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Vecchio 25-11-2007, 18:57
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GeA106 Joe Esposito - 29/08/2007

Intervista telefonica di John Mackie, Vancouver Sun, del 29 Agosto 2007, con il braccio destro di Elvis Presley e capo della Memphis Mafia, Joe Esposito.


D. Allora che tipo di persona era il re?

JE. Era il ragazzo più gentile del mondo. Veramente! Un uomo veramente buono, molto educato. Trattava tutti allo stesso modo, non importa che fosse un milionario o uno della strada, non gli interessava, quello che a lui interessava era la persona. Sua madre l’aveva educato così: trattare tutti allo stesso modo. Ho imparato molto da lui e anche agli altri dico “tratta le persone, come vorresti essere trattato tu. Se vuoi essere trattato come un idiota, allora fai l’idiota” E’ molto importante trattare le persone in modo gentile, prima o poi ti gratifica.

D. Sembra che Elvis sia stato uno di quelli che ha regalato tutto. Ad esempio, ha regalato un’infinità di macchine, vero?

JE. Oh sì, era molto, molto generoso

D. Raccontami una storia che riguardi una macchina

JE: Una volta, eravamo dal concessionario di Memphis per acquistare alcune Cadillacs. Stavamo lì in piedi, quando Elvis, guardando fuori, vide una donna di colore e anziana, che guardava una due porte Coupé de Ville gialla, in vetrina.
Elvis la vede ed esce. Le si avvicina e inizia a parlare con lei. Dice “Ti piace, vero? “Oh certo, è una gran bella macchina” Ed Elvis “Vorresti avere una di queste?” “Non potrei mai permettermi una macchina come questa” E lui “Aspetta un attimo”.
Elvis rientra nel negozio, va dal venditore e gli dice “Dammi le chiavi di quella macchina” Il tipo gli dà le chiavi e lui esce e dice “Ma’am, questa macchina è tua”. La donna non riusciva a credere che Elvis le avesse regalato quella macchina. Era quasi spaventata. Non riusciva a crederci. Ed Elvis “E’ tua, goditela”
Questo è quello che era Elvis. Amava regalare alle persone quelle cose che sapeva non avrebbero mai potuto permettersi di acquistare.

D. Questo perchè era nato povero e non se l’è mai dimenticato.

JE: No, non se l’è mai dimenticato

D. Hai incontrato Elvis quand’eri nell’esercito vero?

JE: Sì eravamo entrambi soldati. Non so come sia successo, ma le nostre personalità si sono incrocite subito. Io amo la gente, mi piace divertirmi, essere sempre allegro. Suppongo che, quando eravamo assieme, ci sentissimo in sintonia e così siamo diventati amici. Prima di finire il servizio militare mi ha chiesto di lavorare per lui.

D. Cosa significava lavorare per una persona così, lavorare per un amico?

JE. E’ sempre bello lavorare per un amico e lui era una gran persona. Lavorare per Elvis non era un’occupazione dalle 9 alle 17, era sette giorni su 7, per 24 ore al giorno, perché lui chiedeva cose anche nel bel mezzo della notte. Non avevamo un numero di ore limitato, ma ci facevamo il c***o. Però era bello, perché facevamo tutto assieme. Qui sta la differenza. Quando ero con Elvis, stavamo tutti assieme, eravamo una famiglia, una grande famiglia. Facevamo le vacanze assieme, sua figlia è cresciuta con mia figlia. Era come essere una grande famiglia felice.

D. Ma non era come vivere in una bolla? Visto che Elvis era così famoso, sicuramente non poteva avere una vita normale.

JE. Assolutamente vero. Nessuna superstar riesce a vivere una vita normale, mai. Ma il fatto è che lui amava stare con coloro che conosceva, con le persone di cui aveva fiducia e per questo voleva averci con lui.
Va anche ricordato, che Elvis era originario delle zone più povere del Mississippi e poi, quando, si è trasferito a Memphis, comunque si è sempre estraniato dal gruppo. Non indossava jeans con la maglietta arrotolata, o teneva i capelli a spazzola, cose così, lui portava sempre i capelli lunghi, vestiti un po’ strani. Perciò, quand’era ragazzo, non aveva tanti amici. Quando è cresciuto ed è diventato una celebrità, ha raccolto intorno a sé i suoi amici, quelli che conosceva dai tempi della scuola. Queste erano le persone che adorava avere intorno a sé.

