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Vecchio 12-08-2007, 08:09
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L'ANNIVERSARIO / 30 ANNI FA

Memphis, 16 agosto 1977: Così il mondo impazzì per Elvis

Dalla foto rubata del Re nella bara alle polemiche sulle cause della morte: la fine di Presley fu un evento che sconvolse milioni di fans. E il pellegrinaggio a Graceland non si è mai fermato
di Ernesto de Pascale





Roma, 11 agosto 2007 - I giornalisti che furono spediti a «coprire» la morte di Elvis Presley quel 16 agosto 1977 non hanno ancora dimenticato. Erano centinaia e alcuni avevano seguito rivoluzioni, colpi di Stato, funerali di statisti e re, la guerra del Vietnam. Ancora oggi, dicono che i giorni della morte di Elvis e del funerale furono molto, molto peggio di tutto questo.

Tra trucchi piccoli e grandi, sgambetti e concorrenza spietata, il colpaccio del National Enquirer trova ancora oggi ampio spazio nelle antologie dedicate al giornalismo «giallo» che negli Usa sta per sensazionalistico.
Se il giornalismo americano è molto competitivo, quello del National Enquirer (che allora era ancora un quindicinale) è il più competitivo di tutti. Un'intera squadra di reporter fu caricata di peso su un aereo appositamente noleggiato in Florida dove aveva sede il periodico. Il mandato del direttore era semplice: «Non importa cosa mi portate, ma deve essere sensazionale. E non deve averlo nessun altro».

Ricorda uno dei reporter: «Sapevamo che avremmo dovuto scovare qualcosa di impossibile, perché c'erano tutti i giornali e tutte le tv del mondo e noi non saremmo usciti da quell’inferno non prima di una decina di giorni. Lo sapevamo così bene che già sull'aereo privato avevamo deciso di puntare tutto sulla foto del cantante nella bara».

Non si sa nemmeno oggi chi sia stato a scattare quell’immagine. Fonti dell'Enquirer giurano che fu opera di un cugino di Elvis. Ma l'impresa fu talmente eclatante e indispettì talmente il clan di Elvis che ancora oggi c'è chi pagherebbe qualsiasi cosa per mettere le mani sull'autore del colpaccio.
Comunque sia, armato di una Minox, una minuscola macchina fotografica da spia del costo di 300 dollari, «qualcuno» riuscì a rubare l'unica foto di Elvis nella bara.

La foto, tremenda per lo stato in cui era ormai il Re, sfatto dall'alcool e dalle pasticche, invano paludato in un completo color crema con camicia azzurra e cravatta a strisce, fu pagata all’epoca 75mila dollari. Il presidente nonché editore del settimanale Iain Calder si rifiuta di rivelare l'autore o confermare la cifra: «Sono segreti, no? L'importante è che quel numero stabilì il nostro record assoluto di vendite: sei milioni di copie».

Il giallo della foto si arricchì di un nuovo capitolo poco tempo dopo: sparì infatti dalla cassaforte dell'Enquirer. La polizia aprì un fascicolo e dipendenti del periodico vennero arrestati sul posto di lavoro.
Pare che avessero progettato di stampare migliaia di t-shirts con la tragica immagine. Un sintomo delle follie di quei giorni d'agosto.

Bob Kendall, direttore della Memphis Funeral Home, racconta di quel funerale definendolo «il più grandioso mai avuto da un privato cittadino negli Stati Uniti».
Le disposizioni del clan di Elvis erano precise, evidentemente dettate dal Re in persona: la bara doveva essere esattamente come quella della madre, che l’aveva voluta di rame. Non ce n'erano a Memphis e Kendall dovette farla arrivare in volo da Oklahoma City.

