (pubb. 1995)

Il funerale fu un vero circo.
Il giorno prima, Vernon aveva aperto la casa ai fans per permettere loro di mettersi in fila e salutare la salma, la stessa cosa che cercò di fare con Gladys.
Gli dissi “Vernon non puoi farlo” E lui disse “Lui apparteneva a loro”
E io “Stronzate!! E’ morto!! Non appartiene più a nessuno, se non a Dio”
Fu una giornata piena di mozioni.
Ero uno dei portatori della bara insieme a Billy, Joe, Charlie e Jerry Schilling, George Klein, Gene Smith e il Dr. Nick.
La bara era costata $ 775 e pesava 900 libbre. Gesù come pesava!
Quando la afferrai per mettermela sulla spalla dissi “”Dio Onnipotente!. Ha cercato di ucciderci quando era in vita ed ora che è morto sta cercando di ucciderci ancora!”
La cosa strana è che, eravamo appena usciti dalla casa e il carro funebre era parcheggiato davanti agli scalini.
Avevamo appena finito di far scorrere il feretro sulla guida dentro il carro, quando questo grande ramo dell’albero si spezzò e cadde.
Non c’erano motivi perché succedesse. Ci guardammo l’un l’altro e io dissi “Sapevamo che saresti tornato, ma non così presto”

Quando tornammo dal funerale, Vernon era nella sala da pranzo. Gli dissi “Vernon, io vado. Sono sicuro che non dovrò vigilare sul fuoco e che non dovrò nemmeno guidare uno scooter su questi 14 acri” E lui disse “Sapevo che saresti stato il primo ad andartene”

BILLY SMITH – dal libro “Revelations From Memphis Mafia” di Alanna Nash (pubb. 1995)

Il funerale fu una cosa strana.
Nella mia testa passavano pensieri strani. Ero impazzito al punto che avevo voglia di morire. Pensavo “Perché mi hai fatto questo? Perché ci hai lasciato qui?”

JERRY SCHILLING - Dal libro “Me And A Guy Named Elvis” di Jerry Schilling (pubb. 2007)

Andando lentamente verso il cimitero, sono stato testimone di qualcosa di forte e straziante……. Mentre passava il corteo funebre, migliaia e migliaia di persone erano allineate su entrambi i lati della strada, solennemente in piedi, in rispettoso silenzio. Vidi bambini piangere, nonni piangere, poliziotti eretti con i berretti appoggiati al cuore e motociclisti con le lacrime agli occhi. Bianchi e neri uno vicino all’altro.
L’eredità di Elvis mi divenne chiara lungo il tragitto verso il cimitero.
La sua musica aveva unito in un unico sound il gospel, il blues, il country e il R&B.
Ora qui c’erano tutte quelle facce e quelle vite che rappresentavano ognuno di quei sounds, come se fosse uno solo.
Tutte quelle facce, tutte quelle persone era diventate un unico tributo vivente a Elvis, sentendo la sua perdita come unica e esprimendo il loro dispiacere come unico.
Con la sua morte Elvis aveva dato quello che aveva sempre cercato di fare in vita: ci aveva uniti tutti insieme.

LARRY GELLER - Dal Libro “Leaves in Elvis’ Garden” di Larry Geller (pubb. 2007)

E’ finita. Quante cose sono successe nei due giorni successivi alla morte di Elvis.
Famiglia e amici hanno dato il loro saluto; diecimila fans sono passati vicino alla sua bara aperta; quante lacrime, e tutte ricche di rispetto.
Decine di migliaia di fans sono rimasti fuori, in attesa che il dramma venisse vissuto.
Prima del funerale, Lisa Marie si è avvicinata più volte alla bara, toccando teneramente il viso di suo padre, facendo scorrere le dita sui suoi capelli, con la profonda tristezza che oscurava l’innocenza del suo visetto di bambina di 9 anni, così simile al suo.
Il servizio funebre, con oltre 200.000 persone presenti, ora è stato completato.
La bella elogia del pastore, gli inni gospel cantati da Kathy Westmoreland, J.D. Sumner e gli Stamps, e Jake Hess hanno riempito le stanze ed ora tutti sono silenziosi, come Elvis.
Riesco ancora a sentire Vernon che piangendo, mentre dice “Figlio mio, presto sarò con te! Figliolo ti raggiungerò presto!”
La nonna era sopraffatta dal dolore; Lisa Marie piangeva, smarrita e confusa.
Ora siamo solo in pochi di noi con Elvis: Vernon, buona parte dei ragazzi ed io.
Vernon ed io ci abbracciamo piangendo: “Larry, questo è l’ultimo sipario. Questo è l’ultimo sipario!”
Siamo tutti davanti alla bara. Non riesco ad immaginare i pensieri e i sentimenti degli altri; so solo che è il mio momento.
Non sono in un mondo reale, ma altrove, in un posto dove non ero mai stato e dove non volevo esserci.
Vedo a malapena Joe Esposito che sfila l’anello di diamanti dal dito di Elvis e lo da a Vernon. So solo che il direttore del funerale sta abbassando il coperchio della bara e realizzo che la presenza fisica di Elvis, si allontana per l’ultima volta.
L’energia magnetica che Elvis ha avuto in vita mi raggiunge e si avvicina sempre più.
Non c’è alcun pensiero cosciente che mi guida, quando la mia mano si dirige verso Elvis, quasi ad accorciare la distanza tra il coperchio della bara e il mio bisogno di collegarmi a lui, ancora una volta.
Le mie dita toccano delicatamente la sua fronte, mentre il mio cuore sussurra “Ciao, fratello”.
Il coperchio si chiude, il suo suono crudele riecheggia nella quiete della stanza. E’ finita!

