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Dvd Elvis Presley, The ’68 Comeback Special DVD, 2005

Scritto il 3 Aprile, 2007 in Recensioni Dvd Musicali
Se stai cercando guai…sei capitato nel posto giusto” (da “Tiger Man”)
Una frase simile sentita uscire dalla smorfia di Elvis è un’esperienza che redime, sconquassa e fa esclamare convinti “oh yeah!”. (una frase simile, poi, la si pronuncia indossando non solo una giacca di pelle nera, ma anzi, vestendo un intero completo di pelle nera, calzante come un guanto.) Il redentore degli anni ’50, per essere ancora l’indiscutibile sciamano, anzi, l’incontestabile Re, con l’arrivo del ’68, doveva prima di tutto redimere se stesso. Ed è ciò che fece col suo “ritorno”.
Però stiamo attenti, lo show televisivo che la NBC cucì su Elvis non significò rinnegare il passato prossimo (24 film di discutibile fattura) per riabilitare quello remoto (la nascita del rock n roll). Anzi, fu una perfetta fusione delle due esperienze con la risultante del Re più in forma che si sia visto dai tempi di “Heartbreak Hotel”: da una parte l’autentico maestro nella più congeniale veste di rockstar che incendia le mutande delle fanciulle in platea; dall’altra il divertito attore musicale nel ruolo dell’ex galeotto che rimorchia la squinzia in un bordello - sincero e ironico tributo alla sua recente e prolifica esperienza di attore a Hollywood.
L’intenzione iniziale del Colonnello Parker era ben diversa: Elvis avrebbe intonato canti natalizi per le famiglie cristiane d’America. Fortunatamente il ’68 aveva scosso anche i network americani, lasciando il Colonnello nel ruolo di manager a suo modo capace, ma anacronistico per impartire decisioni definitive. La fiducia che Elvis diede al regista Steve Binder e agli scrittori dello show venne premiata con la creazione di uno spettacolo talmente azzeccato da diventare, nell’immaginario collettivo, uno dei documenti principi dell’icona Elvis (forse non a caso, chi vi scrive, nella sua camera ha proprio un poster di Elvis nella mise di pelle di cui sopra).
L’idea di riportare il Re al suo pubblico, non solo usando lo strumento che l’aveva reso grande in così larga scala (la televisione), ma anche il pubblico in scena, fu abbastanza improvvisa, tanto che la produzione fu costretta in grande velocità ad arruolare il numero sufficiente di persone da far sedere intorno al palchetto centrale. Vennero chiamati i parenti di chi lavorava nello studio, nonché ragazzi nel fast-food di fronte che si stavano mangiando un cheesburger. Il risultato è splendido e l’audience è assolutamente sincera: ci sono ragazzi quasi disincantati ma comunque sorpresi se non addirittura inebetiti nel vedere a pochi metri Elvis in persona che canta, balla, si inginocchia, chiude gli occhi, suda… e poi altri invece totalmente infervorati e adoranti, in lacrime isteriche da fan.
Altra sorpresa “in fieri” fu quella del momento dedicato ai “vecchi amici”, ovvero quando Elvis, nel suo palchetto catartico, si siede e con la chitarra, accompagnato dai vecchi compagni degli esordi di Memphis quali Scotty Moore e DJ Fontana, ripropone classici come “Blues Suede Shoes”, “That’s Alright” e “Heartbreak Hotel”. Momento che sarebbe dovuto durare neanche dieci minuti ma che si spinse ben oltre diventando forse il fulcro di tutto lo show: Elvis scherza coi compagni, ironizza sulla sua smorfia, canta e suona divertito mentre la band lo asseconda. Ai loro piedi il giovane pubblico assiste seduto a terra come in una festa confidenziale.
Le parti “preconfezionate” dello special non hanno ovviamente questa genuinità, comunque l’impatto emotivo è indiscutibile di fronte a brani come “Memories” – scritta da Mac Davies e inseguito assurta ad evergreen per le numerosissime rivisitazioni - o quando, a conclusione del programma, indossando un elegante abito bianco, canta “If I Can Dream”: song che il solito Colonnello aveva definito “non adatta a Elvis” e che invece si dimostrò la perfetta conclusione per il ritorno sulle scene del Re.
Ricordando l’evento Chris Beard (tra gli scrittori dello special) confermò appropriatamente “Era commosso perché era l’ultima canzone dello spettacolo, secondo me, non voleva finire”. E la storia ha scritto che Elvis non ha mai finito.
Vacho Varela
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