Il vero problema fu il corteo: volevano diciassette Cadillac bianche. Ma ce n'erano solo tre in tutta Memphis e dovette rastrellarle anche a centinaia di chilometri di distanza. Furono ore frenetiche, in cui Kendall non ebbe nemmeno il tempo di rispondere ai giornalisti che lo assediavano alla ricerca di ogni particolare. Tutto questo mentre ventimila persone, decine delle quali svenivano per il caldo, facevano pazientemente la coda, in lacrime per poter entrare a Graceland per versare l'ultimo tributo al Re.

Ci fu anche un altro episodio tragico e folle: alle prime ore del mattino di lunedì proprio davanti a Graceland, la grande residenza di Elvis dalle bianche colonne, un uomo investì in pieno la folla di fans che vegliavano. Due morti, un ferito grave. L'automobilista fu accusato di omicidio colposo e ubriachezza al volante.

Al cimitero, dove già erano in vendita ai cancelli gli «stickers» per l'automobile con la scritta «Elvis vive. Lunga vita al Re» (prezzo di un dollaro e primo esempio della commercializzazione del mito), ne successero di tutti i colori. Oltre 4500 corone e cuscini, molti a forma di chitarra, tutti inviati da fans adoranti furono spogliati completamente da ammiratori alla ricerca di un ricordo. Finiti i fiori, cominciarono a portarsi via zolle erbose e presto il camposanto si trasformò in un campo di battaglia.

Un altro effetto immediato fu la folle richiesta di dischi: alla Rca si lavorò per settimane 24 ore su 24 per far fronte alla domanda. L'amore e il desiderio dei fans di tenersi un ricordo (oggi in effetti ricercati e pagati prezzi folli) mise nei guai per mesi gli organizzatori della tournée che Elvis avrebbe dovuto cominciare proprio il giorno del suo funerale. Avevano 600mila dollari di biglietti da rimborsare, ma non ci fu un fan che restituì il prezioso tagliando.

Poi ci furono le controversie sulla morte stessa. Il decesso di Elvis fu ufficialmente attribuito ad «aritmia cardiaca» causata da «motivi indeterminati». Il medico George Nichopoulos dapprima negò che il Re avesse fatto uso eccessivo di vari medicinali. Ma due anni più tardi, Nichopoulos si vide sospesa la licenza per prescrizione eccessiva di farmaci.

Tre mesi dopo la morte, il medico legale ammise che nel corpo di Elvis era stata constatata la presenza di dieci diversi farmaci. Ma i familiari e il clan si opposero alla pubblicazione dei risultati dell'autopsia. Il road manager Joe Esposito, a capo dell'organizzazione per i concerti e le tournée di Elvis, ammette solo oggi che il clan e la famiglia riuscirono piuttosto bene a proteggere la memoria del Re: voci e illazioni tanti, fatti pochi.
Esposito ammette: «Erano farmaci in commercio. Niente di illegale. Tutti intorno a Elvis prendevano pasticche, pasticche per stare su e darci dentro, pasticche per andare a dormire. Era il ritmo della vita che conducevamo a costringerci a fare uso di certe sostanze. Certo, come tutti sanno, Elvis faceva tutto in eccesso. Ecco che cosa è successo. Certe volte penso che sia veramente un peccato, fosse successo oggi con la gente che dà alle pasticche molta meno importanza, visto il dilagare di ben altre cose, Elvis avrebbe avuto meno pressioni, forse avrebbe trovato aiuto».


Tupelo, Mississipi. È l'alba. Ma i parcheggi oltre il fiume sono pieni di automobili provenienti da tutti gli Stati dell'Unione. Centinaia di persone sono già pronte per il mesto pellegrinaggio in quella sorta di baracca dov’è nato il mito. Quel rudere, altrimenti, non meriterebbe uno sguardo. Fu costruita dal padre Vernon con le sue mani, con 180 dollari presi in prestito e con l'aiuto di qualche parente, a poche centinaia di metri dalla casa del nonno di Elvis. Ma la visita al luogo natale di un mito americano è importante per gli americani e la conferma di una delle filosofie dominanti in questo paese.