D. Quando eri con lui, non stava facendo concerti live, ma films, giusto?

JE: Sì. Quando finì il militare, aveva in corso grossi contratti che prevedevano 3 film all’anno, per case cinematografiche diverse. Le uniche performance live, prima di riprendere nel ’69, furono fatte per beneficenza. Ne fece uno anche a Memphis. Poi nel ’69, tutto è ricominciato e è stato quando il Colonnello ha concluso la trattativa con l’International Hotel. Questa era la cosa che Elvis amava fare di più, esibirsi su un palco, di fronte ad un pubblico.

D. E’ vero che era frustrato a fare film per così tanto tempo, senza avere la possibilità di fare concerti?

JE. Abbastanza. Inoltre era stufo di fare sempre gli stessi film, sempre più con svariate ambientazioni, con ragazze diverse e vari tipi di cani e animali. Voleva uscire da questa specie di documentari.

D. Com’era Elvis durante i concerti live?

JE: Nei 17 anni che sono rimasto con lui, non sono mai mancato ad un solo concerto, non me ne sono perso uno. Ero sempre con lui. Era una cosa spettacolare, incredibile. Anche perché non era mai lo stesso concerto, faceva sempre piccole cose divertenti, in modo tale da essere lui il primo a divertirsi. Capitava che facesse delle variazioni nel bel mezzo del concerto, aggiungendo canzoni diverse. Ogni concerto era un concerto diverso.

D. Come è entrato nel vestito Elvis, com’è nato tutto? I mantelli e tutto il resto.

JE. Elvis diceva: “Sono nello show business e sono qui per fare l’intrattenitore. Se quello che indosso attira la gente, allora per me va bene” Ecco come ragionava! Non come i ragazzi di oggi, che camminano sul palco con un T-shirt e jeans strappati. Questo non è intrattenere. Lui sentiva che tutto faceva parte dello show business e il motivo per cui indossava i jumpsuits era perché quando portava pantaloni o un vestito, facendo le mosse di karate, tipo quella specie di lunghi calci, gli si strappavano i calzoni. Tutte le volte. Molte volte si è trovato a dover uscire dal palco dicendo “Scusate, si sono strappati i calzoni” Un giorno l’addetto al guardaroba disse: “L’unico modo per risolvere il problema è indossare una tuta, così non si strappa dove è stata cucita. Così è arrivato il jumpsuit.

D. Vi divertivate quando gli si strappavano i pantaloni? E lui lo trovava divertente o si arrabbiava?

JE. E’ successo un paio di volte e ormai si era abituato, così diceva “Scusate. Fatemi fare una breve pausa. Salgo e mi cambio i pantaloni” E la gente moriva dal ridere. La band continuava a suonare e lui usciva per cambiarsi. E mentre si cambiava continuava a cantare.

D. Si dice che non aveva molta simpatia per Robert Goulet e, ogni volta che lui era in TV sparava al televisore. E’ vero?

JE. E’ successo una volta, ma non per Robert Goulet, no, no. L’ha fatto per fare scena. Amava sconvolgere le persone. Tutto qui.

D. C’eri quando l’ha fatto?

JE. Certo

D. E ti ha sconvolto?

JE. Sicuro. Una sparo di pistola in casa? Non eravamo in tanti, solo alcuni. “Beh, cosa c’è?” disse Elvis “Volevo solo fche tutti vi svegliaste”

D. Chi c’era in TV?

JE. Robert Goulet. Ecco perchè è nata la storia: “Siccome odiava Robert Goulet, ha sparato alla TV”. Ma non aveva niente a che fare con lui, poteva esserci chiunque altro.

D. Gli piaceva giocare con le pistole?

JE. Oh sì, adorava le pistole. Adorava le forze dell’ordine, ne era molto coinvolto. Avevamo i distintivi onorari e il porto d’armi rilasciato dallo stato del Tennesse. Facevamo pratica con il tiro al bersaglio e cose simili.

D. C’eri anche tu quando ha incontrato Nixon?

JE. No, io non c’ero, perché mi trovavo a Los Angeles

D. E’ stata una cosa piuttosto strana, non credi?

JE. Sì. È andato per ottenere un distintivo. Questo è l’unico motivo per cui è andato là. Qualcuno gli aveva detto che non sarebbe mai riuscito a farlo e questa è una cosa che non si doveva dire ad Elvis, cioè che non sarebbe riuscito a fare qualcosa. E’ andato e l’ha avuto.
Tutti gli avevano detto “Non riuscirai mai ad averlo. Il Presidente Nixon non lo farà” e lui rispose “Bene, fammi parlare con lui” E quando partì da Washington, aveva il distintivo con sé.