IL COLONNELLO


Dal Libro “The Colonel” di Alanna Nash (pubb. 2003)

Mentre, il giorno del funerale, il Colonnello aveva in testa gli affari, buona parte delle persone addolorate, riunite nella stanza della musica, nel salotto e nella sala da pranzo di Graceland, in attesa del servizio programmato per le 14.00 del 18 agosto 1977, trovarono il comportamento del Colonnello più bizzarro del solito, a cominciare dal suo abbigliamento, formato da una camicia hawaiana e un cappello da baseball, da cui, in modo disordinato uscivano cappelli grigio-castano.
Se Elvis guardasse giù e vedesse il Colonnello tutto ben vestito e tirato, direbbe “Che roba è quella?” spiegò Parker in seguito “Questo e il modo in cui mi sono sempre vestito. Informale”. Quando Parker vide Tom Hullet abbigliato in modo appropriato in vestito nero e cravatta, il Colonnello gli disse di andare a cambiarsi ed indossare i suoi soliti jeans e i mocassini.

Ma la cosa che irritò tutti è che Parker si rifiutò di essere uno dei portatori della bara e come ricorderà Jackie Kahane “ogni volta che è passato davanti alla bara ha sempre distolto lo sguardo”. Ricorda il Colonnello impassibile e stoico. “Non ha parlato con tante persone e stava sempre dietro. Non è mai rimasto seduto nella stanza di fronte, ma se avesse voluto, avrebbe potuto stare con la nonna (Minnie Mae Presley) e Vernon” .

Geller si aspettava che Parker facesse in modo di stare da solo con la bara, prima che venisse chiusa. “Ma non è mai successo. Ci passava davanti, senza nemmeno buttare lo sguardo. Al massimo lo potevi vedere combattuto per non guardare”.

Kathy Westmoreland era confusa per il modo in cui il Colonnello era vestito, se pur razionalizzasse il suo modo di essere “Riuscivo a vedere dolore nei suoi occhi, un dolore che non voleva lasciar trapelare”.

Anni dopo, Parker si sarebbe vantato che non ha mai pianto al funerale “Nossignore. Se qualcuno, per un solo secondo, ha visto i miei occhi umidi è perché mi avevano messo la mano in tasca”

LOANNE PARKER

Al funerale gli chiesero di entrare in una limousine, quella dietro il feretro dove c’era la famiglia. Ma il Colonnello disse “No, con Elvis sono sempre stato dietro le quinte e voglio continuare a rimanerci”.
Quindi andò con una limousine, ma non quella del gruppo dei famigliari.
Dopo di tutto questo , possono dire qualsiasi cosa a proposito di Elvis , ma nessuno sarà presso sul serio , se mette in dubbio , che Elvis se ne andato di questo mondo quel 16 agosto 1977..
Non ci sono parole Hurt per ringraziarti per quanto fai per Elvis.
Più conosciamo Elvis , più l'amiamo , grazie ancora a HURT , la fan "Multiplatinum"
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  #9  
Vecchio 18-08-2008, 15:03
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GRAZIE !!!
E' ANCORA DOLOROSO RIVIVERE QUEI MOMENTI!
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  #10  
Vecchio 18-08-2008, 16:40
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anche ogggi ho fatto fuori un pacchetto di kleenex, che magone radazzi, mi prometto sempre di nn piangere ma e più forte di me....nn riesco a nn farlo....wow che giornata oggi....complimenti hurt....
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