In questo luogo si può toccare con mano la squallida povertà in cui è nato e cresciuto un uomo divenuto nel giro di pochi anni famoso quanto un presidente. Grazie alle sue straordinarie doti, un po' di fortuna e tanta volontà di sfondare. L'arredamento della baracca sembra quello di certi film che raccontano la vita dei pionieri: in realtà molti pezzi, come la madia per la torta di mele, l'armadio e la stufa sono stati donati in seguito o restaurati. Non importa: per i pellegrini il luogo è mistico, come se si trattasse di una stalla di Betlemme. La media è di 35-40mila ‘pellegrini’ all'anno, ma questo è un anno speciale.

Infine, proprio dietro la casa natale, c’è la Elvis Presley Memorial Chaple, completata alla fine degli anni Settanta con i contributi di fans di tutto il mondo. Ospita dodici file di banchi, un pulpito donato dal decano delle congregazioni pentecostale padre Tilley e sul pulpito la Bibbia personale di Elvis, donata da suo padre.
Al centro un'enorme vetrina colorata che prende tutta una parete: mostra una figura vestita di bianco, le braccia protese verso una croce più in alto circondata da stelle e pianeti e sormontata da una corona. Una corona da Re.
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Vecchio 13-08-2007, 06:56
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Dal CORRIERE DELLA SERA - Articoli agosto 2007

7 agosto, 2007

Corriere della Sera CARLO VERDONE «Una figura patinata Negli anni 70 era già roba d' antiquariato»
ROMA - Elvis? Per Carlo Verdone è «roba d' antiquariato». Il protagonista del Gallo cedrone, il suo film del ' 98, è un vitellone convinto d' essere il figlio segreto di Presley, «un millantatore nell' Italia del trasformismo». Carlo capisce l' icona Elvis: «Come Marilyn, facce che non moriranno mai. Però negli anni 70 a segnare il costume giovanile erano i Led Zeppelin, i capelli alla Robert Plant». Mentre Elvis col suo capello a ciuffo...«Era una musa del passato, le cose vanno dette. Negli ultimi anni faceva ridere, aveva un aspetto penoso dentro quelle tute che gli scoppiavano da tutte le parti. E sudava, sudava... Mi chiedevo: ma questo è stato il grande mito che ha venduto 500 milioni di dischi?». Questo per l' immagine. Musicalmente? «Lui ha sempre cantato in America con due eccezioni in Canada. L' Inghilterra è sempre stata avanti, l' America invece è la tradizione. Da sempre: dov' è la novità di Bruce Springsteen, grande, per carità, però...». E Bob Dylan? «Diverso, lui è un poeta. Diciamola tutta, furono i Beatles a sotterrare definitivamente Presley. Loro in giacca scura e camicia bianca, lui con le frange sembrava un cafone». Lo vogliamo buttare dalla torre. «Era dotato di una bella voce, io non mi sono mai sentito trascinato da lui, anche se un bianco che partiva dai gospel e dalla musica nera, era un punto di riferimento. Mi considero un esperto, è la verità, e trovo che Scott Walker era più bravo». Però gli italiani facevano il verso a Elvis: Little Tony, Bobby Solo, lo stesso Celentano nei movimenti...«Subito dopo il Festival di Sanremo mi precipitai al mercato di Porta Portese a comprare Una lacrima sul viso di Bobby Solo. Per me aveva la voce più calda di Elvis Presley. La figura patinata di Elvis era giusta per una certa America di fine anni ' 50 e ' 60, l' occhio azzurro, il ciuffo, il bacino, il Drive In. Cose che piacciono agli americani». Nel 1959 in casa Verdone va in soffitta il vecchio 78 giri e entra «uno splendido Schaub Lorenz a forma di mobiletto in grado di ascoltare i fantastici 45 giri. Finalmente con Elvis esce fuori una musica nuova che a noi ragazzi faceva battere il tempo col piede, non il solito Scarlatti che ascoltava mia madre con la cembalista polacca Wanda Landowska, di cui non ne potevo più. Il Gallo Cedrone è stato un film volutamente sgangherato, ha diviso, è stato discusso. Attraverso il vitellone raccontavo l' ultimo Elvis». Verdone, il mondo è pieno di pazzi che di notte vanno a cercare Elvis come se avessero la torcia magica ritenendolo ancora vivo...«Sono tutte fregnacce».
Cappelli Valerio