D. Ha incontrato qualche altro presidente o solo Nixon?

JE. Solo Nixon. Penso abbia incontrato…….. no, non ha mai incontrato LBJ (Lyndon Johnson). Il Colonnello era un suo grande amico, ma probabilmente Nixon è l’unico presidente che ha incontrato. Vero che ha incontrato anche il Presidente Carter, ma prima che diventasse Presidente. Al tempo era solo Governatore.

D. Quando sono andato a Graceland, mi sono stupito nel vedere quanto è piccola. Perché pensi sia rimasto lì, invece si trasferirsi a Los Angeles?

JE. Perché gli piaceva Memphis. Là aveva tutti i suoi amici e preferiva stare lontano da Hollywood. Elvis non si sentiva parte né di Hollywood, né di quel mondo. Lui aveva i suoi amici e amava stare con loro. Poteva fare quello che voleva, senza problemi, come ad esempio andare al cinema. Qualsiasi cosa volesse, in quella città poteva averla ed è per questo che gli piaceva stare a Memphis.

D. Siete mai andati a vedere degli spettacoli?

JE. Certo, soprattutto a Las Vegas. Prima che riprendesse ad esibirsi, sul palco, andavamo un paio di volte all’anno e rimanevamo per 3 o 4 settimane per poter vedere tutte le star: Sinatra, Dean Martin, Tony Bennett, Sammy Davis, Andy Williams, tutti i tipi di star, Fats Domino, chiunque fosse a Las Vegas.

D. Molti artisti sono venuti a vedere Elvis, come i Beatles, Led Zeppelin Tom Jones?

JE. Assolutamente. I Beatles sono arrivati per primi. Durante un’intervista dissero: “Cosa vi emoziona per il fatto che siete in America?” “Vogliamo incontrare Elvis Presley”. Questa è stata la prima cosa che hanno detto e l’hanno incontrato nel 1965, quando sono venuti per la seconda volta

D. Cosa pensava Elvis dei Beatles?

JE. Gli piaceva la loro musica. Ha inciso 3 delle loro canzoni. Pensava che fossero grandi autori di canzoni

D. Com’era Elvis durante le sessions? Qualcuno mi ha dato un bootleg che è incredibile. Si tratta della session originale di Memphis, senza sovraincisioni. Ci sono tutte queste versioni diverse per ogni canzone e ognuna di loro è diversa e grande.

JE. Lo so. Gli piaceva divertirsi. Le session di registrazione di Elvis non erano come quelle di oggi. Nelle session di oggi, ogni musicista è registrato singolarmente e poi iol tutto viene sovraimpresso. Tutte quelle che facevamo con Elvis era come un concerto; tutti erano nella stessa stanza, le voci, la band, tutti e tutti registravano insieme. Per questo ci si divertiva molto. A Elvis piaceva prenderci in giro, faceva divertenti commenti e passavamo dei bei momenti, divertendoci. Ecco perché le sue canzoni sono così grandi e si può dire che tutti si divertivano. Amava cantare e registrare.

D. La Memphis Session è stata veramente un momento chiave della carriera di Elvis. Ha registrato canzoni che erano più impegnative di quelle incise nel periodo hollywoodiano, vero?

JE. Sì. Sì

D. E’ stata una decisione ponderata? Cercava canzoni come Suspicious Minds e In The Ghetto?

JE. Gli piacevano quelle canzoni che avevano un significato per lui. Amara testi buoni, grandi orchestrazioni, grandi arrangiamenti. E lui ne ha fatta qualcuna veramente grande: If I Can Dream, In The Ghetto, Don’t Cry Daddy e tante altre. Gli piaceva cantare quelle.

D. Non fu la stessa cosa con quelle dei film vero?

JE. Veramente no. Riascoltandole oggi, ti accorgi che, nei films, ci sono state anche delle belle canzoni, ma ce n’è di orribili, tipo quando canta ad una mucca o cose simili (ride). Quelle sicuramente non lo entusiasmavano molto, ma faceva parte di una scena del film e lui era molto professionale. Elvis diceva “Hey, questo è quello che devo fare!”


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