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12 agosto 2007

Tra qualche giorno si celebrerà il trentennale della morte
La Scozia litiga sulle origini di Elvis Presley
Il cognome è tipico dell'Aberdeenshire, ma ci sono pareri diversi su
chi fu l'antenato del re del rock che emigrò in America alcuni secoli fa

LONDRA - Mentre si danno gli ultimi ritocchi a Graceland in Tennessee, dove tra qualche giorno si celebrerà il trentennale della morte di Elvis Presley, in alcuni villaggi scozzesi dell'Aberdeenshire, lontanissimi da Memphis, infuria il dibattito sulle origini del re del rock and roll, che vanterebbe radici proprio nella terra di Paperon de' Paperoni. Resta da chiarire - ed è questo il centro della polemica - chi fosse l'antenato che salpò alla volta dell'America. Che gli avi di Elvis fossero scozzesi sembra fuor di dubbio, dato che il cognome è tipico dell'Aberdeenshire, nel nordest della Scozia. Ma i dettagli dividono. E se per la maggior parte degli scozzesi è sufficiente celebrare il legame tra Elvis e la loro patria (per il trentennale verrà anche presentato un Elvis Tartan, una stoffa quadrettata tipica, nei suoi colori preferiti, nero, celeste, rosa e oro), per altri, rivendicare la lontana parentela è un punto d'onore.

L'AVO FABBRO - Secondo la storia ufficiale Andrew Presley sposò Elspeth Leg il 27 agosto 1713 nella chiesa di Lonmay, nell'Aberdeenshire. Il loro decimo figlio, chiamato Andrew come il padre, imparò il mestiere di fabbro ed emigrò in America. Da lui discese Elvis Aaron Presley. Tutte balle, dice Jack Pressley (con due «s»), 91 anni, residente della vicina Fraserburgh: «Loro pensano all'Andrew sbagliato - dice, tirando fuori un lungo albero genealogico -. Fu un nipote di quell'Andrew sposatosi a Lonmay che andò in America, e non il figlio». Pressley e la sua famiglia da sempre dicono di essere imparentati con il re del rock and roll. Non è d'accordo Allan Morrison, autore del libro «The Presley Prophecy», che svelò le origini scozzesi del musicista.

SOMIGLIANZE - E se vari Pressley o Preseley dicono di essere parenti, e che il nome fu cambiato in America, c'è un 70enne, Jim Presley di Oldmeldrum, che non ha dubbi: «Sia io che mia sorella, che vive in America, ci siamo interessati da tempo a questa storia. Mia moglie ha sempre pensato che nostro figlio James somigliava a Elvis da giovane». Su una cosa però sono tutti d'accordo: il turismo locale, in una zona alquanto depressa, dovrebbe sfruttare di più questa «Elvis connection»: «Se qui fossimo in America - dice Morrison - ci sarebbero statue dappertutto e orde di turisti. Ma gli scozzesi non sono bravi a fare queste cose».
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Vecchio 13-08-2007, 06:59
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MUSICA: 30 ANNI FA L'ADDIO A ELVIS PRESLEY, IL RE DEL ROCK'N'ROLL

Roma, 12 ago. - (Adnkronos) - A trent'anni dalla morte il re e' sempre sul trono. Elvis Presley, con oltre un milione di dischi venduti nel mondo e 131 dischi prodotti, tra album e singoli, mantiene ancora il primato di "The King of Rock'n'Roll", come venne soprannominato negli anni '50. La leggenda del rock mori' il 16 agosto del 1977 nella sua casa a Memphis, 'Graceland', per un'aritmia cardiaca. Ancora oggi la sua dimora e' meta dei continui pellegrinaggi dei fans e in vista dell'anniversario si prevede un maxi-raduno a Memphis e celebrazioni in tutto il mondo.


Elvis Aaron Presley nasce a Tupelo, nel Mississipi, in una famiglia molto povera, l'8 gennaio 1935. Aveva solo dieci anni quando per il suo compleanno riceve in regalo dalla madre una piccola chitarra trovata in un negozietto dell'usato, scocca cosi' l'amore per la musica, tanto che Elvis porta la chitarra anche a scuola intrattenendo i suoi compagni durante l'intervallo. La famiglia partecipa attivamente alla vita religiosa e nel corso delle funzioni il giovane Presley canta nel coro, sviluppando un sincero amore nei confronti del gospel.

A 13 anni si trasferisce con la famiglia a Memphis dove il suo interesse per la musica viene alimentato dai fermenti che caratterizzano la citta' e dall'assidua frequentazione della zona di cultura nera. Da ragazzino Elvis ascolta la radio fino a tardi, uno dei suoi programmi preferiti e' quello di un famoso dj locale, B.B. ''Blues Boy'' King, che trasmette dalla prima stazione radio nera. Ma la sua ambizione e' quella di far parte di un quartetto gospel come quello dei suoi beniamini: gli Statesmen, i Blackwoods, lo Stamps Quartet e i Sunshine Boys. Elvis va a vederli ogni volta che puo', facendo dei piccoli lavoretti per poter mettere da parte i soldi per il biglietto.
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Vecchio 13-08-2007, 07:26
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Elvis, a 30 anni dalla morte il business nostalgia in crescita
sabato, 11 agosto 2007 1.00 di Kevin Krolicki

DETROIT (Reuters) - Trent'anni fa, alla vigilia della sua improvvisa morte avvenuta a 42 anni a Graceland, un grasso Elvis Presley, farmacodipendente era involontariamente all'inizio di una nuova carriera.

Da metà anni Cinquanta, Elvis aveva registrato dozzine di canzoni, interpetando una trentina di film a Hollywood reinventandosi a Las Vegas come una sorta di supereroe americano in tenuta dorata.

Verso la fine, "The King" era l'ombra dell'uomo di spettacolo che aveva elettrizzato il pubblico e rivoluzionato la musica pop.

Ma la fase della sua carriera venuta dopo la sua morte è stata addirittura più consistente e continua a durare, con remix di canzoni meno conosciute come "Rubberneckin'" e "A Little Less Conversation" arrivate negli ultimi cinque anni al numero uno della classifica.

Mentre legioni di fan si radunano a Memphis, Tennessee, per il 30° anniversario della morte di Presley, avvenuta il 16 agosto 1977, è chiaro che Elvis sta ancora facendo affari.
"Ci stiamo preparando alla miglior Settimana di Elvis che abbiamo mai avuto", ha detto Todd Morgan, portavoce della Elvis Presley Enterprises, azienda di Memphis che gestisce le sue redditizie proprietà ed ha organizzato un calendario di eventi.

Per iniziare c'è l'Elvis Expo al centro convegni di Memphis che prevede esibizioni di membri della sua TCB Band e dell'ex moglie Priscilla, per le quali è già tutto esaurito.

L'evento principale sarà la vigilia a lume di candela a Graceland da mercoledì prossimo che sarà coperta dal vivo dalla all-Elvis-all-the-time Elvis Radio, emittente radio di Sirius Satellite. Si prevede che vi parteciperanno 50.000 fan.

Il colonnello Tom Parker, che fu manager attento di Presley, l'aveva previsto dopo la sua morte, la leggenda sarebbe sopravvissuta.
"Elvis non è morto. E' morto il corpo. Questo non cambia nulla", aveva detto 30 anni fa Parker, secondo quanto citato dai media.

La rivista Forbes indica Elvis come seconda dietro al leader dei Nirvana Kurt Cobain come star defunta che produce profitti, con una stima di 42 milioni di dollari tra accordi sui diritti fra 2005 e 2006.

Dall'apertura al pubblico nel 1982, Graceland, la casa riccamente ornata a Memphis di Elvis comprata per 100.000 dollari nel 1957, è diventata un'attrazione turistica che richiama circa 600.000 visitatori all'anno.
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Vecchio 15-08-2007, 08:09
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NEWS 14/8/2007 MARINELLA VENEGONI




Un sound contro il razzismo

Fra i misteri mai fino in fondo sondati che spiegano il successo di Elvis Presley e l’enorme influenza che la sua musica ebbe sulla cultura dell’epoca, c’è pure quello d’una effettiva quanto involontaria spinta rivoluzionaria che lui, semplice ragazzo del Tennessee, avrebbe dato alla politica dell’apartheid ancora imperante, a quei tempi, negli Stati Uniti del Sud. Proprio nella sua Memphis, appena qualche tempo prima che spuntasse la stella di Elvis, la censura aveva vietato Anna, prendi il fucile perché il copione prevedeva la presenza di un conducente nero di colore, con la motivazione: «Lo spettacolo non può essere rappresentato perché promuove l’uguaglianza tra le razze».

Erano regole sociali che parevano intoccabili, Presley cominciò a scompaginarle, pur inconsapevolmente. Niente come la musica, si sa, arriva subito dentro l’anima, saltando ogni mediazione: e a metà dei 50 l’apparizione dal nulla di quel bel ragazzo bianco, il suo modo di cantare e, insieme, di muoversi come un ossesso, unendo due esigenze che a lui parevano imprescindibili, scossero nel profondo il costume quotidiano e il consumo musicale dei bianchi, ben appesi alla tradizione separatista del country. Si aprivano orizzonti nuovi, si creava una progressiva accettazione della matrice nera del ritmo: non ancora dichiarata apertamente, e però carica di presagi. Non a caso, i primi cinque dischi del futuro re del rock per la Sun Records avevano su una facciata un country, e sull’altra un blues: gli adolescenti bianchi che cominciavano ad ascoltare Elvis, le ragazze che svenivano al suo passaggio, si aprivano al mondo di quegli altri giovani che con loro non avrebbero potuto condividere - fino alla metà dei 60 quando ci fu l’abolizione della segregazione razziale - né i banchi di scuola, né i posti al cinema o sull’autobus.

Questo risvolto sociologico del ruolo di Presley fa da sfondo a un romanzo epistolare uscito da Azimut qualche settimana fa e con lo stesso titolo della versione originale americana, The Year the Music Changed, di Diane Thomas. Ritrae un Elvis ancora sconosciuto alla gloria, che nella propria città si trova a proprio agio solo tra i bar e i caffè musicali di Beale Street, lo stradone colorato dove dominano gli swinganti giovanotti neri vestiti di abiti colorati ch’egli prende a modello, la via che ogni sera risuona dei ritmi e degli strappi sonori che il meglio degli artisti afroamericani, da B.B.King a Rufus Thomas, fa piovere sui marciapiedi affollati di gente di colore. A questo ragazzo, che incide con Sam Phillips That’s All Right Mama, scrive da Atlanta una educata lettera di complimenti l’adolescente Achsa: «Lei canta quella musica nuova che chiamano rock’n’roll, o rhytm’n’blues quando è un negro che canta». Gli pronostica un grande successo e, miracolo, Elvis risponde. Racconta alla fan i suoi progressi, le indecisioni, l’amore per la madre, l’assalto via via più imperioso delle fans, l’incontro con il famoso Colonnello che farà esplodere la sua carriera. Dall’altra parte del romanzo, c’è la ragazza - futura attrice di successo - complessata da una cicatrice e stretta dentro una inquietante coppia di genitori: il padre ottuso, è ossessionato dalla sfolgorante bellezza della moglie, che finirà in modo misterioso, portandosi dietro i propri segreti; ma Achsa saprà penetrarvi, scoprendo impensabili disagi razziali. L’autrice immagina di aver ricevuto dallo stesso Elvis un plico con le lettere, a pochi giorni dalla drammatica fine del re del rock; un modo inconsueto per conoscere una sfaccettatura di Elvis non consumata dall’uso, a trent’anni dalla morte.
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Vecchio 19-08-2007, 06:19
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Da Pianeta rock sabato 18 agosto 2007

Elvis Presley: all'asta su ebay il pianoforte appartenuto al Re tra il 1957 e il 1969


Ha ormai raggiunto i 250.000 dollari (circa 185.000 euro), l'asta su ebay che vede in vendita il pianoforte Knabe bianco, appartenuto ad Elvis Presley.
Il musicista lo acquistò nel 1957 a Memphis (Tennessee) e lo tenne nella sua ormai leggendaria villa di Graceland fino al 1969.
L'asta è stata aperta in occasione delle celebrazioni per il 30° anniversario dalla scomparsa di Elvis.
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Vecchio 19-08-2007, 06:30
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Da Repubblica.it

Elvis: Mito ha fruttato 34,1 mln di euro Nel solo 2006

17 agosto 2007 alle 14:23

Quanto può valere un flacone vuoto di antistaminico Naldecon prescritto a Elvis Presley dal suo medico personale? Quasi 3.000 dollari.
E una foto? Quasi 10.000, circa 7.500 euro, se si tratta dell’ultima fotografia, una delle tante “ultime”, scattata al Re del Rock all’ingresso dell’ospedale, pare poco prima della morte. A tanto può arrivare il feticismo dei milioni di fan del leggendario Presley che, a trent’anni dalla scomparsa del cantautore, celebrata ieri, ancora vanno a caccia di gadeget passati per le mani della Leggenda. Se un flaconcino di antistaminico può passare di mano per 2.000 euro, non sorprende che un’arma placcata in oro arrivi anche a 28.000 dollari (20.882 euro). Ma i memorabilia targati Elvis sono solo la punta dell’iceberg di un giro d’affari in continua crescita: un’eredità che nel 2006 ha fruttato circa 34,1 milioni di euro.
Su CincoDias, quotidiano spagnolo, un lungo articolo costellato di cifre a sei zeri sintetizza l’evoluzione di questo incredibile buisness post mortem. Nel primo semestre del 2007, la Cky, compagnia che ha in gestione l’eredità del cantante, ha fatturato 26,1 milioni di dollari, circa 18,3 milioni di euro; mentre nel 2006, l’impero Elvis ha fruttato 48,8 milioni di dollari, 34,1 milioni di euro, confermando la leggenda di Memphis al sesto posto della classifica di artisti scomparsi “titolari” di grandi imperi economici (al primo posto il leader dei Nirvana, Kurt Cobain). Dietro questo impero ci sono prima di tutto le licenze e i diritti d’autore, circa 253, concessi per proprietà intellettuale di testi, gestione dell’immagine, programmi speciali televisivi e radiofonici per un ammontare di circa 13,7 milioni di dollari nel 2006 (9,5 milioni di euro).
Segue Graceland, la villa in cui il cantante morì e in cui oggi è sepolto, trasformata in una sorta di parco dei divertimenti tematico con museo, attrazioni varie e albergo per un giro d’affari che nel 2006 ha toccato i 35,081 milioni di dollari (24,6 milioni di euro) e una media di 556.000 visitatori l’anno.
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